Martedì, 14 Novembre 2023 05:56

“Manifesto per Reggio Emilia” In evidenza

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Di Matteo Pio Impagnatiello 13 novembre 2023 - Isabella Albertini e Luca Tadolini sono due volti noti nella città di Reggio Emilia. Entrambi avvocati, hanno sempre avuto a cuore le sorti della città.

Impegnati da tempo per il progresso della Città del Tricolore e la comunità reggiana, hanno redatto un Manifesto per Reggio Emilia. Partendo dall’analisi socio-economica di quest’ultima e rilevando le criticità attualmente presenti, non risparmiano dure contestazioni a chi, dal dopoguerra ad oggi, ha ininterrottamente amministrato il capoluogo reggiano (prima il PCI, poi il PDS, poi i DS e infine il PD).

“Si può salvare la città? Esiste un’alternativa possibile?” Secondo Isabella Albertini e Luca Tadolini, è possibile, a patto che una nuova classe politica inverta la rotta e scongiuri così ulteriori disastri.

MANIFESTO PER REGGIO EMILIA:

TENIAMO BENE QUELLO CHE ABBIAMO

 

Si pubblica un manifesto per rinnovare la gestione di Reggio Emilia. In vista del voto per l’amministrazione della città, portiamo all’attenzione dei Reggiani un’analisi ed una proposta per un cambiamento anche politico di Reggio Emilia.

Sono temi e riflessioni svolti ed affermati in tanti anni vivendo e osservando la città nelle sue dinamiche.

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In questi ultimi decenni, sino alle amministrazioni Delrio e Vecchi, abbiamo assistito ad eventi che hanno colpito la condizione della città.

In primo luogo l’improvviso crollo della grande cooperazione nell’edilizia, le cui superbe sedi torreggiavano nell’area nord della città.

Il crac delle COOP del cemento, definito addirittura come la caduta del sistema Reggio, è rimasto un argomento tabù, senza la dovuta riflessione critica a fronte di un sacrificio così importante del lavoro e del risparmio privato dei lavoratori reggiani: le cause del collasso economico tra congiuntura e mala gestione turbano ancora il sonno dei reggenti politici della città.

Segue, dopo breve lasso di tempo, la dichiarazione di Reggio come “epicentro di Ndrangheta” piombata sulla città nonostante decenni d’assicurazioni contrarie: i famosi anticorpi, che evidentemente non c’erano.

Nonostante un processo fiume celebrato in città con profusione di mezzi e risalto mediatico le organizzazioni criminali di stampo mafioso sono tutt’ora presenti in forze nel territorio emiliano, come continua a denunciare la stessa Magistratura che per altro verso risulta latitante nell’indagarne possibili intrecci con il potere locale.

Si aggiungevano le indagini su incarichi e appalti in Comune. Accolte, anche in questo caso, da un irreale silenzio a fronte delle gravi notizie che apparivano sulla stampa. Indagini anche chiuse con archiviazioni, ma rivelatrici di pesanti zone d’ombra nell’amministrazione della città, tali da determinare importanti iniziative della Magistratura per esplorarne i rilievi penali.

Con tante domande rimaste prive di risposta, non stupiva l’allontanamento da Reggio Emilia del Procuratore della Repubblica Dottor Mescolini per incompatibilità ambientale, risultando “stata tratteggiata la figura di un magistrato che ha a cuore le sorti degli esponenti politici locali del Partito Democratico”.

Contemporaneamente alla crisi delle Coop ed alle vicende giudiziarie, Reggio Emilia ha visto numerosi quartieri abbandonati all’incuria, divenuti periferie degradate, anche per scelte ideologiche nella gestione dell’immigrazione.

In risposta molti reggiani si erano organizzati in comitati di quartiere, arrivando a protestare in gran numero fin sotto il Municipio. Sono stati ingiustamente accusati di razzismo e poi ridotti per lo più al silenzio.

