Per ora solo promesse, che quando è andata bene si sono trasformate in costi e poi in tasse per tutti, ma senza essere seguite da concreti risultati economici e sociali. Cari politici, scendete tutti quanti dai vostri pulpiti elettorali, salvo quelli in corsa per le prossime amministrative, e realizzate un patto trasversale di stabilità e di progresso.
di Lamberto Colla Parma, 22 maggio 2016.
Promesse, promesse, promesse. Il dibattito politico nazionale prosegue sulla linea del contrasto tra le promesse della maggioranza di governo con l'opposizione che trova ogni, più o meno valida, argomentazione per smontare e disinnescare gli annunci del Governo.
Intanto, in questo clima da campagna elettorale permanente, l'Italia non decolla anzi, per certi versi arretra o, per dirla alla Renzi, "non cresce come prima" riferendosi ai dati, non certo incoraggianti dell'occupazione.
Affermazione vera solo in parte poiché i dati relativi al saldo tra cessazione di rapporti lavorativo e nuove assunzioni a tempo indeterminato del primo trimestre 2016 (51.087) sono inferiori del 77% rispetto il 2015 quando erano in vigore le agevolazioni ma addirittura inferiore anche al 2014 (87.034).
Ciò sta a dimostrare come il sistema economico italiano abbia necessità di unità lavorative ma viva l'indisponibilità di liquidità e di redditività in grado di sostenere l'occupazione. Una conferma ulteriore che, per fare riprendere il Paese, occorre una spinta decisa; l'effetto delle misure palliative è definitivamente svanito.
L'ultima, in ordine di tempo, campagna propagandistica ha riguardato la concessione di flessibilità da parte della Commissione Ue all'Italia. 13,5 miliardi di euro (0,8% del PIL) che il Governo potrà giocarsi per interventi straordinari.
Una apertura, che se verrà mal sfruttata, costerà cara ai cittadini.
Mai si è vista l'UE essere benevola con l'Italia, piuttosto si è sempre osservato come l'orientamento fosse di fare aumentare l'imposizione fiscale (cosa che è puntualmente avvenuto) per drenare la ricchezza degli italiani operosi e risparmiosi. L'UE non era riuscita a imporre la famigerata "Troika" per le barriere alzate da Berlusconi ed oggi potrebbe ritentarci con questa elemosina valida solo per l'anno in corso.
Quindi, di fatto una concessione "tampone" che difficilmente consentirà una programmazione efficace, inutile a avviare un volano economico permanente e auto-rigenerante.
Certamente invece farà bene a Matteo Renzi, che potrà meglio dedicarsi alla campagna pro referendum costituzionale di ottobre con il quale, a detta sua, ci si gioca il suo futuro politico.
Ma quello che più preoccupa è lo scenario che si prospetta per il 2017, quando la flessibilità decadrà e dovremo pagare il conto, anche per gli anni a seguire, (circa tre miliardi) del patto scellerato sottoscritto in questi giorni. Già a partire dal 2017, saremo chiamati a fare uno sforzo extra, ovvero una correzione dei conti pubblici che si tradurrà in più tasse o in tagli secchi alla spesa statale (e quindi ai servizi, visto che la spending review sugli sprechi non si riesce proprio a fare).
Un ulteriore richiamo UE a intraprendere un percorso virtuoso nel segno del rigore spianato in "Loden Style" dal Governo Monti, proseguito con Letta e trasformato in "young & freak style" di Renzi.
Ma la sostanza non cambia.
Nessuno di questi ultimi tre Premier è stato il frutto di scelta popolare e nessuno di questi è riuscito a imporre una linea di rigore all'interno dell'onerosissimo apparato burocratico andando invece sempre e costantemente a pescare nelle tasche dei contribuenti.
Le azioni di Governo per risanare i conti pubblici invece sono una costante in quanto inefficienza.
