Di Redazione 21 NOVEMBRE 2022
Caro Tito, con questa “Lettera n. 434” vorrei ricordare (affettuosamente e storicamente) nonché “esaltare” tutti i parrucchieri della mia vita. Ognuno di noi, dall’infanzia fino ad ora, ne ha forse o sicuramente cambiato un bel po’ (per breve o lunga durata). Prova a pensare ai barbieri o parrucchieri della tua vita! Personalmente ne avrò cambiati più di dieci, non soltanto per un fatto generazionale ma anche perché ho avuto io parecchie residenze.
Nei nostri piccoli paesi, la presenza del barbiere può aver significato tanto per la nostra crescita, se non altro perché la sua bottega era un luogo di ritrovo per bambini, giovani, adulti ed anziani di ceti diversi ed era un’occasione per appurare tante cose sulla nostra comunità e sull’intero mondo. Infatti, nell’attesa del turno per essere tosati, noi bambini o adolescenti ascoltavamo notizie e commenti di ogni genere … quasi che il “Salone” (come allora si chiamava il luogo dove c’era l’artigiano che tagliava barba e capelli) fosse un circolo culturale … specialmente se il barbiere era anche sarto e se costui era tra coloro i quali facevano partire gli emigranti per le Americhe o per l’Australia poiché rappresentava una compagnia di navigazione.
Alcuni barbieri, poi, per ingannare l’attesa dei clienti si sono, piano piano, abituati a mettere a loro disposizione pure giornali, riviste e fumetti (come nella sala d’attesa di alcuni medici o altri professionisti ma anche in alcuni bar). Il primo giornale che ho visto nella barberia di mastro Peppino Repice è stato il “Corriere dello Sport” durante lo svolgimento del settimo Campionato mondiale di calcio svoltosi in Cile dal 30 giugno al 17 luglio 1962. Mi ricordo pure che Nicola Piperissa (il quale nella squadra amatoriale del Badolato era il portiere principale), uno dei discepoli di Repice, era ogni giorno arrabbiatissimo per via di quella brutta figura fatta dalla nazionale italiana (i nostri sempre amati azzurri) che ancora adesso genera molte polemiche e lascia irrisolti parecchi misteri su quell’indegno ed immeritato fiasco.
Insomma, la bottega del barbiere era tutto un mondo, pure con i suoi allievi (detti discepoli), che il più delle volte erano compagni nostri di scuola oppure amici di ruga o di giochi. Per me personalmente tutti i barbieri che ho avuto (anche quando non avevo la barba ed ero bambino o giovincello) hanno significato molto e a tal punto che ancora oggi li ricordo con affetto e sento il dovere di ringraziarli per quanto hanno dato alla mia crescita. Come ho scritto in altra lettera, nelle sartorie-barberie venivano designati persino i candidati a sindaco, ad assessore o a consigliere per le nostre Amministrazioni comunali. Infatti, come per i sondaggi di oggi, il sarto-barbiere aveva il polso della situazione e sapeva (meglio di tanti altri) cosa pensasse la gente su cose e personaggi pubblici e privati. Ciò era vero (seppure in minore misura) pure per altri artigiani (come calzolai o falegnami, ecc.) i quali, più o meno, facevano da cerniera tra i diversi ceti del paese, specialmente tra i contadini e i “galantuomini” (professionisti e altri borghesi).
A Badolato (CZ), ad esempio, il Partito Socialista Italiano è nato, verso la fine del 1800, proprio in una bottega artigiana dove avveniva l’incontro di persone ed idee. Sicuramente oggi come oggi non è più così, però, la bottega di parrucchiere (per uomo e/o per donna) resta luogo e momento di utile divulgazione e di prezioso scambio di notizie e idee che riguardano la comunità locale e persino l’universo-mondo. Lo posso confermare ancora io come cliente-utente e lo possono confermare i parrucchieri che conosco da sempre.
Con questa “Lettera n. 434” voglio rendere omaggio all’intera categoria (maschile e femminile) e, in particolare a tutti i barbieri – parrucchieri che sono stati utili alla mia vita non soltanto per l’estetica della testa e del viso, ma anche come scaltri “maestri di comunicazione sociale”. In fondo, i parrucchieri sono come colleghi giornalisti, sia perché si dice comunemente (pure in senso ironico) che le loro botteghe sono come redazioni dove si fanno i “giornali” di comunità (spesso al limite del “pettegolezzo”) sia perché, generalmente e salvo eccezioni, sono loro che raccolgono e diffondono le notizie del giorno o della settimana. Insomma, quella del sarto-barbiere è una sede sociale multifunzione e utile alla collettività.
E per dare un’idea di come si è evoluto il settore, da settanta anni a questa parte, provo a descrivere in modo cronologico e brevemente i maestri-barbieri che ho avuto, iniziando però a raccontarti di Mario Malacorda, che, incontrato nell’estate 1978, è stato e resta un personaggio a sé stante e a cui devo una riconoscenza affettuosa e una gratitudine particolare. Non a caso riservo a lui (e al figlio Matteo) la copertina di questa Lettera 434.