Dal degrado urbano e sociale alle restrizioni disposte durante la pandemia: il commercio reggiano, i negozi di quartiere, le attività storiche presenti da generazioni sono stati letteralmente sterminate: le vie della città si presentano ormai disseminate di serrande abbassate.

È invece ripresa la cementificazione comunale, presentata come riqualificazione e recupero storico: abbatte alberi e lastrica le nostre piazze con materiali capaci solo di imitare il cemento, o comunque sempre poggiati su cemento: l’ecomostro di via Don Andreoli, le desolate piazze, gli angoli assurdi della piazza Roversi, la vasca di piazza Gioberti, la reformatio in pejus delle Delizie di Rivalta. La chiamano Reggio estense, ma della grazia e dell’eleganza delle costruzioni dell’antico Ducato non ha nulla, come hanno denunciato in più occasioni autorevoli storici.

Quanto prodotto con investimenti sostanziosi, anche di denaro pubblico, viene poi trascurato sì da farlo apparire già vecchio dopo pochi anni.

Alle ex Reggiane super uffici VIP sono stati costruiti mentre a fianco si dorme sulla terra fra i ruderi: un modello di sviluppo utile a finanziare il sistema locale, ma che ha portato in città contraddizioni degne del terzo mondo.

Alle criminalità d’importazione si aggiunge un disagio sociale, spesso giovanile, che va ad alimentare le cosiddette baby gang, rendendo insicuri strade e luoghi pubblici per i più deboli, per i nostri anziani e le nostre donne.

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Si può salvare la città? Esiste un’alternativa possibile?

Proponiamo di restituire importanza all’ordinaria manutenzione della città, piuttosto che rincorrere l’affare del grande cantiere, che ovviamente si può tradurre anche in voto di scambio.

Scelte che salvaguardino l’equilibrio di Reggio Emilia che, per sue caratteristiche e dimensioni, può legittimamente ambire ad essere una città tanto moderna quanto autenticamente a misura d’uomo.

Il cambiamento può realizzarsi facilmente rinunciando alla logica che sacrifica la città alla necessità di alimentare il sistema di potere con grandi opere, che spesso portano all’abbandono di altre aree, destinate a rapido declino. Con ingiustificato consumo di territorio, spesso sottratto ad aree verdi e al benessere dei quartieri e degli abitanti.

Iniziamo a tenere bene quello che abbiamo: puliamo e mettiamo in ordine strade, il verde pubblico, l’arredo urbano.

Controlliamo e curiamo il territorio: in una città come Reggio non possono esserci zone fuori controllo. I grossi appalti per tutta la città hanno dimostrato ovunque scarsa efficacia.

La zona della stazione deve essere munita di un presidio di polizia ad essa dedicato: non è sufficiente promuovere grandi lavori edili, e neppure trasferirvi la sede della polizia municipale, senza prima mettere in sicurezza il quartiere.

Anche il Parco del Popolo, come gli altri giardini pubblici nei quartieri, deve essere recintat0, video sorvegliato e provvisto di un custode.

I luoghi di Reggio, le strade e le piazze devono essere ben tenuti, affidandone la cura ad un personale fisso, ad essi dedicato. Reggio deve tornare in mano ai quartieri e questi devono avere propri addetti sul posto. Non solo ditte monopoliste che passano ogni tanto e che finiscono per fare di tutto e male come spesso accade nelle metropoli italiane. Occorre un punto di riferimento nel quartiere per tutti i grandi servizi, dalla raccolta dei rifiuti alla pulizia delle strade. I Reggiani devono trovare nel quartiere custodi, bravi giardinieri e rappresentanti delle forze dell’ordine stabili, che potranno conoscere ed essere da essi riconosciuti; potranno così confrontarne l’operato con gli altri quartieri stimolando virtuosa competizione per il miglioramento delle nostre vite.

