"Paolo Pellegrin. Un'antologia" a cura di Germano Celant: al MAXXI di Roma oltre 150 immagini del grande fotografo che raccontano uomini, guerre, emergenze umanitarie ma anche il rapporto tra la condizione umana e la natura.
Ha viaggiato in tutto il mondo con la sua macchina fotografica raccontando uomini, guerre, emergenze umanitarie ma anche storie di grande poesia e una natura portentosa e pulsante. Membro di Magnum Photos dal 2005 ha vinto 10 World Press Photo Award e numerosi altri prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo, come l'Eugene Smith Grant in Humanistic Photography e il Robert Capa Gold Medal Award. E' profondamente interessato all'essere umano e alle sue relazioni con i luoghi, gli avvenimenti, gli altri esseri.
E' Paolo Pellegrin (Roma, 1964), uno dei più importanti fotografi della scena internazionale, cui il MAXXI dedica una grande mostra a cura di Germano Celant, in corso fino al 10 marzo 2019, nella scenografica galleria 5 del museo.
L'eposizione, intitolata "Paolo Pellegrin. Un'antologia", nasce da un intenso lavoro di due anni sull'archivio del fotografo e ripercorre attraverso oltre 150 immagini, tra cui numerosi inediti e alcuni contributi video, vent'anni del suo lavoro, dal 1998 al 2017. La mostra rappresenta un'occasione preziosa per conoscere il suo percorso creativo e documentario e per approfondire i temi che animano il suo lavoro, dove la visione del reporter e l'intensità visiva dell'artista si intrecciano e diventano un tutt'uno.
Il percorso, immersivo e coinvolgente, si articola tra due estremi: il buio e la luce.
La parte iniziale è buia. Domina il colore nero, popolato dal racconto di un'umanità sofferente: la guerra, le tensioni, la distruzione, ma anche l'intima bellezza dell'essere umano nell'espressione delle sue emozioni più profonde. La seconda parte è caratterizzata invece da uno spazio luminoso in cui prevalgono immagini di una natura che, nella sua maestosità e lontananza, sembra ricordarci la fragilità della condizione umana.
All'ingresso, una grande parete dedicata alla battaglia di Mosul del 2016, scelta da Pellegrin come metafora del conflitto, esplode come una Guernica contemporanea. Qui troviamo anche una serie di immagini, scattate negli Stati Uniti, che parlano di violenza, razza, povertà, crimine. E ancora uomini, donne, bambini, soldati, profughi, rifugiati, migranti, da Gaza a Beirut, da El Paso a Tokyo, da Roma a Lesbo. Esseri che pregano, che piangono, che scappano, che combattono: ogni immagine coglie e sublima con sensibilità i conflitti, i contrasti, i drammi di questo nostro tempo così tormentato e complesso. Come, in primo piano, il volto sofferente di un rifugiato a Lesbo in attesa di essere registrato, stremato dal caldo e dalla sete, quasi una Pietà contemporanea, o le gigantografie di tre prigionieri dell'Isis in attesa di essere processati, che Pellegrin ha ritratto nel Kurdistan iracheno nel 2015. In fondo alla galleria, figure evanescenti, ritratti "transitori" colti in momenti di passaggio, affiorano appena dal buio come fantasmi ("Ghost" nella definizione di Pellegrin).
A questo racconto dell'essere umano, calato nel buio, fa da contraltare l'immersione in un ambiente improvvisamente luminoso, di una luce evanescente dove il dato reale sembra sublimarsi nel candore del ghiaccio dell'Antartide, protagonista di un recente reportage realizzato per la NASA, nello sguardo di una giovane donna rom, nella potenza degli elementi della natura, nella spiritualità e nella profondità del rapporto atavico dell'uomo con essa, come accade nel bagno di due giovani palestinesi nel Mar Morto.
Le due parti del percorso sono collegate da un passaggio che proietta il visitatore dietro le quinte della ricerca visiva di Pellegrin: disegni, taccuini, appunti, piccole fotografie, danno conto della complessità di un processo creativo che si fonda su ricerca, conoscenza e preparazione. Pellegrin considera la fotografia come una lingua fatta allo stesso tempo di regole e di istinto. Trova le sue radici in anni di studio intorno all'immagine, alla visione, allo sguardo: tutti aspetti che il fotografo ha allenato fin dall'inizio del suo lavoro attraverso l'interesse per la letteratura, la storia dell'arte, l'architettura, il cinema e, naturalmente, il lavoro di grandi fotografi.
Come scrive Celant, "Il reportage, per Pellegrin, non è un'operazione accelerata e veloce, distaccata e fredda, ma – come per Walker Evans e Lee Friedlander – è una manifestazione dell'interpretazione personale, che si alimenta di estetica e di espressività, di angoscia e di sofferenza. È la sintesi di una posizione critica del fotografo rispetto alla visione impersonale della realtà: un racconto, scandito per momenti e per capitoli, che aiuta a mettere in contesto la situazione affrontata e chi la documenta. [...] Le sue fotografie sono frammenti di una scrittura per immagini e riflettono un tempo storico, basato sulle fisionomie, singole e collettive, delle persone che vivono una tragedia. Esse diventano anche una storia privata di Pellegrin che sente la necessità di condividere, con la sua presenza e la sua testimonianza, la responsabilità della nostra cultura verso questi eventi drammatici."