1 – LA COPERTINA A MARIO MALACORDA SICULO-LOMBARDO
Dopo quasi un anno dal conseguimento della laurea, nei mesi di giugno e luglio 1978 ho abitato al Mel (simpatico bar-locanda di Virginio Panzèri, tel. 0341-630265), proprio al centro di Calolziocorte (allora in provincia di Bergamo, oggi in quella di Lecco) con l’intenzione di cercare lavoro in quella zona dove, a pochi chilometri, in Olginate, già risiedeva con la famiglia mio fratello Vincenzo il quale era impiegato come Ufficiale Giudiziario al Tribunale di Lecco, lì vicino. Dall’altra parte del Mel (dove ancora lavora la bellissima, gentilissima, ineguagliabile Anita Lanfranchi dallo splendido, luminosissimo, sempiterno e felice sorriso), oltre la piazza Vittorio Veneto, al n. 18, c’è dal 1968 l’elegante bottega di parrucchiere per uomini, fondata da Mario Malacorda. Ci sono andato, appena arrivato in quella cittadina, per tenermi sempre in ordine ed essere ben presentabile. E lì, parlando del più e del meno, ho saputo che Mario è di origini siciliane-messinesi, nato nel 1945 nel Comune di Reitano (denominazione che ricorda il cognome del noto e compianto nostro indimenticabile cantantautore reggino Mino Reitano, di cui sono stato amico).
All’età di 15 anni, quindi nel 1960 (nel pieno del travaso-emigrazione di milioni di persone dal sud al nord Italia), Mario approda con la famiglia (genitori e due fratelli) proprio a Calolziocorte, dove il padre era stato chiamato per lavorare in una fonderia. Dopo otto anni di apprendistato e appena ventitreenne, apre la sua bottega di parrucchiere proprio al centro della cittadina, in Piazza Vittorio Veneto 18 (tel. 0341-630939, cellulare 333-5963288). Mette su famiglia, sposando una ragazza del posto da cui ha due bei figli, Matteo e Martina, i quali continuano, in seconda generazione, l’attività paterna. E questo è, di per sé, un dato assai importante poiché solitamente è raro che il figlio di un parrucchiere voglia continuare l’attività genitoriale, in quanto i figli di artigiani ambiscono a diventare “super-professionisti” (medici, avvocati, ingegneri, ecc.).
Questa lodevole continuità generazionale di entrambi i figli di Mario mi sembra la prima nota di merito per cui i Malacorda possano guadagnare la copertina di questa Lettera 434. Infatti, dei parrucchieri che ho avuto io o che conosco, nessun figlio ha continuato l’arte del padre o della madre. Perché sì, il parrucchiere è un’arte, tra le più antiche e nobili, avendo attinenza con il benessere e l’armonia della persona. Buona parte della civiltà umana e sociale passa proprio dal sentirsi e dall’essere in ordine con il proprio aspetto, senza cui non ci potrebbero essere buone relazioni sociali e quindi … civiltà. Vedi quanto vale l’estetica?…
Tornando all’estate 1978, Mario Malacorda fu così gentile, già alla prima tosatura, che mi invitò a prendere il caffè al vicino bar Mel dove fummo accolti dalla luminosa professionalità di Anita, una delle donne di maggiore e migliore stile, eleganza e delicatezza mai incontrate in assoluto, nella mia vita!… Così abbiamo familiarizzato, sicuramente aiutati in questo dall’essere entrambi non soltanto meridionali ma anche “vicini di casa” poiché la distanza tra Reitano (suo paese natìo) e il mio Badolato è di poco più di 250 km (compreso il passaggio dello stretto di Messina). In pratica parlavamo quasi il medesimo dialetto. Penso che la maggiore attenzione e solidarietà avuta da Mario fosse dovuta pure al fatto che egli era stato emigrante prima di me e che, quindi, capiva la mia “solitudine” e le problematiche dovute specialmente in quella particolare contingenza dell’affannosa ricerca di lavoro, andata poi male. Quasi sicuramente pure per questo, oltre ai caffè frequenti, una domenica mi invitò a cenare con una allegra grigliata di carne nel giardino della sua villa (con bella vista sul lago di Olginate e sull’emissario del fiume Adda, ultima parte del lago di Como-Lecco), celebri luoghi dei “Promessi Sposi” del Manzoni, dominati dal monte Resegone. Fu una generosa gentilezza che ricordo ancora adesso con riconoscenza e gratitudine, a distanza di 44 anni!!!
Pure perché a Calolziocorte abitano gli stimatissimi fratelli badolatesi Andrea e Vittoria Battaglia, miei grandi amici di giovinezza (i quali con i rispettivi coniugi sono venuti a trovarmi qui in Agnone nel ferragosto 2009), in questi quattro decenni sia Mario che io ci siamo mandati i saluti reciproci pure tramite loro, però ogni tanto ci siano sentiti per telefono ed abbiamo mantenuta così viva l’antica amicizia. E’ stato proprio Andrea qualche giorno fa che mi ha inviato un articolo di Leccotoday del 27 luglio 2021 ore 09.42 a firma di Matteo Filacchione ( << https://www.leccotoday.it/ notizie/calolzio-mario-parrucchiere-negozio-storico-.html >> ) che dava notizia del riconoscimento come “attività storica” da parte della Regione Lombardia alla bottega di parrucchiere che, fondata nel 1968 da Mario Malacorda, adesso viene portata avanti dai figli Matteo e Martina. Una gran bella soddisfazione per uno stakanovista del lavoro e dello stile come Mario! Ne sono veramente assai lieto e rinnovo anche qui le mie più sincere, affettuose e esultati congratulazioni!
