Di Daniele Trabucco (*) Belluno, 10 aprile 2022 - Il Segretario generale del Ministero per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale, Ettore Sequi, ha proceduto, su indicazione del Ministro, Luigi Di Maio (Movimento 5 Stelle), ad espellere trenta diplomatici russi per motivi di sicurezza nazionale in quanto ritenuti agenti dei servizi segreti.
Una misura, ha continuato il titolare della Farnesina, assunta in accordo con altri Stati membri dell'Unione Europea e con i partner atlantici. In particolare, l'Italia ha utilizzato l'art. 9, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche (ratificata e resa esecutiva dalla legge ordinaria dello Stato n. 804/1967), in base al quale "Lo Stato accreditatario può in ogni tempo, senza doverne indicare i motivi, informare lo Stato accreditante che il capo o un membro del personale diplomatico della missione è persona non grata oppure che un altro membro del personale della missione non è accettabile. Lo Stato accreditante richiama allora la persona della quale si tratta o, secondo i casi, pone fine alle funzioni della stessa nella missione".
Ora, al di là della "simmetrica" risposta da parte della Federazione Russa e della presa di distanza della Lega, forza politica che sostiene il Governo Draghi dal febbraio 2021, per mezzo dell'On. Lorenzo Fontana (Capo Dipartimento Esteri) il quale ha giustamente invitato al dialogo e all'uso della diplomazia, la scelta va fortemente criticata per almeno due ragioni.
La prima consiste nell'innalzamento del livello di tensione di due Stati che erano "amici", certamente non funzionale a porre un freno all'operazione speciale di Mosca in Ucraina.
La seconda, invece, certifica ancora una volta la sudditanza della politica estera italiana a quella euro-atlantica, soprattutto in occasione del conflitto russo-ucraino.
Di fronte ad una "geopolitica delle emozioni" e dalle "eccitazioni superficiali" l'Italia doveva perseguire nel solco della sua tradizione di "politica estera senza nemici" apparentemente evanescente, ma che nel lungo periodo ha sempre pagato. Ponendosi come mediatore "sobrio", sulla scia di statisti quali Moro, Fanfani e Andreotti, il nostro Paese doveva e poteva spingere per una soluzione diplomatica, ripartendo dall'attuazione/implementazione dei cosiddetti accordi di Minsk (I del settembre 2014 e II del febbraio 2015).
Ci si poteva aspettare una soluzione diversa da un Ministro che non si rende conto che le forniture di metano dal Congo, dall’Angola e dal Qatar non arriveranno affatto in Italia entro due mesi per la semplice ragione che non passeranno per metanodotti, inesistenti, ma via mare, sulle navi metanifere, e non troveranno sulle nostre coste gli indispensabili rigassificatori per immetterli in rete. Il Movimento 5 Stelle, di cui ha ricoperto il ruolo di "capo politico", è sempre stato in prima linea nell’impedire la costruzione dei rigassificatori di Trieste-Zaule, di Rosignano e di Porto Empedocle. Il tutto, va detto, con la piena e rivendicata complicità, per i primi due, degli allora Presidenti delle Giunte regionali Debora Serracchiani (Friuli-Venezia Giulia) ed Enrico Rossi (Toscana), esponenti di un imbarazzante Partito Democratico succube di miti ambientalisti.
Beh: è il Governo dei migliori...privo ovviamente di qualunque credibilità.
(*) Costituzionalista
(*) prof. Daniele Trabucco. Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico. Professore a contratto in Diritto Internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano.