Presentato oggi dalla Camera di Commercio e Unioncamere Emilia-Romagna lo studio di riferimento che illustra lo scenario economico provinciale. Valori congiunturali in contrazione, ma in modo meno intenso del 2012. Si inasprisce il credito, bene invece l’export.
Parma, 13 maggio 2014 -
Nel 2014 l’economia parmense dovrebbe tornare a crescere, anche se debolmente. Secondo le previsioni di fine febbraio 2014 redatte da Prometeia e Unioncamere Emilia-Romagna, per il valore aggiunto della provincia di Parma si prospetta una crescita reale dell’1 per cento, leggermente più contenuta rispetto a quella prevista per la regione (+1,2 per cento). A trainare l’aumento saranno soprattutto le attività dell’industria in senso stretto (+1,4 per cento), mentre più sfumato appare il contributo dei servizi (+0,9 per cento). Per l’edilizia è atteso un timido aumento (+0,2 per cento), dopo sei anni caratterizzati da cali.
E’ con questa previsione di deboli segnali di ripresa che si apre il Rapporto annuale sull’economia parmense nel 2013, il più articolato lavoro di analisi economica dedicato a Parma e al suo territorio realizzato dalla Camera di Commercio in collaborazione con Unioncamere Emilia-Romagna e presentato oggi in via Verdi dal Presidente dell’ente camerale Andrea Zanlari, da Giordana Olivieri dell’Ufficio studi, insieme a Guido Caselli e Matteo Beghelli, del Centro studi, monitoraggio dell’economia e statistica di Unioncamere Emilia-Romagna.
“Con il titolo di questa giornata, “Conoscere il presente per progettare il futuro”, abbiamo voluto sottolineare il valore di un’informazione economica che diventa vero strumento di orientamento e di azione per l’imprenditore – ha spiegato Zanlari -. Disegnare la mappa su cui le aziende si devono muovere è fondamentale e solo con uno sguardo di sistema è possibile farlo. La Camera di Commercio di Parma in collaborazione con Unioncamere Emilia-Romagna mette a disposizione un cruscotto informativo insostituibile per poter operare nel parmense con cognizione di causa. Entrando nel merito dei dati, appaiono alcuni segnali che lasciano sperare che siamo forse alla vigilia di una svolta. Anche nel 2013 l’export ha dato buoni risultati e forse nel 2014 queste risorse potranno dare una mano anche al mercato interno”.
Lo studio, raccolto in un volume distribuito durante la presentazione e disponibile in forma elettronica sul sito web della Camera di Commercio, è suddiviso in tre parti: nella prima, Guido Caselli propone un’analisi trasversale sul territorio parmense, individuando una proposta di priorità da sostenere per il rilancio economico; nella seconda, Matteo Beghelli si concentra sulle opportunità da cogliere nei mercati internazionali, tracciando uno scenario a livello generale e studiandone connessioni e implicazioni a livello locale; la terza, infine, entra nella parte statistico-descrittiva con le analisi che espongono la vera e propria fotografia dell’economia parmense nel 2013 e le previsioni 2014.
“Ci sono alcuni filoni che abbiamo individuato e che Parma non dovrebbe lasciarsi scappare per accelerare l’uscita dalla recessione – ha detto Caselli – si tratta della propensione all’export, della valorizzazione delle filiere distintive, come l’agroalimentare, in chiave di marketing del territorio; infine dell’adozione di un approccio quasi scientifico al business, da ottenersi incrociando dati di più fonti e individuando in tal modo le migliori opportunità per evitare le inefficienze del metodo tentativo-errore”.
I SETTORI ECONOMICI, IN SINTESI
Nel 2013 l’economia parmense ha continuato a risentire di un quadro congiunturale recessivo, tuttavia la frenata è stata meno intensa rispetto al 2012. Il calo del valore aggiunto, in termini reali, dovrebbe attestarsi all’1,5 per cento (dato regionale: -1,1 per cento). Dal 2007 l’economia parmense è entrata in una fase caratterizzata da un mix di crescita più lenta e flessioni che hanno il loro culmine nel 2009 (-6,5 per cento), il più negativo degli ultimi vent’anni, assieme al 2002 (-6,2 per cento). La conclusione è che dopo l’attentato alle torri gemelle l’economia parmense ha sofferto maggiormente rispetto alla media regionale, con una capacità di generare reddito via via meno rilevante. Parma e il suo territorio rappresentano comunque ancora una delle economie tra le più solide del Paese in termini di ricchezza per abitante (è all’ottava posizione tra le 110 province italiane). A fronte di un calo, meno cospicuo del 2012, di tutti gli indicatori congiunturali in tutti i settori di riferimento, nel 2013 l’occupazione grazie alla CIG tiene e l’export continua a crescere, seppure un po’ meno che nell’anno precedente. Le imprese attive nel parmense diminuiscono invece, complessivamente, di oltre 350 unità e fanno sempre più fatica a ottenere credito. Il 2014 dovrebbe però vedere una leggera accelerazione degli affari che però non implicherà un immediato aumento dell’occupazione.
