Di Lorenzo Bertolazzi (Nazione Futura Parma) Parma, 24 febbraio 2022 -
1. La narrazione secondo la quale sarebbe la NATO a cercare un’espansione nell’Est Europa fino a spingersi ai confini della Federazione russa è fuorviante oltre che non corrispondente alle vicende storiche. Sono state piuttosto le ex repubbliche sovietiche, un minuto dopo il crollo dell’URSS, ad avvicinarsi al mondo libero e a non volerne più sapere del giogo di Mosca (Bulgaria, Polonia, Romania, Ungheria e repubbliche baltiche).
2. Putin ha come obiettivo la ricostruzione della vastità territoriale del vecchio impero zarista e, più precisamente, non intende avere sui propri confini un paese nell’orbita della NATO: Finlandia e Ucraina neutrali, Bielorussia Stato satellite. Per consolidare questa strategia, il Cremlino ha avanzato pretese territoriali nelle regioni confinanti a maggioranza di popolazione russa: la spia vi era stata nel 2014 con l’annessione della Crimea e si è confermata in questi giorni con il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass. Questo perché con il manifestarsi dell’interesse ucraino per un eventuale ingresso nell’Unione Europea e per l’alleanza nordatlantica si è palesato il rischio di avere una crepa nella nuova cortina di ferro tra i paesi occidentali e la Russia ed essere quindi direttamente attaccabili. Un rischio che il Cremlino voleva e vuole evitare a tutti i costi. Putin, dal suo punto di vista, non può accettare di avere le testate NATO alle porte di casa sua.
È una situazione per certi versi simile a quella verificatasi nel 1983 quando, dopo il mancato accordo sull’equilibrio delle forze nel contesto europeo, gli occidentali procedettero alla sistemazione dei missili di teatro sul vecchio continente e l’Unione Sovietica, per non trovarsi sotto scacco, minacciò a sua volta la collocazione (poi parzialmente realizzata) dei propri missili SS20 oltre i suoi confini in Germania Est, paesi baltici, Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria. Allora i dissidi furono risolti nel 1987 per via diplomatica grazie all’accordo INF tra Reagan e Gorbačëv, questa volta è ancora tutto da scrivere…
3. L’apparente predominio di Putin sullo scenario est europeo è reso possibile da una duplice debolezza. La prima è quella impersonata fisicamente dal commander in chief del mondo libero, il presidente americano Biden che solo da un primo sguardo dimostra tutta l’impotenza dell’Occidente. D’altra parte, non c’è da stupirsi di questa debolezza evidente dopo il disastro di Kabul dell’agosto scorso.
La seconda debolezza è quella rappresentata dall’Unione Europa che ancora una volta conferma di valere meno di zero in politica estera. Sarebbe ora di riconoscere che in tutte le grandi crisi del XXI secolo la risposta dell’UE è stata totalmente fallimentare: crisi finanziaria, terrorismo islamico, immigrazione, crisi sanitaria e ora conflitto russo-ucraino sul proprio territorio geografico.
4. Guai a mostrare le divisioni che purtroppo esistono all’interno del fronte occidentale. A questo proposito, attenzione al ruolo da doppiogiochista svolto in questi anni dalla Germania che fino all’altro ieri ha mantenuto un atteggiamento ambiguo e a doppio filo con la Russia. Il cancelliere Scholz è tornato dal vertice con Putin con un nulla di fatto e le sue parole non hanno mai fatto pensare ad una presa di posizione netta. Questo comportamento trova spiegazione in un fatto molto semplice: la Russia garantisce a Berlino ingenti quantità di gas e di risorse energetiche, alla luce di ciò è facile comprendere le difficoltà che avrebbe la Germania a prendere le distanze in modo perentorio dalla Russia. Inoltre, Schroder (cancelliere socialdemocratico dal 1998 al 2005 e padre politico di Scholz) è all’interno del consiglio d’amministrazione di Gazprom e si è occupato della costruzione dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, non credo serva aggiungere altro.