Venerdì, 24 Novembre 2023 04:14

Palestina, Sacchetti: “Le vere ragioni della tregua per scambiare gli ostaggi sono altre” In evidenza

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Antonello Sacchetti, giornalista esperto di Iran: “Da Sigonella partono droni verso Gaza, siamo complici del genocidio e in pericolo”

Di Giulia Bertotto Roma, 23 novembre 2023 (Quotidianoweb.it) - Antonello Sacchetti, laureato in Scienze Politiche, giornalista, blogger  https://www.diruz.it/, esperto di Iran, cura da tre anni un podcast “Conversazioni sull’Iran” nel quale offre approfondimenti e dibattiti sulla cultura, la storia, usi e costumi dell’Iran. Lo abbiamo intervistato per parlare del ruolo di Teheran nella questione palestinese. Una bomba mondiale.

Dal 7 ottobre a Gaza sono state uccise oltre 14 mila persone, tra le quali 5500 bambini. Il 7 ottobre invece sono state uccise più di 1200 israeliani (Fonte Amnesty Italia). Il colonialismo oppressore decennale da parte dello Stato di Israele costringe a vivere nel terrore, nel sospetto, nell’odio disumanizzante e nel pericolo costante, anche la popolazione israeliana.

Dottor Sacchetti, slittano a venerdì 24 novembre i quattro giorni di tregua al fine di scambiare gli ostaggi; 50 israeliani in gran parte donne e bambini e 150 palestinesi, per lo più minorenni (Amnesty Italia) e l'ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza assediata; Israele si impegna a rilasciare 3 detenuti palestinesi, che non si siano macchiati di omicidio, per ogni ostaggio liberato da Hamas. Da entrambe le parti, l'impegno è a rilasciare prima donne e minori. Una sorta di pausa tecnica dal massacro, importante certo, ma assolutamente insufficiente.

Cominciamo col dire che non sono così certo che davvero questa tregua tecnica per lo scambio di ostaggi ci sarà davvero. C’è molta confusione sull’inizio effettivo di questa pausa e anche riguardo a quali ostaggi verranno liberati e in base a quale criterio. Per quanto riguarda la natura di questo stop credo che sia per gli Stati Uniti e Israele anche l’occasione e il pretesto per riprendere fiato da uno sforzo bellico e strategico molto impegnativo. Una sorta di finestra per la riorganizzazione logistico-organizzativa, ma purtroppo sembra totalmente una prospettiva politica di negoziati per il lungo termine. Pochi giorni fa l’amministrazione americana ha dichiarato che la guerra in Medioriente crea dei problemi di “pubbliche relazioni”. Credo sia stato uno spiraglio di verità in una menzogna costante, quale è la guerra, un’ammissione cinica e tremenda. Daniel Levy, noto negoziatore israeliano con i Palestinesi a Taba, che ha posizioni molto critiche verso Israele, ha affermato che fermarsi in guerra rende però anche difficile riprendere, perché nel frattempo le condizioni territoriali, politiche, logistiche cambiano.

L'accordo è stato mediato in settimane di negoziati segreti da Qatar, Usa ed Egitto. Il premier israeliano Netanyahu ha parlato di “decisione giusta”, avvertendo però che dopo la pausa la guerra riprenderà. Cosa sta facendo o vorrebbe fare l’Iran e in che posizione si trova rispetto agli altri stati islamici?

Leggendo le ricostruzioni fatte sul 7 ottobre ci si accorge che fondamentalmente si dividono in due teorie; una secondo la quale l’Iran avrebbe preparato l’attacco di Hamas al rave e una che afferma invece che non ci sia alcuna prova per affermarlo, e che inoltre l’Iran sia troppo debole per sostenere questo attacco.

Io credo che l’Iran neppure sapesse del 7 ottobre, e lo ritengono anche fonti più accreditate di me come Paola Caridi, che studia da vent’anni il fenomeno Hamas (autrice di Hamas. Che cos’è e cosa vuole il movimento radicale palestinese, Feltrinelli 2023 NdR) probabilmente neppure i vertici dello stesso Hamas ne erano al corrente. Hamas è una forza stratificata, compartimentata, e complessa e la sua ala militare può agire al di là di ordini dei suoi leader. All’interno della stessa Hamas vige la segretezza e probabilmente persino la paranoia. Quando è arrivata la notizia dell’attentato il leader politico di Hamas (che secondo molti vive in una villa in Qatar) stava letteralmente salendo su un aereo per andare in Iraq a fare una visita politica in cui avrebbe visitato luoghi sacri all’Islam. Un incontro diplomatico in cui Hamas si riavvicinava ai militanti iracheni dell’asse di resistenza.

