Sabato 14 Novembre ha inaugurato CUBO, il nuovo spazio lavorativo/creativo nato dalla rivalutazione dell’ex polo industriale Mazzoni Salotti. Un evento che ha registrato il “tutto esaurito” richiamando un grande numero di parmigiani e non solo.
Di Chiara Marando – 16 Novembre 2015 – (Photo by Francesca Bocchia)
Da sempre Parma risponde con grande favore ed interesse alle nuove attività, soprattutto quelle che si pongono come obiettivo il guardare al futuro, il creare qualcosa di nuovo trasformando il lavoro di tutti i giorni in un confronto positivo continuo.
Lo ha fatto anche questa volta!
Parma ha dimostrato un grande entusiasmo ed una partecipazione che si può definire “di massa” all’inaugurazione di CUBO, una struttura, ma prima di tutto un progetto, nato dalla rivalutazione dell’ ex polo industriale Mazzoni Salotti con lo scopo di dare nuova vita ad uno spazio capace di raccogliere realtà professionali indipendenti, ma tutte indirizzate alla creazione di idee ed alla costruzione di qualcosa di innovativo. Comunicare, magari scontrarsi, ma pur sempre in un costante divenire.
Sabato sera CUBO ha aperto i suoi spazi, ha mostrato ad una città attenta la filosofia da cui è partito. Una full immersion tra esposizioni, musica, proiezioni e food&drink che ha catalizzato i giovani parmigiani ma non solo. Un vero successo di pubblico, che si muoveva come un fiume in piena tra i vari piani, chiacchierando, ammirando ed analizzando le diverse proposte delle realtà che abitano la struttura. Un CUBO di luce ed un brulicare ininterrotto che già dalle 18 del pomeriggio, fino a notte inoltrata ha animato questa zona della città.
E questo è solo l’inizio….
"Zombitudine" è lo spettacolo ideato e rappresentato, ieri sera al Teatro del Cerchio di via Pini, da Elvira Frosini e Daniele Timpano. Il romano Daniele Timpano, drammaturgo, regista e attore teatrale, ha fondato con la sua partner di vita e di scena Elvira, nel 2008, la Compagnia Frosini/Timpano.
di Cristina Pedretti, Parma -
"Zombitudine" rientra in un lavoro creativo sulla figura degli zombie che prevede appositi workshop (come quello realizzato in questi giorni a Parma) e il progetto "Walking Zombi", attraversamenti urbani di attori/zombi in mezzo alla gente, già eseguiti in diverse città italiane, da Roma a Genova, fino a Parma. Alla base dell'operazione c'è una visione metaforica dello zombie, creatura in bilico tra due dimensioni e per questo più libera di esprimersi rispetto ai viventi, rinchiusi nella loro routine; uno zombie che smuove e "risveglia" i vivi dalla loro assuefazione alle vita, e che quindi, più che spaventare, fa riflettere e forse "rivivere" chi lo incontra.
Nel video, i partecipanti al workshop per "aspiranti zombie" in azione e un'intervista agli attori ideatori del progetto.
Sabato 21 novembre, alle ore 18,00, presso la Libreria Ubik di Parma, verrà presentato il primo romanzo di Giulio Cavalli, scrittore ed autore teatrale che dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie: “Mio padre in una scatola da scarpe”
Parma 14 Novembre 2015 -
“Questa è una terra che va abitata in punta di piedi, Michele, va abitata in silenzio, qui le brave persone per difendersi diventano invisibili, Michele, in-vi-si-bi-li”.
“Mio padre in una scatola da scarpe” – Rizzoli editore – è il primo romanzo di Giulio Cavalli, scrittore e autore teatrale, che dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie.
Giulio sarà alla Libreria Ubik di Parma - Via Oberdan, 4 – sabato 21 novembre alle 18,00, per presentarlo insieme al contributo di Raffaele Castagno, giornalista de La Repubblica, per raccontare con la sua scrittura avvolgente la storia di un’Italia dimenticata ed indifesa.
Un’Italia nella quale si muove Michele Landa, il protagonista che incarna i valori della Vita nella sua sorprendente semplicità. Perché non serve fare rumore per diventare eroi delle piccole cose. Tutto parte da un lungo pranzo domenicale con la famiglia Landa che ha fatto respirare a Giulio Cavalli un dolore diventato poi testimonianza antimafia «fieramente fragile e decisamente umana» e l’umiltà di chi ha sempre perseguito l’ideale di una vita semplice e onesta, come Michele.