Una frase mi ha colpito di questo articolo per come detta da Mario: << Diventare amici dei clienti è il valore aggiunto, insieme alla professionalità >>. Ecco, caro Tito, questo suggerimento (che approvo e sento vero) vorrei di tutto cuore estendere a tutti coloro i quali hanno una qualsiasi attività sociale, poiché così si crea un clima di fiducia e di reciproca stima. Ritengo che (consapevolmente, per natura o per istinto) Mario abbia applicata la legge già esistente nei nostri piccoli paesi della reciproca amicizia, cordialità e solidarietà … quell’umanesimo dell’estremo sud che ha radici assai antiche (persino pre-magnogreche, risalenti addirittura alla “prima Italia”) per cui l’ospite è sacro. La più disinteressata umanizzazione in qualsiasi attività sociale è ciò che ci rende più felici, al di là del lavoro e del profitto. E sono sicuro che Mario sia una persona felice, principalmente perché è sempre stato onesto e generoso e anche perché è riuscito a realizzare un capolavoro di famiglia, tanto è che i suoi due figli gli garantiscono non soltanto la continuità generazionale, avendogli dato nipoti, ma anche professionale. Cosa vuoi di più dalla vita?… Oltre tutto Mario Malacorda è anche “Cavaliere del Lavoro” a suggello e testimonianza del valore della persona, dell’indefesso lavoratore e dell’artista. Ancora adesso, benché pensionato, il sabato aiuta i figli in bottega.
In questi ultimi giorni, con Mario mi sono sentito più volte al telefono e a lungo; e sono sicuro che, essendo entrambi in pensione, avremo modo e tempo per intensificare i nostri contatti telefonici. Come per le vere amicizie, è sembrato che ci fossimo lasciati ieri per come la conversazione è stata sciolta e cordiale. Ora è tempo di passare alla rassegna di tutti gli altri barbieri-parrucchieri della mia vita. Con un pensiero di vera riconoscenza per come e per quanto ognuno di loro sia stato utile per la mia crescita umana e sociale.
2 – NAPOLEONE DI ISCA MARINA (1954-56)
Caro Tito, probabilmente è stato così pure per te. Quando eravamo piccolini e non andavamo nemmeno all’asilo (scuola materna o scuola per l’infanzia), erano i nostri padri (pure per risparmiare in quei difficili primi anni cinquanta) che con il rasoio ci tosavano a zero per l‘estate o riducevano la chioma per i mesi invernali con una semplice forbice. Ovviamente si vedevano che i capelli erano stati tagliati da persona inesperta e senza gli attrezzi adatti, probabilmente pure in modo maldestro. Perciò, mio padre ha cominciato a portarmi dal barbiere quando nel 1954 Badolato Marina ebbe il primo asilo infantile, con la progressiva costruzione delle prime case per i senza-tetto dell’alluvione del 1951. Entravo così in società.
La mia famiglia abitava al casello ferroviario di Cardàra, al km 152 da Reggio Calabria della strada statale jonica 106 e al km 324 della ferrovia Metaponto – Reggio Calabria. Poiché non c’era ancora Badolato Marina, che stava sorgendo dalla fine del 1951 in poi, andavano a fare spesa a Isca Marina (2 km dal casello) che era paese già formato e costruito (a tempo di record e in muratura, senza baraccopoli, grazie al Governo De Gasperi) dopo il terremoto dell’11 maggio 1947. Qui c’era il piccolissimo negozio di generi alimentari dei Berlangieri (simpatica coppia di anziani) dove la mia famiglia andava a rifornirsi delle cose più necessarie, mentre per altre merci era necessario recarsi nella cittadina di Soverato (a 13 km di ferrovia).
Vicino a tale negozio c’era un sarto-barbiere che si chiamava Napoleone (cognome, nome o soprannome?). Questi era un uomo assai mite, dotato di una calma e di una serenità che oggi definirei addirittura serafica o addirittura ascetica. Non aveva una bottega da sarto-barbiere ma lavorava a casa e faceva accomodare i clienti su una normale sedia di vimini. Sedia simile pure nella casa dell’altro barbiere Giuseppe Berlangieri (detto Peppino), uno dei figli della predetta coppia di anziani del negozietto di alimentari.
3 – GIUSEPPE BERLINGERI DI ISCA MARINA (1957-58)
Non ricordo il come ed il perché, dopo un paio d’anni circa di taglio di capelli da Napoleone, mio padre mi portò a tosare da questo Peppino Berlangieri. Mastro Peppino era di statura molto bassa ma aveva una moglie più alta e robusta e tanti marmocchi di ogni età che la tenevano molto impegnata. Penso che facesse pure il sarto, sempre a casa. A Isca Marina abitava sul lato opposto a quello di Napoleone e del negozio dei genitori (che abitavano nelle prime palazzine venendo da Badolato con la statale 106 jonica).
