Il consigliere regionale della Lega Nord Gabriele Delmonte denuncia di aver subito minacce. L'assessore alla Legalità Mezzetti esprime la solidarietà della Regione all'esponente della Lega Nord oggetto di un violento messaggio intimidatorio.
Bologna, 11 febbraio 2016
"Le minacce mafiose sono il sintomo di una cultura criminale". Una "emergenza" per Massimo Mezzetti, assessore regionale alla Legalità della Regione Emilia-Romagna, che ha commentato il messaggio inviato ieri all'esponente della Lega Nord da Alfonso Mendicino, cittadino cutrese che da anni vive a Reggio Emilia.
"Le minacce mafiose rivolte al consigliere regionale Gabriele Delmonte sono gravissime e inaccettabili, che non deve essere sottovalutata e ci deve spingere con sempre maggiore determinazione, ciascuno per le proprie competenze, a contrastare con ogni mezzo la diffusione di questa cultura criminale".
"Mendicino cerca ancora una volta di trascinare l'intera comunità calabrese nelle farneticazioni criminali sue e dei suoi accoliti. Questo è un pericoloso gioco a cui la comunità calabrese, composta per la stragrande maggioranza da persone oneste, deve reagire prontamente e noi non dobbiamo cadere nella trappola della generalizzazione".
La presidente dell'Assemblea legislativa Simonetta Saliera, ha espresso solidarietà al consigliere regionale: "La violenza e le minacce devono essere condannate senza appello perché mai possono appartenere al vivere civile della nostra comunità".
L'indagine partita nell'agosto del 2015 dalla Procura di Brescia ha portato all'arresto di 11 persone con l'accusa di aver avuto rapporti sessuali a pagamento con ragazzi minorenni. Fra le città coinvolte anche Parma: arrestato un 60enne.
Parma, 11 febbraio 2016
Pedofilia e prostituzione minorile al centro dell'indagine partita dalla Procura di Brescia che vede coinvolte diverse città del Nord Italia, quali Brescia, Bergamo, Milano, Monza, Pavia e anche Parma. Utilizzando un social network di incontri, i ragazzini fingendosi maggiorenni, procacciavano clienti per poi avere con gli indagati rapporti sessuali a pagamento, oltre regali e ricariche telefoniche.
A far partire le indagini, la denuncia di una madre bergamasca che ha scoperto gli inquietanti messaggi nel cellulare del figlio. Fra gli undici arrestati dai Carabinieri di Brescia anche un 60enne parmigiano, un sacerdote bergamasco, un allenatore di una squadra giovanile di calcio, un vigilie urbano e una persona malata di HIV che chiedeva di consumare rapporti non protetti. Un centinaio circa i ragazzini coinvolti in questa terribile vicenda.
"Tacevo, perché avevo paura che lo facessero a me", ha detto la ottantenne, incoraggiata a parlare anche dai suoi familiari per denunciare i maltrattamenti. Il video diffuso dalla Questura di Parma con le registrazioni delle offese e umiliazioni nei confronti di anziani alloggiati a Villa Alba.
Il video in fondo alla pagina
Il provvedimento è stato notificato in questi giorni. La rissa scoppiata tra gli spalti durante la partita Fiorano-Solierese dello scorso 24 gennaio, valida per il Campionato Allievi Interprovinciali della Federcalcio, aveva causato la sospensione della partita e la perdita della gara per entrambe le squadre.
Di Manuela Fiorini
Modena, 10 febbraio 2016
Non una rissa tra Ultras a una partita delle Categorie maggiori, ma pugni e schiaffi volati tra genitori alla partita dei figli, ragazzi di età compresa tra i 14 e i 16 anni. E' successo lo scorso 24 gennaio, mentre sul campo si disputava l'incontro Fiorano-Solierese, valida per il girone C del Campionato Allievi Interprovinciali della Federcalcio.
A causa della lite scoppiata tra gli spalti, l'arbitro era stato costretto a sospendere la partita, tra gli sguardi allibiti dei giovani giocatori e degli altri spettatori. Non solo, la Segreteria Provinciale F.I.G.C. di Modena aveva decretato la perdita della gara per entrambe le squadre per 3-0 e 0-3 , aveva disposto un ammenda di mille euro e l'obbligo di disputare due gare a porte chiuse per entrambe le società.
Ora, dopo le indagini svolte dal personale della Squadra Tifoserie della Digos, arriva anche il DASPO, cioè il Divieto di accedere alle manifestazioni sportive, per due genitori, rispettivamente di un giovane calciatore del Fiorano e di un ragazzo della Solierese, identificati dopo i fatti.
Non c'è che dire, un bell'esempio per i ragazzi che proprio nel calcio cercano quei valori di amicizia, tolleranza e spirito di squadra.