In occasione della mostra, è presentata in anteprima la prima parte del progetto fotografico realizzato da Pellegrin lo scorso gennaio a L'Aquila, nell'ambito della committenza fotografica affidata dal MAXXI. Nella Galleria 1 al piano terra è esposto un polittico di circa 2 metri per 3, composto da 140 piccole immagini in bianco e nero, fortemente contrastate, che ritraggono scorci e dettagli di una città ancora ferita, interpretando il senso di perdita che segue il dramma del terremoto. L'altra parte del lavoro è composta da grandi fotografie a colori in cui, uscito dalla città, Pellegrin ha ritratto le campagne e i monti intorno all'Aquila nel corso di una notte illuminata solo dalla luna. Queste immagini saranno esposte per la prima volta a Palazzo Ardinghelli in occasione dell'inaugurazione di MAXXI L'Aquila, nel 2019, progetto affidato dal MiBAC alla Fondazione MAXXI per contribuire alla rinascita del territorio anche attraverso la cultura.
Il contributo fotografico di Pellegrin, composto di migliaia e migliaia di immagini, nasce spesso in contesti e scenari al limite dell'esistere, sia della natura sia dell'essere umano. Il documento fotografico, che è testimonianza di indagine quanto di partecipazione, in Pellegrin non si propone come oggettiva rappresentazione di persone, di contrasti, di oggetti, ma tende a cogliere l'anima del momento.
I suoi grigi e i suoi neri, le sue ombre, le sue diagonali trascendono i luoghi e il tempo. Le sue figure, le porzioni dei corpi, i suoi volti divengono testimonianza di un sentire e di un respiro intorno alle vicende umane. E degli eventi naturali: un tentativo di fissare le forze dell'esistere, in tutte le condizioni possibili di sopravvivenza e di vita.
In occasione della mostra è uscito il volume di Germano Celant, "Paolo Pellegrin", pubblicato da Silvana Editoriale in tiratura limitata con copie numerate. Frutto di un lungo lavoro nell'archivio del fotografo, il libro raccoglie oltre millecinquecento immagini, scandite cronologicamente, in modo da ripercorrere il percorso creativo e documentario di Pellegrin, offrendosi come una summa dell'intera opera del fotografo.
"Paolo Pellegrin. Un'antologia"
a cura di Germano Celant
www.maxxi.art | #PaoloPellegrinExhibit
7 novembre 2018 – 10 marzo 2019
Galleria fotografica a cura di Francesca Bocchia
Mercoledì 23 Gennaio 2019 -
Si sono conosciuti e reciprocamente apprezzati. Poi Giuseppe Fiorini, collezionista-contadino (come ama definirsi) li ha eletti suoi artisti prediletti. Luigi Pastori, maestro d’arte di grande esperienza, se n’è andato qualche anno fa, lasciando un‘eredità imponente in termini di qualità e quantità di opere, mentre Dario Rossi di Canneto sull’Oglio prosegue il suo percorso di pittura travolgente e tutt’uno con la sua vita, inscindibile da essa. Dopo essersi lasciato sedurre dai grandi maestri Van Gogh, Soutine, Kiefer, ha creato un linguaggio inconfondibile, fatto di spessori, d’esorbitanti sovrapposizioni di cose e colore, dove tutto diventa altro per turbare e confondere, per prendere per i capelli il mondo con le sue viltà, le sue violenze, l’assurda banalità del male. E scuoterlo, mostrandone le contraddizioni e la sua bellezza senza pace.
Siamo di fronte a due espressionisti diversi, come li potevano essere De Vlaminck e Van Gogh. Ma tra i contorni marcati, le linee essenziali di Pastori e la straripante materia di Rossi, tra la quiete bucolica dell’uno e la furia magmatica dell’altro, tra la terra e il cielo c’è un denominatore comune: l’uomo. E’ l’uomo inquieto, straziato, disarticolato, eccessivo nelle forme, condannato ad esistere di Dario Rossi, ma è anche l’uomo ritrovato nell’armonia con la natura, rasserenato nell’abbraccio affettuoso, che ha superato il dolore e coltiva la speranza come mostra Pastori. E ancora questa speranza è un figlio, un sentimento, un seme deposto per l’uno, mentre è uno squarcio di sole, di luna, il bagliore che vibra tra i flutti di un’ondata di fango, l’alba che insinua l’orizzonte cupo per l’altro.
