Di Francesco Graziano Bologna, 25 novembre 2023 - Qualche giorno fa è scoppiata una polemica tra due artisti del nostro Paese che ha tenuto banco nelle pagine dei quotidiani culturali nazionali, mi riferisco all’attacco del regista premio Oscar per “Mediterraneo” Gabriele Salvatores nei confronti dell’attore, produttore e a sua volta regista (anche se meno prolifico, è autore di cinque film di cui uno tuttora in lavorazione) Luca Barbareschi il quale, secondo molti, avrebbe il difetto di essere politicamente collocato a destra sol perché ha ricoperto incarichi istituzionali nei partiti di Fini, Futuro e Libertà per l’Italia, e per il PDL di Berlusconi.
Giova ricordare che Barbareschi ha terminato la sua carriera politica nella sedicesima legislatura ricoprendo dal 2008 al 2013 gli incarichi di vicepresidente della nona commissione trasporti e telecomunicazioni.
Ecco le parole del regista di film cult come “ Io non ho paura”, “ Come Dio comanda” e altri svariati titoli in occasione della presentazione di un libro che lo riguarda avvenuta alla Feltrinelli di Napoli: “ Tra gli attori del Teatro dell’Elfo ce n’era uno in particolare che si chiamava Luca Barbareschi, credo che ora faccia l’attore o il regista? Oltre a fare altre cose, per esempio è abilissimo a muoversi nei meandri dei ministeri che assegnano le sovvenzioni, scusatemi ma alla mia età posso dire tutto”. La replica del diretto interessato, via social non si è fatta attendere: “Caro Salvatores all’Elfo di Milano ti chiamavamo Lupo Ezechiele ladro di idee e povero d’amore; pur di fare carriera non hai guardato in faccia nessuno e questo tuo bisogno di spargere veleno appare incomprensibile”.
Ora , lasciando da parte il giudizio sull’opera dei due litiganti (chi scrive lo dichiara subito: è un fan sfegatato di Salvatores mentre Barbareschi lo conosco poco per cui mi astengo da ogni giudizio) questa è l’ennesima polemica inutile che dimostra quanto noi italiani sappiamo essere provinciali e che invece di concentrarci, mi rivolgo soprattutto ai politici e agli intellettuali, sui problemi seri che affliggono quotidianamente le persone, come tutti quelli- e sono sempre di più- che faticano ad arrivare alla fine del mese a causa di stipendi troppo bassi o che sono vessati da una sanità scadente che costringe chi ha i soldi ad andare dal sud al nord per curarsi in una sorta di viaggio della speranza – giusto per rimanere in tema cinematografico-, preferiamo sguazzare in queste polemiche da condominio.
C’era veramente bisogno di montare tutto questo polverone? Vero che siamo abituati a vedere il passato migliore di quello che effettivamente è, ma un battibecco del genere probabilmente o sarebbe stato relegato ai margini del conflitto intellettuale oppure sarebbe stato usato come trampolino di lancio per allargare il discorso e parlare di un problema che tanto banale – se affrontato nel modo giusto – non è.
Da sempre il mondo dell’audiovisivo, dal cinema alla televisione (la Rai, quella che dovrebbe essere servizio pubblico, è una torta gustosa per molti esponenti del Parlamento che infatti fanno di tutto per accaparrarsene una fetta) fino a quelli che oggi si chiamano youtuber, ha catturato l’interesse dei politici nostrani seduti negli scranni deputati a guidare la cultura tricolore.
Non scordiamoci – e questa è storia – che possiamo ‘ vantarci’ di aver avuto il primo dittatore che dimostrando un forte intuito aveva compreso, prima degli altri, il potere mitopoietico dei media, parlo di Mussolini naturalmente. Esaminando la cinematografia di quel periodo, nelle pellicole in programmazione nei cinema in un tripudio di storie dove abbondavano i saluti fascisti l’unico che si distinse fu un regista che ai più giovani non dirà nulla ma chi ha più anni conoscerà bene è Mario Camerini. Nei suoi film dal tono volutamente sommesso i suoi personaggi non pensano alla politica, il loro unico desiderio è quello di aspirare ad una vita serena con una situazione famigliare stabile.
Molti autori importanti della nostra cinematografia, una volta caduta la dittatura, continuarono a lavorare ricevendo una sorta di ‘ perdono’ dall’industria della settima arte che finalmente non doveva più rendere omaggio al Dictator nel frattempo finito a testa in giù a piazzale Loreto.