Da qui nasce l’idea di un libro sulla vita di Michele Landa e della sua famiglia, e da qui anche la missione di dare voce al silenzio per sensibilizzare passanti e lettori sul tema dell'omertà, tema trasversale all'intera opera. La Cooperativa Sociale Pepita Onlus organizzerà per l'occasione un flashmob proprio vicino alla libreria, coinvolgendo alcuni adolescenti delle scuole e degli oratori del parmense in un coro contro ogni genere di prevaricazione.
"Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua - spiega l’autore - io che la storia l'avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, mentre l’ascoltavo in diretta, così, al tavolo come quando ci si siede al tavolo con gli assicuratori, ho avuto la sensazione che colasse. Non c'era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore. Ecco, forse questo libro è la pinta di quella storia. Che vi giuro aveva già tutti i sapori".
Michele Landa non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi i suoi affetti, vuole guardarsi allo specchio e vedere il riflesso di una persona pulita. Ma a Mondragone serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei torre e con l'omertà dei compaesani. Michele conosce la posta in gioco, ha perso il lavoro e molti amici, ma è convinto, nonostante tutto, che in quel deserto si possa costruire qualcosa di bello e provare a essere felici. Al suo fianco c'è Rosalba, "la silenziosa": dopo quarant'anni si amano come il primo giorno, sono diventati genitori e nonni, sognano una casa grande e un albero di mele.
Ma si può immaginare una vita diversa, in una terra paralizzata dalla paura?
GIULIO CAVALLI (Milano, 1977) scrittore e autore teatrale, dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie. Collabora con varie testate giornalistiche e ha pubblicato diversi libri d’inchiesta, tra i quali ricordiamo Nomi, cognomi e infami (2010) e L'innocenza di Giulio (2012). È stato membro dell’Osservatorio sulla legalità e consigliere regionale in Lombardia.
Parmafotografica si rivolge a tutti i fotografi, professionisti e amatoriali, per aiutare due importanti associazioni del nostro territorio. Le foto donate saranno esposte sabato 28 Novembre sotto i Portici di Via Mazzini e il 12 Dicembre visibili e a disposizione di eventuali acquirenti negli stessi locali dove ha sede l'associazione. Le restanti foto saranno esposte negli spazi del Centro Commerciale Barilla Center. -
Parma, 14 novembre 2015 -
L'Associazione Parmafotografica, per il terzo anno consecutivo, realizza una raccolta fondi per aiutare due importanti associazioni di volontariato della nostra città, attraverso la vendita di opere fotografiche offerte gratuitamente da fotoamatori e professionisti. Anche quest'anno sono tanti gli amici fotografi che hanno deciso di aiutare donando le loro opere per una giusta causa.
Circa 100 foto saranno esposte per tutta la giornata di sabato 28 Novembre sotto i Portici di Via Mazzini a Parma, secondo appuntamento il 12 Dicembre, in occasione dell'accensione dell'Albero di Natale da parte dell'Avis San Leonardo, le foto esposte saranno a disposizione di eventuali acquirenti negli stessi locali dove ha sede anche Parmafotografica, in Via Milano 34/a.
La ricca giornata inizierò alle ore 15 e durante la mostra, ci sarà spazio anche per il divertimento dei più piccoli. I bimbi verranno, infatti, accolti dal mago Kevin e sarà presente una postazione truccabimbi. Seguirà poi dalle 16 Rockin' Swing acustic rock duo. L'accensione del'Albero natalizio e brindisi finale concluderanno la giornata.
Come ultimo appuntamento le foto rimaste saranno esposte a disposizione del pubblico negli spazi del Centro Commerciale Barilla Center di Parma, il 17 dicembre.
Le organizzazioni che riceveranno il ricavato della raccolta fondi sono Animal House che si occupa di animali abbandonati, prendendosene cura anche per sistemarli presso famiglie adottive, e Avis San Leonardo per l'acquisto di materiale propagandistico per le donazioni di sangue. L'Associazione Parmafotografica inviata, chiunque fosse interessato, a donare una o più fotografie di qualsiasi formato, a colori o b/n non importa, con o senza cornice, con qualsiasi modalità. Si può anche inviare un file a bassa risoluzione delle foto da donare, in quanto saranno propagandate su Facebook e su tutti social network in anteprima.
Il 5 di dicembre si terrà, inoltre, un evento collaterale presso il Caffè del Prato, con la mostra di Gianluca Ponzi. Tutte le immagini saranno in vendita e il ricavato verrà devoluta alla causa Accendi l'Albero del Dono.
