Di Lamberto Colla 19 luglio 2021 - "Se dovessi affermare che si tratta di un libro autobiografico, lo farei senza remore, - commenta Nicola Scillitani, se non fosse che nel libro "Colorno e l'albero delle fate", tanta è la presenza della magia. Quella magia che solo leggendo possiamo rendere reale. Nico e lei (nel libro non rivelo mai il suo nome), si sono conosciuti per un puro caso sotto al diluvio. Entrambi stavano vivendo un malessere interiore che sono riusciti a colmare insieme come se fossero stati fatti da sempre l'uno per l'altro. Da quel momento lui non ha potuto far altro che arrendersi all'evidenza, diventando inconsciamente un fiero cavaliere sempre allerta e pronto a proteggerla da ogni male. La storia è insolita anche se per alcuni aspetti prende l'essenza del principe ranocchio dei fratelli Grimm e del gobbo di cui si legge nel romanzo di Victor Hugo, Notre-dame de Paris."
L'idea del libro venne proprio all'ombra del maestoso albero, lo Zelkova Carpinfolia, messo a dimora nel 1840 da Maria Luigia d'Austria, allorquando una giovane fatina si rivelò, a patto che Nicola mantenesse il segreto.
Immergersi nelle righe di "Colorno e l'Albero delle Fate" è un modo per conoscere meglio Nicola Scillitani, l'uomo privato e intimista che si contrappone all'uomo pubblico ben più noto e pragmatico.
Un modo discreto e delicato per aprirsi al mondo e alla comunità che ha accolto l'autore sin da piccolo.
Lascio ora alle stesse parole di Nicola Scillitani l'illustrazione della sua personalissima creatura: "Colorno e l'Albero delle Fate".
"Alcuni mesi fa mi trovai in un bar per bere un caffè con alcuni amici. Avevamo svolto un'iniziativa di pulizia delle strade di Colorno. Mentre chiacchieravamo una bambina di una decina d'anni mi fece cenno di avvicinarmi. Doveva sussurrarmi qualcosa all'orecchio. Mi rivelò d'essere una fata che ogni notte anche se con fatica, si svegliava per recarsi ad innaffiare l'albero più grande e storico del giardino della reggia. Mi rivelò che solo la mamma lì al suo fianco era al corrente del suo segreto e mi pregò di non rivelare mai il suo nome ad alcuno.
Quella fervida e genuina immaginazione, degna della bellezza d'essere un bambino, mi lasciò riflessivo per tutta la giornata.
Ho sempre amato la Zelkova locale. Da quando dal sud Italia mi sono trasferito nel paesino della bassa parmense, ogni volta che ho potuto mi sono recato ai piedi del maestoso albero, per godere della pace che esso mi donava. La centenaria (anno 1840) Zelkova Carpinfolia di Maria Luigia d'Austria, moglie del deposto imperatore di Francia, Napoleone, in passato fu anche colpita da un fulmine, ma non si arrese nonostante lo squarcio ricevuto alla sua grigia corteccia.
Invaso da idee e pensieri, presi "penna e calamaio" ed inizia ad abbozzare un racconto, forte anche dei miei sentimenti d'amore verso una giovane donna del luogo. Del resto la storia insegna che quando si è spinti da immense emozioni, l'essere umano è in grado compiere qualsiasi impresa.
Scrissi per mesi alternando giornate positive (quando la sentivo) a giornate ombrose (quando potevo solamente continuare ad immaginarla). Sono state proprio queste tempeste emotive che ho scelto di mettere su carta, raccontando una storia ricca di amore, fantasia, avventura, gioie e dolori. Raccontando la fragilità umana attraverso i limiti dei miei personaggi.
Se dovessi affermare che si tratta di un libro autobiografico, lo farei senza remore, se non fosse che nel libro "Colorno e l'albero delle fate", tanta è la presenza della magia. Quella magia che solo leggendo possiamo rendere reale.
Nico e lei (nel libro non rivelo mai il suo nome), si sono conosciuti per un puro caso sotto al diluvio. Entrambi stavano vivendo un malessere interiore che sono riusciti a colmare insieme come se fossero stati fatti da sempre l'uno per l'altro. Da quel momento lui non ha potuto far altro che arrendersi all'evidenza, diventando inconsciamente un fiero cavaliere sempre allerta e pronto a proteggerla da ogni male.
La storia è insolita anche se per alcuni aspetti prende l'essenza del principe ranocchio dei fratelli Grimm e del gobbo di cui si legge nel romanzo di Victor Hugo, Notre-dame de Paris.
Durante la narrazione mi sono soffermato su alcuni luoghi a me cari, presenti in paese, ma i riflettori non ho potuto che lasciarli sempre fissi su di lei, perché lei è e sarà sempre la mia musa ispiratrice che rende Colorno ancora più bello, e la Zelkova in eterno, l'albero delle fate.
Il libro è una produzione indipendente in formato elettronico ed in futuro non escludo possa essere prodotto anche in formato cartaceo grazie alla disponibilità di alcune case editrici che mi hanno e mi stanno contattando in questi giorni. Ad oggi ne sto facendo dono in formato Pdf a chiunque me ne faccia richiesta scrivendomi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La versione attuale non è ancora stata revisionata del tutto, ma dopo tanto impegno, ero ansioso di far conoscere una piccolissima parte di me.
Spero mi consentirete di ringraziare la scrittrice collecchiese Titti Amoretti per aver contribuito con una splendida frase di prefazione, ed il poeta sociale, Alberto Padovani per la sua grande disponibilità a correggere il testo del romanzo.
Grazie anche a chiunque deciderà di leggerlo."
(in allegato il testo scaricabile in pdf)