Martedì, 04 Maggio 2021 06:11

Santi Buzzotta – una Sicilia da riscoprire In evidenza

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Di L'Equilibrista Parma, 04-05-2021 - Non mi sono mai dovuto obbligare a sperimentare o semplicemente ad accettare l’assaggio o la degustazione di qualcosa che ritengo nuovo, anzi è proprio questo che mi muove e che penso debba muovere ogni buon degustatore che crede nella scoperta e nella continua evoluzione del proprio saper essere.

Per questo quando leggo della Sicilia, rimango sempre coinvolto perché trovo davvero molto importante il lavoro fatto in questi anni da quelle parti.

Santi Buzzotta, è un professionista con cui ho semplicemente ma amabilmente conversato e del quale avevo i riferimenti dopo una degustazione di almeno cinque anni fa. Ultimamente, ci siamo risentiti e il sig. Buzzotta ha ritenuto utile ed interessante presentare, per quelli che ancora non avessero piena consapevolezza del mezzo Sicilia, una breve passaggio di come questa evoluzione ha preso corpo.

Buzzotta ricorda che ci sarà pure una spiegazione se in una certa parte del Mondo, in un certo momento storico, una intera generazione si rende conto di avere la possibilità di cambiare le sorti economiche di un intero territorio. Una generazione quella siciliana, capace di guardare con occhi diversi la difficile realtà contadina e vitivinicola e di comportarsi di conseguenza. Una generazione, come la chiama lui, di Fenomeni, capace di immaginare un futuro pieno di soddisfazioni.

Lo straordinario mondo del vino siciliano, della sua storia più recente, dei suoi successi e delle sue prospettive di crescita economica ripercorso insieme ed offerto ai lettori di Cronache di Gusto ma che io ripropongo ai nostri di Gazzetta dell’Emilia, si snoda attraverso un viaggio entusiasmante e per alcuni aspetti unico.

La Sicilia del vino di qualità si incammina sulla strada della unicità e della differenziazione a partire dalla metà degli anni ’80, tanto che lo stesso Buzzotta lo definisce come: “Un vero e proprio Rinascimento che parte da produttori illuminati, da imprenditori pionieri con una visione chiara e che grazie alle condizioni pedo - climatiche estremamente favorevoli ed alla produzione di uve di qualità, riescono a creare questa differenziazione. Ricordiamoci, cita ancora Buzzotta, che la Sicilia si trova alla stessa latitudine della California, ma che è una isola.

La Sicilia era quindi pronta ed in grado di produrre vini di elevata qualità come altre regioni d’Italia e del mondo”, partendo da un unico obiettivo, ovvero quello di essere supportato da una cultura enologica internazionale peraltro già sperimentata, frutto di viaggi all’estero (Francia e California per citarne alcuni), dove le consulenze di prestigio, su tutti Giacomo Tachis, inventore del Sassicaia e del Tignanello, ne hanno contrassegnato le ultime suggestioni.
Numerose, le scelte concrete adottate allora dai produttori per realizzare la propria strategia innovativa, nel concreto andiamo dalla ridefinizione del vigneto, alla riduzione delle rese per pianta e per ettaro, pensate che molti piccoli produttori proprietari di piccole vigne ricorda ancora Buzzotta, li ha visti piangere per questo, per approdare all’impiego in cantina della tecnologia del freddo.

La Sicilia degli anni ’80 non produceva molto vino in bottiglia e nemmeno di qualità, perché poco remunerativo, anzi, colpevole forse di modelli di qualità da seguire che non esistevano, ma che certamente solo produttori pochi lungimiranti erano consapevoli di dover avuto la necessità di creare. Da qui, parti una corrente del tutto diversa, per la quale c’era bisogno di erigere uno “stile Sicilia”, qualcosa che potesse mirare a rispecchiare un’idea del vino di qualità che in un contesto storico/culturale così antitetico può essere accettato e reso fruibile a tutti solo oggi.