Per tutte le info www.parmafotografica.it
In mostra alcuni dei preziosi reperti della splendida ed inedita Collezione Luciano Narducci, un'articolata raccolta di oltre 1600 pezzi che comprende macchine che spaziano dal pre cinema all'avvento vero e proprio del cinema, attrezzature di notevole valore e rarità, restaurate e conservate in oltre cinquant'anni di ricerche. Ingresso gratuito, dal 20 al 22 novembre nelle sale del Palazzo Pallavicino, in occasione di November Porc. L'iniziativa illustrata in Provincia da Censi, Narducci, Mazzari, Latronico. -
Parma, 14 novembre 2015 –
Si intitola "Il Cinematografo - Le macchine del pre cinema e del cinema - Esposizione temporanea di un cantiere culturale" la mostra che si terrà dal 20 al 22 novembre 2015 presso le sale del Cinquecentesco Palazzo Pallavicino di Zibello, Ex Convento dei Padri Domenicani, voluta dal Comune di Zibello e patrocinata dalla Provincia di Parma, in concomitanza con November Porc.
L'ingresso è gratuito, orari di apertura: venerdì 17,30-21; sabato 10 - 13 e 16:30-21; domenica 10 -13 e 16,30 - 21.
L'iniziativa è stata illustrata ieri in Provincia, da Andrea Censi Sindaco di Zibello e Consigliere Delegato della Provincia di Parma, Luciano Narducci proprietario della collezione in mostra, Anna Mazzari curatrice del progetto, Enzo Latronico giornalista e critico cinematografico.
"E' l'inizio di un percorso che ci porterà a costruire a Zibello il Museo Amedeo Narducci – ha affermato Censi – La collezione è il risultato della passione di una vita che ha portato a questa raccolta strepitosa e completa di pezzi straordinari. Una qualità che ci avvicina a quella del Museo del Cinema di Torno, con oggetti tutti funzionanti, che ripropongono la dinamicità intrinseca del cinema. Si tratta di uno sforzo importante per la nostra piccola comunità, ma comprendiamo bene l'importanza della cultura, perché Zibello è November Porc, ma non solo. "
LA MOSTRA
L'esposizione nasce con l'intento di presentare in una breve finestra temporale parte di una splendida ed articolata collezione, che si auspica sarà il motore di un progetto ben più complesso e strutturato di realizzazione di un ufficiale e riconosciuto museo del cinema.
Verranno messi in mostra alcuni dei preziosi reperti della splendida ed inedita Collezione Luciano Narducci, un'articolata raccolta di oltre 1600 pezzi che comprende macchine che spaziano dal pre cinema all'avvento vero e proprio del cinema, attrezzature di notevole valore e rarità, restaurate e conservate in oltre cinquant'anni di ricerche.
Si tratta di 500 tra grammofoni, giradischi, proiettori, cineprese, obiettivi, moviola, giuntatrici.
E poi ci sono i cosiddetti pre-cinema: oggetti che vanno dal 1870 al 1900 e sono più che altro strumenti nati per sorprendere e giocare con i primi studi di movimento, stereoscopi, taumatropi, fenachistoscopi, lanterne magiche coi relativi vetrini e 900 dischi in cartone.
Ci sono poi le Proiezioni mute, che vanno dalla prima proiezione in pubblico, quella del 1895, fino al 1928 e conta proiettori francesi con meccanica Lumière e Pathè e proiettori tedeschi con meccanica Ernemann, cineprese a manovella e meccaniche con motorino d'avanzamento ricavato da quello di una sveglia; in esposizione anche i relativi filmini.
Vengono quindi le Proiezioni sonore, che vanno dal 1928 fino ai giorni nostri, con l'esposizione di alcune macchine datate 1930, e molte altre, che permettono di seguire l'evoluzione di questa tecnologia fino al 1970. A proposito di sonoro e musica, si segnala una preziosa collezione di grammofoni tutti rigorosamente funzionanti, databili tra il 1910 e 1930, strumenti che spesso vengono affiancati come colonna sonora alle proiezioni mute.
Sono tutti rigorosamente originali anche i 50 tra manifesti e locandine, le 200 bobine e film in pellicola e i numerosi documenti inediti.
Una chicca sono i reperti della cosiddetta "serata nera", com'era allora chiamato uno spettacolo riservato ai soli uomini adulti allestita in uno spazio apposito: filmati, naturalmente muti e della durata di pochi minuti; dalla riproduzione di un raro esemplare di volantino pubblicitario, conservato nelle raccolte teatrali della Biblioteca Panizzi, si viene a sapere che le brevi proiezioni, o "quadri viventi" come allora venivano chiamati, avrebbero mostrato degli audaci scorci.