Il colore in entrambi è preponderante e innaturale. Più simbolico in Pastori, esasperato e ridondante in Rossi. La loro pittura è un fatto emozionale, sentito intimamente in ogni pennellata, un percorso dentro e fuori di sé per trovare risposta, il grido che si placa, ma infine lascia lo stesso la domanda sospesa, malinconica o ironica, assertiva o provocatoria. Allora il punto interrogativo tra terra e cielo si può sciogliere in un cerchio di tenerezza, come nelle due maternità scelte per la mostra. Qui è dunque la soluzione, la verità. E’ questo che porta il profondo silenzio del vento, in paesaggi dove le ombre non ci sono più. Perché sono dentro. Di noi. In loro invece è ormai solo la luce.
Come dice il titolo del quadro di Rossi: Dalla pietà all’amore.
Da Parigi a Bologna mostra e racconto di un'opera d'arte ricomposta in Quadreria: la grande pala con San Camillo de Lellis in adorazione del Sacro Cuore di Gesù con la Vergine e un angelo. L'esposizione, a cura di Marco Riccòmini, dal 25 ottobre al 19 gennaio nell'ambito del progetto artistico di UniCredit e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Divisa in due pezzi alla fine del Settecento, torna opera unica a Palazzo Magnani. È la grande pala d'altare con San Camillo de Lellis in adorazione del Sacro Cuore di Gesù con la Vergine e un angelo a firma di Ubaldo Gandolfi, in mostra dal 25 ottobre 2018 al 19 gennaio 2019 in Quadreria, nell'ambito delle iniziative promosse da UniCredit e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna per valorizzare il patrimonio artistico di Palazzo Magnani.
Marco Riccòmini, storico dell'arte e art advisor per grandi collezionisti europei, è il curatore della mostra "Il Gandolfi dimezzato". Attraverso le sue ricerche ha permesso di ricostruire il dipinto che venne scomposto oltre due secoli fa. "Tra i tanti tagli che opere anche famose hanno subìto nel corso dei secoli – spiega –, da quanto mi risulta, quello relativo alla pala del Gandolfi è l'unico caso al mondo di cui siano stati individuati gli elementi principali. Quello che non sappiamo è quando con precisione il taglio sia accaduto, anche se possiamo immaginarne il motivo: vendere la pala come due dipinti distinti".
L'indagine di Riccòmini sulle tracce della pala inizia nel 2017, quando – ricevuto l'incarico di curatore della collezione antica della Quadreria di Palazzo Magnani – ammira tra i dipinti della Collezione UniCredit il San Camillo de Lellis di Ubaldo Gandolfi. È un'opera che gliene ricorda un'altra, vista trent'anni prima presso un mercante a Londra, poi finita a un collezionista francese. Le due tele apparvero allo storico dell'arte non soltanto simili nella forma, ma quasi un'unica opera.
Passando per archivi e contatti londinesi, Riccòmini rintraccia a Parigi la parte inferiore della tela. "L'idea di ricongiungerle – spiega Riccòmini – nasce spontanea e l'emozione della reunion coinvolge tanto il collezionista francese quanto UniCredit e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna", che decidono di inserire la mostra tra le iniziative del progetto artistico condotto in sinergia per promuovere il patrimonio dello storico edificio bolognese.
La mostra sarà inaugurata giovedì 25 ottobre alle 19; e dal 26 ottobre 2018 al 19 gennaio 2019 - tutti i mercoledì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20, e ogni secondo sabato del mese dalle 10 alle 13 - sarà possibile ammirare il "Gandolfi dimezzato", presentato per la prima volta al pubblico nella sua integrità, in un allestimento particolare che ricompone l'opera all'interno della Quadreria e ricrea virtualmente l'idea della sua possibile collocazione originaria come pala d'altare.
La mostra è accompagnata da un breve catalogo, sempre a cura di Marco Riccòmini, che suggerisce, in forma narrativa, una tra le possibili maniere in cui si svolsero i fatti in merito alla tela del Gandolfi, ripercorrendo anche le vicende di altri quadri divisi, in una sorta di raccolta di "storie di separazione".
La Quadreria di Palazzo Magnani è in via Zamboni, 20 a Bologna. L'ingresso alla mostra è gratuito.
Info e prenotazioni:
Tel. 051.2962508, email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. , sito http://quadreriapalazzomagnani.it
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Comunicazione e Relazioni con la Stampa
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Tel. +39 0514382244
cell. +39 3475027432
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Oltre 4mila visitatori in poco più di un mese d'apertura. Boom di prenotazioni delle scuole di Parma e del Parmense e delle province vicine per visite guidate e laboratori. Esposizione aperta fino al 17 dicembre
Parma, 1° dicembre 2017 – Si può già parlare di successo, in poco più di un mese d'apertura, per la mostra "La Fabrica dei Corpi. Dall'anatomia alla robotica", in corso fino al 17 dicembre al Palazzo del Governatore di Parma.
Sono già oltre 4mila i visitatori dell'esposizione, che tra l'altro ha registrato notevole interesse da parte delle scuole: boom di prenotazioni dagli istituti di Parma e del Parmense e delle province vicine per visite guidate e laboratori, a testimoniare il gradimento nei confronti di una mostra scientifica di grande valenza educativa e didattica, inserita nelle iniziative del Comune di Parma per le celebrazioni dei 2200 anni di fondazione della città e in quelle promosse dall'Università di Parma per l'internazionalizzazione dell'Ateneo nell'anno accademico 2017-2018.
