Una micro collection fresca ed ideale per l'estate quella creata da Morgan Visioli in collaborazione con ANKKH, duo artistico che sviluppa l’arte tramite pittura visionaria, moda e discipline esoteriche.
MVFashion Elements prende vita dalla passione di entrambi per l'astrologia e la psicologia legata alla filosofia orientale e al movimento olistico, fondando così il movimento K-Hole.
La scelta è quella di rappresentare i 4 elementi più uno abbinati ai 12 segni zodiacali, in un contesto legato alla bellezza sia oggettiva che spirituale, all'arte e alla creatività stilistica.
Ad ogni elemento sono assegnati i 3 segni di appartenenza: FUOCO (Ariete, Leone e Sagittario); TERRA (Toro, Vergine e Capricorno); ARIA (Gemelli, Bilancia e Acquario); ACQUA (Cancro, Scorpione e Pesci), in più come elemento aggiuntivo abbiamo scelto l'ETERE, che sin dall'antichità è definito la QUINTA ESSENZA e la somma dei quattro elementi.
Ognuno di noi ha un segno individuale che descrive gli aspetti del carattere, e rappresenta la personalità generale o le caratteristiche tipo, ogni persona potrà così indossare il simbolo della propria sostanza energetica e segno zodiacale.
La collezione è on line sul sito www.morganvisiolifashion.com nella sezione continuativa e disponibile nello store di via Vigotti, 4 a Parma.
Dall'analisi di tre denti da latte appartenuti a bambini neandertaliani vissuti tra 70.000 e 45.000 anni fa nell'Italia nord-orientale emerge che il loro ritmo di crescita era molto simile al nostro: la scoperta porta ad escludere che uno svezzamento tardo possa essere tra le cause che hanno portato alla scomparsa di questa specie umana
A Parigi ha aperto O’naturel, il ristorante francese con una particolarità: si conversa, si gustano specialità parigine e, soprattutto, si mangia nudi.
Di Chiara Marando -
Sabato 02 Dicembre 2017 -
Per la maggior parte di noi uscire per andare a mangiare in qualche bel ristorante significa godersi l’attesa, riflettere sul momento della preparazione – in particolare per le donne - e godersi il piacere del pasto soffermandosi ad osservare i particolari estetici dei piatti ordinati, per poi degustarli e percepirne il sapore. Il tutto, ovviamente, condito da quella particolare tendenza del guardarsi attorno perché, inutile negarlo, il gusto del passare in rassegna la sala in cui ci si trova c’è.
Ecco, pare che questa piccola sintesi di atteggiamenti e abitudini possa venire meno. O così sembra in uno dei ristoranti più particolari aperti da poco tempo, esattamente il 2 novembre, nella meravigliosa Parigi. Già perché al ristorante O’naturel si prediliga l’abito adamitico, completamente al naturale.
Questa idea era stata già sdoganata a Londra, dove il locale pop-up The Bunyadi è divenuto simbolo del movimento libero dando il via alla più o meno piacevole abitudine di mangiare nudi.
Ed ora anche la clientela parigina potrà approfittare di una serata diversa dal solito. A decidere di intraprendere questa avventura sono stati i fratelli Mike e Stéphane Saada, esattamente nel 12° arrondissement, in rue de Gravelle. O’naturel è curato nei dettagli, accogliente e luminoso: una sala grande estremamente calda e pulita, tavole finemente apparecchiate e sedie con fodere usa e getta che vengono cambiate ad ogni passaggio, esattamente come la tovaglia. All’ingresso, prima di procedere verso la stanza principale, uno spogliatoio con armadietti personali in cui riporre e chiudere tutti gli indumenti ed oggetti. La volontà è quella di sedersi a tavola liberi da ogni orpello, per prestare attenzione solo alla piacevolezza del cibo e della compagnia.
Il menù proposto è squisitamente francese, con specialità della cucina tipica e qualche sfizio per completare l’offerta culinaria. I prezzi non sono proprio a buon mercato: il costo parte da 39 euro per antipasto e un piatto, con la possibilità di scegliere un dessert aggiungendo 10 euro.
