Mercoledì, 08 Maggio 2024 06:15

Etica e Politica: la lezione attuale di Aristotele In evidenza

Scritto da Daniele Trabucco

Di Daniele Trabucco Belluno, 7 maggio 2024 - La separazione tra sfera etica e politica è una caratteristica tipica del pensiero moderno.

É con Niccolò Machiavelli (1469–1527) che la politica si rende autonoma ed indipendente dalla sfera etica la quale viene relegata alla dimensione intima, privata e dove il potere non può intervenire. Viceversa, anche l'etica non può in alcun modo interferire nella politica, condizionando l'esercizio del potere.

Questa concezione, che nel corso del tempo subirà modifiche e correzioni, giunge nella sua struttura di fondo fino ai nostri giorni sebbene, grazie al progresso scientifico, la politica sia arrivata a dettare una disciplina legislativa su questioni etiche fondamentali (l'aborto, l'eutanasia, il cambio di sesso, le unioni civili, il matrimonio tra persone del medesimo sesso etc.) sia pure lasciando (almeno per ora) un margine di scelta in capo alle parti interessate.

Nel pensiero di Aristotele (384 a.C.–322 a.C.), invece, se da un lato etica e politica sono due concetti distinti cui sono dedicate tre grandi opere quali l' "Etica a Nicomaco", l' "Etica ad Eudemo" e la "Politica", dall'altro, diversamente dal pensiero filosofico moderno, non sono mai separati e contrapposti in quanto due parti della stessa scienza chiamata "filosofia pratica" (cosí Enrico Berti), a volte denominata anche "scienza politica".

Se, spiega il "Maestro di color che sanno" nelle opere etiche, l'agire della persona umana tende sempre ad un fine che è un bene (ci sono beni strumentali e beni di per sé stessi) e se questo bene è parte integrante del bene della città dal momento che il singolo ne è componente, allora il bene cui tendono tutti i cittadini della "polis", il bene comune, non sarà mai contrario al bene del singolo in ragione del fatto che quest'ultimo é parte del bene della città.

Ecco, allora, che la "scienza politica" non è l'arte di conquistare il potere e conservarlo, ma quella di stabilire che cosa si deve o non si deve fare per conseguire il bene comune. Questo non è oggetto di rappresentanza politica (Castellano) e non è neppure la somma aritmetica dei beni individuali. Esso, allora, si presenta come l'insieme delle condizioni che permettono sia alla collettività, sia ai singoli di raggiungere la propria perfezione, di realizzare compiutamente il proprio essere.

Quanto è attuale la riflessione aristotelica di fronte alla mediocrità della classe politica italiana ed europea!

 

(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.

Sito web personale www.danieletrabucco.it

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