Di Francesca Dallatana Parma, 30 giugno 2024 -
Solo terra e sole e fatica, nel mezzogiorno anni Ottanta e Novanta di Roberto De Giorgi. Niente altro.
Italia del sud di ieri e di oggi, in un romanzo verità che somiglia a un’inchiesta affidata alla letteratura. Per fare uscire fuori la storia dello sfruttamento lavorativo dalla giacca stretta del giornalismo. Relazioni comunitarie ridotte all’essenziale e scandite dai ritmi di lavoro. Dalle tre del mattino fino al calare del sole gruppi di donne ammassate sui pulmini dei caporali raggiungono aziende agricole pugliesi e lucane. Fragole, viti e vitigni, ulivi, cavoli: dalla primavera fino alle giornate corte di sole i pullman trasportano le braccianti in aziende nuove, ogni giorno una diversa. Sono in sovrannumero rispetto ai sedili, una addosso all’altra. La paga, gli orari, le aziende: le decidono i caporali. E chi sale sul pullman e chi rimane a terra.
Muoiono di stanchezza, le braccianti. Alcune di loro credono nel tentativo di riscatto organizzato dal Sindacato. Altre temono che alzare la testa comprometta la continuità della sopravvivenza garantita dai caporali. Pochi soldi ma sicuri. Poco futuro. Con il naso un filo sopra la linea di galleggiamento, nel presente. Energie fisiche ridotte per andare e tornare dal lavoro. Encefalogramma piatto e senza il
guizzo intellettuale necessario alla riscossa. Le braccianti sono macchine da lavoro. Costrette a un ritmo usurante da robot dalle condizioni della vita e dai caporali. Infiltrati nelle famiglie, nelle case, attraverso un tam tam ispirato ad una solidarietà al ribasso. Le braccianti, il Sindacato e le sue contraddizioni, lo Stato presente e impersonato soprattutto nell’Arma dei Carabinieri e lo Stato assente che si palesa alla fine del romanzo per decretare d’ufficio ciò che il Paese reale sul campo ha già conquistato, infine e mai ultimi i caporali nelle loro diverse trasformazioni: sono questi i gruppi sociali che si intrecciano e calcano la scena del realista affresco sociale firmato da Roberto De Giorgi.
I personaggi
Uomini: i caporali. Donne e ragazze, dai sedici ai venticinque anni di età: le lavoratrici. Economicamente dipendenti dal caporale. Che garantisce loro soldi, pochi ma regolari e diretti. Senza tracciamenti bancari. Banconote nel palmo della mano, ancora umida di terra. Non conoscono la parola diritto, tutela. Ne hanno sentito l’eco in lontananza e non ne hanno compreso a fondo il significato. Fino alla morte in un cantiere edile di Franco, fidanzato di Cira. A lei, a Cira, nel biennio dai sedici fino ai diciotto anni, l’autore affida l’assolo del dolore. E’ la fatica della scelta del riscatto, in una palude di solitudine. I sindacalisti sono uomini, anche loro. Giulio è quello che parla con le lavoratrici e cerca di comunicare i diritti: i contributi Inps, l’orario di lavoro definito, la relazione di lavoro tracciata ufficialmente da un contratto. Ad un gradino gerarchico più in su del Sindacato la figura del “dirigente”, indicato senza nome di battesimo.
Il dialogo tra i due sindacalisti sintetizza la contraddizione delle posizioni, dei punti di vista, ma soprattutto della situazione sociale. Il maresciallo Porta efficiente e presente ma umanamente affaticato per l’inquinamento ambientale: caporali con pulmino, prima; caporali organizzati con pullman granturismo e telefono cellulare, poi. Fino all’intervento dello Stato, ai Prefetti che decretano d’ufficio il trasporto pubblico per le lavoratrici, dopo che un Sindacato non sempre compatto è intervenuto con l’organizzazione di mezzi alternativi a quelli dei caporali. La narrazione dei fatti ad uso e consumo sociale è affidata all’unica figura femminile non sfruttata dai caporali.