Ad una prima impressione, le conclusioni su questa nuova apertura potrebbero essere poco favorevoli nel concedere un futuro lungo e prosperoso, in virtù di una città non molto incline alle stravaganze. Ma la realtà dei numeri è un po’ diversa: sarebbero circa 2.6 milioni i francesi che praticano con regolarità il nudismo e non lontano da O’naturel si trova il parco Bois de Vincennes di Parigi, appena inaugurato come zona per nudisti.
Ovviamente i titolari si sono subito premurati di sottolineare quanto il ristorante sia rigido in fatto di regole, questo per evitare problematiche o situazioni di difficile gestione. In altre parole, all’interno del locale vige una regola di buona condotta, ciò significa che non viene permesso altro che cenare, chiacchierare e conoscersi conversando. Non si sa mai che qualcuno si faccia prendere la mano.
Amazon punta sempre di più sul comparto alimentare. Dopo le consegne a domicilio negli Stati Uniti e in Europa, ora arriva con una novità: una sezione Made In Italy Gourmet. L'utente potrà scegliere tra una ricca selezione di prodotti di eccellenza tipicamente italiani
Di Chiara Marando -
Sabato 17 Settembre 2016
Amazon punta sempre di più sul comparto alimentare. Gli “addicted” dell'acquisto online saranno già capitati sulle tante offerte di prodotti presenti nello store, ma quello che adesso si può trovare è una vera e propria sezione gourmet dedicata alle eccellenze dell'enogastronomia italiana.
Ebbene si, anche il colosso americano investe nel Made in Italy di alta qualità, con specialità del food&wine che mirano a tutelare i consorzi locali
Un'ampia scelta di bontà acquistabili solo con un click, delle quali il consumatore potrà conoscere dettagli e tracciabilità. L'idea è quella di diventare un punto di riferimento anche per quanto riguarda il mondo dell'e-commerce alimentare. E conoscendo le infinite potenzialità di Amazon non è difficile immaginare che l'obiettivo verrà raggiunto.
Ma non si tratta di un salto nel buio. Da tempo il re dello shopping mondiale aveva identificato il ramo food&beverege come ambito dalle grandi potenzialità di reddito, affrontandolo per step: prima con consegne a domicilio negli Stati Uniti, poi in Europa ed, infine, anche in Italia.
L'offerta oggi raccoglie un catalogo gourmet da acquolina in bocca, una vetrina ricca di specialità regionali, con prodotti a marchio Igp, Dop e Docg che rappresentano la cucina italiana nel mondo: Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico di Modena, Pasta di grano duro, Culatello di Zibello, Prosciutto di Parma, Speck dell'Alto Adige, alcune tra le migliori produzioni italiane di vino, Confetture e Olio extravergine di oliva. Ma l'elenco è ancora lungo, con più di 1000 articoli suddivisi in categorie, con oltre 50 brand presenti.
Inutile dire che nel mucchio ci si può imbattere anche in etichette che di artigianale ed eccellente hanno ben poco, con prezzi certamente non da grande distribuzione.
Insomma, benché il servizio sia molto interessante e allettante, è sempre meglio prendersi un po' di tempo per esplorare con calma tutta la vetrina ed evitare la “fregatura”.
Giusto per darvi un 'idea, ecco un assaggio di quello che dovreste guardare con sospetto.
Ad esempio, quale legame c'è tra il made in Italy e il box di dolci assortiti Kinder, Haribo o Rittersport? Il dubbio è lecito.
Per non parlare dell'Aceto balsamico Ponti...i commenti sono superflui. Cercando “Parmigiano Reggiano” le opzioni spaziano da eccellenze reali come quello preparato con latte di vacche rosse, il 24 mesi e addirittura il 40 mesi, per arrivare a marchi sconosciuti che non sembrano neppure italiani.
Un ultimo dettaglio da controllare: le quantità. Già, perché capita che la farina venga venduta in pacchi da 25 kg, oppure che la scatola di pelati sia da 2 kg e mezzo ed il Prosciutto di Parma in confezioni da 2 kg. Indubbiamente eccessivi per un uso domestico.
