La festa del quartiere Buco del Signore o "delle lenzuola", com'è stata rinominata in memoria del bucato steso nel dopoguerra tra i campi verdi della borgata -
Reggio Emilia, 17 maggio 2014 - di Giulia Rossi
Lenzuola candide stese all'aria fresca, tavoli di legno ben disposti in piazzetta, pensionati che raccontano ai nipoti i ricordi di un tempo passato e una "rezdora" col grembiule bianco che cucina il gnocco fritto. La festa del quartiere Buco del Signore o "delle lenzuola", com'è stata rinominata in memoria del bucato steso nel dopoguerra tra i campi verdi della borgata, me la ricordo così: semplice ma genuina, caratteristica e ricca di valori autentici.
ULTIMA EDIZIONE PER LA FESTA DELLE LENZUOLA. Tuttavia, l'edizione 2013 di questa ricorrenza, che da anni si festeggia a fine maggio, nel borgo di via Guicciardini, un tempo cuore del vecchio quartiere, è stata l'ultima. La causa? Soprattutto l'assenza di forze economiche. La notizia è apparsa sulla pagina Facebook dell'evento e ci è stata confermata da uno degli organizzatori, l'amministratore del Centro Sociale Buco Magico, Umberto Baracchi, il quale senza mezzi termini ha affermato: "Ormai è deciso, 'la festa delle lenzuola' non si farà. Il Comune di Reggio non ha potuto o voluto darci dei fondi quest'anno per supportare le spese dell'organizzazione della manifestazione, e noi come Circolo non possiamo sobbarcarci un onere così gravoso. Ci dispiace, ma preferiamo spendere soldi per i nostri soci, piuttosto che investirli in un'impresa che molto spesso non ci dà ritorni economici".
Insomma: niente risorse, niente festa. Ma per chi vedeva quell'evento come un buon motivo per rievocare e tramandare la Storia e le storie della gente che abitava nel borgo, oggi quartiere popolato da famiglie giovani, questa notizia è un boccone amaro da mandar giù.
foto tratta dalla pagina Facebook dell'evento
UN LIBRO SUL BUCO DEL SIGNORE. E' il caso di Anzio Arati, classe 1948, nato e cresciuto nel vecchio borgo e oggi dirigente della società sportiva Falk del quartiere. Con occhi commossi e voce pacata ci racconta che questo pezzo di città è per lui anche un pezzo di cuore, dove hanno abitato i suoi genitori e dove ora abitano i suoi figli. Spinto dall'amore che lo lega al suo territorio ha deciso nel 2010 di scrivere un libro sulla storia del Buco del Signore, dal titolo "Il vero Buco". Lo ha fatto tutto d'un fiato, grazie anche alla collaborazione di tanti del posto che sono andati alla ricerca di vecchie fotografie impolverate, dimenticate in soffitta, e aneddoti, raccontati in dialetto che si erano smarriti in un angolo della mente. Lo scopo è riuscire a fermare su carta un vero e proprio patrimonio storico e culturale. Un vero tesoro, per chi verrà.
IL NOME DEL QUARTIERE. Chiediamo ad Anzio come mai il quartiere sia stato chiamato con un nome tanto curioso come "Buco del Signore", per molti forestieri causa, almeno una volta, di qualche risata maliziosa. Con stupore impariamo che dietro l'apparente goliardia si cela un'origine nobile e medievale. In pochi lo sanno infatti, ma il quartiere di oggi è frutto di una storia millenaria fatta di Signori, feudi e corsi acqua. Facciamo allora un passo indietro.
Sigismondo d'Este, figlio della sua terza moglie Ricciarda di Saluzzo e del marchese Nicolò d'Este, nel 1465 fu nominato Luogotenente generale in Reggio dal fratello duca Borso, allora regnante. Il "Signore", poiché i suoi feudi avevano bisogno di acqua per irrigare i campi, chiese e ottenne la concessione di una derivazione d'acqua dal canale del Secchia. L'acqua veniva prelevata attraverso una sorta di bocca ricavata in una lastra di pietra murata, un "buco" di proprietà del feudatario. L'acqua, così ottenuta veniva immessa nel preesistente canale "degli Umiliati", il quale fu trasformato nel canale del Buco del Signore. Ecco dunque svelata la dicitura. Assieme al canale venne poi costruito anche un mulino, detto "degli Stagni".
LA BORGATA. Si può dire che sia iniziata da qui, attorno alle sponde di questo canale, la storia del Buco vecchio, una borgata fatta di campi e di strade sterrate, di famiglie unite, di antiche tradizioni tramandate di padre in figlio.
I RICORDI. Ed è proprio in questo borgo che Anzio è nato 66 anni fa. Lì sono custoditi i suoi ricordi più belli ma anche quelli più dolorosi: "La casa dove ho mosso i primi passi, era incastonata nella prima fila di abitazioni dell'antica borgata, tra un wc e l'altro. Sì, perché il bagno in casa era un lusso che in pochi potevano permettersi, così venivano ricavati dei gabbiotti con all'interno delle turche di colore scuro, per camuffare un po'...Come carta igienica, venivano usati fogli di giornale, divisi in quattro parti, poi appesi al muro fatiscente gabbiotto con un chiodo. Oggi sembra una follia, ma negli anni '50 la norma era questa. Anche il cibo, nel primo dopoguerra scarseggiava: avere a cena dentro il piatto polenta e passeri era un sogno, così noi ragazzi ci eravamo specializzati nella caccia di uccellini. Ci arrampicavamo sugli alberi, rubavamo i piccoli o mettevamo le trappole per gli adulti. Nei periodi di siccità, quando non si poteva pescare nel canale, erano le rane e le lumache ad avere la peggio. Per noi ragazzi tutto questo era visto come una conquista. Un po' come giocare a "infilzare" con le aste di ferro degli ombrelli i topi di fogna che "popolavano" le nostre cantine. Ricordo che occorreva sempre dare uno strattone alla porta per spaventarli, prima di aprirla ed entrare", racconta Anzio con un sorriso.
