La lettura di un’interessante analogia del tra “Il Principe” di Macchiavelli e l’erede di un’impresa familiare scritta da un noto professionista che opera nel mondo economico/finanziario e consulente d’impresa, mi porta ad ampliare l’analogia - non soltanto al rampollo di una famiglia imprenditrice ma - anche a quanto accade più frequentemente nelle aziende nel momento dell’avanzamento di grado al ruolo superiore di un collega, magari molto più giovane degli altri.
L’autore scrive che “per l’erede di un’impresa familiare la sfida di tramutare gli stakeholder (letteralmente “chi ha un interesse”) in suoi sostenitori è particolarmente impegnativa: dovrà infatti gestire gruppi con interessi diversi – membri della famiglia, fornitori, clienti, istituzioni, dipendenti – che potrebbero non essere convinti che il successore si sia guadagnato il diritto di sedere sul gradino più alto.
Gli aspiranti capi delle imprese familiari sono letteralmente sotto gli occhi di tutti fin dalla loro nascita, cosi quando un rampollo arriva al centro del palcoscenico, gli stakeholder non perdono occasione per sezionare con occhio clinico le sue capacità intellettuali, fisiche ed emotive, ansiosi di sapere se il leader di nuova generazione li aiuterà a realizzare le loro aspirazioni e li proteggerà dalle insidie.
Però moltissimi "ereditieri di imprese", essendo cresciuti in una campana di vetro, danno gli stakeholder per scontati e rimangono sorpresi quando qualcuno di loro li ostacola.
La conseguenza è che spesso questi leader "acerbi" finiscono con il deprimersi e mollare prematuramente."
L’autore prosegue evidenziando che “gli stakeholder si formano un’opinione sul leader attraverso un processo di indagine definito "test del principe". Grazie a questo processo, gli stakeholder raccolgono dati, analizzano informazioni e formulano conclusioni sui potenziali leader già molto tempo prima che si sappia ufficialmente che approderanno ai vertici aziendali e quindi il successo di un CEO dipende dalla sua capacità di capire, accettare e gestire questo processo”.
Dal punto di vista psicologico, il test del principe è il modo in cui i seguaci "scrivono" la storia del leader nella propria mente. Il processo del test del principe può essere disordinato e guidato dalle circostanze, ma mai casuale, ove è possibile individuare quattro distinti tipi di test da superare.
Test sulle qualifiche: sono valutazioni, quando ancora non hanno avuto un rapporto diretto, basate sui criteri che le aziende in particolare, usano per giudicare le capacità di un capo: l’istruzione formale, le esperienze lavorative in un’organizzazione in cui il nome della famiglia non influisce, le sperimentazioni extraprofessionali e i riconoscimenti che i dirigenti possono citare come prova di sviluppo professionale. Tutto ciò può placare le preoccupazioni degli stakeholder sull’idoneità del successore al suo nuovo incarico e li può indurre ad essere più indulgenti di fronte ai primi errori.
Test autoimposti: sono le aspettative che definiscono i leader stessi e con le quali immaginano che gli stakeholder misureranno la loro performance. I nuovi leader, ansiosi di dimostrare di avere le carte in regola, sono spesso tentati di promettere più di quanto possano mantenere. In questo caso, invece, per guadagnare la fiducia degli stakeholder, inizialmente è opportuno proporre singoli progetti (non complesse strategie di crescita) che possano dare risultati senza essere troppo rischiose.
Test circostanziali: riguardano le sfide non pianificate che i leader devono affrontare. In queste situazioni, gli stakeholder possono osservare il leader alle prese con l’imprevisto e con il relativo stress. Quando un’impresa è in difficoltà, il successore deve mettersi al centro del palcoscenico, senza nascondersi dietro i colleghi più esperti.
Test politici: sono rappresentati dalle sfide poste dai rivali (soprattutto familiari e soci) che vogliono aumentare la propria influenza, spesso indebolendo il leader. È impossibile per chiunque esercitare la leadership senza a un certo punto deludere, infastidire e irritare alcuni gruppi di stakeholder. Bloccare l’implementazione dei piani del nuovo capo, creare una coalizione opposta alla sua base di potere, diffondere pettegolezzi maligni: tutte queste azioni, agli occhi degli stakeholder, servono a testare la capacità del leader di muoversi negli aspetti politici della vita dell’organizzazione e della famiglia.
Sembra un’impresa impossibile? Per alcuni versi lo è. Eppure, molti successori superano brillantemente questi test e dirigono le loro aziende verso grandi risultati. Spesso ci riescono scegliendo un team di consiglieri fidati che in privato mettono in discussione le loro priorità, iniziative e strategie, ma li sostengono quando diventano i parafulmini delle frustrazioni degli stakeholder.
Questo "gruppetto fidato" aiuta i giovani leader a crescere nei propri ruoli ed evita che gli stakeholder li sottopongano a test eccessivi.
Questo ci insegna che è sempre necessario scegliere un gruppo fidato di persone con cui confrontarsi, che occorre mettere in pratica costantemente l’arte del dubbio senza mai sedersi sulle sicurezze e sulle ragioni che spesso si crede di avere, formarsi e formare gli altri.
(*) Autore
La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori ed all’attenzione per l’armonizzazione fiscale tra le diverse realtà ed al rischio d’impresa.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio impegno è lavorare sodo ma, con etica, lealtà ed armonia.
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