Sono state pianificate aperture mattutine quotidiane sulla base delle grandi richieste delle scuole, che hanno quasi esaurito la disponibilità delle visite.
"La Fabrica dei Corpi. Dall'anatomia alla robotica" promette un avvincente viaggio tra passato e futuro incentrato sulla conoscenza della struttura dei corpi viventi e proiettato verso la conquista dello spazio e le sfide tecnologiche di domani: dalle forme e anatomie animali e umane ai robot umanoidi, passando per la straordinaria collezione di maschere fisiognomiche di Lorenzo Tenchini, nuovamente riunite a Parma dopo 110 anni dalla loro realizzazione a fine 1800.
La mostra, curata da Roberto Toni, è organizzata dal Sistema Museale dell'Università di Parma con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Parma, con la collaborazione del Museo di Antropologia criminale "Cesare Lombroso" e del Sistema Museale dell'Università di Torino. È realizzata con la collaborazione del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, attraverso un contributo ottenuto nell'ambito del bando della legge 6/2000 per la divulgazione della cultura scientifica. Ha ricevuto inoltre il sostegno della Fondazione Cariparma, del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, dell'Associazione Alumni e Amici dell'Università di Parma e di Conad Centro Nord. Alla sua realizzazione collaborano numerose Istituzioni accademiche e sanitarie e prestigiosi Enti di ricerca nazionali e internazionali.
Filo conduttore dell'esposizione è la conoscenza della struttura dei corpi viventi, in particolare quella del corpo umano, che sta a fondamento di alcune tra le maggiori conquiste biomediche ottenute tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI secolo.
La prima sezione (al primo piano del Palazzo del Governatore) si apre con una panoramica della storia attraverso i secoli della Scuola Medica e Chirurgica dell'Ateneo di Parma, che introduce a un articolato percorso conoscitivo. Questo parte, in termini evoluzionistici, dalle forme e dalle anatomie animali, giungendo all'anatomia dell'Uomo e alle sue rappresentazioni anatomiche ceroplastiche e artistiche. Tra queste ultime spiccano la monumentale scultura lignea di Mario Ceroli e gli studi ergonomici di Ettore Sottsass conservati allo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma.
Il nucleo fondamentale della mostra dal punto di vista storico è costituito dalla straordinaria collezione di maschere fisiognomiche, di dottrina lombrosiana, preparate dall'anatomico di formazione psichiatrica clinica dell'Università di Parma Lorenzo Tenchini: maschere realizzate a scopo strettamente scientifico, con l'intento di catalogare l'espressione e la struttura del viso dei soggetti che rappresentano (detenuti del reclusorio di Parma e ricoverati nel manicomio di Colorno), seguendo i principi della ricerca comportamentista del tempo, in particolare quella focalizzata sull'atteggiamento delinquenziale e sulle devianze sociali. La collezione Tenchini, oggi divisa tra l'Università di Parma (Museo e Biblioteca storica museale di Biomedicina) e l'Università di Torino (Museo di Antropologia Criminale "Cesare Lombroso") è dunque nuovamente riunita a Parma per la prima volta dopo 110 anni grazie alla generosa collaborazione del Museo Lombroso di Torino.
Nella seconda sezione (al secondo piano), partendo dalla strutturistica del corpo umano, l'esposizione si apre sulle simbolizzazioni ed elaborazioni matematico-computazionali per la ricostruzione virtuale dei corpi. Accompagna poi i visitatori nell'uso di queste ricostruzioni per l'ingegnerizzazione degli organi bioartificiali con biomateriali, delle bioprotesi, dei biochip e della biostampa, traguardi biotecnologici della medicina rigenerativa e ingegneria tissutale alle soglie del XXI secolo, arrivando sino alla simulazione antropomorfa dei corpi mediante robot umanoidi, ultima frontiera della tecnologia applicata alla salute umana, con la previsione di prossimi impieghi nelle missioni spaziali.
In occasione della mostra sono proposti alle scuole visite guidate, laboratori e attività organizzate sui temi dell'esposizione. Otto i laboratori didattici per bimbi e ragazzi dai 5 ai 18 anni, in particolare su robotica e anatomia animale, che hanno incontrato grande interesse da parte delle scuole: dalle automobili autonome ai droni, dalla storia evolutiva degli esseri viventi alle strutture di deambulazione dei mammiferi e dell'uomo.
Palazzo del Governatore
Parma, Piazza Giuseppe Garibaldi
tel + 39 0521 218929
Orari
· da martedì a venerdì dalle 15.30 alle 19;
· sabato e domenica dalle 10 alle 19;
· lunedì chiuso;
· visite per scuole e gruppi, solo su prenotazione, da martedì a venerdì dalle 9 alle 13.