"Insomma.. diciamo che la mia infanzia non è stata facile: c'era molta miseria dopo la guerra. Noi ragazzini non avevamo i pantaloni lunghi, i nostri calzoncini erano corti e senza fodera, così lo strofinio della lana grezza sulla pelle, irrigidita dal freddo, ci provocava fortissime irritazioni alle gambe. Erano i tempi del "pret a let", delle pezze sui gomiti, e del ghiaccio sui vetri", ci spiega Arati.
LA VITA DEL BORGO. "Nonostante questa penuria però, la vita in quella borgata era bella perché era vissuta come una comunità unita: il problema di un singolo era il problema di tutti, la disgrazia del singolo, era la disgrazia di tutti. Si viveva gli uni nella casa degli altri. Per questo nessuno chiudeva mai la porta a chiave. Tutti però entravano chiedendo sempre 'permesso'. Il modo di vivere di allora si basava su stima, onestà e serietà. Sui valori veri, un tempo espressione della quotidianità. Per questo, nonostante i sacrifici della guerra e la miserie, qualche anziano sostiene oggi che 'si viveva peggio ma sicuramente era molto meglio allora'", conclude Arati.
La borgata del Buco era fatta di realtà e persone semplici: il fornaio, il Sali e Tabacchi, il negozio di alimentari, il fruttivendolo, la macelleria, l'osteria Fantini "da Giana e Dante", poi diventata "da Amerio", principale punto di ritrovo per quelli del Buco. Qui ci si trovava a giocare a briscola, si mangiava il gnocco fritto, rigorosamente accompagnato da un buon bicchiere di lambrusco. C'era Renzo il barbiere, padre di Anzio, con il suo motto ricorrente "barba o capelli?", il vecchio caseificio costruito nel 1800, la nuovissima scuola elementare comunale, costruita nel 1948, con i suoi studenti col grembiule nero per i maschi e bianco per le femmine. C'era la "lattivendola" Vilma Severi che in bicicletta portava spensierata il latte agli abitanti del Buco. Ma soprattutto c'erano i "bugader": una numerosissima famiglia di lavandai e lavandaie. I Vacondio, per la precisione, i quali quotidianamente, con un carretto trainato da un somaro, portavano a lavare la biancheria sporca della città e la riportavano ai proprietari una volta linda. Nelle foto dell'epoca, il bianco delle lenzuola stese al vento spiccano sull'erba verde dei campi. In mezzo a questo borgo passava la strada provinciale per Scandiano, uno snodo molto importante. Ma fuori da questa "piccola Repubblica" c'era solo un mare di campi di papaveri.
foto d'epoca del Borgo tratta dal libro di Anzio Arati
LA TRASFORMAZIONE. Ben presto però, anno dopo anno, parallelamente al progresso economico, la borgata ha aggiunto particolari alla sua cartina topografica: vengono disegnate case, fabbriche, strade e ponti. Tra gli anni '60 e '70 il quartiere si allarga subisce una trasformazione radicale, sia nella sua fisionomia, sia nelle abitudini dei suoi abitanti. Sono infatti i tempi della televisione, dei vinili e dei pantaloni 'a zampa'. Ormai in molti possiedono un'automobile, ma l'arrivo dell'autobus linea 3 alla fermata del Buco, è stato un evento immortalato da tutti gli abitanti del posto.
Sono questi gli anni in cui il quartiere avrà finalmente anche la sua chiesa, quella di Sant'Anselmo da Lucca, a capo della quale andrà un uomo molto amato: don Paolo Merli.
Con il passare del tempo e delle mode insomma, il Buco si cambia d'abito. I bambini di ieri sono diventati i padri di oggi. Così, verso gli anni '80 si sentirà la necessità di costruire anche una nuova scuola elementare, la Martin Luther King. In cantiere anche la ristrutturazione del Centro Sociale Buco Magico, l'edificazione del nuovo supermercato Conad, la Casa di riposo Villa Primula e il carcere "la Pulce", in via Settembrini.
Negli anni '90 la vecchia chiesa di Sant'Anselmo è stata radicalmente abbattuta, mattone dopo mattone, sotto gli occhi commossi di molti abitanti, per dare vita a un edificio più ampio che potesse accogliere un numero di fedeli sempre in crescita.
"ADDIO VECCHIO CANALE". Ormai, il vecchio canale del Buco, per secoli il silenzioso testimone di un'epoca in bianco e nero, ormai non serviva più. L'espansione urbana e la riqualificazione del territorio, hanno deciso di cancellarlo. Inizia così nel 1981 la sua definitiva cementificazione .
Siamo nel 2014, e oggi molti abitanti storici del vecchio Buco non ci sono più; altri si sono trasferiti in differenti zone di Reggio; qualcuno ha messo su famiglia e ha deciso di restare nei prati di casa. Ognuno di loro però, vive nei ricordi racchiusi per sempre nelle pagine della storia del Buco, un borgo che oggi, è profondamente cambiato, assumendo i connotati del nuovo Buco. In alcune sere di maggio però, chiudendo per pochi istanti gli occhi, per chi ha l'olfatto raffinato e una fervida immaginazione, è ancora possibile sentire il profumo del sapone di Marsiglia.
foto tratta dalla pagina Facebook dell'evento