Agricoltura
L’agricoltura parmense ha chiuso il 2013 con un bilancio moderatamente negativo. Secondo le stime divulgate dall’Assessorato regionale all’agricoltura, nel 2013 il valore della produzione lorda vendibile valutato a prezzi correnti ha sfiorato i 503 milioni e mezzo di euro, con un calo dell’1,6 per cento nei confronti dell’importo dell’anno precedente.
A causare il calo sono stati in particolare i risultati negativi nella produzione dei cereali (-27,3 per cento), soprattutto frumento tenero e granoturco. Nel comparto zootecnico, il latte vaccino (64 per cento della plv), ha replicato l’andamento del 2012 (+0,2 per cento) e lo stesso è avvenuto sostanzialmente per le carni suine (+1,0 per cento), mentre un po’ più ampio è apparso l’incremento di quelle bovine (+1,8 per cento).
Industria
Nel 2013 la produzione delle piccole e medie imprese parmensi è diminuita mediamente del 2,8 per cento rispetto all’anno precedente, in misura meno accentuata rispetto alla flessione del 5,3 per cento rilevata nel 2012. Stessa sorte per il fatturato, che è apparso in calo del 2,4 per cento, anch’esso in termini più contenuti rispetto al 2012 (-4,4 per cento). Anche gli ordini sono diminuiti del 2 per cento, in modo meno accentuato rispetto al 2012 (-5,3 per cento).
Edilizia
L’industria delle costruzioni parmense ha chiuso il 2013 con un bilancio pesantemente negativo. Il volume d’affari è diminuito del 9,9 per cento rispetto al 2012, in misura superiore rispetto a quanto avvenuto in regione (-5,6 per cento). Il perdurare della crisi si è riflesso sul ricorso alla Cassa integrazione guadagni che ha registrato un aumento delle ore autorizzate del 67,4 per cento.
Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate, nel 2013 le compravendite di immobili residenziali sono diminuite del 2,7 per cento rispetto al 2012, toccando il minimo degli ultimi dieci anni. Stessa tendenza, ma più accentuata, in regione (-7,0 per cento) e in Italia (-9,2 per cento).
Commercio
Nel 2013 il commercio interno parmense ha registrato una diminuzione media del valore delle vendite al dettaglio pari al 6,8 per cento (-5,7 per cento in regione), la più alta degli ultimi dieci anni.
Le imprese del settore commerciale sono tuttavia cresciute leggermente (+0,6 per cento, +0,2 per cento in regione). Crescono i dettaglianti (+0,7 per cento), in particolare quelli specializzati in prodotti alimentari e tabacco (+4,1 per cento). Aumentano anche gli intermediari commerciali (+1,9 per cento). E’ continuata l’espansione delle forme meno tradizionali del commercio al dettaglio (commercio su internet, vendite a domicilio, distributori automatici, ecc.), i cui esercizi sono progressivamente saliti dai 147 di fine 2009 ai 204 di fine 2013.
Artigianato manifatturiero
L’artigianato manifatturiero ha chiuso il 2013 nuovamente in recessione, ma in misura meno pesante rispetto all’anno precedente. La produzione è diminuita del 3,9 per cento, consolidando la fase negativa in atto dal 2008, e un analogo andamento ha riguardato il fatturato, che ha accusato una flessione del 4 per cento. Cala in modo simile la domanda (-3,8 per cento). Le imprese attive sono diminuite del -4,1 per cento.
Cooperazione
Le società cooperative passano da 591 unità nel 2012 a 576 unità l’anno successivo. La diminuzione non ha avuto riflessi negativi sull’occupazione, cresciuta anzi di oltre 200 unità.
OCCUPAZIONE
Le unità di lavoro totali calano dell’1,6 per cento rispetto al 2012. Questo indicatore misura il volume di lavoro effettivamente svolto, al di là del numero di occupati, Tutti i settori di attività, con l’unica eccezione dei servizi alla persona, hanno evidenziato diminuzioni. Nelle costruzioni il valore si contrae di un preoccupante 18,2 per cento. Non vi è stato tuttavia un corrispondente andamento dell’occupazione intesa come “teste”, che ha fatto registrare una sostanziale stabilità, -0,1 per cento (valore regionale: -1,6 per cento) grazie a un ricorso crescente alla Cassa integrazione guadagni. Aumenta di poco la “quota rosa” di lavoratori: nel 2013 nel parmense le donne impiegate crescono dello 0,2 per cento, a fronte di un dato regionale che è invece di -2,3%. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,5 per cento, in aumento.
Lo scenario di moderata ripresa atteso per il 2014 non avrà effetti rilevanti sul mercato del lavoro. Il numero di occupati dovrebbe diminuire dello 0,3 per cento, in piena sintonia con quanto previsto per la regione (-0,4 per cento), mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe arrivare ai massimi degli ultimi vent’anni (7,8 per cento), mantenendosi tuttavia al di sotto del livello prospettato per l’Emilia-Romagna (8,8 per cento). Qualche timido miglioramento è invece atteso per le unità di lavoro (+0,4 per cento), poiché la ripresa produttiva, seppure debole, dovrebbe consentire un minore utilizzo della Cassa integrazione.