Percosse, offese e umiliazioni nei confronti di anziani alloggiati in una casa famiglia di Parma. Una quotidianità fatta di rimproveri e umiliazioni e frequente ricorso a percosse e minacce, tirate di capelli, insulti, in un clima di terrore costante. Titolare della struttura e due collaboratrici agli arresti domiciliari per maltrattamenti. Ma le indagini non sono concluse...
Di Alexa Kuhne
Parma, 10 febbraio 2016
Il terrore glielo si leggeva negli occhi quando raccontava alla polizia cosa toccava alla sua compagna di camera.
E' stata una anziana ospite della casa famiglia Villa Alba a squarciare il velo del silenzio e a decidere di denunciare cosa lei, con altri cinque ospiti, era costretta a subire. Da lì sono scattate le indagini della Squadra mobile di Parma e poi i tre arresti di questa mattina per maltrattamenti aggravati.
"Tacevo, perché avevo paura che lo facessero a me", ha detto la ottantenne, incoraggiata a parlare anche dai suoi familiari. Viveva l'angoscia che a lei toccassero le stesse sevizie fisiche e psicologiche messe in atto, giorno dopo giorno, dalla 31enne titolare della casa di riposo, dalle due collaboratrici, sua sorella di 30 - operatore socio-sanitario - e dalla loro madre 55enne.
Una 'azienda a conduzione familiare' che le tre donne stavano molto attente a far funzionare, evitando che i sei ospiti se ne andassero. Come quando non avevano voluto chiamare il 118 per soccorrere una delle pensionate che si era sentita male, perché altrimenti, se non fosse più tornata nella casa –famiglia, avrebbero avuto una fonte di guadagno in meno.
Una quotidianità fatta di rimproveri e umiliazioni e frequente ricorso a percosse e minacce, tirate di capelli, insulti, in un clima di terrore costante.
Gli anziani della struttura, per la quale pagavano una retta di 1800 euro mensili, erano obbligati a rimanere fermi per ore, imprigionati nei letti, grazie all'uso di sponde, per evitare che scendessero, che facessero qualsiasi movimento, che dessero fastidio. Non gli era concesso espletare bisogni fisiologici, camminare, dare 'rogne' alle tre donne indagate.
Per evitare che gli ospiti 'disturbassero', li stordivano con psicofarmaci che non rientravano nelle prescrizioni mediche che, tra l'altro, non venivano mai seguite correttamente. Molte volte veniva proibito ai parenti di far loro visita, adducendo false motivazioni.
Gli anziani erano passivi, inermi, silenziosi e terrorizzati.
Le indagini, partite lo scorso maggio, hanno rivelato una realtà ancora più sconvolgente di quella raccontata, fatta sì di percosse, minacce, denigranti offese ma anche da forme di violenza psicologica, come quella di far credere ad una ospite che sua sorella fosse morta.
Le intercettazioni ambientali hanno messo in luce la quotidianità agghiacciante di una casa di riposo che avrebbe dovuto essere un luogo di pace e serenità per gli ottantenni, tutti senza disabilità, che cercavano solo assistenza e compagnia.
L'attività investigativa prosegue, anche perché nel corso dell'operato degli uomini del dott. Cosimo Romano, è emerso che una delle indagate, corsista presso un locale ospedale, ne approfittasse per portare via materiale, come presidi ospedalieri e medici, che poi venivano utilizzati nella struttura privata.
Inoltre, nella casa-famiglia era spesso presenti minori che facevano parte dell'entourage delle tre donne e che pare avessero assistito di frequente ai maltrattamenti.
I colpi del falso sacerdote sono stati messi a segno a Sassuolo e a Pavullo. A Modena e a Campogalliano, invece, un sedicente avvocato e un finto dipendente di un servizio pubblico hanno messo a segno due truffe ai danni di altrettanti cittadini.
Di Manuela Fiorini
Modena, 9 febbraio 2016
L'abito non fa il monaco. Anzi, in questo caso, il prete, dal momento che dietro al clergyman non c'era un sacerdote, ma un abile truffatore che, nei giorni scorsi, ha messo a segno due colpi in altrettante parrocchie nel territorio tra Sassuolo e Pavullo.
In entrambi i casi, l'uomo, un italiano sulla cinquantina, si è presentato fingendosi un sacerdote dell'Arcidiocesi di Modena e Nonantola a due distinte parrocchie, chiedendo del prete titolare, ma facendo bene attenzione a cogliere il momento in cui, effettivamente, il sacerdote "vero" non era in parrocchia. Veniva, pertanto, fatto accomodare nell'attesa. Momenti che il ladro coglieva al volo per fare man bassa. Nel primo caso, si sarebbe appropriato del portafoglio del sacerdote titolare con circa 200 euro, mentre, nel secondo, delle offerte dei fedeli per circa 800 euro.