Fertility Day, ovvero la campagna ideata dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione. Numerose critiche per il suo messaggio irrispettoso nei confronti delle donne.
Di Chiara Marando -
Sabato 03 Settembre 2016 -
Fertility Day, ma anche #FertilityDay. Insomma, l'ultima “geniale” trovata del Governo per richiamare, a detta del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, l’attenzione di tutta l’opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione.
Ed effettivamente è riuscita nel suo intento non c'è che dire, solo che quella stessa opinione pubblica si è giustamente opposta ad una campagna di sensibilizzazione che di rispettoso della libertà di scelta personale ha ben poco.
Non discuto certamente la volontà di sottolineare quanto la prevenzione sia fondamentale per allontanare il rischio di malattie o problematiche legate alla gravidanza, ci mancherebbe, ma pensavo sinceramente che certi ragionamenti assolutamente medievali fossero ormai abbandonati da tempo.
E invece no, al nostro Ministro della Salute piace attualizzare ciò che è vetusto.
Ma proprio il nostro Ministro della Salute dovrebbe sapere quanto questa campagna irrisoria possa provocare rabbia, disagio e sofferenza a tutte quelle donne che per un motivo o per un altro non riescono ad avere figli.
Lo sa come vivono?
E non solo, sempre la Lorenzin, sa quante famiglie desiderose di dare affetto si prodigano e sopportano un iter che somiglia più ad un calvario per poter adottare dei figli?
Dovrebbe essere a conoscenza di questi dati.
L'essere donna, e soprattutto l'essere una donna realizzata, non passa esclusivamente dalla decisione di avere dei figli. E se non ne desidera, non vuol dire per forza che sia egoista, le motivazioni possono essere molteplici. Rimane donna tanto quanto una mamma di uno, due, tre, quattro figli. Semplicemente la vita le ha portate a scelte differenti e nessuno può permettersi di giudicare questo.
Lo dico da donna, ma prima di tutto da persona che rispetta la libertà di pensiero. E non credo che una campagna, simile a quelle impostate da Mussolini, con immagini e payoff che vorrebbero essere simpatici ma non lo sono, possa centrare il segno...ma solo provocare ancora più rabbia in un paese che già non è proprio fiducioso.
Come se non bastasse, dopo le numerose critiche ricevute, la Lorenzin ha dimostrato di non aver capito assolutamente il “succo” del discorso, sostenendo “La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline, è prevenzione, è la #salute degli italiani”.
In un'intervista a SkyTG 24 ha anche aggiunto: “Non metterei insieme i problemi sociali con i problemi sanitari, altrimenti noi non dovremmo occuparci praticamente di nulla. Un tema è la denatalità legata a motivi socio-culturali, e quindi la necessità di un sostegno alla famiglia, il bonus bebé, un sostegno al lavoro. Sono la prima che dice queste cose da anni. Rinunciamo a fare politiche per la Salute perché bisogna fare gli asili? Bisogna fare gli asili e le politiche per la Salute. Tra l'altro puoi fare gli asili, ma se poi si è sterili e non si riesce ad avere figli non abbiamo i bambini da metterci dentro".
Che dire? Purtroppo da dire c'è poco, su una risposta così l'unica cosa da fare è stendere un velo pietoso ed osservare la realtà, una realtà fatta di donne che fanno le madri, che si rimboccano le maniche per conciliare casa, famiglia e impiego, di donne che vivono la loro femminilità pienamente anche senza figli, si impegnano perché ogni giorno sia di crescita personale, ricco di soddisfazioni, ma anche di donne che ancora non hanno trovato la loro strada, che soffrono per ciò che non arriva e cercano di sorridere nonostante tutto, perché la vita è tanto altro.
A tutte queste donne non servono campagne pubblicitarie, serve solo una cosa: IL RISPETTO!
Dimenticate le severe e tristi insalate protagoniste di molti pranzi veloci da oggi arriva una novità in cucina, tutta veg e vegetariana, più che soddisfacente per occhi e palato: sono le Salad Cake, torte salate talmente belle da sembrare finte.
