Martedì, 09 Marzo 2021 10:52

Deontologia e Ordini professionali. La replica del Vice Presidente Giorgio Luchetta In evidenza

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A seguire la replica del Vice Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Commercialisti in risposta all'articolo dello scorso 7 marzo.

Egregio Direttore,

in un articolo pubblicato sulla vostra testata il 7 marzo, ho letto alcune considerazioni su un mio  intervento relativo all’utilizzo dei social media da parte degli iscritti al nostro Albo, ospitato nei giorni scorso sulle testate www.eutekne.info e www.press-magazine.it,  che rendono necessaria una mia, seppur breve, replica. 

Devo premettere di essere favorevolmente colpito nel constatare l’interesse che la discussione su alcuni temi deontologici di forte attualità siano ripresi anche al di fuori della categoria, a conferma che il confronto su di essi è talmente coinvolgente da richiamare l’interesse anche di coloro che, pur non appartenendo ad essa, ritengono importante contribuirvi. Di questo la ringrazio, poiché ha avuto, indubbiamente, la sensibilità di appassionarsi a tali temi e al dibattito che ne è scaturito. 

Non posso tuttavia condividere alcuni passaggi del contributo, derivanti forse da una scarsa conoscenza delle norme dell’ordinamento professionale dei commercialisti (comprensibilmente, visto che lei non è un iscritto nell’albo) e che necessitano di alcuni chiarimenti, al fine di evitare che la legittima difesa di diritti costituzionalmente garantiti si trasformi a sua volta in un tentativo di impedirne l’effettivo e concreto esercizio da parte di tutti. 

Faccio riferimento in particolare al passaggio in cui, dopo aver messo in evidenza che nei mesi precedenti vi è stata una disputa tra il Consiglio Nazionale, in regime di prorogatio,  e oppositori in ordine alle procedure di rinnovo (degli Ordini e del Consiglio Nazionale stesso) espressasi a volte con toni aspri, ma sempre raffinata nei contenuti ed elegante nei toni (seppur spesso sostenuti), si afferma che il mio intervento sul tema dell’uso dei social media appare assomigliare “più a una sorta di ‘intimidazione’ che a una proposta di portare ordine  alle comunicazioni degli iscritti e da disciplinare meglio nell’ambito del Codice deontologico”.

Parto dal presupposto che l’articolo sia stato scritto in buona fede (di questo non ho dubbi) ai fini di ribadire il sacrosanto diritto di ciascuno di esprimere le proprie opinioni nonché di esercitare il diritto di critica in una dialettica ‘democratica’; e questo certamente anche all’interno di una categoria professionale.  Ma evidentemente, ciò che non è stato colto pienamente è che:

  • la funzione di adottare norme deontologiche è attribuita per legge al Consiglio Nazionale(art. 29, co. 1,  c)del Decreto legislativo n. 139 del 28 giugno 2005) e tale funzione non può essere trasferita ad altri soggetti (neanche in regime di prorogatio); ciò non costituisce una mancanza di democraticità, ma la ‘sostanza delle cose’;
  • l’emanazione di una norma deontologica ha uno scopo preventivo e mai repressivo: i precetti deontologici costituiscono un orientamento per il professionista per non incappare in comportamenti scorretti sanzionabili disciplinarmente. Diversamente, la funzione repressiva è affidata ai consigli di disciplina istituiti presso ciascun Ordine territoriale ed è a rimessa esclusivamente a tali organi la valutazione della condotta di ciascun iscritto; 
  • il Codice deontologico dei commercialisti già individua le regole comportamentali cui l’iscritto deve conformare il proprio comportamento, non solo professionale, in ogni circostanza ed, evidentemente, anche nel caso in cui utilizzi degli strumenti social per condividere pensieri, riflessioni, informazioni ed esperienze. In tal senso nell’ambito dell’intervento ho citato le principali disposizioni deontologiche di  Ciò che ho sottolineato con forza è che l’uso massivo dei social media e il suo abuso ha reso inevitabile una riflessione del Consiglio sull’opportunità di accrescere negli iscritti la consapevolezza del loro ruolo sociale anche in tale - specifico - contesto. La proposta di modifica del Codice deontologico dei commercialisti, da me evidenziata, infatti, non mira a colmare una lacuna normativa nelle norme deontologiche professionali attualmente vigenti, ma, piuttosto, ad agevolare gli iscritti nel riconoscere con più immediatezza il comportamento deontologicamente corretto nell’approcciarsi a tali strumenti di comunicazione e condivisione sociale. Non si tratta di un intervento ‘straordinario’, ma di un intervento esplicativo di un quadro normativo deontologico già esistente e vigente.

Ripeto anche in questa sede quanto già indicato nel mio intervento: la conformità alle norme e  ai precetti deontologici  nell’uso dei social media non preclude o sacrifica in alcun modo l’esercizio dei diritti fondamentali di pensiero ed espressione, riconosciuti a ciascun individuo, ma, anzi, garantisce che tali libertà possano essere pienamente esercitate in ogni contesto in un clima di vicendevole rispetto, lealtà e considerazione. 

Nessun intento intimidatorio dunque, ma solo la constatazione che, come anche sottolineato da altri ordini professionali, l’uso dei mezzi di comunicazione sociale deve essere correttamente inquadrato sotto il profilo deontologico.

A ciascuno il suo. 

Giorgio Luchetta

Vicepresidente Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili

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