Informazioni e prenotazioni scuole e gruppi
tel. 0521 906310 / 0521 905203 / 0521 033599
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Info
http://lafabricadeicorpi.unipr.it/
http://www.musei.unipr.it/it
Facebook
www.facebook.com/MEMAunipr
Inaugurate al Palazzo del Governatore le due mostre di opere fotografiche con cui Parma apre il suo tributo a Patti Smith. Fino al 16 luglio, 120 scatti di Patti Smith e 150 immagini d'autore sulla New York degli anni Settanta e Ottanta: Galella, Ginsberg, Goldin, Gorgoni, Makos, Mapplethorpe, Warhol.
Parma, 8 aprile 2017
Saranno aperte al pubblico fino al 16 luglio, al Palazzo del Governatore di Parma, Higher Learning e The NY Scene – arte, cultura e nuove avanguardie anni '70-'80, le due grandi mostre di opere fotografiche con cui Parma dà avvio al suo omaggio di primavera all'icona del rock Patti Smith.
Ieri pomeriggio l'inaugurazione, aperta dai saluti del Sindaco Federico Pizzarotti, del Rettore dell'Università di Parma Loris Borghi, dell'Assessore alla Cultura del Comune di Parma Laura Maria Ferraris, e di Diego Saglia, Direttore del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali dell'Università di Parma. Presente all'appuntamento anche il fotografo Gianfranco Gorgoni.
Le mostre (l'una con circa 120 fotografie scattate da Patti Smith in giro per il mondo, l'altra con circa 150 immagini di grandi autori legate al clima intellettuale che la stessa Patti Smith ha vissuto a New York) costituiscono l'apertura del tributo di Parma all'artista americana, che all'inizio di maggio sarà in città per un'intensa "tre giorni": il 3 maggio riceverà la laurea magistrale ad honorem in Lettere classiche e moderne dall'Università, il 4 terrà il concerto Grateful al Teatro Regio e il 5 sarà al Palazzo del Governatore in visita alle esposizioni.
Sfoglia tutte le foto qui sotto, ph. Francesca Bocchia
Il connubio tra musica pop italiana e arte fotografica è reso magistralmente dall'obbiettivo di Giovanni Gastel che ha unito "Le 100 facce della musica italiana" in 100 ritratti d'autore. Scorrono in una carrellata di immagini i volti ritratti di 100 big della musica italiana. Da ammirare a Parma al Palazzo del Governatore nella mostra organizzata dal team della rivista Rolling Stone Italia fino al 19 Marzo.
di Maria Carla Magni
Sarà ospitata nel Palazzo del Governatore, in pieno centro a Parma, fino al 19 Marzo la mostra di Giovanni Gastel dal titolo azzeccatissimo "Le 100 facce della Musica Italiana" – il suono di un paese meraviglioso come non l'avete mai visto.
La musica italiana si racconta in 100 ritratti d'autore firmati Giovanni Gastel, uno dei più celebri fotografi italiani nel mondo, dalla "A" di Alessandra Amoroso alla "Z" di Zucchero, passando per Vasco e Paolo Conte, Ligabue e Francesco De Gregori, Eros Ramazzotti, Mario Biondi e i Negramaro, Elisa e Giorgia, arrivando alle star dell'hip hop e del rap Jovanotti, Emis Killa, Club Dogo, Fedez, J-Ax e Fabri Fibra. Decine di artisti, i cantautori, i musicisti, i cantanti, ma tra loro anche gli autori come Mogol e i DJ, su tutti Claudio Cecchetto.
Davvero lunga la lista, 100 appunto i volti ritratti dei big della musica italiana, per un progetto ideato e realizzato dal team della rivista Rolling Stone- Italia, punto di riferimento della pop cultura contemporanea e che per l'occasione ha realizzato un numero speciale in "Limited Edition" dedicato alla mostra, con la produzione esecutiva di Ankamoki e grazie al patrocinio e la co-organizzazione del Comune di Parma, che pone come obiettivo quello di sottolineare il forte legame del territorio con la musica in tutte le sue forme di espressione: a pochi passi dal Teatro Regio, dalla Casa della Musica, dalla Casa del Suono e dalla Casa natale di Arturo Toscanini.
Il lavoro di Gastel racconta ed esprime l'anima e la personalità di ognuno dei personaggi immortalati: dalla popstar al rapper, dal discografico al gruppo rock, 100 ritratti che compongono il mappamondo artistico della musica di eccellenza del nostro paese.
Quello che Gastel propone non è un semplice progetto fotografico, ma un vero e proprio atto d'amore per la musica italiana. Un caleidoscopio di immagini che traducono su pellicola le anime dei musicisti magistralmente catturate dallo stile inconfondibile ed elegante di Giovanni Gastel che racconta: "Dicono che Dionisio girasse per il mondo con un festante carriaggio di musici e cantanti in una gioiosa e un po' ebbra pantomima di invasione del mondo. Ecco, quando la musica italiana è entrata nel mio studio e io ho aperto la porta a quella sorridente brigata di artisti e personaggi, ho subito pensato che Dionisio fosse infine arrivato a invadere anche me."
