Mercoledì, 08 Gennaio 2025 06:01

Mio caro Governo ti scrivo. In evidenza

Scritto da Arturo Buzzat
Francesco La Rocca Francesco La Rocca

A.I.R.E. e il mancato adeguamento delle pensioni.

Di Arturo Buzzat, 7 gennaio 2025 - Nel mese di gennaio gli iscritti A.I.R.E., per correttezza diciamo subito che stiamo parlando di quelli che percepiscono una pensione superiore al minimo I.N.P.S., aprendo il loro cedolino pensionistico hanno constatato che non era stato loro riconosciuto l’adeguamento ISTAT che invece, seppure con scaglioni diversificati, era stato attribuito ai connazionali residenti in Italia.

Il Governo, dando atto alla proposta formulata in sede di predisposizione della legge finanziaria 2025, ha così penalizzato (art. 27 della legge) i connazionali iscritti all’A.I.R.E.

Andando in profondità per comprendere le ragioni di un siffatto provvedimento si è scoperto che il motivo cardine di quella che non si può fare a meno di definire una penalizzazione andava ricercato nella necessità di ridurre la spesa pubblica.

Chiedono gli A.I.R.E. al Governo:

“Se così è, non vi pare ci si trovi di fronte a una norma di irragionevolezza, atteso che la Costituzione vorrebbe che tutti concorrano, secondo le proprie capacità, anche al risanamento del Paese?”

Non è la domanda appena posta un’affermazione peregrina, perché ci appare di tutta evidenza che il dettato  normativo in questione violi gli invalicabili principi, già affermati a più riprese dalla Corte Costituzionale, di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, che ci risultano essere ben sanciti dal combinato disposto degli articoli 3,36 e 38 della Carta Costituzionale e perché la norma manifesta chiaramente, piaccia o meno, un contenuto sostanzialmente espropriativo, delineando per gli A.I.R.E. una sorta di cittadinanza italiana di serie “B”.

Per comprendere ancora meglio e fino in fondo quello che agli A.I.R.E. appare, lo ripetiamo ancora, un balzello da Principe di Nottingham giova ricordare che ci sono dei trattati internazionali che tutelano i pensionati contro misure lesive dei loro diritti e della loro dignità.

Ne citiamo uno: i Regolamenti comunitari di sicurezza sociale che all’art. 7 Reg. 883/2004 intitolato “Abolizione delle clausole di residenza recitano che le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri o del presente regolamento non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice.”

Domanda gli A.I.R.E. ancora:

se il nostro argomentare è corretto, perché non se ne è tenuto conto?

Anche per gli extra U.E., si vedano a titolo esemplificativo le convenzioni con Argentina e Canada, vale la stessa regola.

Che dire allora, se non che il blocco della perequazione automatica delle pensioni degli italiani residenti all’estero appare, se così non fosse chiariteci le idee, una norma iniqua e una palese violazione giurisprudenziale e del diritto previdenziale nazionale e internazionale.

Di fronte a questo fatto, al quale si spera venga presto posto rimedio, ci rimangono due strade:

la prima spinge per la presentazione di un ricorso giuridico collettivo in Italia, attivando sul caso anche i governi esteri di residenza con i quali sono state sottoscritte dal Governo italiano le convenzioni internazionali;

la seconda ci porta a valutare la possibilità di organizzarci in un movimento a cinque cerchi, che abbia lo scopo di tutelare sul piano politico nazionale e internazionale tutti i cittadini italiani residenti all’estero, circa sei milioni di potenziali elettori, che sono stanchi di contare solamente quando in Italia si deve votare.

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