Mentre da Napoleone (che aveva solo una moglie assai discreta e riservata) c’era una calma assoluta e quasi religiosa, in casa Berlangieri c’era sempre baldoria, provocata dall’irrequietezza e dai capricci dei bambini. Spesso e volentieri mastro Peppino lasciava i miei capelli per andare a dividere i figli che si bisticciavano o a redarguire la moglie per qualcosa. E mentre in casa Berlangieri era una sequela di bestemmie (a quei tempi una brutta, generalizzata e frequente abitudine), da Napoleone il suo lavoro sembrava una preghiera. Parlava sottovoce e mi raccontava storie antiche, come allora solevano fare le persone anziane, spesso pure in modo appassionato e teatrale. Con questi “cunticehy” (racconti) questo maestro-barbiere mi faceva pensare, riflettere ma anche sognare. Lo ricordo con immensa riconoscenza!
Conoscendo mio padre, ritengo ancora oggi che abbia cambiato barbiere per l’unico desiderio di aiutare la famiglia numerosa di Peppino Berlangieri, mentre Napoleone, senza figli, se la cavava bene pure da solo per tutte le sue virtù. Probabilmente mio padre gli avrà spiegato anche il motivo, poiché tra persone oneste di altri tempi c’era più intesa e comprensione. Per l’esattezza di alcune informazioni su questo mastro Peppino sono stato aiutato dalla docente Anna Maria Laganà, badolatese originaria di Isca, che qui ringrazio per la gentilezza e l’amicizia dimostrate.
4 – PIETRO ANDREANO’ DI BADOLATO MARINA (1959)
Intanto dal borgo antico di Badolato Superiore si era trasferito in Marina la famiglia di mastro Pietro Andreanò (conosciuto come Pietro ‘e Nina). Ci deve essere stato un “odore di parentela” tra noi e lui o con la moglie. Fatto sta che mio padre mi ci portò per il rituale taglio dei capelli. Ciò avveniva prima in una casa per gli alluvionati del 1951 di via Mazzini e poi in un alloggio per i terremotati del 1947 su Via Nazionale. Se ben ricordo, aveva tre figli, due maschi e una femmina. I due maschietti erano divenuti miei amici, poiché il più piccolo era mio compagno di classe e il più grande faceva il chierichetto come me in parrocchia.
Mastro Pietrino era persona assai mite e, come Napoleone di Isca, parlava con calma e quasi sottovoce. Pure lui raccontava tante storie vere, verosimili e leggendarie sia del paese che di badolatesi emigrati in lontani Paesi. Mentre mi tagliava i capelli su una sedia di casa, interloquiva spesso pure con la moglie che era impegnata nelle faccende domestiche o con i figli. Un’atmosfera ben diversa da quella che mi aspettava in una vera e propria bottega da barbiere quando, per quasi due anni, ho frequentato il nuovo “Salone” (così veniva indicato dalle nostre parti) di mastro Peppino Rèpice che era pure rinomato sarto. E’ stato un notevole salto di qualità.
smart
Infatti fu il primo vero locale adibito unicamente a questo lavoro artigiano. Era in uno dei due magazzini posti sotto la casa del geometra Angelo Anoja, uno dei tecnici protagonisti della ricostruzione delle abitazioni danneggiate dal terremoto del 1947 e dall’alluvione del 1951. Tale casa, posta sulla via Nazionale, vicinissima alla stazione ferroviaria, si distingueva da tutte le altre finora costruite in Badolato Marina per i terremotati o per gli alluvionati perché era una villetta voluta, progettata e innalzata da questo impresario edile, protagonista poi di altri lavori privati, sociali e comunali. Il fratello prof. Antonio con la famiglia era mio dirimpettaio all’Ina-Casa, le ultime palazzine alla periferia della Marina, sempre sulla Nazionale (verso Soverato-Catanzaro). A quel tempo tutte le case popolari di Badolato Marina erano bianche e donate dal Governo ai senza-tetto, mentre invece le nostre erano di colore giallo e di proprietà (con mutuo a riscatto venticinquennale), costruite dall’Istituto Nazionale Assicurazioni (INA). Per questo le dicevamo “Ina-Casa”.
5 – GIUSEPPE REPICE DI BADOLATO MARINA (1960-62)
Dicevo che quello di mastro Giuseppe Rèpice (detto Peppino) è stato il primo vero “Salone” di sarto-barbiere in Badolato Marina. Era collocato nei magazzini della Palazzina Anoja, al piano stradale della principale Via Nazionale n. 54-66 (numeri civici attuali), a circa 70 metri dalla stazione ferroviaria e a poco più di 100 metri dalla maggiore piazza (dove si affacciavano Pretura, Ufficio Postale, Chiesa parrocchiale e vari negozi) o dall’unico bar (allora di Salvatore Staiano, oggi “Centrale”). Tale attività artigianale non era più fatta in casa, bensì in un locale dedicato e molto ampio di “tipo “commerciale” che veniva aperto al pubblico in appositi orari mattutini e pomeridiani, come nelle città. Tale “magazzino” (così indicato) di oltre 30 metri quadrati era adibito anche all’attività sartoriale. E ciò che distingueva mastro Peppino Rèpice dai tre barbieri finora frequentati era pure il fatto che egli avesse degli apprendisti, detti “discepoli”. Insomma, la sua era la vera e tradizionale bottega di sarto-barbiere che c’era solitamente presente pure al borgo antico.