STORIA DELLA COLLEZIONE
Fin dall'età di 16 anni, i fratelli Narducci, Amedeo e Luciano, appassionati di cinematografo, girano per le strade sterrate delle campagne del piacentino in bicicletta, con un proiettore, un telo bianco e qualche bobina cinematografica da mostrare alle famiglie abitanti delle cascine visitate. I due giovani, regalano un sogno, una magia, minuti preziosi nella vita di coloro che trascorrono le giornate in faticosi lavori agricoli e di cascinale in cambio di qualche prodotto della loro terra, ortaggi, frutta, uova... importanti ricompense in cambio di un sogno, dell'immagine di una vita così lontana dalla loro.
La passione dei due giovani cresce con loro, iniziano a ricercare e collezionare importanti attrezzature cinematografiche, bobine, vetrini, immagini fotografiche e di cartellonistica, sistemi di registrazione e riproduzione di suoni ed immagini.
Luciano diviene anche scenografo e tecnico audio e video per emittenti locali, tra cui Teleducato, affinando le doti innate e perfezionando le sue capacità di restauro anche meccanico dei pezzi collezionati, che vengono mantenuti funzionanti.
Purtroppo Amedeo viene a mancare, ma Luciano continua nella sua passione in memoria del fratello, garantendogli la cura e la valorizzazione di una collezione unica nel suo genere.
L'intera collezione è già oggetto di tesi e ricerca presso l'Università di Parma, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, al fine di garantirne la storia e la provenienza.
Domenica 15 novembre, presso la libreria Emily Bookshop (in via Fonte d'Abisso 11), a Modena, il giornalista, scrittore e insegnante presenta il suo romanzo storico, ambientato durante l'assedio della città dei Pico del 1552 e vincitore del Premio Nabokov 2015 nella sezione Narrativa. -
- Di Manuela Fiorini -
Modena, 13 novembre 2015 -
Ci sono le battaglie, gli amori, gli intrighi dei potenti, le peripezie degli umili, la fame, la filosofia, l'ortodossia religiosa, i primi echi della Riforma protestante e persino un poema in ottave ariostesche ideato dall'autore nel complesso e avvincente libro di Antonio Saltini, L'Assedio della Mirandola (Edizioni Diabasis) che sarà presentato a Modena, presso la libreria Emily Bookshop di via Fonte d'Abisso, domenica 15 novembre, alle ore 16.30, in collaborazione con l'Associazione di Scrittori I Semi Neri.
Il libro di Antonio Saltini, primo classificato al Premio Nabokov 2015, sezione Narrativa, è ambientato durante il secondo assedio della città di Mirandola, dal luglio 1551 all'aprile del 1552. In quel tempo, Mirandola è coinvolta nelle diatribe che vedono opposti il papato, sul cui soglio siede Giulio III, alleato con l'imperatore Carlo V d'Asburgo, sovrano della cattolicissima Spagna e la Francia di Enrico II. La città è invece governata dalla signoria dei Pico, è alleata con la Francia e con i Farnese di Parma, su cui il Papa ha delle mire. Giulio III affida le sue truppe ai generali Camillo Orsini e Alessandro Vitelli, ma affianca a questi il nipote Giovanni Battista del Monte, incapace al punto di vista militare, ma la cui presenza crea rivalità tra i comandanti. Soprattutto perché Del Monte insiste con l'illustre zio per portare avanti la guerra, aspirando a ricevere il feudo della Mirandola.
Abbiamo fatto due chiacchiere con l'autore.
Come è nata l'idea del romanzo e quella delle storie che ha raccontato tra le sue pagine?
"Ho sempre amato alla follia il grande romanzo ottocentesco, specialmente russo, con il tema, sempre inequivocabile, ma misterioso, della presenza di Dio nella storia. Il sogno del primo romanzo, una storia dell'affascinante quarto secolo, prese forma in 169 giorni. Si chiamava Periploos. Decisi che nel tempo che avevo previsto per un romanzo avrei scritto una trilogia, tre romanzi sul grande tema che mi incantava, ma tutti di 60 capitoli, su tre secoli radicalmente diversi e con tre disegni narrativi che dimostrassero che si può cambiare il meccanismo della narrazione per ogni cosa che si scriva. L'Assedio sarebbe stato il secondo. Avevo iniziato Periploos il 3 gennaio 1993, alla fine dell'anno avevo scritto i primi 20 capitoli dell'Assedio. La chiave del racconto era: basta con il Rinascimento stucchevole di Elisabetta d'Este e del Castiglione. Il Cinquecento è una successione di guerre combattute da brutali soldati di ventura, per ordine di principi e cardinali, tutto a spese del miserabile contadiname. La Mirandola era osservatorio ideale: dietro gli apparenti splendori dei Pico c'era una fortezza popolata da contadini, che pagano ogni giorno il prezzo di una guerra combattuta come confronto di potenza tra Sua maestà cristianissima e Sua altezza cattolicissima, con il papa come mezzano".