La CIG è cresciuta, secondo i dati Inps, del 29,5 per cento. Le ore autorizzate sono aumentate del 13,3 per cento, la CIG straordinaria del 6,7%, gli interventi in deroga superano i 2,7 milioni di ore (erano 1,7 milioni nel 2012).
EXPORT
Nel 2013 il valore delle esportazioni di merci della provincia di Parma è stato di circa 5 miliardi e 671 milioni di euro, vale a dire il 2,6 per cento in più rispetto all’anno precedente (stessa variazione in Emilia-Romagna), in rallentamento rispetto alla crescita del 3,4 per cento del 2012.
Contribuisce alla frenata il basso risultato dei prodotti metalmeccanici (+1,6 per cento), mentre l’agroalimentare arriva a un ottimo +6,9 per cento (era +8,6 per cento nel 2012). I prodotti della moda hanno beneficiato di un mercato vivace (+11,5 per cento), mentre per la prima volta dal 2008 si è contratto l’export dell’industria farmaceutica (-4,8 per cento).
Tra i mercati continentali di sbocco, l’Europa si è confermata al primo posto, con un’incidenza sul totale dell’export pari al 65,3 per cento (55,7 per cento verso UE). La Francia si è confermata il principale cliente (16,2 per cento del totale dell’export parmense). Seguono Asia e America con quote rispettivamente pari al 14,5 e 12,6 per cento, davanti ad Africa (5,9 per cento) e Oceania e altri territori (1,7 per cento).
CREDITO
Il sistema bancario parmense nel 2013 ha ridotto ulteriormente la consistenza dei prestiti concessi, in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Gli impieghi “vivi” sono diminuiti dell’8,9 per cento, in peggioramento rispetto ai dodici mesi precedenti (-8,0 per cento). Le sofferenze, pari a 1 miliardo e 155 milioni di euro, sono cresciute del 43,1 per cento rispetto a un anno prima, in forte accelerazione rispetto al trend riscontrato nei quattro trimestri precedenti (+24,6 per cento).
I depositi sono ammontati a quasi 13 miliardi di euro, in crescita dell’11,8 per cento, più sostenuta rispetto a quanto registrato in Emilia-Romagna (+5,9 per cento) e Italia (+2,8 per cento). Stessa tendenza per la raccolta indiretta che è invece aumentata tendenzialmente a settembre del 7,6 per cento.
SISTEMA IMPRESE
Nel Registro delle imprese figuravano a fine 2013 42mila 163 imprese attive, l’1,6 per cento in meno rispetto a un anno prima. Il saldo fra imprese iscritte e cessate, al netto delle cancellazioni d’ufficio, è apparso di -353 unità, in aumento rispetto al passivo di 125 imprese del 2012. I cali si sono concentrati nell’agricoltura e nell’industria, a fronte della moderata crescita evidenziata dal terziario. Le società di persone e le imprese individuali hanno perso ulteriore terreno, mentre è proseguito il cammino espansivo delle società di capitale (+0,8 per cento), soprattutto srl con unico socio, e del piccolo gruppo delle “altre forme societarie” (+7,5 per cento).
(Fonte: ufficio stampa Camera di Commercio Parma)
Mentre Confcommercio registra e divulga gli ultimi pesanti dati della nostra economia, l’agenzia di rating Moody’s prevede per l’Italia un prossimo futuro roseo.
di Lamberto Colla ---
Parma, 11 maggio 2014 -
Viene da diffidare sulle previsioni che l’agenzia di rating Moody’s ha divulgato nelle scorse ore riguardo l’eurozona e perciò anche l’Italia.
Il PIL può crescere del 2% entro il 2015, raccontano gli analisti dell’agenzia americana, addirittura in controtendenza rispetto i rilievi scettici della stessa Commissione Europea che intravedeva per l’Italia una stima di crescita inferiore a quella annunciata dal Governo. Unico dato rivisto in positivo tra quelli europei.
Vero che la fiducia degli italiani si è leggermente ripresa per effetto delle cure palliative di Renzi ma la stagnazione dell’economia, sta mortificando i consumi e cambiando le abitudini di vita degli italiani.
Confcommercio, a tal riguardo, appena 24 ore prima l’exploit di Moody’s, aveva annunciato, attraverso il presidente Sangalli, che ''Per i consumi non è ancora arrivata la primavera''. ''Il dato di oggi, peggiore del previsto, conferma un'Italia in bilico tra due stagioni molto diverse: la prima - ha affermato nel corso del suo intervento di saluto all'Assemblea pubblica di Confcommercio Lazio - è quella di un'Italia in cui i segnali di ripresa, per quanto deboli, autorizzano un po' di ottimismo, l'altra, quella del mercato interno, invece, continua a soffrire ed è ferma al palo perché le famiglie ancora scontano gli effetti della crisi, e di conseguenza sono costrette a ridurre i consumi''. In conclusione ''c'è una grande voglia di ripartire - ha osservato Sangalli - che va immediatamente sostenuta. Il governo Renzi dispone di un importante capitale di fiducia che deve essere sostenuto e valorizzato realizzando quella ricetta che da tempo portiamo avanti: piu' riforme, più lavoro, meno tasse e meno spesa pubblica''.
