Se questa è la Fase 2 della ripartenza allora dobbiamo preoccuparci per il nostro futuro e quello dei nostri eredi ai quali lasceremo solo debiti.
Di Lamberto Colla Parma 27 aprile 2020 – Al netto e dato per scontato che la priorità deve essere rivolta alla salute pubblica, questo non può e non deve obbligare a una ulteriore e forzata reclusione. Prudenza va bene ma gli eccessi sono insostenibili.
Maggiore fiducia al senso di responsabilità si poteva concedere e soprattutto, dalla elaborazione cerebrale di oltre i 300 specialisti suddivisi nelle 15 task force, ci si aspettava molto ma molto di più. Ad esempio delle delucidazioni tecniche sulle modalità di approccio al nuovo stato di libertà, mentre di apertura non si fa cenno, salvo qualche settore, le imprese che guardano all'estero e l'edilizia pubblica.
Libertà che è stata concessa invece a 40 capi mafiosi e 300 loro sottoposti ma non agli italiani che hanno dimostrato grande diligenza nel sopportare una situazione di fermi domiciliari mettendo peraltro a rischio le loro attività e i loro impieghi.
Dal 4 maggio non sarà ancora possibile muoversi senza la autocertificazione che giustifichi una inderogabile necessità. Rimarrà quindi l'impossibilità di muoversi in comuni diversi da quello di residenza mentre sarà concesso il ricongiungimento familiare per quelle coppie che a causa della prima fase furono "congelate" in domicili diversi.
Si potrà andare a trovare l'anziana madre ma in pochi soggetti per volta e comunque nel rispetto delle disposizioni di distanziamento sociale.
Sarà possibile celebrare i funerali ma solo con familiari e non con più di 15 persone, ma non potranno essere celebrate le messe in chiesa, con il disappunto dei "Vescovi" della CEI che hanno immediatamente replicato e ottenuto un ripensamento.
Non sarà invece possibile trovarsi con gli amici, men che meno residenti in comuni diversi. Guai a avere amicizie d'altre regioni, probabilmente non si vedranno mai più.
Di turismo non si è fatto cenno e si sono spostate le aperture di molti esercizi pubblici al 1° giugno.
Insomma, Conte ha parlato per oltre mezz'ora per non dare nessuna nuova informazione o utile speranza.
Un discorso che, per i verbi utilizzati, poteva essere datato a 40 giorni fa, non certo al 65esimo giorno dell'anno 1 dell'era COVID-19 e 46° pandemico.
Ovviamente, come ormai è consuetudine, la parte autocelebrativa è ridondante in ogni passaggio, e ripetutamente si fa riferimento a come l'Italia sia un modello per gli altri Paesi e infine spiega come sia una grande opportunità il Recovery Fund, ottenuto dalle insistenze del Governo, mentre essere stata una passiva accettazione dello stesso alla proposta francese che, come al solito, finge di stemperare le rigidità tedesche formulando una ipotesi, molto probabilmente, già concordata con i teutonici.
Siamo alle solite, si stanno tirando troppo le corde, troppe promesse non mantenute, eccesso di autocelebrazioni e un tentativo esagerato di mantenere un clima di paura che, come spiegano gli psicanalisti, potrebbe però trasformarsi in rabbia e allora sarebbero guai seri per tutti.
Interessante risulta una considerazione sul lessico governativo illustrata dall'avvocato Maurizio Villani che, dalle pagine di "Sportello dei Diritti" del 26 aprile, evidenzia come siano stati mal utilizzati certi verbi, definendoli "inappropriati e inefficaci".
In attesa della libertà, Vi propongo la lettura dell'articolo del consulente della organizzazione di consumatori.
"Emergenza Covid-19: il Governo utilizza verbi inappropriati ed inefficaci"
In questo particolare – scrive l'avvocato Villani, e delicato momento storico, soprattutto a seguito di un Documento di Economia e Finanza appena approvato molto oneroso, tanto è vero che per il debito pubblico si prevedono 43.000 euro a testa compresi i neonati, secondo me, nei vari provvedimenti legislativi sino ad ora approvati, il Governo utilizza verbi inappropriati ed inefficaci, quali “prestare”, “sospendere” e “correggere”, invece di utilizzare i più efficaci verbi “finanziare”, “rinviare” e “riformare”.