Di Chiara Marando -
Sabato 07 Maggio 2016 -
Chi lo dice che carote, pomodori e lattuga non possano essere anche golose ed invitanti? Dimenticate le severe e tristi insalate protagoniste di molti pranzi veloci da consumare nella pausa pranzo, da oggi arriva una novità in cucina, tutta veg e vegetariana, più che soddisfacente per occhi e palato.
Sono le Salad Cake, torte salate talmente belle da sembrare finte, vere opere d'arte realizzate dalla food stylist giapponese Misuki Moriyasu. Talmente meravigliose da essersi meritate un locale completamente dedicato, il Caffè Vegedeco, a Nagoya, la città dell'artista.
Un'idea nata per caso dalla volontà di trovare un modo creativo di reinterpretare le verdure per renderle invitanti...e Misuki ci è riuscita: le sue Salad Cake hanno entusiasmato il pubblico e le immagini di queste torte originali e colorate sono diventate ormai virali.
Diciamolo, risultano veramente spettacolari. Guardandole ci si dimentica che siano fatte di soli ortaggi e si immagina subito di affondare i denti in creme morbide, gelato o pan di spagna guarnito. La vera sorpresa è che si possono mangiare a volontà senza sensi di colpa, perché sono leggere, vegetariane e dietetiche.
Ma di cosa sono fatte esattamente?
Semplice, verdure miste a seconda della stagione e della fantasia, radici e farina di soia, crema di formaggio oppure tofu. Ogni ricetta ha le sue proporzioni ed i suoi ingredienti, tutte a basso contenuto di carboidrati ed alcune, addirittura senza glutine.
Per realizzarle ci vogliono manualità, creatività e fantasia: si dispongono gli ortaggi in strati di colori diversi circondati da un pan di Spagna molto particolare, perché fatto con ingredienti naturali tipo farina di soia. Anche la ghiaccia reale che completa la superficie è un "falso d'autore", preparata mescolando le verdure con poca crema di formaggio o tofu.
Ad aumentare l'apporto salutare sono le erbe e radici utilizzate in abbondanza a fronte di un più che limitato uso dello zucchero.
Il risultato è una torta con una quantità di carboidrati controllata, un dolce detox che sta impazzando in rete e facendo concorrenza all'ormai famosa Raindrop Cake.
C'è un unico, piccolo, problema logistico difficile da ignorare: non è facilmente reperibile, si può trovare solo nel negozio di Misuki a Nagoya.
Il nuovo dolce che fa impazzire i newyorkesi è la Raindrop Cake: la torta più delicata al mondo che si presenta come una grossa goccia di acqua caduta accidentalmente nel piatto. L'inventore è lo chef di origini giapponesi Darren Wong.
Di Chiara Marando -
Sabato 23 Aprile 2016 -
Stanchi dei soliti dolci? Vorreste una fetta di torta ma la classica crostata vi ha stancato?
Bene, allora provate la nuova Raindrop Cake, non un semplice dessert ma qualcosa di originale...molto originale. A guardarla non viene proprio in mente di mangiarla, sembra una grossa goccia d'acqua caduta accidentalmente nel piatto che, per chissà quale strana legge della chimica o magia, rimane in forma. In realtà si tratta dell'ultima invenzione che sta facendo impazzire New York, ad opera dello chef di origini giapponesi Darren Wong.
Ed effettivamente, l'ispirazione alla cucina giapponese c'è e arriva dai Mochi, ovvero i famosi involtini di farina di riso, ma a differenziarla è l'aggiunta di agar, un'alga gelatinosa. La vera difficoltà, come ha spiegato Wong, sta nel bilanciare gli ingredienti per raggiungere la giusta consistenza, un segreto che solo lui conosce veramente.
Il risultato è il dolce più delicato al mondo che deve essere consumato entro 30 minuti, prima che evapori. Certamente, il suo aspetto risulta estremamente affascinate ed è molto difficile credere che possa essere appetitoso, ma il suo creatore giura che il sapore sia dolce e delicato – forse un po' troppo delicato ndr. - nonché piacevolmente zuccherino.
