Di Francesco Graziano Bologna, 25 ottobre 2022 - Quando un leader politico fonda un partito partendo da zero, combattendo contro giganti già affermati presso l’elettorato e le predizioni delle cassandre che ne anticipano la morte anticipata ancora prima di venire alla luce, le cose sono destinate ad andare in due modi: o quel politico riesce in un’impresa sorprendendo tutti o effettivamente entrando nel palazzo dopo due secondi finisce per essere schiacciato dalle macchine da guerra proprio come se fossimo in una tragedia dal sapore eschileo.
Ecco, con la Meloni è successo esattamente questo, può piacere o meno ma i risultati ottenuti sono difficilmente contestabili; quando fondò Fratelli d’Italia, la “ Regina di coattonia”, come venne ribattezzata dalla gauche caviar, molti cronisti scrissero che quel minuscolo partitino era destinato ad essere divorato dalla casa madre proprio come era successo ai futuristi di Fini o allo stesso Monti, che pure alle prime elezioni alle quali si presentò con il partito che decise di fondare prese un 14%, percentuale del tutto lusinghiera per una forza politica agli esordi salvo poi svanire nel nulla. Stesso discorso va fatto ad onor del vero nei confronti dei grillini, sono rimaste negli annali le parole di Fassino che disse con un tono di sfida e una sicumera che in politica è sempre pericolosa: “Grillo fondi un partito e vediamo dove arriva”. Nonostante uno stato di salute precario il Movimento cinque stelle è ancora lì protagonista della nostra storia politica per cui giù il cappello, ma ritorniamo alla nuova presidente del Consiglio.
Dopo un cammino così lungo e difficile tutto possiamo scrivere tranne che questo esecutivo, nato dalle elezioni di settembre, nasca per essere un semplice ‘turista’ come accade a molti governi italiani che durano lo spazio di un mattino per poi cadere dopo aver fatto appena due passi in Parlamento.
L’ambizione è chiara: il governo deve andare avanti cinque anni. La Meloni ha trascorso la vigilia del voto di fiducia lontana da Palazzo Chigi per preparare il suo “manifesto programmatico” al riparo da taccuini e telecamere.
Dopo la tradizionale cerimonia della campanella (per i curiosi, le origini di questo momento di passaggio sono recenti e risalgono a meno di un trentennio, ad inaugurarla lo scambio avvenuto tra Prodi e Dini) con l’ex leader della Bce Mario Draghi e l’esordio internazionale con il faccia a faccia con Macron adesso l’unico pensiero che immaginiamo turbi le notti di “ Giorgia”, come viene affettuosamente chiamata dai suoi simpatizzanti, oltre a tenere a bada i suoi due alleati di governo, che seppur abbiano ottenuto risultati invero piuttosto bassi, rimangono una stampella fondamentale affinché il governo possa svolgere le sue attività ordinarie per le quali è stato, su mandato popolare mandato a Palazzo Chigi, è quello di mostrare “ come dare seguito agli impegni riuscendo ad attuarli dandogli concretezza”.
L’appuntamento è alle 11 a Montecitorio dove il presidente del Consiglio si presenterà alla prima vera prova in Parlamento dove può contare su una maggioranza solida. Il discorso, fanno filtrare alcune fonti, avrà un carattere di ampio respiro che toccherà tutte le questioni fondamentali, dalla condanna alla Russia per la guerra in Ucraina, ai rapporti con l’Europa fino alle ricette economiche anticrisi.
Non mancherà nemmeno un passaggio sul tema delle donne, un passaggio cruciale di un discorso che dovrà indicare come coniugare quella discontinuità rivendicata anche nella ridefinizione di alcuni ministeri chiave con la continuità che andrà portata avanti su alcuni dossier .
Non verrà tralasciato nemmeno un accenno sui “diritti”, questione tornata sotto i riflettori proprio dopo l’incontro con il leader dell’Eliseo.
La posizione internazionale dell’Italia, come più volte ribadito, sarà saldamente ancorata all’asse euro-atlantico senza passi all’indietro sul sostegno all’Ucraina, anche con l’invio di altre armi qualora dovesse essere necessario.
La partita più urgente, e forse quella che interessa maggiormente le famiglie italiane, rimane la questione del gas. In quel punto si presenteranno delle asperità difficilmente emendabili se l’intenzione risulterà essere quella di discostarsi dal percorso tratteggiato da Mario Draghi e dal suo ministro Roberto Cingolani.
A Bruxelles si continuerà a battersi per ottenere il tetto al prezzo del gas e per ottenere quella solidarietà mostrata durante la pandemia causata dal Covid per avere risorse per ottenere protezione nei confronti dei cittadini e delle imprese dai rincari.
Un nuovo decreto bollette costituirà probabilmente il primo impegno concreto del nuovo governo che successivamente dovrà far fronte alla stesura della prima manovra, in tempi record senza la pretesa di fare tutto e subito e mettere a rischio i conti, concetto condiviso anche nell’ora e mezza trascorsa con Draghi per il passaggio di consegne. Per accreditare il nuovo governo Bruxelles sarà comunque una delle prime tappe della Meloni, l’interesse è quello di attivare una proficua collaborazione, dunque nessuna chiusura ideologica sembra profilarsi all’orizzonte, tenendo però sempre ben presente lo sguardo verso la stella polare dell’interesse nazionale, dalla difesa dell’apparato produttivo e dell’italianità dei prodotti che rendono il nostro Paese famoso e forte nel mondo.
Alle opposizioni rilancerà un appello alla responsabilità per affrontare le sfide più insidiose con lealtà e dialogo ma tenendo sempre presente il rispetto dei ruoli.