L’Indicatore dei Consumi di Confcommercio (ICC) è stato, suo malgrado, impietoso nel diffondere i dati di marzo che hanno segnato l’ ennesimo segno meno per i consumi delle famiglie: -2,1% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso (-2,3% la domanda per i beni e -1,6 quella per i servizi) e -0,1% rispetto a febbraio (stessa percentuale negativa per beni e servizi).
E se per un nonnulla siamo tecnicamente fuori dalla recessione, la crisi economica (-9 punti di Pil perduti in 6 anni) sta falcidiando il tessuto economico e conseguentemente quello sociale del nostro bel Paese. Secondo il Rapporto di Confartigianato 3.247.700 italiani sono disoccupati, ai quali si aggiungono 1.703.500 inattivi ‘scoraggiati’ (vale a dire che non cercano lavoro perché ritengono di non riuscire a trovarlo) e 330.900 cassintegrati, per un totale di 5.282.100 persone che vivono gravi difficoltà nel mercato del lavoro.
Conclusioni
E’ un cane che si morde la coda. Le imprese chiudono, i disoccupati aumentano andando a infoltire la fascia di povertà, ne consegue che i consumi legati al mercato interno possono solo “infelicemente decrescere”. Non si vede come potrebbe l’economia riprendere entro il breve periodo di 12 mesi.
Non vorrei perciò prendere in considerazione l’eventualità che Moody’s sia ancora una volta intervenuta nel contesto politico italiano questa volta a contrastare l’euroscetticismo dilagante in vista delle elezioni europee del prossimo 25 maggio.
A pensare male si fa peccato ma, come sosteneva Andreotti, spesso si indovina.
Il vicepresidente Saccardi: "Definito un percorso condiviso con azienda e lavoratori, utilizzando gli ammortizzatori sociali per permettere una riorganizzazione aziendale" -
Reggio Emilia, 2 maggio 2014 -
Accordo raggiunto per la ditta Corghi spa di Correggio a seguito della trattativa per la procedura di mobilità per 25 lavoratori e l'accordo per la Cassa integrazione straordinaria riguardante al massimo 525 lavoratori dell'unità operativa di Correggio.
"Siamo riusciti in sede provinciale a sottoscrivere un accordo condiviso tra le parti dopo tre mesi di confronto, prima in sede sindacale e poi in sede istituzionale. – ha commentato il vicepresidente della Provincia Pierluigi Saccardi - È sempre difficile commentare accordi che prevedono esuberi e programmi di riorganizzazione con importanti sacrifici sociali, ma nella nostra Provincia certi percorsi possono essere valutati e accettati dalle parti coinvolte solo attraverso reciproco rispetto, condividendo il criterio della volontaria adesione dei singoli lavoratori e con il supporto di ammortizzatori sociali cautelativi come la Cassa integrazione guadagni straordinaria."
"Questo – continua il vicepresidente Saccardi – è successo anche nel caso della Corghi s.p.a., una importante azienda del nostro territorio che si confronta quotidianamente nel settore produttivo delle attrezzature per gommisti con il mercato nazionale e internazionale, è importante quindi che l'azienda riesca a riorganizzare e razionalizzare la propria struttura aziendale con la condivisione dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali".
L'accordo, firmato dalla Provincia di Reggio Emilia, dal legale rappresentante e dal responsabile delle risorse umane della Corghi s.p.a. assistiti da Unindustria Reggio Emilia, dalla RSU aziendale e dalla FIOM CGIL di Reggio Emilia, prevede la volontarietà individuale come unico criterio per la messa in mobilità. Contemporaneamente le parti hanno condiviso un percorso di Cassa integrazione straordinaria che integra la procedura di mobilità limitandone gli effetti sociali.
La ditta Corghi s.p.a. di Correggio opera nel settore industriale della produzione di attrezzature per gommisti (smontagomme, equilibratrici, ecc.) e complessivamente nei vari stabilimenti in Italia occupa circa 700 lavoratori.
"In questa fase economica – conclude Saccardi – sia a livello locale sia nazionale è fondamentale accettare le sfide economiche e produttive che il mercato europeo e mondiale pone. Le nostre aziende, i lavoratori, le istituzioni locali e organizzazioni sindacali hanno sul nostro territorio un importante e reciproco affidamento per condividere e gestire percorsi dolorosi con importanti tutele sociali, che permettano accordi che contribuiscano a uscire dalla crisi economica, creando condizioni di sviluppo e crescita con obiettivi comuni".
