Giovedì, 21 Novembre 2024 05:16

MPS: un bagno di sangue economico per i contribuenti italiani In evidenza

Scritto da Andrea Caldart

Di Andrea Caldart(Quotidianoweb.it) Cagliari, 20 novembre 2024 - Il Monte dei Paschi di Siena (MPS), la più antica banca del mondo, continua a essere un simbolo delle difficoltà e delle contraddizioni del sistema bancario italiano.

Tra salvataggi pubblici e aumenti di capitale, la banca è costata ai contribuenti italiani una cifra impressionante, con un ritorno economico che appare ben al di sotto delle aspettative.

Nel 2017, lo Stato italiano è intervenuto per salvare MPS, investendo 5,4 miliardi di euro attraverso un’operazione di "ricapitalizzazione precauzionale". A questa somma si è aggiunto un aumento di capitale da 1,6 miliardi di euro nel 2022, sempre a carico dello Stato. Il totale della spesa pubblica per sostenere l’istituto senese negli ultimi 7 anni, ammonta a 7 miliardi di euro.

Ora, con la prospettiva di una dismissione delle quote statali, le stime indicano che il Tesoro potrebbe recuperare solo 3,6 miliardi di euro. Il bilancio netto per i contribuenti è quindi una perdita di 3,4 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta un duro colpo per le casse pubbliche e alimenta il dibattito sull'efficacia e sull'equità degli interventi statali nel sistema bancario.

Ma perché lo Stato finanzia le banche?

La domanda sorge spontanea: perché lo Stato continua a iniettare risorse in una banca come MPS, nonostante le perdite evidenti? La risposta si trova in due concetti chiave: stabilità sistemica e fiducia del mercato.

  1. Stabilità sistemica: Il fallimento di una banca come MPS avrebbe un impatto devastante non solo sui risparmiatori e sui dipendenti, ma sull'intero sistema finanziario italiano ed europeo. La paura di un "effetto domino" ha giustificato l'intervento pubblico.
  2. Obblighi europei: La normativa dell’Unione Europea prevede che gli Stati membri intervengano in modo selettivo per evitare crisi bancarie che potrebbero avere implicazioni internazionali. Tuttavia, ciò si traduce spesso in un costo diretto per i cittadini.

Ma mentre le banche vengono salvate con risorse pubbliche, artigiani, commercianti, molte piccole e medie imprese italiane denunciano difficoltà crescenti nell’accesso al credito.

Chi riesce a ottenere prestiti, spesso si trova di fronte a tassi di interesse vicini all’usura, una situazione che appare paradossale e ingiusta.

Questo alimenta un doppio malcontento: da una parte i contribuenti, che vedono le loro risorse svanire in salvataggi bancari; dall'altra gli imprenditori, che non trovano nelle banche il supporto necessario per sostenere la crescita economica.

Perché MPS non può fallire?

L’idea che "MPS non può fallire" si radica in alcuni punti fondamentali:

  • Peso storico e simbolico: Fondata nel 1472, MPS rappresenta una parte importante della storia economica italiana. Lasciar fallire una banca di tale prestigio sarebbe un colpo d’immagine per il Paese.
  • Implicazioni sociali e occupazionali: Con migliaia di dipendenti, un eventuale fallimento avrebbe conseguenze drammatiche sul fronte occupazionale.
  • Effetto domino finanziario: La crisi di MPS potrebbe destabilizzare altre banche italiane già in difficoltà, aumentando il rischio di una crisi bancaria nazionale.

E perché allora una qualsiasi impresa italiana non potrebbe beneficiare degli stessi concetti?

Un’impresa ha implicazioni occupazionali, può avere un effetto domino sui mercati finanziari, è una prestatrice e trasformatrice di opera professionale e industriale, produce interessi attivi e passivi solo che, nel caso di un’azienda, quando sono passivi e non riesce più a finanziarsi, non interviene lo Stato con i soldi dei contribuenti, ma la Procura con il fallimento.

Mentre quando le banche sono redditizie, i profitti vanno agli azionisti, ma in caso di perdite, i costi ricadono sulla collettività.

Il caso MPS rappresenta il nodo irrisolto del sistema bancario, sollevando interrogativi più ampi sul modello di gestione delle banche in Italia e sul ruolo dello Stato.

È evidente che servono riforme strutturali per evitare che situazioni simili si ripetano, sia a livello di vigilanza bancaria che di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche.

Rimane il fatto che i contribuenti italiani, con una perdita netta di 3,4 miliardi di euro, pagano il prezzo più alto per un sistema che continua a privilegiare i salvataggi delle banche rispetto alle necessità di famiglie e imprese.

La domanda ora è se il sacrificio sostenuto dai soli contribuenti italiani porterà almeno a una maggiore stabilità, o se resterà solo l’ennesima ferita aperta nella gestione dei soldi pubblici, ma soprattutto perché chi crea tutto questo debito e perdita è libero di continuare la sua vita serena?

 

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