E se si osserva il successo ottenuto dalla Raindrop Cake, pare che Darren Wong abbia proprio ragione: davanti al suo banchetto di Smorgasburg, il noto mercato metropolitano di Brooklyn, ogni giorno c'è sempre una fila di avventori desiderosi di aggiudicarsene una porzione.
Insomma, tutti vogliono la Raindrop Cake e non si fanno frenare neppure dal prezzo, perché viene venduta a otto dollari al pezzo. Non male per un dolce quasi inesistente.
Ma se siete dei temerari, ecco la ricetta per preparala a casa direttamente dal “Cucchiaio d'Argento”:
1. In un pentolino, unite 15g di agar e 12gr di zucchero semolato
2. Aggiungete 1/2 litro di acqua, poco alla volta
3. Portate a ebollizione sul fuoco
4. Versate il liquido in uno stampo rotondo
5. Fate raffreddare in frigorifero
6. Rimuovete dallo stampo e aggiungete noci tostate e sciroppo di zucchero
Colorato, allegro e, a quanto dicono, buonissimo: si parla dell'ultima invenzione food, ovvero il Rainbow Bagel. A realizzarlo è stato il re dei Bagel, Scot Rossillo, nel suo ormai famosissimo The Bagel Store di Brooklyn a New York
Di Chiara Marando -
Sabato 09 Aprile 2016 -
Per la serie “la fantasia in cucina non è mai troppa” e “anche l'occhio vuole la sua parte", ecco che l'alimento di cui parliamo oggi supera ampiamente i concetti di normalità e monotonia cromatica, tanto da sembrare appena uscito dalla cucina di Nonna Papera.
Si tratta del rivoluzionario Rainbow Bagel, una ciambella che riprende la forma del più classico bagel, ma sembra fatta di pongo ed assemblata da un bambino: indubbiamente bellissima da vedere e, pare, eccezionale da mangiare.
Già, i fortunati che hanno avuto il piacere di provarla parlano di una vera e propria esplosione di gusto, un mix di sapori dolci e salati che si fondono ad ogni morso. Ad inventarla è stato Scot Rossillo, considerato il “miglior artista di bagel al mondo”, che lavora nel suo ormai famosissimo The Bagel Store in Bedford Ave, Brooklyn, a New York.
Con il Rainbow Bagel pare che Scot abbia veramente superato sé stesso, un prodotto che nasce dalla passione per la sperimentazione in cucina ma anche da tanta pazienza e creatività. Non a caso, come dice lui «mi ci sono voluti 20 anni di tentativi e altrettanti di fallimenti».
Scot è molto noto tra gli amanti dei bagel, ne rappresenta un vero pioniere e maestro. La sua tecnica si basa su procedimenti ancora artigianali e tradizionali, ma la sua manualità, e l'estro che lo contraddistingue, gli consentono di sfornare bagel stravaganti e di ogni colore.
Ovviamente non è dato sapere quale sia la ricetta originale del Rainbow Bagel, impossibile riuscire a rintracciare ogni singolo ingrediente solo assaggiandolo. Una cosa però si sa: non vengono aggiunti conservanti o additivi chimici all'impasto (difficile da credere osservando il procedimento di preparazione ndr.) ed il vero segreto si trova nel goloso ripieno che completa il risultato finale.
Certamente, esaminare il momento della realizzazione risulta estremamente affascinate, sembra di giocare con enormi pezzi di pongo, esattamente come facevamo da piccoli quando ci divertivamo a modellare delle improbabili composizioni o formine.
Ma che sapore ha questa invenzione?
Pare sia simile a quello dei lecca lecca, di tutti i gusti messi insieme appassionatamente, anche se con un risultato meno dolce. Poi, come già premesso, c'è il tocco finale, ovvero una farcitura dal nome improbabile: “Funfetti-style cream” che consiste in una crema al formaggio amalgamata con i “Candy cotton”, quei i bastoncini colorati e zuccherati dall'aspetto fiabesco.
E qui scatta la domanda: ma c'era proprio bisogno di un ennesimo junk food?