(Fonte: ufficio stampa Provincia Reggio Emilia)
L'incontro "Work in progress. Economia e lavoro tra Italia ed Europa" si è svolto al TPalazzo e che ha ospitato Filippo Taddei, responsabile economico della Segreteria Nazionale del Partito Democratico -
Parma, 2 maggio 2014 -
Coraggio ed equità: questi i tratti distintivi dell’azione del governo Renzi per Filippo Taddei, responsabile economico della Segreteria Nazionale del Partito Democratico, ospite martedì al TPalazzo, in una sala gremita di pubblico, dell’incontro “Work in progress. Economia e lavoro tra Italia ed Europa” moderato da Elena Antonetti e promosso dall’Unione Comunale del Pd di Parma.
Dopo l’introduzione del segretario del PD di Parma Lorenzo Lavagetto, Taddei, docente di economia alla Johns Hopkins University SAIS e ricercatore del Collegio Carlo Alberto, si è confrontato con Francesco Daveri, professore ordinario di Politica Economica presso l'Università di Parma, sulla situazione attuale di crisi e le misure messe in campo dal Governo per la crescita dal taglio dell’IRPEF - i famosi 80 Euro in busta paga - fino a quello dell’IRAP, passando per il pagamento dei debiti da parte della Pubblica Amministrazione. Taddei ha sottolineato come il governo sia impegnato in una grande operazione di redistribuzione della ricchezza che coinvolgerà circa dieci milioni di persone con redditi fino a 26.000€ e, quando andrà a regime nel 2015, sarà totalmente finanziata da risparmi sulla spesa pubblica senza toccare la pressione fiscale. Una scelta politica, quella di premiare il lavoro che fa il paio con il taglio dell’IRAP, finanziato dall’adeguamento della tassazione sulle rendite a livelli europei.
Daveri nel suo intervento ha dimostrato, dati alla mano, come l’emergenza disoccupazione non riguardi soltanto i giovani ma soprattutto gli over 30 che hanno sempre più difficoltà a stabilizzarsi e trovare nuove opportunità di lavoro, insieme alla difficoltà ed il costo dell’accesso al credito da parte delle imprese italiane, temi che per Taddei rappresentano la vera sfida del governo Renzi e che verranno affrontati con coraggio a partire dalla legge delega sul lavoro.
L’obiettivo, ha concluso il responsabile economico del Partito Democratico, è quello di combattere la precarietà premiando la stabilità del lavoro e di non arrendersi al declino ma avere il coraggio di essere esigenti con il nostro futuro.
(Fonte: ufficio stampa PD Parma)
Corteo ore 9,30 da barriera Genova fino piazza Cavalli. In piazza testimonianze di lavoratori e lavoratrici colpiti dalla crisi e comizio di Gianluca Zilocchi -
Piacenza, 28 aprile 2014 -
“Sono dati terrificanti quelli della crisi a Piacenza nel 2014”. Parte da questa considerazione il Primo Maggio piacentino, presentato da Gianluca Zilocchi (Cgil), Massimiliano Borotti (Uil), Ivan Bersani (Cisl).
Il mattino del Primo Maggio è previsto il tradizionale corteo con partenza alle ore 9,30 da barriera Genova, accompagnato dalla Banda Ponchielli, che arriverà in piazza Cavalli dove dal palco allestito si sentiranno 4-5 testimonianze di lavoratori e lavoratrici impiegati nei settori più colpiti dalla crisi. Dalla Sandvik ad Rdb, passando pre precari e disoccupati ultracinquantenni.
Il comizio ufficiale sarà affidato a Gianluca Zilocchi, neo segretario della Cgil piacentina che parlerà a nome dei sindacati confederali. Prima della partenza del corteo, intorno alle 8,30, i rappresentanti dei lavoratori porteranno un omaggio al monumento dedicato ai caduti sul lavoro nell'omonima strada alla Farnesiana.
“A livello occupazionale siamo nella situazione peggiore che ha mai toccato Piacenza – hanno premesso i sindacati ieri - i Dati dell'osservatorio provinciale sul mercato del Lavoro sono terrificanti. Gli ingressi in disoccupazione nel 2014 sono stati 8.300, con un incremento del 4% dall'anno precedente, così come del 29% è aumentata la cassa integrazione straordinaria, che è l'ultimo strumento prima di un salto nel buio. Finito questo strumento non c'è altro tipo di ammortizzazione sociale per gestire gli stati di crisi”.
Anche per la Cassa integrazione in deroga, strumento utilizzato per le piccole e medie aziende, “abbiamo visto un aumento del 42%”. Su questo i sindacati hanno sottolineato ancora le “forti preoccupazioni denunciate anche al prefetto in una recente manifestazione: il Governo non ha emanato i decreti per finanziare la cassa in deroga, rischiamo di arrivare a giugno con migliaia di lavoratori piacentini senza un reddito. Se il Governo non emana i decreti si rischia il tracollo definitivo della nostra economia”.
Sul futuro Borotti, Zilocchi e Bersani parlano del bisogno “di svolta profonda, dobbiamo creare lavoro. Basta politiche industriali che guardano al giorno dopo senza darsi un progetto industriale di lungo respiro. Il lavoro – hanno detto i confederali - si crea con l'accesso al credito delle imprese, non puntando sempre e solo sui temi del costo lavoro e della precarietà”.