A quei tempi, il titolare di questa attività dai sui discepoli-apprendisti veniva chiamato “summastro” (super-maestro, capo-maestro) ed ho sempre ammirato tale particolare, poiché dava al discepolo già il titolo di “mastro” (maestro). Un grande rispetto per chi cercava di apprendere quel delicato ma assai utile lavoro. Ciò valeva pure nelle botteghe-scuola di falegnami, calzolai e di altri mestieri (anche femminili). Prima che la modernità lo scardinasse, il nostro “piccolo mondo antico” appariva ben ordinato ed armonico, specialmente nel reciproco rispetto delle persone e dei ruoli all’interno della comunità. L’attuale caos sociale ci fa rimpiangere molto quel nostro “piccolo mondo antico”.
Mastro Peppino si dedicava principalmente alla sartoria e, per il taglio di barba e capelli, si limitava a servire le persone, diciamo, più importanti o che lo richiedevano espressamente, dal momento che bambini come me e persone del popolo venivano affidati alle mani comunque esperte dei suoi discepoli. Ne ricordo due in particolare: Nicola Piperissa (detto Longo, che poi è emigrato giovanissimo in Inghilterra dove ancora risiede) e Vincenzo Bressi (detto Cavolaro). Costui era fratello del falegname Nazzareno, destinato poi nel 1968 a diventarmi cognato perché ha sposato mia sorella Mimma sua coetanea (1942).
Ho ancora nitido il ricordo di come e quanto frequentemente mastro Peppino Repice parlasse allora del desiderio di realizzare una camiceria industriale; cosa poi effettivamente avvenuta in quegli stessi due magazzini del geom. Anoja, prima sede storica della PIREGA (PIperissa – REpice – GAllelli) una società a tre composta dall’imprenditore edile Andrea Piperissa (marito di mia zia Domenica Lanciano, sorella di mio padre), dallo stesso Giuseppe Repice e dal sarto Raffaele Gallelli, da poco rientrato dall’Argentina. Ne abbiamo scritto più diffusamente il 15 luglio 2020 con << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-292-appello-per-fare-insieme-la-storia-della-camiceria-pirega-di-badolato-marina-cz/ >>.
Chiuso così il “Salone” di barbiere e sarto per ospitare i laboratori della camiceria, mi affidai alle cure di mastro Vincenzo Bressi (detto Cecé) che aprì la sua prima bottega nel 1963 nella stanzetta di una casa popolare di via Nazionale (rione Maiolina) all’altezza del numero civico 108, proprio di fronte all’abitazione della famiglia Nàimo, molto amica della mia, pure per via di reciproci comparaggi. Come primo discepolo mastro Cecé ebbe proprio Giuseppe (detto Peppi) Nàimo, mio compagno di classe fin dalla scuola materna e poi amico di lunga data e abile musicista, componente del “mio” gruppo musicale “Euro Universal”. Peppi continuava, in un certo senso, la tradizione dei nostri paesi dove erano proprio e soprattutto gli artigiani coloro i quali, con vari strumenti, formavano gran parte delle bande musicali locali.
Qui voglio riportare la foto della sedia in legno pregiato, usata nella barberia di mastro Peppino Rèpice. Come si può vedere non è la classica sedia metallica da barbiere che conosciamo (di tipo industriale) ma è un mirabile prodotto dell’artigianato locale più raffinato, opera del fratello falegname Leopoldo Repice (poi proprietario e direttore dell’Hotel Bell’Orizzonte). Nella foto si può altresì notare che su tale sedia ci sono dei fiori. Ebbene, i figli di Peppino Repice mettono questi fiori, in segno di rispetto e di devozione, ogni volta che per vacanza scendono a Badolato Marina dalla Lombardia (dove vivono ormai da decenni).
Voglio segnalare questo nobile gesto dei fiori, pure per rimarcare ed evidenziare la figura davvero eccezionale del personaggio Giuseppe Repice, che ho sempre ammirato e stimato sia per il carattere, la professionalità, l’intraprendenza e la lungimiranza; sia per essere stato un vero pioniere e soprattutto per la caparbia volontà di rendere Badolato paese attrattivo per numerose occasioni di lavoro e per prodotti da esportare. In questo grande amore per Badolato mi indentifico pure io che tanto ho cercato di fare, ottenendo però una infinità di ostacoli fino all’esilio, così come tantissimi ostacoli ha avuto mastro Peppino Repice nel cercare di portare avanti la “sua” << ICP – Industria Camiceria Pirega >> … unico, vero, prezioso ed insuperato tentativo industriale avutosi finora a Badolato e più ampi dintorni!
6 – VINCENZO BRESSI (1963-1970 e 1978-1982 e 1985-88)
Allievo di mastro Peppino Repice, nel corso della sua lunga attività professionale, il maestro sarto-barbiere Vincenzo Bressi ha cambiato tre sedi. Da scapolo e appena uscito dalla bottega di Rèpice, ha svolto la professione in quella piccola stanzetta (4×4 metri circa) nella predetta casa popolare del rione Maiolina a bordo strada statale jonica 106 (Via Nazionale). Dal 1966 l’ampio e più centrale “Salone” di Via Nazionale 7, in un magazzino dell’edificando Palazzo Staiano (il più alto di Badolato Marina), proprio al centro del paese. E poi dai primi anni 70 la sede stabile in un magazzino di proprietà in Via Nazionale 134, nel palazzo di famiglia, dove aveva pure l’abitazione, in Via Nazionale 130.