A onor del vero non si conoscono la reale portata calorica ed i grassi, quindi abbiamo ancora un po' di tempo per illuderci che non si tratti proprio di “cibo spazzatura”....ma temo proprio sia poco tempo. Nel caso, siccome in cucina non si butta via nulla, si può sempre pensare di utilizzarlo come allegro soprammobile.
Le sperimentazioni in cucina continuano, anzi le stranezze. Dopo il pane nero, la pizza ed i croissant total black, anche un altro alimento si veste di scuro: la Mozzarella di Bufala. A brevettarla sono stati dei casari originari della provincia di Caserta
Di Chiara Marando -
Sabato 13 Febbraio 2016 -
Il nero, si sa, va sempre di moda. In quest’ultimo periodo, poi, sembra che si debba tingere di scuro qualsiasi cosa, anche quegli alimenti che proprio grazie al loro colore sono diventati dei simboli in cucina soprattutto in Italia.
Dopo il famoso e criticato pane nero, la pizza total black ed i cornetti che ad una prima occhiata sembrano carbonizzati, adesso si veste a lutto anche la mozzarella di bufala.
Si avete capito bene!
Solo a sentirne parlare vengono i brividi, ma la paura diventa realtà quando questa nuova creazione trasforma la più classica caprese in un piatto di dubbio gusto. Si tratta di un vero e proprio controsenso, una ricerca estrema verso l’assurdo che porta a stravolgere cibi tradizionali che fanno parte della storia gastronomica nazionale.
L’ingrediente di troppo è sempre il carbone vegetale, certamente utile per la digestione ed i gonfiori, ma tutt’altro che apprezzato e goloso se aggiunto al latte come in questo caso. In più, nonostante i suoi benefici nella cura di problematiche come reflusso, sindrome del colon irritabile e gastrite, è bene tenere presente che un dosaggio eccessivo potrebbe bloccare l’intestino.
Ma nonostante questi aspetti prettamente salutari, la domanda sorge spontanea: Perché? Per quale motivo è sempre necessario cercare l’originalità a tutti i costi?
Un quesito che si è effettivamente posto chi, fin da subito, ha dimostrato poca convinzione davanti all’uscita della notizia, i puristi del buon cibo tipico, quello non contaminato e lavorato come una volta.
Sul fronte opposto, e c’era da aspettarselo, la mozzarella nera ha suscitato molta curiosità ed un discreto successo, anche se ancora non ha conquistato le tavole italiane.
L’idea della Nera di Bufala, questo è il nome ufficiale, è stata brevettata dai casari Giovanni ed Umberto D’Angelo di Cancello ed Arnone, in provincia di Caserta, e ripresa dal caseificio Ilka, nel salernitano. Una novità gastronomica a cui si cerca anche di attribuire la caratteristica di una maggiore digeribilità, teoria basata più sulla volontà di vendere il prodotto che in relazione alle sue concrete peculiarità.
Fortunatamente, per ora, rimane solo una tendenza food proposta dai ristoranti più sperimentali e fashion, diciamo una delle tante stravaganze per attirare l’attenzione a tutti i costi.
Ma il sapore com’è?
A onor del vero poco cambia, se non un leggero sentore di affumicato, a fronte però di un aspetto decisamente poco invitante: scura nella parte esterna che al taglio rilascia latte bianco, in un contrasto cromatico che non appaga l’occhio.
I fiori sono una fonte di profumo, gusto e fantasia da sfruttare anche in cucina: ad ogni tipologia il suo sapore, aroma e potere energizzante. Quindi, ecco qualche consiglio per sceglierli, conservarli ed utilizzarli al meglio in ricette e preparazioni particolari.
Di Chiara Marando –
Sabato 26 Dicembre 2015 -
Ormai in numerosi ristoranti è sempre più comune notare piatti preparati con ingredienti particolari come i fiori, tocchi di colore, ma anche di sapore, in grado di rendere una preparazione culinaria veramente particolare.
Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma la pratica di utilizzare i fiori in cucina risale a migliaia di anni fa, lo insegnano le testimonianze di popoli come quello cinese, romano o greco. Si tratta di accorgimenti che racchiudevano un significato simbolico, piccoli scrigni di energia, colore, fragranze ed addirittura gusto. Già, perché ogni tipologia possiede determinate caratteristiche distinguibili al palato: alcuni sono speziati, altri freschi e delicati, altri ancora dolci e, per finire, erbacei e più decisi.
Quindi, fiori in tavola non solo per un uso creativo, come guarnizioni per piatti oppure cocktail, ma anche come fonte di un gusto tutto al naturale, nonché di proprietà antiossidanti ed oligo-elementi. Certamente, è importantissimo saperli scegliere, conoscere gli abbinamenti più azzeccati a seconda degli alimenti che si desidera cucinare, nonché trattarli con cura per non alterarne le peculiarità.
Cominciamo con il fare un piccolo elenco per capire quali sono alcune tipologie da acquistare per scopi gastronomici.
Basilico: conosciutissimo per il suo aroma intenso ed ingrediente principe in alcuni piatti tradizionali…in questo caso gli esempi si sprecano. Il suo fiore è disponibile in diversi colori ed il sapore è simile a quello delle foglie, solo più debole.
Aneto: fiori gialli dal sapore erbaceo
Calendula: non dovrebbe mai mancare in cucina perché il suo gusto piccante e pepato arricchisce le ricette, mentre il suo colore dorato aggiunge un tocco elegante alle presentazioni in tavola.
Coriandolo: esattamente come le foglie, anche i fiori si distinguono per un sapore erbaceo. Il consiglio è quello di consumarli freschi.
Finocchio: deliziosi fiori gialli con un leggero sapore di liquirizia
Garofano: petali dolci e profumati
Gelsomino: perfetti per aromatizzare il thè, ma anche per personalizzare dolci.
Girasole : molto più che conosciuti ed utilizzati, i suoi petali sono commestibili, ed il suo germoglio può essere tostato o cotto al vapore.
Fiordaliso: tendenzialmente dal sapore amaro ed erbaceo.
Citrus: I fiori sono dolci e molto profumati.
Cerfoglio: dal gusto delicato con una nota di anice.
Borragine: Il fiore sa di cetriolo!
Dente di leone: I boccioli si possono mettere sottaceto per dare un carattere più acidulo ad antipasti e crostini.
Allium: Tutti i fiori di questa famiglia, ovvero porri, aglio, erba cipollina etc, sono più che gustosi ed aromatici.
Margherita: Il sapore dei petali non è proprio da ricordare, ma la loro presenza decorativa fa la differenza in un piatto.
Menta: la sua fama precede qualsiasi possibile spiegazione.
Rosa: petali dal sapore profumato, consigliato per impreziosire bevande, dolci e marmellate.
Ibisco: un sapore avvolgente abbondantemente utilizzato per thè e tisane, ma perfetto anche per dolci e crostate.
Monarda: fiori di colore rosso che ricordano il sapore della menta.
Salvia: il sapore dei fiori è simile a quello delle foglie, ma più lieve.
Viola: quel sapore delicato di menta che regala colore e gusto ad insalate, pasta, risotti, frutta e cocktail.
Prima di cucinarli, però, ci sono alcune semplici raccomandazioni preventive da tenere presenti. Cominciamo con il dire che è sempre bene utilizzare fiori coltivati personalmente ma, in particolar modo, che è importante non prendere in considerazione di acquistarli da un fiorista, perché trattati chimicamente. Esistono negozi appositi nei quali poter trovare molteplici varietà fresche oppure secche da poter consumare senza alcun problema.
Infine, ci sono determinate tecniche per conservarli. Ad esempio, in frigorifero non devono superare i 2 o 3 giorni di permanenza; è consigliabile non congelarli perché se ne perderebbe buona parte delle caratteristiche; si possono far seccare all’aria mettendoli su uno strofinaccio o un pezzo di cartone; meglio sistemarli in vasetti di vetro, ma anche in buste di carta, in un luogo lontano dal sole o fonti di calore.
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15-02-2024 Turismo
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