Come da tradizione, il “Primo Maggio” vivrà la sua appendice non meno importante a Monticelli d'Ongina, dove è previsto il comizio di Marina Molinari, segretaria Cisl.
(Fonte: Uff.stampa CGIL www.cgilpiacenza.it)
Una situazione drammatica che - rileva la Coldiretti - rappresenta la punta di un iceberg.
Roma 26 marzo 2014 -
Sono 4,1 milioni, tra famiglie e separati, gli italiani che nel 2013 sono stati costretti a chiedere aiuto per il cibo da mangiare, con un aumento del 10 per cento sullo scorso anno e del 47 per cento rispetto al 2010, ovvero ben 1.304.871 persone in piu’ negli ultimi 3 anni. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base dei dati Agea, nel commentare l'allarme lanciato dal presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, circa il fatto che il 66 per cento dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto di beni di prima necessità. Una situazione drammatica che - rileva la Coldiretti - rappresenta la punta di un iceberg delle difficoltà che incontrano molte famiglie italiane nel momento di fare la spesa. In termini generali si contano 303.485 persone che hanno beneficiato dei servizi mensa, tipologia di sostegno spesso prediletta proprio dai separati, ovvero da chi è rimasto solo, mentre sono ben 3.764.765 i poveri che nel 2013 hanno avuto assistenza con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative delle famiglie le quali per vergogna prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti in mensa.
Nel rapporto sulla desertificazione, tra il numero delle imprese e quello degli abitanti la città della Ghirlandina risulta ben al di sotto della media nazionale e regionale -
Modena, 28 marzo 2014 -
Da un lato le vendite al dettaglio alimentare letteralmente al palo, dall’altro l’avanzare della desertificazione nei centri urbani per i piccoli esercizi che trattano questi generi: in Italia, ma ancor di più sul territorio modenese. A rilevarlo un’analisi condotta dall’Osservatorio di Confesercenti. Se a livello nazionale la media risulta poco meno di 1,6 negozi alimentari ogni mille abitanti, in città, a Modena, si abbassa drasticamente, assestandosi a 0,89: meno di un negozio alimentare ogni mille persone. Un dato che proietta Modena rispetto agli altri capoluoghi di provincia ai vertici - 7°posto - nel rapporto sulla desertificazione (presenza di PMI alimentari/numero abitanti), tracciato dall’Associazione.
La crisi dei consumi, unita ad un eccesso di liberalizzazioni su orari e giorni di apertura sta cancellando molte PMI della distribuzione commerciale, comprese quelle alimentari, favorendo in questo modo la desertificazione delle vie delle città. Una crisi dei consumi, che perdura ormai dal 2008, che si riflette in modo pesante sulle piccole attività, e che continua senza alcun accenno di inversione di tendenza. Anche i dati ISTAT relativi alle vendite al dettaglio del mese di gennaio certificano che questa tendenza non conosce interruzione. Il commercio nel comparto alimentare, a livello nazionale, risulta fermo su base mensile e in flessione rispetto a gennaio 2013 dello 0,1%. Percentuale che peggiora, se guardiamo alla media del trimestre novembre 2013-gennaio 2014: la flessione registrata è dello 0,4% rispetto a quello precedente. Numeri dunque negativi, aggravati oltretutto anche dal confronto delle vendite per forma distributiva: rispetto al gennaio 2013, mentre la grande distribuzione segna un incremento dell’1,0%, frutto soprattutto dell’impennata del canale Discount (+3,1%), per le imprese operanti su piccole superfici, il calo registrato è del -2,5%. Non si discosta di molto da questo contesto il dato modenese in cui le vendite al dettaglio tra i piccoli esercizi del settore alimentare nel 2013, rispetto all’anno precedente, hanno subito un calo dell’1,1%.
A preoccupare però sono i dati relativi al numero di negozi alimentari presenti. Di fronte ad una situazione che ha visto la chiusura a livello nazionale tra gennaio e febbraio 2014, di circa 30 imprese al giorno, attualmente nel Paese risultano attive, nel settore della vendita di generi alimentari al dettaglio, 95.105 piccole imprese, pari a 1,59 ogni 1000 persone. Una media che si abbassa ulteriormente, se messa a confronto con quella delle città capoluogo dell’Emilia Romagna dove il numero PMI alimentari è di 1,19, ogni 1000 abitanti. Mentre solo Bologna risulta con i suoi 1,72 negozi, superiore alla media nazionale, decisamente negativo è il dato modenese. In città infatti su quasi 180 mila abitanti, gli esercizi commerciali che trattano la vendita al dettaglio di generi alimentari sono 159; che significa una media di 0,89 esercizi: al di sotto di quella regionale - davanti solo a Reggio Emilia - e quasi la metà rispetto a quella Italiana.
