Marini acclamato Presidente Onorario di Coldiretti.
- Roma, ottobre 2013--
Sono quasi sette anni che ricopro la carica di presidente di Coldiretti.
L'ho fatto con passione e mettendo tutto me stesso perché volevo restituire dignità ad una categoria, i coltivatori diretti e l'agricoltura, vista troppo spesso come problema sociale, causa di disastri ambientali, peso a carico delle casse pubbliche. Categoria in passato posta ai margini della società e dell'economia, raccontata senza futuro, se non per poche grandi aziende che avrebbero dovuto competere con il mondo su prezzi ed economie di scala. Assurdo!
Cosi ci dipingevano gli esperti , questo ci insegnavano nelle scuole e nelle università e questo in fondo pensava la gente. Era la stagione in cui, di chi si rivelava inadeguato a ricoprire un compito o a svolgere una funzione, si usava dire "Ecco delle braccia rubate all'agricoltura".
Ma noi non ci siamo rassegnati.
Ho preso un impegno con i miei soci e, nello svolgerlo, ho sempre risposto alla mia coscienza che mi ha chiesto di onorare la dignità di chi ha riposto in me la fiducia, di mai tradire quella fiducia e di farlo sempre al massimo delle mie possibilità, senza risparmiarmi.
Peraltro, io conosco un solo modo di impegnarmi , e mi resta difficile trovare "la mezza misura", praticare i "ma anche".
Cosi sono fatto e cosi continuerò ad essere.
Ci siamo dunque rimboccati le maniche, abbiamo buttato nel cestino quelle teorie socio-economiche e abbiamo fatto di testa nostra. Eravamo convinti che, nonostante " gli analisti" , noi , ovvero quelli che producono cibo, un bene comune, non potevamo essere il problema, semmai, e la storia lo ha confermato, erano le teorie ad essere sballate perché figlie di un modello socio-economico globale, sballato quanto loro.
Oggi nessuno può negare che agricoltura, coltivatore diretto, cibo, filiera corta, multifunzionalità, km 0, biodiversità, sicurezza alimentare, vendita diretta, export agroalimentare, Made in Italy, tipicità, innovazione, giovani , cultura, bellezza, paesaggio siano tutti termini positivi, sinonimi di futuro e la gente sa che queste parole hanno a che fare con le nostre azioni e con il nostro fare quotidiano.
Se, solo in questo anno, le iscrizioni agli istituti e alle facoltà di agraria sono aumentate come mai accaduto nella storia; se aumentano le giovani imprese agricole; se l'export agroalimentare aumenta più di ogni altro; se le imprese agricole italiane garantiscono il più alto valore aggiunto ad ettaro e il nostro made in Italy è copiato in tutto il mondo; se la società, la gente, ci apprezza sempre più come esempio positivo e di verità; se la politica ci guarda ( ma non ci vede!) come espressione di un nuovo modello di sviluppo dove crescita e occupazione, ma anche buone relazioni sociali, tutela ambientale e qualità della vita possono coesistere, crescere e alimentarsi a vicenda; se le nostre bandiere, con orgoglio, sventolano ovunque e suscitano simpatia e rispetto; oggi se tutto questo accade, vuol dire che molte cose sono cambiate e che molto abbiamo contribuito a che ciò accadesse.
E' riapparsa almeno la speranza, la fiducia , la consapevolezza che nell'Italia di domani ci sarà tanta agricoltura. Almeno nei nostri giovani, il nostro futuro, è riapparso l'ingrediente principale che manca nel Paese : credere in se stessi e in un sogno imprenditoriale possibile.
Sta a noi tutti non avvilire quel sogno, coltivarlo e riempirlo di verità.
Ciò che è accaduto in questi anni è frutto di una azione costante quasi asfissiante, ma decisamente meritevole di essere raccontata almeno nei principali titoli.