Per quasi otto anni consecutivi è stato il mio costante punto di riferimento per la cura dei capelli. Fino a quando, nel novembre 1970, non sono partito per l’Università. Comunque, nei periodi in cui tornavo a Badolato Marina, mi rivolgevo sempre e comunque a lui (diciamo, a fasi alterne fino ad ottobre 1988, quando poi, esule, mi sono trasferito definitivamente ad Agnone del Molise). Ed è stato lui, nel 1967 (quando avevo 17 anni), a confezionarmi il primo vestito su misura della mia vita (pantaloni e giacca in tessuto chiaro “Principe di Galles” che allora andava molto di moda) frutto e regalo della “buona uscita” del pensionamento di mio padre ferroviere.
Annotazione. A quel tempo i nostri barbieri di paese non usavano effettuare le prenotazioni. Bisognava aspettare il proprio turno, dentro o fuori la loro bottega. Intanto io cercavo di evitare sabato e specialmente domenica che erano le giornate più affollate. E, siccome non avevo pazienza ad aspettare, cercavo di passare quando non c’erano clienti; e gentilmente mastro Vincenzo Bressi (e altri barbieri dopo di lui) mi accontentava, anche se magari era alle prese con il confezionamento di un abito ed era meglio non disturbarlo. Per la “filosofia del tempo” somigliavo a mio padre stakanovista, il quale utilizzava le ore e persino i minuti per scopi operativi e non gli andava di oziare o attendere. Nel ritmo lento dei nostri paesi (che oggi turisticamente viene denominato “Slow Life”) l’attesa era forse connaturata nella mentalità della maggior parte delle persone. Ma io proprio non riuscivo ad attendere e perdere così tempo assai prezioso.
7 – ROMA (novembre 1970 – luglio 1977)
Dal novembre 1970 al luglio 1977 (sebbene con lunghi periodi di assenza per le ricerche sul campo in Calabria e per espletare l’anno del servizio militare di leva) ho risieduto in Roma per poter frequentare gli studi universitari. Ho sempre abitato nel celebre quartiere popolare e studentesco di San Lorenzo, tra Stazione Termini e Città Universitaria. Mio barbiere di fiducia è stato il signor Gino, all’inizio di Via dei Campani, angolo Piazza dei Campani. Un personaggio assai mite e silenzioso, con il quale ho avuto dialoghi molto profondi ed interessanti, che mi hanno fatto conoscere non soltanto la sua famiglia (autenticamente romana) ma anche tante cose della Roma più autentica e, in particolare, il miglior modo in cui prendere la vita e la morte senza ansia.
smart
Il maestro Gino (di cui adesso non ricordo il cognome e me ne scuso) era di una grande e profonda sensibilità e di un tatto tale che mi dava l’impressione di essere uno psicologo nato e, comunque, una persona che aveva ragionato molto sulle persone e sull’esistenza di tutti gli esseri viventi. Quando per la prima volta mi sono seduto sulla sua poltrona da barbiere, il signor Gino aveva, più o meno, cinquanta anni. La sua poltrona non sembrava affatto quella di un barbiere ma di un maestro psicoanalista. Generalmente, i barbieri sono quasi tutti “filosofi” o “maestri di vita” … ma ritengo che Gino lo sia stato più di tutti quelli che ho conosciuto fino ad oggi. In un quartiere spiccatamente universitario non poteva essere diversamente!…
8 – VITTORIA PAPARO (autunno 1977)
Per dimostrare la modernità e la nuova evoluzione dei costumi sociali, c’è pure qualche donna-parrucchiera nella mia vita: sono innanzitutto le sorelle Vittoria e Raffaella Pàparo. Appena rientrate dalla Svizzera, dove la loro famiglia era emigrata molti anni prima, queste due giovanissime e bellissime ragazze il 15 ottobre 1977 hanno aperto in un loro magazzino di proprietà su Via Gramsci (la strada provinciale, oggi n. 135, Badolato Marina – Badolato borgo) un “Salone” di parrucchiera per donna ma anche per uomo.
A quei tempi l’apertura anche agli uomini da parte delle donne-parrucchiere era una novità assoluta per questa nostra zona jonica. Attiràti da ciò, nonché dalla frizzante giovinezza, bellezza, dinamicità ma pure dal coraggio di queste due sorelle, molti ragazzi hanno affollato tale “Salone”. Per incoraggiare la bella novità, non potevo mancare io che dell’emancipazione femminile mi consideravo e continuo a considerarmi “precursore” nel mio ambiente.
Di Vittoria Pàparo “artista parrucchiera” ti ho più volte riferito, per via dei tanti premi a livello anche internazionale che colleziona pure all’estero. Attualmente svolge la sua attività in “Ricci e capricci” alla Via Nazionale n. 7-B in Badolato Marina (Palazzo Staiano), prevalentemente per donne e per qualche maschietto (avendo dirottato ad un giovane collega le richieste in esubero). Oltre che artista riconosciuta, diciamo che adesso è diventata una vera e propria “star” e “manager” nel settore. E potrebbe addirittura aprire una propria scuola!… Cosa che auguro di tutto cuore, pure per impreziosire Badolato e interzona.