“Il Paese è ancora fermo ed i consumi arretrano, segno inequivocabile della mancata ripresa e del persistere delle difficoltà delle famiglie. I dati Istat nazionali ci consegnano un quadro di crisi profonda che sta attraversando il settore del commercio al dettaglio – evidenzia Confesercenti Modena – in cui le micro e piccole imprese stentano sempre più a restare sul mercato. In una situazione in cui la desertificazione commerciale appare inarrestabile, Modena si trova a livello nazionale tra le prime città italiane a subire gli effetti di questo disastroso quanto preoccupante fenomeno. Il servizio di vicinato, garanzia per le fasce di popolazione più deboli e per la sicurezza del territorio, è sempre più a rischio. Anche per questo ci aspettiamo dal Governo un’accelerazione sulle misure a favore delle imprese e per il sostegno ai redditi più deboli, per porre fine alla lunga crisi del mercato interno, alle Amministrazioni locali invece chiediamo fermamente di mettere fine alle politiche che hanno favorito l’espansione delle grandi strutture di vendita. Ci aspettiamo una programmazione del territorio che invece promuova uno sviluppo della rete distributiva in sui si salvaguardi la pluralità dei canali distributivi, da tutti ritenuta un valore sia sociale che economico”.
Tabella desertificazione: consistenza numerica delle imprese del commercio al dettaglio alimentare, rapportata al numero degli abitanti. Elaborazione Confesercenti su dati Istat e Osservatorio Confesercenti
Popolazione N. negozi dettaglio alimentare N. negozi per 1000 abitanti Italia 59685227 95105 1,59 Città capoluogo di provincia Bologna 380635 654 1,72 Rimini 143731 219 1,52 Piacenza 100483 126 1,25 Parma 177714 218 1,23 Ferrara 131482 149 1,13 Ravenna 154288 172 1,11 Forlì - Cesena 116029 118 1,02 Modena 179353 159 0,89 Reggio Emilia 163928 137 0,84
(Fonte: ufficio stampa Confesercenti Modena)
Lunedì 31 marzo scade la cassa integrazione in deroga a zero ore per le sei lavoratrici ancora in servizio. A lanciare l'allarme sono i sindacalisti Carlo De Rosa (Fim-Cisl) e Sauro Tondelli (Fiom-Cgil), che chiedono all'azienda di dare risposte concrete alle dipendenti -
Modena, 28 marzo 2014 -
Si fa sempre più incerto il futuro dei dipendenti della TM srl, azienda di Cognento di Modena che produce apparecchiature per le cure estetiche ed è in liquidazione da inizio 2013. Lunedì 31 marzo scade la cassa integrazione in deroga a zero ore per le sei lavoratrici ancora in servizio. A lanciare l’allarme sono i sindacalisti Carlo De Rosa (Fim-Cisl) e Sauro Tondelli (Fiom-Cgil), che chiedono all’azienda di dare risposte concrete alle dipendenti. «La vertenza è iniziata ad agosto 2012, quando la quasi totalità degli undici dipendenti TM, in maggioranza donne, si è rivolta a noi denunciando ritardi di mesi nel pagamento delle retribuzioni e incertezze sul futuro, come dimostrano i tre amministratori delegati che si sono avvicendati negli ultimi due anni – ricordano De Rosa e Tondelli - Abbiamo avuto diversi incontri anche in Provincia per concordare, oltre all’utilizzo della cassa integrazione in deroga, percorsi di rientro degli arretrati. L’azienda ha rispettato il primo accordo, pur spostando il pagamento in avanti di alcuni mesi, ma non il secondo, firmato il 7 maggio 2013». Ai sindacati l’azienda lamenta una mancanza di liquidità dovuta a un calo del mercato; sostiene di avere in magazzino circa 200 macchine invendute, oltre a crediti per circa 100 mila euro nei confronti di alcuni clienti che si trovano in fase di concordato preventivo e per i quali TM sta chiedendo al tribunale l’insinuazione al passivo. L’azienda ha sempre dichiarato che sta analizzando alcune proposte per l’ingresso di nuovi soci o la cessione dell’attività commerciale. Recentemente si è parlato di una collaborazione tra TM e Teregroup, società di biotecnologie con capitali russi, che da alcuni anni ha messo le basi a Modena e che risulta appartenere anche alla madre di Tetyana Teregulova. Quest’ultima ricopre ruoli di responsabilità in TM, tanto che ha partecipato a un incontro in Provincia. «La signora Teregulova ha affermato che da TM Teregroup ha rilevato solo un progetto e il suo autore, negando collaborazioni tra le due società – continuano De Rosa e Tondelli – Nel frattempo la sede legale TM è stata spostata da Cognento a Modena e l’azienda ha acquisito un magazzino a Campogalliano per le 200 macchine ancora invendute. Teregulova ha ribadito che la TM si sta confrontando con un’azienda non di Modena con la quale dovrebbe nascere una collaborazione per commercializzare le macchine invendute. Questo porterebbe alla possibilità di far lavorare due impiegate oggi in cigs. E le altre? Se tutto resta come adesso, è chiaro che l’azienda non è in grado di rispettare l’accordo del 7 maggio 2013. Per questo – concludono i due sindacalisti di Fim-Cisl e Fiom-Cgil – chiediamo a TM di fare chiarezza una volta per tutte e dare risposte concrete alle sei lavoratrici rimaste in organico».