I personaggi di fantasia agiscono insieme a quelli storici. Con i primi, l'autore ha "carta bianca", mentre con i secondi c'è la difficoltà di coniugare la storia con il romanzo. Come si è destreggiato tra gli uni e gli altri? Quali sono state le difficoltà?
"Ho consultato l'imponente e dettagliatissima cronaca modenese di Tommasino Lancellotto, che descrive quotidianamente tutto il periodo della guerra. Poi, mi ha aiutato la cronaca mirandolese di Papazzoni. Per il quadro generale mi ha soccorso il Guicciardini, con la sua Storia. Sui personaggi storici credo di avere fatto veramente lo storico, per quelli minori, creature mie, ho cercato di fare il mio mestiere di storico dell'agricoltura: la loro giornata doveva trascorrere secondo gli schemi (stagionali) della vita contadina del tempo".
Uno dei personaggi, Annibale Signoruccini, scrive il poema di Taar, che propone "a puntate", lungo tutto il corso del romanzo. Le rime sono in ottave ariostesche. Chi è l'autore?
"Ho sempre amato la sonorità di Ariosto, che credo si divertisse moltissimo a scrivere in ottave. Mi sono divertito anch'io. Non è stato facilissimo immaginare una storia che contrapponesse la vita costretta nel borgo assediato e le favolose prospettive, ancora quasi leggenda, dei primi viaggi intercontinentali. Non posso giudicare io l'esito, ma credo che solo affrontare l'impresa sia stato appassionante.
C'è un personaggio a cui si è particolarmente affezionato, o di cui le è piaciuto di più scrivere?
"Ho molto amato Erminia per la sua immensa tenacia disarmata, e ho scritto con passione del fratello prete, ho amato Anselmo Losco, che ho collocato nella medesima parrocchia, San Giacomo Roncole, e che ho rivestito delle medesime doti di mio zio don Zeno quando a San Giacomo era cappellano, promanando una dedizione cristiana da autentico santo. In vecchiaia l'ho conosciuto molto meglio, ma non era più il travolgente giovane prete di San Giacomo, ma un uomo che aveva creduto in un sogno che si era già dissolto, e che contemplava, incredulo, l'insuccesso".
L'autore: Antonio Saltini è nato a Brioni (Pola) nel 1943. E' giornalista, scrittore e docente di Storia dell'Agricoltura alla Facoltà di Agraria dell'Università di Milano. Laureato in Legge e in Agraria, ha iniziato la sua attività di giornalista collaborando a diversi periodici e ha diretto il mensile di agricoltura Genio Rurale. E' stato vicedirettore di Terra e vita, sotto la direzione di Luigi Perdisa. Come scrittore ha prodotto diverse pubblicazioni, tra cui Storia delle scienze agrarie, sull' agronomia degli ultimi due millenni, che, a parere di Ludovico Geymonat, che ne ha curato la prefazione, ha segnato "l'ingresso dell'agnonomia sul terreno della storia delle scienze". Ha scritto anche diversi romanzi di genere fantastico e storico, tra cui "L'assedio della Mirandola". Nipote di Don Zeno Saltini, nel 1966, alla fine del liceo è stato per quattro anni a fianco dello zio, al quale ha dedicato il libro "Don Zeno: il sovversivo di Dio", edizioni Il Fiorino (Modena, 2003). Nel 2010, è uscito Il figlio del capitano. Guerra al Turco e congiura dei magnati dell'Ungheria del tempo di Montecuccoli (Nuova Terra Antica Editore).
Non sono solo gli chef gli unici professionisti nel mondo del food, a contendersi lo scettro arrivano i food designer: veri esperti nella progettazione del mondo alimentare. Il Food Design passa attraverso ricette, attrezzature, preparazione e presentazione, ma anche ideazione dell’alimento dalla creazione fino alla sua vendita.
Di Chiara Marando – 14 Novembre 2015 -
Ormai non basta più dire solo food, è necessario essere ben più precisi perché il mondo che ruota attorno al cibo, oltre ad essere estremamente piacevole e divertente, ha anche molteplici sfaccettature, tutte con loro caratteristiche specifiche, ma tutte legate alla sfera creativa.
