Sul punto, però, alcune cautele.
In primo luogo, non dimentichiamo che la forma di Governo, delineata dalla Costituzione della V Repubblica francese del 1958, è di tipo semipresidenziale. Il rischio, pertanto, è quello di una possibile coabitazione tra Macron e Le Pen dopo il rinnovo dell'Assemblea nazionale. E le coabitazioni possono logorare e danneggiare.
In secondo luogo, la Le Pen è la versione francese della Meloni (pensiamo al sostegno alla Repubblica di Ucraina).
Negli ultimi tempi, infatti, per accreditarsi presso le élite europee, ha ridimensionato di molto le sue dichiarazioni sul recesso della Francia sia dall'Unione Europea, sia dall'Alleanza Atlantica del Nord. E non dimentichiamo che il suo partito presenta al suo interno una forte corrente laico progressista, guidata da Florian Philippot, che ha salutato con favore la recente modifica costituzionale inerente alla introduzione dell'aborto nel Testo costituzionale a riprova che, sui temi etici, potrebbe non esserci una discontinuità con il corso uscente dell'Unione.
Infine, in terzo ed ultimo luogo, ricordiamo i recentissimi attriti tra RN e Lega da una parte e Afd (secondo partito in Germania) dall'altra che hanno portato al venir meno della compattezza del gruppo parlamentare europeo "Identità e Democrazia" che avrà inevitabili ripercussioni sulla prossima legislatura europea con il rischio di una frammentazione della componente sovranista. Non vorrei, ma spero di essere smentito dai fatti, che il voto francese ci consegni una Meloni 2.0.