Di Daniele Trabucco (*) Belluno, 16 luglio 2023 - La persona non è più la sostanza individuale di natura razionale di cui parlava il filosofo Severino Boezio (475 d.C. / 524 d.C. L'ultimo grande esponente della patristica occidentale), ma si "costruisce" con i relativi "riconoscimenti". In quanto dottrina gnostica, osserva il prof. Danilo Castellano, il personalismo è la "negazione della persona, del suo fine naturale, dei suoi diritti" che sono prima di tutto esercizio di doveri.
In altri termini, il personalismo si accontenta della descrizione "naturalistica" della persona, riconducendola ai suoi atti i quali sono il frutto di una volontà assoluta di autodeterminazione, di una volontà di potenza funzionale alla costruzione di un "oltre/uomo" che è già l'archetipo dell'uomo inumano.
Quando uno dei "padri" del personalismo del '900, Emmanuele Mounier (1905/1950), scrive che la persona è "un'attività vissuta come autocreazione e autocomunicazione e adesione, che si coglie e si conosce nel suo atto, come "movimento di personalizzazione"", significa non cercare più l'essenza, la "quidditas" dell'ente uomo, ossia ciò che rende quell'ente ciò che è, ma limitarsi alla sua dimensione apparente, fenomenica per utilizzare un kantismo. Detto diversamente, il personalismo contemporaneo, accolto anche dalle Costituzioni "anfibie" del secondo dopoguerra, come quella italiana del 1948 (si veda l'art. 2), non prende in considerazione l'essere (non lo può fare perché cadrebbe il fragile impianto teoretico su cui si fonda), ma unicamente la sfera del percepito che varia da persona a persona, da contesto a contesto.
Quando vediamo la "politica" parlare di inclusione, di non discriminazione, quando vediamo alcune articolazioni della società inseguire il mito della libertà negativa, cioè la cifra della c.d. "modernità", si sta superficialmente abbracciando una concezione limitante ed al contempo problematica di persona: essa viene, infatti, ridotta alla sua volontà, ad una volontà, precisa sempre il Castellano, a volte "disumana" nella misura in cui è istintiva. Questa prospettiva degrada il diritto stesso non più chiamato ad "ordinare l'essere secondo la legge della giustizia" (dare a ciascuno il suo conformemente alla propria essenza), ma a consentire la convivenza di tutte le volontà in una logica relativistica e "dinamizzante" degli ordinamenti costituzionali.
Il grande Papa san Pio X, pontefice dal 1903 al 1914, ammoniva nella Lettera Enciclica "E supremi apostolatus" del 04 ottobre 1903: "E invero, con un atteggiamento che secondo lo stesso Apostolo è proprio dell’"Anticristo", l’uomo, con inaudita temerità, prese il posto di Dio, elevandosi "al di sopra di tutto ciò che porta il nome di Dio"; fino al punto che, pur non potendo estinguere completamente in sé la nozione di Dio, rifiuta tuttavia la Sua maestà, e dedica a se stesso, come un tempio, questo mondo visibile e si offre all’adorazione degli altri. "Siede nel tempio di Dio ostentando sé stesso come se fosse Dio"".
(Daniele Trabucco)