Però Hamas riceve da anni armi dall’Iran.

Hamas riceve armi dall’Iran e si trova nella catena pro-palestinese con Hezbollah, Siria e Yemen, ma Hezbollah e Iran nella guerra civile siriana erano con il presidente Assad, mentre Hamas era con le forze di opposizione che volevano rovesciarlo; questo ci dice già che Hamas non è una marionetta dell’Iran.

L’Iran però, che non ha a mio avviso partecipato alla pianificazione dell’attacco, si è anche ritrovata in una posizione vantaggiosa poiché ora gli Accordi di Abramo tra Arabia Saudita e Israele sono bloccati e non sappiamo fino a quando. Il patto era pronto, stavano per siglarlo. L’azione di Hamas ha complicato la vita all’Arabia Saudita e l’ha resa più comoda all’Iran. Da marzo, per mezzo della mediazione cinese, l’Iran ha ristabilito i rapporti diplomatici con i sauditi.

Certo, questo potrebbe far pensare che Hamas volesse “contraccambiare” l’aiuto dell’Iran facendo saltare o ritardare questo accordo…

I palestinesi, su chi possono contare? In cosa possano sperare?

Il vertice di Riad, due settimane fa è stato un buco nell’acqua, l’Iran che non ha né rapporti diplomatici né economici con Israele, la mancate esportazione di petrolio ha inciso pesantemente sull’economia di Teheran.

Molti paesi islamici invece non hanno chiuso i rapporti e hanno anche le ambasciate, come Egitto, Giordania, e altri. Pensiamo all’Azerbaijan, è uno dei grandi fornitori di petrolio a Israele, il 30% del petrolio a Israele viene dal Kurdistan iracheno, che è in una sorta di semi indipendenza dal resto dell’Iraq. L’Iran ha proposto di applicare sanzioni a Israele ma nessuno la ha seguita in questo progetto per strozzare l’economia di Tel Aviv e colpire diplomaticamente i sionisti.

Tutto questo per spiegare quanto è complesso il quadro e che le speranze sono poche. Le speranze per i palestinesi coincidono poi anche con la probabile vera e propria Terza guerra mondiale.

Qual è allora la sorte dei palestinesi? La decimazione? la deportazione?

Giordania ed Egitto sono terrorizzati da una nuova Nakba, di fatto già in corso. Consideriamo che l’Egitto non ospita campi profughi palestinesi in quanto ha sempre accolto un’immigrazione “a piccole dosi” e mai di massa. Già dopo pochi giorni dal 7 ottobre che Blinken fece un raccapricciante tour delle capitali mediorientali per spartire questa gente, come pacchi. Israele vuole svuotare Gaza, lo ha detto più volte, i civili devono essere espulsi. Questo è il progetto coloniale originale e oggi ripreso a tutta forza. Nessuno oggi, purtroppo, intende seriamente fare qualcosa per i civili della Striscia.

Questo genocidio è firmato Occidente contro civili palestinesi, anche da coloro che stanno trattando per un accordo! La Germania fornisce motori per i carri armati israeliani, nelle mani dei coloni ci sono fucili francesi, i pezzi per gli F-35 provengono dall’Inghilterra, l’Italia fornisce armi per equipaggiare gli elicotteri ma anche la base di Sigonella da cui alcuni degli aerei militari partono. Siamo complici e in caso di risposta da parte degli alleati della Palestina siamo anche in pericolo.

Da Sigonella partono i droni che bombardano Gaza, si tratta di una base NATO in un posto ultra strategico, rappresenta un importante centro di spionaggio e controllo dei cieli puntato contro il Medioriente arabo. Sì, siamo complici di un genocidio e siamo nei guai per la nostra sottomissione al Patto Atlantico. Dovremo risponderne politicamente e moralmente prima o poi. Dobbiamo almeno esserne consapevoli.

…Pierre Bayle scriveva “I perseguitati non hanno sempre ragione, ma i persecutori hanno sempre torto”.

Il canale Youtube di Sacchetti all’indirizzo https://www.youtube.com/@AntonelloSacchetti/

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