I parroci derubati dal finto "collega" hanno sporto denuncia ai Carabinieri, che stanno indagando. Il malvivente è ancora a piede libero e pare che si tratti di un professionista della truffa, talmente abile da non lasciare indizi nei luoghi dove ha colpito.
Si è finto, invece, un avvocato il truffatore che, nei giorni scorsi, a Modena è riuscito a farsi consegnare del denaro da un parente delle vittime per risarcire i danni derivati da un fantomatico incidente.
Truffa ai danni di un anziano, invece, a Campogalliano, dove un finto dipendente di un serviziio pubblico è riuscito a entrare in casa del malcapitato e con la scusa di fargli mettere al sicuro alcuni gioielli d'oro nel frigorifero, è riuscito a dileguarsi con il bottino.
I Carabinieri invitano la popolazione a diffidare di chiunque si presenti avanzando richieste, di non aprire la porta di casa a sconosciuti e, in caso di dubbi, di avvertire immediatamente le Forze dell'Ordine.
foto di Claudio Vincenzi
Tenta il furto di un giubbotto e fugge in viale Mazzini dove viene inseguito. L'autore del furto è un marocchino di 34 anni regolarmente residente a Parma, incensurato, che è stato trovato in possesso di un accendino probabilmente aveva utilizzato per togliere il dispositivo antitaccheggio.
Di C.N.
Parma, 9 febbraio 2016
Il giubbotto rubato dagli scaffali della Coin è costato caro al ladro che ha tentato di sottrarlo. Ma è costato caro anche all'addetto alla vigilanza che ha inseguito e bloccato il mariolo: quest'ultimo, vistosi alle strette, ha morso con forza il dito del sorvegliante.
Per fortuna la Volante della Polizia è intervenuta immediatamente, arrestando l'autore del furto, dopo aver ricostruito il fatto.
L'addetto alla vigilanza interna del negozio Coin aveva notato un uomo prelevare dallo scaffale un giubbotto ed entrare in un camerino prova, per uscirne poi con lo stesso giubbotto indossato: oltrepassata la barriera antitaccheggio e raggiunto l'esterno del negozio, era stato quindi fermato ed invitato a rientrare nel negozio per una verifica.
L'uomo, anziché seguire l'addetto alla vigilanza, prima lo aveva spintonato per tentare la fuga, poi aveva desistito e lo aveva seguito in ufficio. Qui, approfittando di un momento di distrazione del direttore e dell'addetto, era riuscito a fuggire dal negozio, abbandonando il giubbotto in ufficio. Inseguito fino all'angolo di via Garibaldi, qui il fuggitivo era scivolato in terra senza rialzarsi. A questo punto, in attesa che giungesse la Polizia, l'addetto alla sicurezza della Coin aveva tentato di soccorrerlo, ma egli, anziché rialzarsi, gli aveva morso un dito.
L'autore del furto è un marocchino di 34 anni regolarmente residente a Parma, incensurato, che è stato trovato in possesso di un accendino probabilmente aveva utilizzato per togliere il dispositivo antitaccheggio dall'indumento, dispositivo rinvenuto dai dipendenti del negozio in una tasca di un paio di pantaloni, che lo stesso aveva preso prima di entrare nel camerino e che poi aveva risposti sullo scaffale.
Per quanto commesso, Y.S. è stato tratto in arresto per i reati di rapina impropria e lesioni personali e, accompagnato presso la propria abitazione agli arresti domiciliari, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto.
Forzati una decina di garage. All'arrivo della Squadra Volante i tre hanno cercato di far perdere le proprie tracce. Nel garage dove sono stati sorpresi dagli agenti vi era parcheggiata un'Audi A6 appena acquistata, del valore di circa 50mila euro.
Modena, 8 febbraio 2016
Avevono preso di mira via Pannuzio ma visti dai residenti che si sono accorti del loro fare sospetto, non sono riusciti a mettere a segno il colpo. A intervenire il personale in servizio presso la Squadra Volante che ha tratto in arresto un cittadino di nazionalità moldava, B.M., del 1993, incensurato, con l'accusa di tentato furto aggravato, in flagranza di reato.
L'uomo, insieme ad altri due complici, che sono riusciti a far perdere le proprie tracce, è responsabile di aver forzato circa una decina di garage nei pressi di via Pannunzio. All'arrivo degli agenti sul posto, ne è nato un inseguimento a piedi. I tre hanno imboccato ognuno una strada diversa e due sono riusciti a far perdere le proprie tracce.