E così Gastel ha ripreso tutti i suoi 100 soggetti in studio, guardandoli negli occhi in modo che la sua luce a led, progettata per l'occasione, si riflettesse negli occhi di ognuno. Per raccogliere i loro pensieri sparsi, i sorrisi precari e la curiosità dei loro sguardi, le fotografie di Gastel riescono a varcare quell'invisibile linea di confidenza, d'intimità dove oltre quella soglia lo sguardo si fa soggetto.
Lo shooting fotografico diventa un viaggio dove ciò che conta è il percorso fatto insieme agli artisti non la meta in un caleidoscopico ritratto collettivo dove Gastel raccoglie le tipologie umane più varie, resta la quantità umana che viene rappresentata con forza e lucidità.
Per informazioni:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – per prenotazioni tel 0521 218035
Orari di apertura:
da giovedì a domenica ore 11.00/19.00
martedì e mercoledì su prenotazione per gruppi
Photo Credits – CLAUDIA BEVINI Photographer
For Maria Carla Magni outfit Special Thanks to : LC DONNA- Parma ; STEFANO SACCANI Parma
With the Courtesy of : arte.sky.it – artemagazine.it – parmadaily.it – rollingstoneitalia – lecodiparma.it – cultora.it
In questa settimana Milano diventa la capitale della moda mondiale grazie alla Fashion Week-Moda Donna e in concomitanza è in corso una mostra che non può non essere visitata soprattutto dalle "Shoes Addicted".
di Federica Fasoli
"Prenda la borsa, l'anello, l'orologio, ma mi lasci le mie Manolo Blahnik!" gridava Carrie Bradshaw ad un rapinatore nel celebre Sex And The City, telefilm che ha segnato la storia anni '90 di ogni fashion victim che si rispetti, celebrando il nome dello stilista spagnolo e collegandolo, nell'immaginario collettivo di milioni di donne, ad un oggetto del desiderio bramato, anelato, adorato e venerato: le scarpe. E se la protagonista della serie televisiva, interpretata da Sarah Jessica Parker, si disperava per avere così tante scarpe e solo due piedi per poterle indossare, "The Art Of Shoes", in esposizione a Milano, esorta a chiedersi perché ci siano così tante scarpe e solo due occhi per poterle ammirare.
Nella cornice d'eccezione che è Palazzo Morando, con i sontuosi saloni settecenteschi, gli splendidi lampadari, gli affreschi ed i dipinti, la personale mostra retrospettiva di Manolo Blahnik, aperta al pubblico sino al 9 Aprile 2017 non a caso nella città meneghina, da sempre "culla" del suo marchio, rappresenta un appuntamento imperdibile atto a celebrare i 45 anni di attività dell'iconico maestro e ricostruire il suo percorso storico ed artistico seguendo le forti influenze che lo hanno ispirato, e continuano tutt'oggi ad ispirarlo, nelle sue irripetibili creazioni.
Più di duecento le scarpe esposte all'interno della mostra, insieme ad ottanta disegni originali dello stilista e le collezioni delle Raccolte Storiche del Museo, rimaste intatte per l'occasione. Eclettiche e disparate le correnti d'influenza che, attraverso le sale museali del Palazzo, si snodano e diramano tra ispirazioni da Brigitte Bardot al cinema di Visconti, da Emma Bovary ad Anna Karenina. E ancora il Gattopardo, Alessandro Magno, Paloma Picasso fino ad Anna Piaggi, celebre giornalista di Vogue: personalità romanzesche, storiche o contemporanee che hanno in qualche modo segnato la vita ed il processo artistico del couturier spagnolo.
Non mancano cenni all'arte pittorica, da Goya a Mondrian, ed influssi di stampo naturalistico, con un'intera sezione dedicata al mondo bucolico attraverso foglie, palme e rami di cactus accompagnati a riferimenti al mondo marino che vedono il loro trionfo nell'utilizzo degli splendidi coralli di Sicilia. Cruciali anche le ispirazioni dal sapore esotico: sono, infatti, diverse le sezioni che riportano a scenari geografici lontani come l'Africa, la Russia ed il Giappone, simboli della natura di per sé cosmopolita e multiculturale di Manolo Blahnik, abituato sin dall'infanzia a cambiare spesso Paese.
Assolutamente sorprendente, infine, la sezione "Gala", dedicata ad una selezione di scarpe tra le più stravaganti e preziose oltre le ventidue paia realizzate per il film Marie Antoniette di Sofia Coppola, emblema di una fine eleganza e di un'intera vita spesa alla ricerca del bello e del sublime in ogni dettaglio.
La mostra a Parma, ora in corso, su Ferré-Comte ci offre lo spunto per ricordare un grande nome della moda italiana. Con il suo stile tra neoclassico e contemporaneo Gianfranco Ferré non solo ha segnato un'epoca, ma è tuttora un riferimento importantissimo nella "storia della moda". Da non perdere la mostra "Dettagli" in abbinamento alle immagini suggestive create dal fotografo Comte.