Hanno preso forma i grandi progetti valoriali con la nascita della Fondazione Campagna Amica e le sue articolazioni progettuali, i farmer market, le botteghe, i mercati degli agricoltori, è nata la filiera firmata dagli agricoltori italiani (FAI) e le sue articolazioni imprenditoriali, dal sistema Cai sino alla Filiera Agricola Italiana SPA. E' nata Uecoop, Creditagri Italia, Impresa Pesca, si sono rafforzati i tradizionali eventi come Cernobbio e sono nati i grandi eventi dal Palalottomatica a Oscar Green, dalle straordinarie assemblee dei giovani a Cibi d'Italia, alla Giornata del Creato.
Successi crescenti per Coldiretti, sotto ogni profilo sindacale ed organizzativo e sempre con i conti in ordine e una solidità economica patrimoniale invidiabile.
Si sono moltiplicate le presenze nelle piazze, si è rafforzato quel rapporto stretto con la gente, misto di fiducia e simpatia, una straordinaria empatia quasi a condividere una necessità di sorreggersi e spronarsi a vicenda. Si sono rafforzati notevolmente i rapporti e le relazioni con le istituzioni, i media ci hanno seguito con costanza e attenzione.
E' cresciuta una straordinaria rete di imprenditori donne, giovani e meno giovani di inestimabile valore, mossi da una carica etica e passione civile che rappresenta una garanzia assoluta per il futuro Coldiretti, per l'agricoltura e direi per l'intero Paese .
Sono stati anni di battaglie per difendere in ogni sede, con coraggio e determinazione, i valori forti quali la trasparenza, la legalità, l'informazione al consumatore e questo nonostante il lavoro di interdizione di potenti lobby, l'ambiguità di certa politica, l'ostruzionismo Europeo. Le manifestazioni di Bologna o al Brennero o quelle a piazza Montecitorio per sostenere i provvedimenti su Made in Italy, etichettatura , fisco, lavoro, no ogm, lotta all'Italian sounding, le ricorderemo per sempre.
Sono stati anni in cui abbiamo recuperato un ruolo centrale nelle relazioni internazionali, il G8 Agricolo, gli incontri a Bruxelles, le bilaterali con i colleghi Europei, Americani, Africani, Asiatici, stanno li a dimostrarlo; come sta lì a dimostrarlo l'approvazione della nuova Pac per i prossimi sette anni avvenuta pochi giorni fa, in cui per la prima volta le risorse potranno essere destinate ai soli agricoltori che vivono di quel mestiere, smontando finalmente un sistema di rendita che abbiamo subito per decenni .
Tutto questo è ed è stato importante, ha di fatto rivoluzionato la nostra agricoltura e il nostro modo di essere, ma in troppi casi il reddito delle imprese è stato ingeneroso rispetto agli sforzi fatti. Sono questi gli effetti di un Paese in perenne crisi economica e politica e con i consumi, soprattutto alimentari, che precipitano come mai visto prima.
La soluzione non potremo trovarla all'interno del nostri confini, non ci sarà politica agricola o fiscale che tenga, non potremo farcela se il Paese non riparte, se insieme all'agricoltura e sulla scia dei suoi successi, non proviamo a cambiare anche L'Italia
Da tempo ho come l'impressione di stare su un vagone di un treno su cui si è fatto di tutto per rendere confortevole il viaggio, salvo accorgersi che il vagone è agganciato ad un convoglio fermo e senza motrice. Il vagone è la nostra agricoltura, il nostro agroalimentare, il nostro territorio; il treno è l'Italia tutta; la motrice è il caos. A rendere più parossistica la metafora è che i binari ci sono e anche di ottima fattura. Sono binari di una lega particolare: la straordinaria ricchezza e voglia di fare degli Italiani, dei suoi giovani, la creatività, l'intelligenza e la fantasia, le tradizioni, la cultura, la storia, la bellezza di ogni angolo del nostro Paese. Sono un insieme di comunità intrise di solidarietà, di sussidiarietà, di relazioni e valori veri. Binari solidissimi buoni per il domani, ma invisibili perché impietosamente seppelliti sotto i detriti prodotti dall'apatia, dalle non scelte, da una politica paralizzata.
