Nell'ottobre 2017, contestualmente al referendum consultivo regionale veneto per la richiesta di "forme ed ulteriori condizioni particolari di autonomia" ai sensi del comma 3 dell'art. 116 della Costituzione repubblicana vigente (N.B. Il riferimento alla norma costituzione non c'era nel quesito), si è celebrato il "discusso" (sulle criticità tecniche si rinvia al saggio dello scrivente uscito per i tipi della Editoriale Scientifica "Referendum provinciale e richieste di maggiore autonomia: lo "strano caso" della Provincia di Belluno e già oggetto di studio nei corsi universitari tenuti a Roma e Milano) referendum consultivo provinciale, giuridicamente non vincolante, in cui si chiedeva che la maggiore autonomia per la Provincia dolomitica trovasse collocazione nell'ambito della negoziazione e dell'intesa tra lo Stato e la Regione del Veneto.
Ovviamente, in attesa del testo dell'intesa definitiva (Il Presidente della Giunta regionale veneta parla del 2025), va precisato che la "partita" concernente Belluno non potrà trovare alcuna collocazione (non la aveva trovata neppure nella preintesa del febbraio 2018) nell'alveo del procedimento dell'art. 116, comma 3, Cost., trattandosi di un iter che coinvolge unicamente lo Stato e le Regioni ad Ordinamento comune.
Il ruolo degli enti locali territoriali, come le Province, è relegato in modo chiaro all'espressione di un parere sull'intesa raggiunta (è questa la sede per rivendicare dalla Regione del Veneto, una volte ottenute le competenze legislative ed amministrative sulle materie oggetto di trattativa, la maggiore autonomia amministrativa). Il disegno di legge cosiddetto "Calderoli" (A.S. n. 615), già approvato dal Senato della Repubblica, che è semplicemente una fonte di rango primario di attuazione (molto discutibile per diversi aspetti) dell'art. 116, comma 3, Cost., si limita a ribadire, all'art. 6, che l'ulteriore conferimento di funzioni amministrative (relative alle materie su cui la Regione ha ottenuto la potestà legislativa) spetta all'ente regionale in ragione dei criteri di sussidiarietà verticale, adeguatezza e differenziazione.
Una disposizione normativa del tutto inutile, meramente ricognitiva dell'art. 118 del Testo costituzionale, ma che rimarca come la maggiore autonomia amministrativa per la Provincia di Belluno dipenderà da una scelta della Regione del Veneto e sempre a condizione che la legge di autonomia negoziata ottenga il via libera da parte del Parlamento italiano a maggioranza assoluta dei propri componenti sulla base (e non in conformità) dell'intesa.
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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