Infatti, oggi, il Governo ha previsto semplici prestiti da restituire con gli interessi e le commissioni bancarie, peraltro con tempi lunghi aggravati dalla burocrazia bancaria.
Oltretutto, anche se il rimborso dei prestiti fino a 25.000 euro, garantiti al 100% dallo Stato, non deve iniziare prima di due anni dalla loro erogazione, il problema finanziario non cambia di molto.
Inoltre, per i professionisti, il Decreto Liquidità n.23/2020 è ulteriormente complesso ed incerto, tanto è vero che alcune banche continuano a rifiutare il prestito affermando che possono ottenerlo soltanto i professionisti esercenti attività d’impresa per cui, ad esempio, non spetterebbe all’avvocato o al commercialista mentre potrebbe ottenerlo l’assicuratore (articolo di Luigi Chiarello, in Italia Oggi di sabato 25 c.m.) .
Sino ad oggi, secondo quanto riferito dal Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, sono state accolte 3, 5 milioni di domande su 4,4 milioni di richieste, per cui quasi un milione di contribuenti è rimasto escluso per insufficienza dei fondi statali.
Il prestito, con gli interessi e commissioni, deve essere restituito entro 6 anni e questo non fa che aggravare la difficile situazione finanziaria di imprese e professionisti, molti dei quali erano già in difficoltà economica prima del coronavirus.
Secondo me, invece, sarebbe opportuno prevedere un finanziamento in tutto o in parte a fondo perduto, parametrato al volume d’affari del 2019 (al limite, nella misura del 5% o 10% come in Germania) in modo da consentire ai contribuenti di poter riprendere le proprie attività bloccate da oltre due mesi e con la prospettiva che i propri clienti difficilmente rispetteranno i vari pagamenti a seguito delle difficoltà finanziarie.
Anche la breve sospensione dei versamenti delle tasse e contributi al 30 giugno 2020 non risolve i problemi, ma anzi li aggrava, perché a giugno ci sarà un grave ingorgo fiscale dovendo pagare in unica soluzione, oppure con brevi cinque rate, tutte le tasse di marzo, aprile, maggio e giugno.
Invece, è necessario un rinvio generalizzato almeno fino a settembre 2020, compresi gli avvisi bonari, fino ad oggi totalmente ignorati, prevedendo inoltre per gli stessi avvisi bonari una rimessione in termini per mancati versamenti precedenti.
Inoltre, anche gli indici di affidabilità economica devono essere totalmente rinviati al prossimo anno, prevedendo anche un ampliamento del meccanismo premiale.
Bisogna, altresì, prorogare al 30 settembre 2020 tutti i termini processuali ed amministrativi in atto, in modo da consentire ai contribuenti di poter meglio organizzare la propria tutela difensiva.
Da ultimo, secondo me, si deve approfittare di questo terremoto economico – finanziario per riformare strutturalmente il fisco, compresa la giustizia tributaria, e non semplicemente apportare piccole ed insignificanti correzioni.
Nel 1971 la Legge delega per la riforma tributaria seppe coniugare l’istituzione di una imposta personale progressiva sul reddito complessivo con l’adeguamento della disciplina del reddito d’impresa alle esigenze di efficienza, rafforzamento e razionalizzazione dell’apparato produttivo in affanno al termine del boom degli anni ‘60 (artt. 1, comma 1, n. 1 e n. 2, e 16 della Legge n. 825 del 1971).
Bisogna riprendere e rispettare lo spirito innovatore di cui sopra, con leggi scritte in modo chiaro e preciso (non come oggi !!), prevedendo una generale “conciliazione fiscale” per chiudere tutte le controversie in atto.
Avv. Maurizio Villani