Questa appare oggi la nostra Italia, e noi da Italiani che viaggiamo su quel treno, che vogliamo bene all'Italia non possiamo semplicemente rassegnarci o, al limite, indignarci. Non basta! Ciascuno, per quello che può e senza risparmiarsi, ha il diritto prima, ma anche il dovere, morale e civile, di aiutare a dissotterrare quei binari, di fondere una nuova locomotiva, di far partire quel treno. Lo dobbiamo al Paese, lo dobbiamo a noi e ai nostri figli per riappropriarci della dignità e della speranza che abbiamo smarrito, per riconquistare quell'orgoglio di essere Italiani che ci appartiene e che la storia e i nostri genitori ci hanno consegnato con tanti sacrifici.
Insieme a tanta gente straordinaria, soci, collaboratori, dirigenti abbiamo contribuito a rivoluzionare non solo Coldiretti e la nostra agricoltura, ma a dimostrare che cambiare è possibile, migliorare l'Italia si può e dunque quel treno fermo, a cui siamo necessariamente legati, può ripartire.
Ognuno di noi, ogni vagone, può portare il suo contributo di idee per ripulire quei binari e fondere una locomotiva che traini tutti. Quanto abbiamo fatto nella nostra agricoltura, può rappresentare un esempio da emulare per tutti e ovunque.
Certo, occorre sentirselo dentro; occorre avere coraggio, mettersi in gioco; occorre sentirsi liberi; occorre la forza di dire no a ipocrisie e compromessi; occorre saper guardare avanti e in alto; occorrono idee; occorrono testimonianze vere e la certezza di poter raccontare senza omissioni le proprie storie personali; occorre la compatibilità formale e sostanziale che giustamente la carica di Presidente non può dare; occorre poter spaziare oltre i confini di una forza sociale seppur cosi magnificamente contagiosa come Coldiretti; occorre poi tanta gente di buona volontà.
Tanta gente. Gente che, se appena ti guardi attorno, t'accorgi che l'Italia ne è piena.
Occorre farlo ora!
Ora perché il Paese affonda tra litigiosità sul nulla e su compromessi che nascono ambiziosi e durano un giorno; ora perché i nuovi poveri sono troppi, i disoccupati sono troppi, le imprese che chiudono sono troppe e troppo del nostro miglior Made in Italy va via dall' Italia.
Ora perché la recessione, che come tutte le brutte notizie viene raccontata un po' alla volta, ci sta mangiando il futuro e il Paese.
Ora perché anche le migliori imprese, la migliore agricoltura, la parte più operosa del Paese, se permangono queste condizioni, rischia di non farcela.
Ecco perché nelle forme che la coscienza ci consiglia e che le convenzioni ci consegnano, nei contenuti che anche nei nostri incontri al Palalottomatica abbiamo espresso, coloro che fanno del 'bene comune' una pietra angolare del proprio agire devono avere la forza di dare una mano. Serve stare in quel laboratorio dove la locomotiva con destinazione "futuro" aspetta di essere ricostruita.
E' un'impresa difficile, ambiziosa, forse impossibile, ma giusta. In fondo queste sono le cose che nella vita fanno la differenza.
Io sento di poter dare un contributo alla ricostruzione di quella locomotiva e alla messa in luce di quei binari. Credo sia necessario e urgente costruire quel laboratorio in cui forgiare gli strumenti e gli orizzonti di un nuovo Paese, nei modi che conosciamo e che sono propri a noi di Coldiretti, che il nuovo abbiamo saputo modellare - perché il Paese ha bisogno di noi.
Io a questo laboratorio, che sarà sempre dentro l'idea di comunità e di territorio - e nei tempi che questo bruciante presente detta, - voglio dare una forma, una sostanza, un modo di raccontare. Voglio esserci, ed esserci in prima persona, e sono certo che molti di voi, al momento giusto, faranno lo stesso. Perché "l'Italia che vogliamo, l'Italia che fa l'Italia" merita un mare di bene e perché è ora di sciogliere dalle catene un possibile nuovo grande sogno Italiano.
(Fonte Coldiretti)