Oggi finalmente la Sicilia è vista come uno scrigno pieno di culture millenarie posto dalla natura al centro del Mediterraneo e risulta agli occhi di tutti, come la coltura della vite in Sicilia sia una possibilità in più rispetto al resto del mondo.
Ecco che quindi oggi, consumatori, critica e mercato, in Italia come all’estero, considerano la Sicilia una regione a vocazione vinicola di eccellenza, un continente vitivinicolo capace di proporre vitigni e territori diversi producendo vini di grande piacevolezza e complessità.

In passato, i molti preconcetti sulla Sicilia e sui vini che poteva e doveva esprimere, di conseguenza, erano una assurda convenzione tanto che i vini di oggi sono il frutto di un percorso in cui si è imparato molto.
La Sicilia è riuscita allo stesso tempo ad offrire vini che sono decisamente siciliani ma con un’eleganza e armonia che pochi credevano possibile oltre 30 anni fa, quando tutto è cominciato.
Il vecchio stereotipo dei vini del sud, troppo alcolici, con pochi profumi e scarsa acidità, è scomparso e sin da allora e in pochi anni la Sicilia ha raggiunto una posizione straordinaria nel rating mondiale con un crescendo di innovazioni e miglioramenti.

Continua Santi Buzzotta, ricordando quanto sia stato fondamentale il rilancio della scuola enologica siciliana, grazie alla quale appassionati e preparati giovani talenti hanno lasciato le cantine sociali e hanno studiato “alla corte” di scuole ed enologi di fama internazionale, diventando straordinari nella produzione di grandi vini premiati in tutto il mondo.

Bisogna ricordare anche che i primi vini siciliani allora nascevano da vigneti molto giovani, piantati dopo l’acquisto mentre le uve di oggi da vigne con oltre 30 anni di vita ovviamente sono molto diverse da quelle di quegli anni e che la conduzione enologica dell’epoca aveva solo una certa familiarità con varietà di uve rosse e bianche da vendemmiare.
In alcuni casi erano mischiate anche insieme, molto spesso senza sapere che le uve rosse fossero con certezza Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Perricone e che le uve bianche fossero effettivamente Catarratto, Inzolia, Grillo o Carricante.

Ma già all’inizio del nuovo millennio la Sicilia del vino rappresenta la punta di diamante della produzione nazionale, dimostrando come la capacità di fare squadra sia uno dei fattori di successo. La competizione internazionale poi è talmente impegnativa che stimolare l’unione delle forze consentendo alla Sicilia del vino, maggiore appeal e credibilità, oltre alla grossa responsabilità di aprire nuovi mercati in particolare verso l’oriente del mondo.

Le performance del vino siciliano sono quindi molto incoraggianti e dimostrano che – sebbene lentamente – una quota sempre maggiore di uva di qualità viene trasformata e va in bottiglia in Sicilia, circa il 40% dell’intera produzione rispetto al 5/8% degli anni ‘80/’90 ; vuol dire che rispetto al totale del nostro “Vigneto Sicilia” abbiamo ancora molta produzione da portare in bottiglia e se vogliamo pensare in positivo, proprio questa è una prospettiva che ci offre ancora grandi opportunità di crescita economica ed occupazionale.
Questa è la sfida dei prossimi anni ricorda ancora Buzzotta: ovvero creare sempre più valore aggiunto alle produzioni siciliane di vini di qualità in bottiglia, far crescere il reddito delle aziende e dei viticultori, offrendo concrete prospettive alle nuove generazioni, mantenendo l’attaccamento alla terra per preservarne il paesaggio attraverso una viticoltura sempre più eco-sostenibile.
L’unicità dei vini e dei paesaggi agricoli, fanno della Sicilia una tra le più interessanti regioni vitivinicole del mondo.
Un mondo quello del vino siciliano di oggi, fatto di persone preparate, che hanno una visione internazionale dei mercati, una diversità di cultura e linguaggi, abili a fare squadra e comunicazione, a riscoprire la bellezza delle imprese familiari dove giovani uomini e donne entusiasti con una formazione qualificata hanno composto lo straordinario mosaico che è oggi il mondo del vino siciliano. Grazie proprio a quella generazione di fenomeni.

L'Equilibrista
@lequilibrista27

 

 

 

 

 

 

 

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