(Fonte: ufficio stampa CGIL- CISL)
La crisi ha colpito pesantemente anche in Emilia Romagna. Nonostante tutto i NEET sono ancora, seppur di poco, al di sotto della media europea.
di LGC - Parma 26 Marzo 2014 --
Sono quasi 90mila i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Sono quelli che l'Unione europea definisce i Neet: Not in Education, Employment or Training.
Un numero elevato in termini assoluti ma ancor più inquietante osservandone di trend disegnato dal 2004 al 2011 quando, in soli sei anni, si è passati dal 9,8% al 15,3% secondo i dati dell’ultimo report dell’ISTAT. Un tasso appena inferiore alla media europea.
Infatti, in Italia (22,7%) la quota dei Neet,( giovani non inseriti in un percorso scolastico/formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa) è molto superiore a quella della media europea (15,4 per cento) con un’incidenza più elevata tra le donne (25,4 per cento) rispetto a quella registrata fra gli uomini (20,1 per cento), soltanto la Bulgaria e la Grecia presentano valori più alti fra i Paesi UE.
In Emilia Emilia-Romagna si osserva una percentuale di Neet inferiore che nella media del Paese pari al 15,3% e leggermente inferiore anche alla media europea.
Nell’analisi di genere, si evince che le donne (18,9) registrano percentuali stabilmente più sfavorevoli rispetto agli uomini (11,9).
Più in generale nel secondo trimestre del 2013 sono 162.000 le persone in cerca di occupazione in Emilia Romagna.
Una quota che si è andata a incrementare a partire dal 2008 con andamenti diversificati tra i generi. I maschi, come riporta la “Fotografia del Sociale” dell’Emilia Romagna, in cerca di impiego risentono della crisi economico-finanziaria già dal quarto trimestre del 2008 mentre le femmine mostrano un aumento a partire dal secondo trimestre del 2009. Ad un primo parziale e leggero riassorbimento del fenomeno per entrambi i generi dal terzo trimestre del 2011 si assiste ad una ripresa della crescita fino a raggiungere il picco più alto nel primo trimestre del 2013 ed attestarsi nel secondo trimestre del 2013 a 82mila unità per le femmine ed 80mila per i maschi. Tuttavia, confrontando i punti più alti e più bassi raggiunti dalla disoccupazione, i maschi passano da 23mila unità a 93mila, quattro volte di più, mentre le femmine, nello stesso periodo, da 32mila a 103mila, oltre tre volte di più.
Raggiunto un accordo-quadro per la storica azienda di San Martino: ai lavoratori la possibilità di trasferirsi o, al termine della cassa integrazione, la mobilità incentivata -
Reggio Emilia, 24 marzo 2014 -
Dopo alcuni giorni di trattative, iniziate dopo l'incontro di giovedì scorso in Provincia a cui ha partecipato anche il vicepresidente Pierluigi Saccardi, si è conclusa con un accordo-quadro la sorte dello stabilimento di San Martino in Rio della Pozzoni Spa, ex Capriolo Venturini, i cui lavoratori sono in cassa integrazione dal dicembre scorso.
Purtroppo, sono venute a mancare le condizioni minimali per proseguire l'attività produttiva, a seguito delle scelte aziendali del gruppo Pozzoni di razionalizzare la propria rete, accorpando le lavorazioni della sede reggiana a quelle di Bergamo. Il trasferimento delle macchine e delle lavorazioni, oramai inevitabile, avverrà nell'arco dei prossimi mesi, fino a conclusione del periodo di cassa integrazione previsto per il prossimo dicembre.
L'accordo prevede la possibilità, per i lavoratori interessati, di trasferirsi volontariamente nella nuova sede di Bergamo, alle medesime condizioni contrattuali praticate nello stabilimento di San Martino. Per coloro che non sono disponibili a seguire l'attività produttiva a Bergamo, al termine del periodo di cassa integrazione potrà essere attivata la mobilità incentivata.
"Di fronte alle scelte condivise tra azienda e lavoratori non possiamo che fare un passo indietro, anche se nell'incontro di giovedì scorso, insieme al sindaco di San Martino in Rio, abbiamo tentato tutte le strade possibili per scongiurare la chiusura dello stabilimento della ex Capriolo Venturini - afferma il vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia, Pierluigi Saccardi – Si tratta infatti di un’azienda storica del tessuto produttivo reggiano, che perde così un altro pezzo, proprio in un comprensorio già colpito da altre situazioni aziendali difficili. Ci auguriamo che questo vero e proprio stillicidio veda presto la fine per poter rilanciare, a fronte di attività forse non più sostenibili dal punto di vista imprenditoriale, un nuovo assetto produttivo che non solo recuperi i posti di lavoro persi, ma favorisca l'inserimento di nuove leve generazionali, con qualità e competenze rinnovate, indispensabili per il futuro della nostra economia".
(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)
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