Nel 1995 a Belmonte del Sannio (un paese a circa 5 km da Agnone del Molise dove ancora abito d’inverno) ha aperto il suo “Salone Uomo-Donna” una giovanissima ragazza. Su invito di amici del posto ci sono andato, per incoraggiamento a questa nuova attività. Però, la mano femminile non sempre è adatta alla nostra capigliatura maschile. E poi ci sono stili e stili. In genere, le nuove tendenze giovanili non sempre si conciliano con uomini maturi come me che nel 1995 avevo già 45 anni. Perciò, non ho più fatto ricorso a questo “Salone”. Ho provato pure ad affidare barba e capigliatura all’amica e maestra parrucchiera Giuseppina Tredicine, in Via Saulino ad Agnone in quegli stessi anni novanta, ma non mi ci ritrovavo … forse perché mentalità ed esecuzione sono troppo diverse. Comunque sia e che io sappia, non sono molto diffusi, almeno nel nostro meridione, “Saloni” pure per uomini maturi con parrucchiere donne. Forse tra ragazzi l’intesa sui capelli alla moda è più ricorrente nelle nuove generazioni.
9 – I BARBIERI DI AGNONE DEL MOLISE (1983-2022)
Pur avendo messo piede in Agnone del Molise per la prima volta alle ore 15.30 circa di venerdì 24 aprile 1981 (a motivo del fidanzamento con Bambina Mastronardi poi divenuta mia moglie il 27 settembre 1982), ho trascorso in questa cittadina due anni di seguito da sposato (1983-85) e dal 1° novembre 1988 in poi. Qui, prima di trovare il barbiere giusto, ne ho cambiati alcuni … per diversi motivi che non sto qui a ricordare. Però il motivo principale (come dicevo prima) alla base del cambiamento era pur sempre il fatto che … non mi andava di aspettare il mio turno, perdendo tempo prezioso. Così, finalmente, ho trovato in Alcaruccio Cocucci chi mi metteva in condizioni di non attendere alcun turno. Quando avevo bisogno di lui (in genere ogni 20-30 giorni), previo avviso, veniva a bottega una mezzoretta prima (solitamente nel primo pomeriggio, appena pranzato), così evitavamo l’afflusso di clienti.
smart
Oltre ad elargirgli buone mance, per ringraziarlo di questa disponibilità, per la simpatia che suscitava come personaggio e per il suo dirmi di tutto e di più … l’ho inserito tra le mie “Amicizie-Baluardo” alla pagina 132 (tra le 95-143 del capitolo) nel sesto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007) nel contesto dei “MIEI VIP”. Nato in Agnone del Molise il 14 aprile 1928 e morto a Pozzilli (IS) il 29 luglio 2003, il maestro barbiere Alcaruccio Cocucci aveva una vastissima esperienza di vita e di persone in oltre 60 anni di attività professionale. Pure lui brillava per filosofia ancorata alle difficili realtà delle persone e della società.
Alla prematura scomparsa di Alcaruccio (all’età di 75 anni) mi toccava trovarmi un nuovo parrucchiere. Raffaele Scampamorte (con una clientela maschile e femminile) mi accettò tra i suoi fedelissimi dall’agosto 2003 fino a cessazione attività, avvenuta nel luglio 2021. Raffaele adottava lo scaglionamento dei clienti per appuntamento, per cui non c’era da aspettare inutilmente il proprio turno. Finalmente, un parrucchiere che si faceva trovare pronto all’orario indicato!… E’ stato per me un gran bel dono!…
Inoltre, Raffaele era una generazione più giovane degli altri barbieri e con una consistente esperienza estera (da adolescente era stato apprendista in Germania dove i genitori erano emigrati). Per di più si interessava attivamente di politica nazionale e locale, però con una vasta apertura mentale. I nostri dialoghi erano sempre interessanti e, a dire il vero, era un piacere conversare con lui ogni volta. Questo aspetto mi manca molto, pure perché è assai difficile poter parlare soprattutto di politica, di partitocrazia e di amministrazioni comunali e regionali in modo intelligente e spesso anche ironico.
smart
Un grazie davvero immenso devo pure al giovane Alessandro Verdone per la disponibilità dimostrata in due distinte situazioni particolari: una di lunedì, proprio quando la bottega era chiusa per turno settimanale; l’altra in pieno sabato mattina con il “Salone” gremito di clienti. In Agnone, così come in altre parti d’Italia, ho fatto ricorso parecchie volte “una tantum” a parrucchieri, dimostratisi comunque molto gentili. Come a Vasto “Il barbiere di Ficarra” nell’estate 2021.
10 – IL BARBIERE DI FICARRA (ME)
Come sai, trascorro la lunga stagione estiva a Vasto Paradiso (80 km da Agnone). Nell’attesa di tornare alla base, mi sono rivolto, in Via Platone 5, ad un barbiere vastese che poi ho saputo essere originario di Ficarra, in provincia di Messina come il paese di Reitano (da cui dista 68 km) del già ricordato amico Mario Malacorda. In una sola seduta questo “barbiere di Ficarra” (ovvero Antonino Sciacca, detto Nino, nato nel 1953) mi ha raccontato della sua vita e del perché si trova a vivere a Vasto.