Contestiamo al Comune di avere abbandonato la funzione del buon amministratore dei beni pubblici della città, di aver sacrificato il diritto dei Reggiani ad una città ed una vita a misura d’uomo, il diritto dei Reggiani alla conservazione del loro patrimonio storico culturale paesaggistico per favorire gli affari destinati alla sopravvivenza di un potere che serve solo sé stesso e non il bene della comunità.

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Il 2 Aprile 2017 la Gazzetta di Reggio titolava il "tramonto del modello Reggio" a fronte del crollo dei giganti cooperativi del cemento. Sotto al titolo il quotidiano reggiano aggiungeva: "I rapporti con la politica che assiste in silenzio al tracollo annunciato. Un sistema che esce con le ossa rotte dopo decenni di intrecci e legami. Un intero sistema uscito sconfitto dal crac di 1,5 miliardi di euro targato Unieco, Coopsette, Cmr, Orion, colossi di un modello che non ha retto la complessità contemporanea".

Altrettanto clamore destò la “Lettera della Gazzetta a Vecchi” del 3 dicembre 2017 dal titolo: “Sindaco, dica una parola definitiva” che sottotitolava: “I pentiti di Aemilia lo richiamano in causa con la moglie” e che rimaneva a lungo senza risposta.

Lo stesso giornale il 10 Settembre 2021 annunciava: "Trovato un alloggio per novanta senza tetto". Nella medesima data la Prefettura comunicava che "centinaia di unità della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Locale, coordinate dal Questore sono state impegnate in una importante ed incisiva operazione che ha consentito di sgomberare l'intero sito delle Ex Officine Reggiane".

Oggi il quartiere di Santa Croce lamenta ancora discariche in strada, stranieri in stato d’indigenza che vagano senza lavoro. Non esiste un presidio di polizia. Eppure, ai margini del quartiere ecco la ciclopica Arena del Campovolo, ancora si lavora all’esclusivo Tecnopolo alle ex Reggiane. A poche decine di metri di distanza si abbandonano materassi e frigo rotti in strada, si spaccia droga, si vaga senza lavoro e senza un letto.

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Si propone un sistema di gestione della città alternativo a quello di questi anni di potere del Partito Democratico.

Si chiede di interrompere la cementificazione di Reggio Emilia, utile solo a finanziare il sistema politico locale, a costo di disastri economici e sociali, dal crac dei giganti coop al degrado cittadino.

Si chiede per il futuro un ritorno all'ordinaria amministrazione, alla sistemazione dei quartieri, alla loro messa in sicurezza, alla loro cura, custodia e manutenzione. Partendo dal livello degli abitanti, non dei mega-cantieri.

In primo luogo, riprendendo il controllo del territorio, con una distribuzione delle forze dell'ordine stabile nei quartieri.

In secondo luogo, curando e custodendo il patrimonio pubblico dei quartieri, le zone verdi, l'arredo urbano, il patrimonio storico, i parchi e la condizione delle strade, anche secondarie.

In terzo luogo, spostando i fondi pubblici da una destinazione di cementificazione al consolidamento e miglioramento orizzontale della città, utilizzando e investendo sull'esistente.

In quarto luogo occorre un governo locale dell'immigrazione, che abbandoni visioni ed esperimenti sulla pelle della città, introduca una misura ordinata e controllata, calibrata alle possibilità di accoglienza della società reggiana.

Una Reggio Emilia alternativa a quella che esprime, in modo fallimentare, un potere politico che pensa solo alla propria sopravvivenza. Non si costruisce sviluppo sul degrado.

Reggio Emilia ritrovi la dimensione naturale. La sua reggianità. Reggio Emilia torni ed essere una città dove si vive bene.

Reggio Emilia torni ad essere la città dei Reggiani.

 

Reggio Emilia 9 Novembre 2023   

Per il Comitato Difendi il Centro Storico di Reggio

Isabella Albertini e Luca Tadolini

 

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