Da una perquisizione effettuata su B.M. è emerso che l'uomo era in possesso di una torcia a batterie, di una forbice in ferro, di un paio di occhiali e di una tessera sanitaria intestata ad un uomo residente in provincia di Ferrara.
Nel corso delle verifiche, gli operatori di Polizia hanno potuto appurare che i tre soggetti avevano forzato diverse porte basculanti di garage tra i civici 60 ed 80 di via Pannunzio e che le stesse presentavano tutte la medesima apertura all'altezza delle alette di aerazione, al fine di accertare cosa vi fosse custodito all'interno.
Accompagnato in Questura, l'uomo è stato anche denunciato in stato di libertà per il possesso della forbice.
Nel garage dove sono stati sorpresi dagli agenti vi era parcheggiata all'interno un'Audi A6 appena acquistata, del valore di circa € 50.000,00.
Oltre ad aver contattato il proprietario del garage dove è stato sorpreso dagli agenti B.M., gli agenti hanno anche informato il proprietario della tessera sanitaria, residente in provincia di Ferrara, che ha riferito di aver subìto un furto all'interno del proprio appartamento lo scorso 4 febbraio.
La maestra accusata di maltrattamenti torna in libertà. Intanto, sempre alla Materna di Pavullo, altro episodio analogo, denunciato prima di quello Giacomazzi...Non starà mica diventando una caccia alle streghe?
Di A.K.
Modena, 8 febbraio 2016
Un occhio nero e molta paura, tanto da non riuscire più a dormire.
Un piccolo intimorito ospite di una scuola di Pavullo, paese del Modenese, sarebbe al centro di un'altra storia di maltrattamenti. Stando almeno a quanto hanno denunciato due genitori che hanno raccontato la loro versione dei fatti ai carabinieri, prima che scoppiasse il caso eclatante dell'insegnante della Materna violenta con la sua classe.
La maestra incriminata era Manuela Giacomozzi, arrestata lunedì scorso con l'accusa di maltrattamenti aggravati ai suoi bambini presso la materna statale "Ventre" e in queste ore tornata in libertà.
Mamma e papà del bambino picchiato e ora con paure e difficoltà relazionali che gli hanno reso difficile il sonno, chiedono a che punto siano le indagini che, secondo loro, non stanno procedendo con la stessa rapidità investigativa che, nel caso Giacomozzi, ha determinato presupposti innegabili per il recente provvedimento del giudice.
La protesta dei genitori sospettosi ha fatto il giro del paese e anche dei social, tanto che sono stati convocati dai carabinieri, che hanno ripreso in esame il caso.
Nella denuncia alla Procura della Repubblica, presentata dalla coppia, viene raccontato di quanto scosso fosse il bambino all'uscita di scuola e di quell'occhio nero...
«Mi rivolsi all'insegnante che era in sezione - riporta la denuncia con riferimento alla maestra denunciata - la quale peraltro era da sola... Lei ci rispose di non saperne nulla... Ero un po' perplessa, poichè il livido era ben visibile... Mentre mi confrontavo con un'altra mamma, si avvicinò una signora che disse di aver bisogno di parlare con me. Ci disse che la figlia di cinque anni frequentava la materna e che mentre stava uscendo dal salone aveva notato quella maestra usare un tono di voce alto. Vide che l'ultimo bambino che era rimasto nel salone, mio figlio, mentre correva per rientrare in sezione urtò la maestra la quale gli disse "non si corre" e gli diede quel violento schiaffo sul viso».
Da quel momento pare che il bimbo abbia avuto problemi a dormire e a relazionarsi.
Sandrone, Pulonia e il figlio Sgorghiguelo, simboli da oltre un secolo del Carnevale modenese, hanno fatto tappa in Questura per il consueto scambio di "doni" e brindisi. Accolti dal Questore, dott. Giuseppe Garramone e dal Vicario del Questore, dott. Michele Todisco.
Modena, 5 febbraio 2016
Visita di cortesia in Questura della famiglia Pavironica. Padre (Sandrone), madre (Pulonia) e figlio (Sgorghiguelo) che rappresentano le tre maschere di Modena e che da oltre un secolo sono il simbolo del carnevale modenese hanno fatto tappa anche quest'anno negli uffici di via Palatucci.
Accolti dal Questore, dott. Giuseppe Garramone e dal Vicario del Questore, dott. Michele Todisco, le maschere hanno portato la consueta ventata di allegria affrontando, brevemente, alcuni temi cari alla città quali, ad esempio, quello della sicurezza.
Dopo il consueto scambio dei "doni" (un statuetta raffigurante il Sandrone e la "Pantera" della Squadra Volante in cristallo) ed un brindisi al carnevale, la famiglia Pavironica ha salutato tutti dando appuntamento all'anno prossimo.
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