L’introduzione al medesimo è stata affidata allo storico Franco Cardini, che scrive: “Un saggio di grande spessore storico, filosofico, filologico e antropologico; una ricerca erudita, dotta e appassionata; una prospettiva ‘inattuale’ che tuttavia è sempre e comunque ‘presente’, come tutte le cose che, al pari degli alberi ashvattha, hanno la chioma capovolta perché le loro radici sono profondamente infitte nell’alto dei cieli dal quale desumono nutrimento perenne”.
Il saggio di Mutti traccia il percorso storico dell’Impero Romano, contraddistintosi come il più grande per l’organizzazione socio-politica e per l'eredità lasciata nella storia dell'umanità. Nei territori conquistati i Romani non solo portarono il loro modello di civiltà, ma assimilarono quanto proveniva dalle civiltà sottomesse, in un processo così profondo che per secoli queste genti seguitarono a definirsi romane.
L’autore si impegna quindi ad evidenziare la perennità di Roma attraverso le diverse configurazioni assunte nella storia dall’Impero Romano, succedutesi per effetto dei trasferimenti della sede imperiale e dell’avvicendarsi di una dinastia all’altra. Così la “seconda Roma” fondata da Costantino fu la continuatrice dell’antica Città situata sulle rive del Tevere e i suoi abitanti si chiamarono Romani; il Sacro Romano Impero rivendicò anch’esso una continuità, puramente ideale, con la Roma di Augusto; in seguito all’ordalia del 1453 e alla conquista ottomana di Costantinopoli prese forma quella che Nicolae Iorga ha definito “la Roma musulmana dei Turchi” e Arnold Toynbee l’“Impero Romano turco-musulmano”. Infine, agli inizi del XVI secolo, lo starec Filofej formula la dottrina della “Terza Roma”: “Tutti gl’imperi cristiani sono giunti alla fine e si sono riuniti nell’unico Impero del nostro sovrano, cioè nell’Impero russo. Due Rome sono cadute, ma la terza sta salda e non ce ne sarà una quarta”.
Enfatizzando la centralità della Russia, l’idea di Mosca come Terza Roma non poteva non avere ripercussioni sul piano della geopolitica, la quale ha individuato nel cuore del territorio russo quell’area centrale (il cosiddetto “Heartland”) che, secondo Mackinder, deve essere conquistata da chi intenda dominare politicamente l’Eurasia e di conseguenza il mondo intero. Un concetto, quest’ultimo, distante dalla politica europea, ma straordinariamente attuale e riemerso prepotentemente con il conflitto dei giorni nostri nell’est Europa.