Uno dei nostri più grandi registi come Federico Fellini in un carteggio meritoriamente portato alla luce da uno studioso come Andrea Minuz non dimostra per nulla un atteggiamento ostile nei confronti di un premier come Giulio Andreotti, un ‘ Belzebù’ per la sinistra politica italiana; colui che osteggiò il neorealismo: “ i panni sporchi si lavano in casa”. Non è mia intenzione ripercorrere la storia degli intrecci tra politica e mondo del cinema, perché infinita, ma polemizzare in modo sterile come purtroppo ha fatto un grande come Salvatores non risolve il problema proprio perché affrontato in modo errato.
Negli anni Duemila i più attenti ai titoli di testa e di coda dei film italiani presenti in sala avranno letto “ Film di interesse culturale nazionale”. Questi film – vieppiù scadenti- spesso, anche se non sempre, sono stati realizzati da presunti cineasti poi spariti nel nulla contigui all’universo ‘ culturale’ della sinistra cinematografica strettamente intrecciata con la politica. Non dovrebbe essere motivo di indignazione questo? Chi si è reso responsabile ai piani alti dei ministeri di definire “ film di interesse culturale nazionale” opere francamente imbarazzanti? Non citerò i titoli perché gli appassionati sanno e chi sul tema prova un senso di curiosità può tranquillamente documentarsi da sé.
Se Barbareschi per realizzare i suoi progetti ha adoperato e continua ad adoperare gli atteggiamenti a cui Salvatores ha alluso in modo malcelato questa volta tocca dirlo: non è stato il primo e non sarà l’ultimo perché – come storia insegna- autori di schieramenti politici diversi – hanno cercato l’appoggio di questo o quell’altro politico o faccendiere che frequenta i corridoi della Rai o delle case di produzione cinematografica.
L’unico dubbio che mi viene è che, forse per chi non frequenta i salotti della sinistra romana cinematografara ovviamente benestante, formata da registi che in nome dell’italianissimo “ tengo famiglia” hanno fatto lavorare i loro figli come ‘ attori’ capaci di essere finanche superati, quanto ad espressività, persino dai cani, tutto è più difficile.
Ripeto: non ho mai visto Barbareschi recitare né al teatro o in televisione o al cinema e spero di rimediare al più presto ma se un autore come David Mamet ha scritto una sceneggiatura per un film che – personalmente- non vedo l’ora di vedere come “ The penitent” un minimo di valore almeno in palcoscenico l’avrà dimostrato; ma in Italia sappiamo bene come vanno le cose. Oltre a fare i conti in tasca alle persone guardiamo anche la tessera di partito che conserva nel portafogli dimenticandoci di distinguere meriti e demeriti che anche gli autori più blasonati vincitori dell’Oscar hanno. Normale prendere scivoloni e sbagliare un romanzo o un film, succede; persino a quelli che si dicono puliti come San Francesco e non hanno mai chiesto – a parole loro- l’aiuto di nessun potente.
Probabilmente Barbareschi sarà un pessimo regista per quel che concerne il grande schermo ma forse a teatro avrà portato a casa risultati migliori.
Concludo scrivendo che di schifezze nel cinema italiano ne ho viste parecchie realizzate da sedicenti professionisti con la casacca di ogni colore partitico.
Se volete un cinema diverso smettetela cari politici di intromettervi in campi dove non siete competenti oppure assegnate i fondi a chi se li merita.
Per i registi di sinistra: smettetela, quando il contesto storico lo permette, di offendere pesantemente ministri delle coalizioni di centrodestra guadagnandovi gli applausi di una sola parte. Tutto troppo facile e troppo comodo. Verrete visti e ascoltati solo da chi la pensa come voi. Le problematiche non si risolvono in questo modo, spero che tutto ciò un giorno si realizzi ma osservando il cinema italiano contemporaneo, film indipendenti dalla grande industria ma vincenti in tutto il mondo, realizzati da imprenditori attenti prima di tutto alla qualità, sono stati messi ai margini. Se la Destra non vi piace non fatevi produrre più dei titoli da aziende di destra, non fatevi più pubblicare i vostri libri da case editrici di destra. Trovatevi un altro lavoro e sperate nella benevolenza di chi dalla politica non ha mai cercato appoggi pregando di trovare un pubblico. Scommettiamo che vi concederanno – sempre se lo faranno- massimo qualche giorno al cinema e poi via perché la fila di chi con il cappello in mano e la dignità sotto i tacchi fuori dalle porte che contano è sempre più lunga?