Creatività tra i fornelli, creatività di presentazione, creatività di abbinamenti sfiziosi e creatività nella scelta dei dettagli e degli ingredienti. E poi ammettiamolo, ormai l’argomento è più che mai gettonato.
Le vere star non sono più solo i calciatori, oggi gli chef hanno conquistato i media ed il pubblico che li cerca e conosce. Ma non sono solo loro gli unici professionisti del cibo, a contendersi lo scettro sono arrivati anche i food designer.
Cosa sono?
Tecnicamente, e in modo tutt’altro che fantasioso, si possono definire dei “progettisti del mondo alimentare, ma sul piano più pratico si occupano di studiare sempre nuovi modi per rendere le preparazioni appetibili per occhi, palato e non solo. Infatti, l’analisi della presentazione del cibo non è così semplice come si potrebbe pensare, anzi, molto spesso viene confusa esclusivamente con l’importanza dell’impiattamento di una portata.
In realtà, il Food Design è una materia vasta che passa attraverso ricette, attrezzature, oggetti per la preparazione e presentazione, ideazione dell’alimento dalla sua forma originaria fino alla sua trasformazione ed alla creazione di un packaging accattivante , per arrivare anche verso la comunicazione e la pubblicità che lo faranno conoscere. Il tutto senza dimenticare l’esame del pubblico di riferimento e delle sue preferenze, nonché l’impatto su consumi ed abitudini di vita delle persone.
Nell’ambito del Food Design, progettare vuol dire trovare e proporre soluzioni efficaci tenendo presente il contesto nel quale il prodotto viene inserito, renderlo funzionale al tipo di ambiente, consumo ed esigenza di chi lo sceglierà. Si tratta di un’attività complementare a quella dell’alimentazione vera e propria, si fonde con essa accrescendone il potenziale e la forza attrattiva.
Non a caso esistono delle scuole che propongono corsi per diventare provetti food designer. Realtà come l’Italian Genius Academy di Roma, struttura interamente dedicata alle eccellenze gastronomiche e creative del Made in Italy: dalla cucina alla pasticceria, fino al design legato a gioielli, scarpe e sartorialità artigianale.
Lezioni durante le quali approfondire tutti i diversi aspetti correlati al food design, quindi l’attenzione all’estetica del piatto attraverso la sperimentazione e la combinazione di forme, colori e sapori, ma anche lo studio di packaging ed utensili per la preparazione ed il consumo, e la progettazione dei giusti spazi per meglio garantire una corretta produzione, vendita e consumo del cibo.
Dalla teoria alla pratica in una full immersion per poter diventare degli esperti professionisti capaci di offrire un servizio a 360 gradi nel mondo del food, ovvero non solo preparare al meglio e presentare piatti e pietanze per ogni situazione, ma anche organizzare eventi enogastronomici o ideare incontri ad hoc
"Destination Europe? European drama, a chance for intercultural dialogue", Teatro Due ospita l'assemblea generale dell'ETC, European Theatre Convention. 40 teatri e fondazioni di diversi paesi analizzano il ruolo del teatro europeo, chiamato a essere luogo di interculturalità e relazione. Dibattiti, seminari e workshop dal 12 al 15 novembre il Teatro Due di Parma. -
Parma,12 novembre 2015 - di Cristina Pedretti -
Dal 12 al 15 novembre il Teatro Due di Parma ospita l'assemblea generale dell'ETC, European Theatre Convention, una rete formata da più di 40 teatri e fondazioni di diversi paesi del mondo, che si danno appuntamento per un momento di confronto e riflessione. Il tema del convegno è "Destination Europe? European drama, a chance for intercultural dialogue" e si propone quindi di analizzare il ruolo del teatro europeo, chiamato a essere luogo di interculturalità e relazione.
Tra i tanti dibattiti e seminari in programma, anche l'incontro con Carlo Severi, direttore della Cattedra di Antropologia della Memoria École des hautes études en sciences sociales, dal titolo "Migrazioni: pungolo di Europa", e la tavola rotonda con Luca Bergamo, segretario generale di Culture Action Europe, Edit Kaldor, regista, filosofa e creatrice di "Inventory of powerlessness", Liesbeth Coltof, direttore artistico di De Toneelmakeri e creatrice del programma destinato ai bambini palestinesi "Ten ways to know us", Rolf Bolwin, Presidente di PEARLE – Performing Arts Employers' Associations League Europe e Cristina Loglio, direttrice del tavolo di lavoro di Europa Creativa del Ministero Beni e Attività Culturali.