Di Renata Gorreri
Maria Luigia D'Austria, seconda moglie di Napoleone, non era certo stata educata per regnare, tuttavia con la sua sensibilità, la sua cultura e il suo amore per l'arte e il suo popolo, ha lasciato un indelebile ricordo nei territori che furono il Ducato di Parma e Piacenza.
Gianfranco Ferrè, architetto, artista, stilista, un genio della struttura, si è affermato nel mondo della moda per la sua creatività e la sua capacità di attingere anche ai particolari delle mode del passato, destoricizzandoli e rendendoli contemporanei.
Michel Comte, fotografo e artista che interpreta le emozioni in chiave poetica ed ama accompagnare le sue fotografie anche con installazioni scultoree e di luce.
Ma che cos'hanno in comune una Duchessa, un grande stilista e un famoso fotografo? Il Neoclassico!
Nell'ambito delle celebrazioni per il bicentenario dell'arrivo di Maria Luigia a Parma è stata organizzata un'esposizione molto particolare. Si articola su due livelli. Al primo si trovano 60 splendidi capi selezionati e messi a disposizione dalla Fondazione Gianfranco Ferrè.
Lo stilista ha sempre manifestato ammirazione per le grandi donne della Storia e anche se non si può dire che Maria Luigia sia stata tra le sue predilette, nel suo stile possiamo vedere chiaramente molti richiami gusti e ai dettagli dell'abbigliamento dell'epoca. Quindi via libera alle camicie scolpite e destrutturate, alle lunghe file di bottoncini, ai polsi importanti, ai lacci inattesi. Poi le crinoline che lo stilista ha utilizzato per creare un abito, oppure una gonna, i cappotti e le cappe del Prêt à Porter anni '90, ma ancora così attuali, i pizzi, le ruches, i ricami dorati, i dettagli orientaleggianti, così di moda all'epoca di Maria Luigia.
Al secondo piano si trova l'esposizione dei lavori fotografici di Michel Comte. Qui il lavoro è concettuale e di interpretazione. Con le sue installazioni Comte vuole rappresentare il neoclassicismo come un passato da reinterpretare alla luce della Storia, anche quella più recente e tragica. Per fare questo le sue opere fotografiche – elaborate su tela - sono accompagnate da installazioni scultoree, luci e suoni, per rendere più vivida ed emozionante la visita. Si tratta di un'interpretazione personale del neoclassicismo che, in quanto simbolo, può anche andare in frantumi, ma la sua bellezza artistica rimane per sempre.
Una mostra dalle proposte decisamente trasversali: assolutamente da non perdere.
CREDTIS : thenonblonde.com – amica.it – affaritaliani.it – pgfstyle.com – bonvivre.ch – vogue.it
Inaugurazione Mercoledì 22 giugno, 18.30 | PETER KIM "VISUAL MANTRA" a cura di Maria Giovanna Musso | Galleria S. Ludovico- 22 giugno- 25 luglio - Ingresso libero.
Parma, 21 giugno 2016
La suggestiva Chiesa sconsacrata di San Ludovico a Parma, in Borgo del Parmigianino 2, ospita dal 22 giugno la personale Visual Mantra a cura di Maria Giovanna Musso, prima mostra in territorio italiano dell'artista coreano Peter Kim. Patrocinata dal Comune di Parma, l'esposizione è organizzata dall'Associazione Culturale 360° in collaborazione con De Berg (New York) e la Galleria Loppis OpenLab di Parma.
Peter Kim, formatosi tra l'Asia e l'Europa, attualmente vive e lavora a New York. Nella sua ricerca espressiva, riflessiva e appartata, l'artista sceglie la linea come forma di espressione e come medium di accesso alle pieghe più profonde del reale. Nel lavoro di Kim la linea ripetuta è usata come un mantra visivo, un'ossessione gestuale attraverso cui prende forma la realtà, in un costante conflitto fra ordine e caos. Le figure che ne emergono sono il sedimento di quel conflitto, ciò che resta di una memoria antica: forme sospese nel vuoto, vasi fluttuanti nel mare del tempo che alludono a una ricerca inesauribile di senso, a un tentativo di riportare l'infinito nel finito della forma.
La mostra Visual Mantra presenta opere dedicate alla figura archetipica del vaso, insieme ad alcune opere più materiche costituite da matasse informi di fili colorati e ad alcuni disegni che testimoniano il processo creativo dell'artista.
In chiusura dell'inaugurazione si esibirà la violoncellista italo-brasiliana Daniela Savoldi. La sua musica è una sintesi di suggestioni classiche, pop, jazz, contemporanee e orientali. ( danielasavoldi.com )
Per l'esposizione verrà realizzato un catalogo a cura di Maria Giovanna Musso.
