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"Sovranità, giustizia, pace: dono di Dio e costruzione dell'uomo, a cent'anni dalla "pacem, dei munus pulcherrimum" di Benedetto XV". Recensione al libro. In evidenza

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Breve recensione al libro mons. prof. don Roberto Caria.

Di Daniele Trabucco Belluno, 19 dicembre 2023 - Nel 2020, per i tipi della Metis Accademic Press, è uscito l'ultimo lavoro monografico del Mons. Prof. Don Roberto Caria (Associato di Morale sociale presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e Vicario episcopale per la formazione permanente del clero nell'Arcidiocesi di Oristano) dedicato ad una accurata analisi della Lettera Enciclica "Pacem, Dei munus pulcherrimum" del Papa Benedetto XV (pontefice dal 1914 al 1922), pubblicata in data 23 maggio 1920.

L'intento dell'autore è molto chiaro fin dall'Introduzione dell'opera: richiamare il messaggio del Papa della "inutile strage" sulla pace al fine di farsi provocare a cercarne, nell'oggi, l'autentico fondamento che non risiede né nell'assenza di guerra, né nella conclusione dei Trattati e, quindi, in una pacificazione formalistico/legale (nel 1919 era stato firmato il Trattato di Saint Germain che coinvolgeva anche il Regno d'Italia), ma nella "concordia", in quell'amicizia civica (fondata sulla virtù direbbe Aristotele) che tende sempre al bene dell'uomo in quanto uomo e che nella carità, ossia in Dio stesso, trova la sua linfa, ciò che la innerva e la rende capace di relazioni autentiche.

Mons. Caria non si sofferma solo sull'aspetto storico/esegetico dell'Enciclica e sul contesto politico, teologico, culturale ed ecclesiastico che l'ha preceduta e seguita, ma cerca, con grande equilibrio, di ricavarne un messaggio per l'epoca odierna travagliata dalla pandemia da Sars/Cov2, dal neoliberismo che permea istituzioni e sistemi normativi, dalle guerre diffuse (pensiamo al conflitto Russia versus Ucraina, o ad Israele vs Hamas) dietro le quali si celano precisi interessi ideologici e nuove forme di antropologia tese a rimarcare la potenza "creatrice" dell'uomo "nuovo" attraverso la scienza e la tecnica con il loro "utilitarismo empiristico" (i nuovi "immutabili" di fronte alla paura del divenire direbbe Emanuele Severino) le quali, inebriate di dogmatismo e di arroganza veritativa, dimenticano quella "carità sociale" che dovrebbe informare non solo i confronti teologici, ma anche quelli insiti in ogni ramo del sapere. In particolare, il prof. Caria trae dalla lettura dell'Enciclica benedettina del 1920 tre aspetti, tre componenti, fondamentali per costruire relazioni radicate nella concordia:

1) sovranità;

2) giustizia;

3) pace.

Mi soffermerò sul primo dei tre concetti, lasciando ad un contributo successivo l'analisi degli altri due.

Mons. Caria, nel ricostruire il concetto di "sovranità" nel duplice binario teologico e politico, fa emergere chiaramente il suo legame (della sovranità) con l'"ordo rerum" di cui la Provvidenza divina è garante. Il Nostro rifiuta ogni equiparazione tra politica e sovranità, intesa quale "plenitudo potestatis" degli Stati e una delle cause scatenanti della Prima Guerra Mondiale. Infatti, la politica come sovranità nel senso di cui sopra richiede solo esecuzione del comando, dell'ordine. Essa non postula in alcun modo la sua razionalità (dell'ordine) e si muove all'interno della "ragnatela" geometrico/legale prodotta dal potere. Ora, come si può chiaramente evincere, in questo modo la sovranità trasforma la politica stessa in mero potere ed il diritto in coazione.

Mons. Caria ci accompagna, invece, con pazienza evangelica, a cogliere come l'auctoritas, separata dal canone petrino per cui bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5, 29), corre il rischio di seguire i criteri irrazionali della mera volontà umana con le conseguenze tragiche e drammatiche che questo ha comportato e comporta. Essa, dunque, richiede di mettersi in ascolto delle finalità insite nell'ordine delle cose affinché la politica, fondata sulla "ius/titia", diventi arte di regalità e la vera sovranità il riconoscimento, da parte del potere, di una natura che è chiamato ad ordinare per il bene comune e non per la costruzione di un qualsivoglia ordine convenzionale, ove legalità e legittimità si identificano, come ritengono le dottrine contrattualistiche moderne.

Il volume, che invito ad acquistare e a leggere con estrema attenzione, ci conduce a togliere il "velo di Maya" a questa umanità intrisa di scientismo, bulimia di potere fine a se stesso e di tecnocrazia per riscoprire l'autentico volto dell'umanità creata: l'amore senza il quale nulla rimane nelle mani dell'uomo.

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(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.

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