Sono previsti anche workshop di approfondimento con gli artisti, importanti basi di partenza per la creazione di futuri progetti artistici, a partire dal tema: "il teatro con le comunità di rifugiati e richiedenti asilo". Due le tracce di lavoro: "la drammaturgia Europea come tramite di identità multiple" e "la responsabilità del teatro nell'era dell'esodo" condotti da Alessandro Renda del "Teatro delle Albe" e da Lara Staal del Frascati Theater di Amsterdam.
Oltre a incontri, tavole rotonde e workshop, Teatro Due offrirà una serie di spettacoli, uno spaccato delle produzioni di Fondazione Teatro Due che hanno riscosso grande successo: "Max Gericke" di Manfred Karge, con Elisabetta Pozzi, in scena venerdì 13 alle 20,30, seguito da "Line" di Israel Horovitz, entrambi diretti da Walter Le Moli; "Le Rane" di Aristofane, di e con l'Ensemble degli attori di Fondazione Teatro Due, sabato 14 alle ore 20,30, e infine, domenica 15 novembre alle ore 16, "Hikikomori", di Holger Schober, con Gianmarco Pellecchia e Laura Cleri.
Sabato 14 novembre inaugura CUBO, il nuovo spazio lavorativo/creativo nato dalla rivalutazione dell’ex polo industriale Mazzoni salotti. L’idea su cui si basa CUBO è quella del dialogo creativo tra le varie realtà professionali che occuperanno gli spazi della struttura.
Di Chiara Marando – Venerdì 13 Novembre 2015 -
Rivalutare un’area industriale, darle non solo nuova vita ma anche un’identità strategica , un carattere che fonde il passato con un presente creativo proiettato verso un futuro da costruire.
Questa è l’idea su cui si fonda CUBO, il progetto nato dalla fantasia visionaria di Eleonora che ha incontrato il favore del proprietario dello stabile nel quale è inserito, ovvero l’ex polo industriale Mazzoni salotti, nonché l’entusiasmo delle tante realtà che con lei hanno dato corpo a questa struttura.
Ma com’è nato CUBO?
In principio è stata l’apertura di LOPPIS al 1° piano dell’edificio, non un semplice negozio di arredamento vintage, piuttosto uno spazio nel quale oggetti dal design ricercato, testimoni di anni passati, vengono rivisti sotto una luce nuova e più moderna. E a dirla tutta, ci si può perdere nel mare di mobili ed accessori che cercano di farsi largo agli occhi del visitatore.
Ma LOPPIS è stata la miccia che ha generato la filosofia alla base del secondo piano, il concetto di PIAZZA come luogo catalizzatore di idee e progetti nel quale realizzare esposizioni, incontri tematici, dove confrontarsi e scontrarsi ma sempre e comunque in modo da costruire qualcosa di nuovo. Qui, Arte, Architettura e Design dialogano in una sorta di creazione partecipata in continua trasformazione, mutevole come lo spazio che la ospita, uno spazio ricco di quel fermento che favorisce l’aggregazione e la socializzazione. La PIAZZA racchiude il concetto del “divenire” ed apre le porte a corsi di formazione, alla cucina vista come ricerca, a degustazioni di prodotti selezionati e di alta qualità, ma anche a workshop, musica ed iniziative sociali ed editoriali.
Anche la sua forma richiama il pensiero di condivisione: un ambiente centrale sul quale si affacciano le diverse attività, tutte completamente autonome ed indipendenti l’una dall’altra. Un “secondo piano” che dà l’impulso a quelli successivi, collegati tra loro da un montacarichi, vera e propria spina dorsale dell’edificio, e sposa pienamente lo slogan che “nella vita ci vuole sempre un piano”.
Gli inquilini di CUBO sono realtà professionali e variegate legate a design, architettura , moda fino alla sperimentazione, attività capaci di mettere in risalto le rispettive diversità generando novità ed opportunità di dialogo.
CUBO è il contenitore, una scatola che raccoglie possibilità da sviluppare, una fucina in fermento proiettata verso nuovi obiettivi. Quali saranno, dove porteranno e cosa genereranno ancora è ignoto, ma certamente il seme è stato piantato e quando la forza di volontà, l’entusiasmo e l’energia positiva sono tante non può nascere che qualcosa di buono.
L’inaugurazione ufficiale è prevista per Sabato 14 novembre dalle 19,00, una serata con Dj set, installazioni, food&drink durante la quale sarà possibile incontrare le varie realtà presenti nella struttura che, per l’occasione, apriranno le porte al pubblico per mostrare ciò che più le rappresenta.