E’ stata un’utile occasione, quell’unica seduta dal “Barbiere di Ficarra” (tel. 331-5608463), per poter parlare di Calabria e di Sicilia, regioni sorelle. Infatti, chiamo “zia Sicilia” per quanto questa regione mi è cara.
Ma è stata pure una preziosa occasione per rendermi ancora di più conto ed avere piena conferma che noi del profondo Sud apparteniamo veramente ad un’altra civiltà (come spesso vado dicendo). Infatti, nel confronto con altri popoli, persino della stessa Italia, ho guadagnato la maggiore consapevolezza che la nostra storia più antica e qualificante si riverbera poi in uno speciale umanesimo che non trovo in altre realtà e mentalità per quanto stupende e progredite.
Caro Tito, i millenni pesano, specialmente sull’etica! Concorda con tale visione delle cose pure il maestro Nino Ficarra, il quale dice che noi del profondo sud abbiamo quel “quid in più” che altri non hanno e che è dovuto, appunto, alla nostra più remota e consolidata cultura umanistica ed etica.
11 – CLAUDIO MARIANI (dal 2021)
Quando io e mia moglie stiamo a Vasto, nella bella stagione, almeno una volta andiamo a pranzo o ci facciamo una pizza con i coniugi Pasquale Mariani ed Emilia Di Menna, vecchi e cari amici. Nell’estate 2021, conversando, abbiamo saputo che Claudio, il più giovane dei loro due figli, aveva rilevato da qualche tempo la cessata attività di uno zio per dedicarsi a fare il “parrucchiere” per uomini e donne nel medesimo locale sito in Viale Vittorio Veneto 3, il rinomato “The cut above hair stylist”. Così alla prima occasione d’autunno sono andato a farmi tosare (barba e capelli) dal maestro Claudio, ricavandone le impressioni espresse nell’articolo che hai pubblicato proprio il 25 dicembre 2021 << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-377-lorologio-del-barbiere/ >> poi ripreso pure da altra stampa, anche a livello nazionale.
Con Claudio, che è un vero professionista, mi trovo molto bene e sono assai contento di come mi acconcia barba e capelli, rispondendo alle mie esigenze. Egli ama la musica come me ed alcune riflessioni psicologiche e sociali che mi stanno a cuore. Da lui finalmente posso ascoltare dell’ottima musica di sottofondo in perfetta stereofonia e al giusto volume. Infatti, la maggior parte dei parrucchieri di paese non ama ascoltare e far ascoltare musica ai propri clienti. Nemmeno da una radiolina. Invece la musica aiuta.
12 – BARBIERI EPISODICI OD OCCASIONALI
Dal presente elenco mancano sicuramente molti barbieri che avrò incontrato una sola volta e che non ricordo forse perché non essermi rimasti impressi nella memoria di bambino o di adolescente. Ad esempio, ricordo il dentista ma non mi sovviene alcun barbiere del periodo ottobre 1960 – marzo 1961 quando sono stato per solo sei mesi nel collegio dei francescani a Rivoltella del Garda (comune di Desenzano – BS) e frequentavo la quinta elementare. Così come non ricordo il barbiere di Sesto San Giovanni (alle porte di Milano) quando vi ho soggiornato quasi tre mesi nell’estate 1964.
13 – SALUTISSIMI
Caro Tito, i barbieri e gli estetisti sono molto più importanti di quanto già non pensiamo. Sostenevo sopra (ai paragrafi 1 e 10) che senza di loro non ci sarebbe la civiltà che abbiamo avuto nel passato e specialmente adesso, in un tempo in cui le relazioni sociali sono più veloci ed esigenti. Barbieri ed estetisti contribuiscono moltissimo al nostro benessere e all’esigenza di avere un bell’aspetto, un buon gradimento e persino il miglior successo possibile nel rapportarci con gli altri. Senza l’igiene e la bella presenza tutto sarebbe compromesso, persino l’attrazione sessuale e l’amore che pur vivono di chimica e di istinto. Perciò, voglio rendere un pubblico e sociale GRAZIE a chi nel corso degli anni si è preso cura di me su quella poltrona di barbiere-contastorie, barbiere-giornalista, barbiere-psicologo, barbiere-amico e così via.
Caro Tito, dedico questa “Lettera n. 434” al caro amico (dai banchi della prima media) e maestro Rosario Mirigliano (compositore, docente nei conservatori, direttore d’orchestra e teorico della musica di fama internazionale) che oggi compie 72 anni. Lo puoi vedere ed ascoltare per circa 20 minuti in questa intervista-conversazione << https://www.youtube. com/watch?v=2tNVXWMDju4 >>. Auguri, nonno Sarino!
Infine, ti ringrazio per l’ospitalità e l’evidenza che vorrai accordare a questa “Lettera n. 434” che diffonderò il più possibile.
Nel darti appuntamento alla prossima “435” ti saluto, sempre con grande cordialità e riconoscenza, assieme i nostri insostituibili ed affezionati Lettori. A presto.
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 21 novembre 2022 ore 05.34 – Da ben 55 anni (cioè dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Le foto sono state prese dal web o mi sono state fornite dagli interessati.