Il debito Pubblico continua a crescere nonostante il mare di "lacrime e sangue" versato dai cittadini in questi anni di "rigore" (per molti ma non per tutti).
Gli ultimi dati rilevati indicano che si è raggiunto il nuovo record d'indebitamento: 2.228 miliardi a marzo 2016, mentre a gennaio era stimato in 2.195 e a dicembre scorso 2.169.
Una crescita del debito che incuriosisce. Una riprova che è proprio la "macchina pubblica" che non funziona posto che la quota degli interessi passivi dovrebbe essere praticamente nulla.
In pratica, le azioni di Governo fin qui realizzate hanno prodotto un bassissimo impatto economico in termini di PIL, ma persistenti in quanto indebitamento.
Di fatto, quello che avrebbe dovuto risultare un investimento da parte del Governo si è trasforma in costo.
E così dobbiamo rilevare che il Jobs Act è costato ben 75.000€ per lavoratore ma non ha generato né maggiore occupazione (per cui fu necessario varare il pacchetto di agevolazioni) e nemmeno quella flessibilità lavorativa auspicata.
I consumi, come è ovvio che sia, stagnano e l'ultimo indicatore dell'inflazione segna negativo per il 2016 (-0,2%).
In buona sostanza, il debito pubblico continua a salire, il PIL non cresce come dovrebbe e la prospettiva di maggiori tasse è una sagoma sempre più nitida all'orizzonte con le clausole di salvaguardia (aumento dell'Iva fino al 25,5%) che diventano sempre più un traguardo concreto.
Ed allora via con le nuove promesse, lo smantellamento di Equitalia (entro il 2018) e conferma del Bonus Bebé (160€/mese) che sarà esteso, con maggiorazione, al secondo figlio (240€/mese).
Stando alla storia questi due prossimi interventi si trasformeranno in ulteriori costi.
Misure che non potranno generare una significativa ripresa economica per cui si dovrà correre per trovare nuove coperture da aggiungere ai 3 Miliardi richiesti dalla UE per la flessibilità concessa nelle scorse ore a Roma.
Un circuito vizioso e non virtuoso che continua a condannare l'Italia al fallimento.
Eppure, in questa europa opaca e in difficoltà, qualche esempio di ripresa c'è, e senza citare l'sola di Sua Maestà la Regina Elisabetta che partecipa all'UE a suo comodo, la Spagna sta raccogliendo i frutti del cambiamento di mentalità con un PIL che cresce del 3,5% (intero 2015) e passi che è in aumento anche il suo debito pubblico, che ha raggiunto per la prima volta negli ultimi 100 anni il 100% del PIL (ricordiamo che l'Italia è a 133%), ma consentendo di promuovere i consumi sfruttando la riduzione dei prezzi.
Guardando ai risultati della Spagna si può e si deve ancora sperare, ma serve coesione parlamentare e il coraggio di prendere decisioni forti, potenzialmente impopolari almeno nel breve periodo, e condivise.
Ed è proprio il breve periodo che spaventa ogni politico, poiché il risultato deve essere ottenuto nel breve per poterlo giocare sul turno elettorale.
Ecco quindi che un programma serio a medio periodo, capace di rilanciare l'Italia, non lo vedremo mai, a meno di un nuovo Piano Marshall, augurandoci però che non si creino le condizioni perché ciò possa accedere.
Per ora, promesse e promesse, che si trasformeranno in spesa e poi in tasse per tutti.
Cari politici, scendete tutti quanti dai vostri pulpiti elettorali, salvo quelli in corsa per le prossime amministrative, e realizzate un patto trasversale di stabilità e di progresso.
Tanto commissariati siamo e commissariati resteremo per un bel po', ma almeno resteremo nei minori danni e costruiremo il futuro con un "Piano Marshall interno", frutto di una PAX trasversale tra i partiti, tanto utile quanto onorevole.
Basta promesse e andate a lavorare per il futuro dei vostri cittadini!
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