Peter Kim, nato nel 1967 a Gwangju (Corea del Sud), si diploma nel 1998 all'École Nationale Superieur des Arts Plastiques (Marsiglia), e nel 2000 alla National Superior Diplome of Plastic Expression (Marsiglia), proseguendo la sua formazione in Europa con un Culture Course a Berlino per ricerche su Max Ernst. Attualmente vive e lavora a New York.
Le sue opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche museali fra cui il MAMAC (Modern and Contemporary art Museum di Nizza), l'Art Museum Gwangju, e il Gwangju Kumho Culture Foundation di Seoul. Ha all'attivo diverse mostre personali e collettive a Hong Kong, New York, Nizza, Parigi, Seoul, Belgrado, Strasburgo.
La mostra continua le attività di PARMA 360 Festival della creatività contemporanea, manifestazione culturale dedicata alla creatività contemporanea italiana, che si è svolta a Parma dal 2 aprile al 15 maggio 2016. La mostra di Peter Kim si svolge all'interno di Galleria San Ludovico, eletto da PARMA 360 quale laboratorio permanente della creatività giovanile, dove si svolgeranno mostre di arte contemporanea durante tutto il corso dell'anno. www.parma360festival.it
Peter Kim
Visual Mantra
a cura di Maria Giovanna Musso
Inaugurazione
Mercoledì 22 Giugno ore 18.30
Orari
Lunedì, Mercoledì e Venerdì ore 16-20
Giovedì ore 10.30-13
Sabato e Domenica ore 10.30-13/16-20
Martedì chiuso
Ingresso libero
Agugiaro&Figna Molini porta al Gola Gola Food and People Festival la Mostra fotografica "La pizza, capolavoro universale" firmata da Oliviero Toscani presso Galleria Sant'Andrea, da venerdì 10 giugno a domenica 12 con aperture straordinarie.
Parma, 6 giugno 2016
Agugiaro&Figna Molini sceglie di supportare la tre giorni parmigiana in cui il cibo diventa il filo conduttore di una narrazione più articolata capace di legare insieme esperienze molteplici ed offre a tutti i visitatori di Gola Gola un'esperienza artistica unica: la Mostra fotografica firmata da Oliviero Toscani. L'esposizione sarà aperta al pubblico a partire venerdì 10 giugno presso la Galleria Sant'Andrea dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 21, sabato con l'apertura straordinaria fino alle 22 e domenica 12 giugno dalle ore 11 alle ore 13 e dalle 16 alle 20. L'azienda, con il brand Le 5 Stagioni, ha reso possibile l'esposizione di questi scatti ad opera d'arte: un vero e proprio racconto fotografico di quei Maestri Pizzaioli che hanno reso la pizza un piatto unico e un'eccellenza italiana nel mondo.
Un'esposizione nel centro storico di Parma, all'interno di un luogo ormai nascosto dietro piazza Garibaldi tra i palazzi innalzati nei secoli moderni. Proprio in via Cavestro sorge infatti una delle chiese più antiche della città: la Chiesa di S. Andrea. Abbandonata la funzione rituale e religiosa nel 1938, grazie al Vescovo Evasio Colli, è diventata un noto spazio espositivo che permette interazione artistica, accogliendo mostre ed eventi culturali, è infatti sede dal 1959 dell'Associazione U.C.A.I. Sezione di Parma che ne organizza le attività.
La sua architettura è quanto mai suggestiva per la varietà dei marmi policromi della sua facciata, alternati a fasce di cotto e diventa il luogo perfetto per l'allestimento esclusivo volto a narrare l'antica tradizione della pizza, che ha fatto dell'italianità, un'eccellenza nel mondo e che viene raccontata dal genio del Maestro Toscani, che ha immortalato in scatti ad opera d'arte alcuni dei più importanti Maestri Pizzaioli. 28 scatti riprodotti su tele bifacciali 145x200 che fanno de "La pizza, capolavoro universale" un'esposizione unica nel suo genere, capace di incontrare la curiosità di molteplici generazioni, narrando attraverso l'arte fotografica, quanto di più antico e legato alla cultura del cibo.
Agugiaro&Figna, l'azienda italiana specializzata per rispondere a tutta la gamma di esigenze del mercato quali l'industria, la panetteria tradizionale, il catering, la G.D.O e le pizzerie, che con il marchio Cinque Stagioni è leader sul mercato italiano per le farine da pizza ed esporta in 70 paesi nel mondo, è partner di Gola Gola, il Festival del cibo, dove il cibo non è il fine ultimo, ma l'affinità elettiva di una cultura, di un territorio, di un people appunto. Ed è esattamente dal people che il Festival parte, dall'ispirazione di uno stile di vita che era, è e deve restare, un elemento identitario della cultura italiana. Con l'esposizione firmata da Oliviero Toscani Agugiaro&Figna conferma ancora una volta la propria vocazione nella diffusione della cultura enogastronomica italiana nel mondo, facendosi ambasciatore delle più antiche tradizioni anche grazie all'aiuto di importanti artisti di fama internazionale, capaci di reinterpretare le storie italiane, in opere uniche ed eterne.
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