Sara, la giornalista, verifica i fatti, scrive e induce diversi attori protagonisti ad agire in modo razionale rispetto allo scopo. Ha un contatto diretto con il Sindacato, con Giulio. Nel romanzo-dossier rimane ai margini della narrazione nonostante sia una presenza cadenzata e significativa per la scrittura, quindi per il tracciamento dei fatti, e per i suggerimenti rivolti a Giulio. E’ l’unica voce femminile fuori dal coro delle braccianti. Significativo che l’autore abbia affidato ad una donna la responsabilità del racconto. E’ di Sara l’onore della parola. Le braccianti, invece, sono in uno stato di necessità. A lungo nessuna di loro si ribella.
Solo Cira osa: ”se pensi che siamo le ruote del tuo trattore, scordatelo”. A sedici anni di età lo vomita addosso a un padrone paonazzo che minaccia di non farla più lavorare, domani. La difende Marco, il caporale: figura ipocrita venata di paternalismo protettivo. Le ragazze, le donne, cercano la protezione dalla miseria. E lui, il caporale, si è infilato negli anfratti emotivi della comunità: è uno di famiglia per Cira, più dentro che nemico. Cira è il personaggio centrale del romanzo-dossier che scorre lungo i due anni che la accompagnano alla maggiore età. Accanto a Cira, Mimma di poco più grande di lei e madre di due bambini che sono figli di un compaesano mai più ritornato. Mimma, tra le righe della relazione con Cira, infonde l’affettività necessaria a trasformare positivamente l’esistenza di Cira, dopo la morte sul lavoro di Franco. Mimma muore abbracciata ad un albero, nel corso dell’inseguimento dei carabinieri al pulmino di Marco. Un lutto senza ritorno, per Cira. Che rientra nel nuovo giro dello sfruttamento. Per poi soccombere emotivamente per mano di uno stupratore, uno dei nuovi caporali. Il maresciallo, cioè lo Stato, riporta la ragazza alla responsabilità della denuncia. Roberto De Giorgi salva e nobilita alcuni personaggi del romanzo-dossier: li assolve uno ad uno, individualmente: il carabiniere maresciallo Porta per il messaggio di legalità, Mimma per la carica affettiva, Sara per la professionalità dimostrata e naturalmente Cira per la fatica di vivere. L’assoluzione non arriva per i gruppi, per le comunità, per lo Stato: il paese legale è in ritardo rispetto al Paese reale; i gruppi sociali diffondono cerchi concentrici di condizionamenti negativi nel mare fermo di una solidarietà di sopravvivenza e al ribasso; i gruppi comunitari non sono capaci di tutelare le fragilità perché non le leggono e arrivano in ritardo. Gli individui osano il riscatto. Uno più uno più uno: sommati non esprimono la forza necessaria al colpo di reni. Uno più uno più uno non sono sufficienti per fare massa critica. Non ancora.
Il libro
Cira e le altre. Braccianti e caporali: pubblicato per la prima volta nel 1996 da Publidea &Grafiche Pugliesi. Quindi nel 2018, edito dalla casa editrice StreeLib. Il libro anticipa temi di attualità. Quali: il caporalato, l’intreccio tra lavoro nero e grigio e sfruttamento. Roberto De Giorgi introduce il nodo dello sfruttamento, inteso come fenomeno poliedrico e osservabile da diversi punti di vista. Il familismo rassicurante delle comunità di appartenenza; la staticità territoriale entro i limiti del punto cardinale sud; il modello patriarcale imperante che impone il genere maschile al comando; la solitudine dei protagonisti nonostante la relazione sociale; il bisogno, il dannato bisogno economico che impone l’accettazione di condizioni di lavoro illegali. Un caleidoscopio di spunti. A quasi trent’anni dalla prima pubblicazione, che cosa è cambiato? E’ del 2016 la legge 199 volta a contrastare la pratica illegale del caporalato in agricoltura e a introdurre nuove forme di supporto per i lavoratori. Nonostante la legge, il Paese reale ha continuato a vivere le conseguenze sociali del caporalato. Vittime del fenomeno sono gruppi di lavoratori e lavoratrici in stato di necessità. Persone impossibilitate a ritrarsi da condizioni di lavoro senza tutele e dignità. Non si è fermata la macchina dello sfruttamento lavorativo. Riorganizzata e vivente.
Roberto De Giorgi, Cira e le altre. Braccianti e caporali. StreetLib, 2018
(Copertina della prima edizione)
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(Link rubrica: La Biblioteca del lavoro e lavoro migrante ” https://gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=francesca%20dallatana&searchphrase=all&Itemid=374 )