Ed ecco l’elenco degli “inquilini” di CUBO…a ciascun piano la sua sfaccettatura:
00 Loppis Galleria
01 Loppis Mercatino del Riusato
02 5LAB | BeArt 2766 | Clique rielaboratorio | EQ Projects | Studio Azzolini
03 Atelier 35 Architetti | Waxman Brothers | Alessandro Andrei | Andrea Valenti | Studio Z | Impresa F.lli Cerri
04 (work in progress)
05 Shin Ki Tai - Tempio delle arti marziali
06 spazio entropia
CUBO
Via La Spezia, 90
43125 Parma
Tel. 0521 336313
Alle inchieste televisive che demonizzano la medicina estetica risponde il dottor Mario Mariotti, vicepresidente di Agorà, una delle più illustri società scientifiche italiane e fondatore di Unika Medical Spa, chiarendo quando è 'sana' e quando può essere pericolosa. -
Parma, 15 novembre 2015 - di Alexa Kuhne -
Il mito dell'eterna giovinezza seduce.
Rincorrere un'immagine di sé sempre fresca, attraverso la medicina, è diventato un culto, non solo per le donne ma anche per gli uomini (che fanno più fatica ad ammetterlo).
Le pratiche della medicina estetica affascinano ma, nel contempo, fanno paura a molti. Colpa di una informazione sbagliata e di alcuni dottori incauti e scorretti? Ricorrere alla medicina estetica è diventato, non in pochi casi, un modo per combattere insicurezze e paure. Così, il confine fra ciò che è accettabile e sano e ciò che è esagerazione e malattia diventa labile.
Quando rincorrere una immagine ideale di se stessi e quando dirsi basta? Il dottor Mario Mariotti, vicepresidente di Agorà, una delle più illustri società scientifiche italiane (di cui fa parte la scuola superiore quadriennale post-universitaria per medici estetici) e fondatore di Unika Medical Spa, spiega cosa c'è di vero e cosa di falso in quello che fa discutere in questi giorni, soprattutto dopo l'inchiesta di Report, che ha mostrato gli effetti devastanti sul volto di una donna, provocati dall'utilizzo del silicone, bandito per legge.
Che cosa è la medicina estetica?
"Non è solo la punturina correttiva ma significa prendere in carico il paziente a 360 gradi per un percorso prima preventivo e poi correttivo con l'obiettivo di armonizzare il benessere psico-fisico del paziente.
Il processo di invecchiamento è e deve essere vissuto come naturale. Tuttavia, naturale è anche la voglia di rallentarlo tramite pratiche mediche che, se effettuate con l'aiuto di professionisti preparati, sono sicure per la salute e molto efficaci per il benessere, anche psicologico, delle persone che vi si sottopongono".
In pochi step, cosa ci si deve aspettare da un medico estetico?
"Il primo passo che deve fare è la diagnosi. La visita è fondamentale per escludere patologie e allergie (molti pazienti tendono a evitarla). Dopodichè si comincia un percorso terapeutico che comprende programmi nutrizionali, igiene di vita, integrazioni con prodotti farmacologici, fitoterapici e omeopatici. L'obiettivo deve essere prevenire l'invecchiamento e, da ultimo, correggere l'inestetismo".
Quanta è ancora la disinformazione mediatica su un tema importante e che riguarda molte migliaia di persone nel nostro Paese?
"I servizi giornalistici sono pieni di inesattezze e gravi errori scientifici. I media sfruttano preconcetti e scandali.
Per esempio, attribuire la responsabilità dei cambiamenti di espressione dei volti delle star agli incauti interventi di chirurgia plastica e ai trattamenti a base di tossina botulinica è falso. Tutti i medici che lavorano in campo estetico sanno benissimo che i veri pericoli dei trattamenti iniettivi non nascono dal botulino, il quale – ed è ampiamente provato da circa trent'anni di ricerche scientifiche – ha un profilo di sicurezza elevatissimo ma, per esempio, dal silicone e filler semipermanenti e permanenti che da molti anni sono banditi ma che continuano ad essere utilizzati facendo disastri.
Gli operatori del settore sanno altresì che le moderne tecniche di medicina estetica – purché applicate da professionisti seri e preparati- sono capaci di offrire i miglioramenti richiesti senza creare né mostri né caricature".
Quali sono le linee guida che un medico deve seguire?
"Il discredito gettato sulla medicina estetica è assolutamente fuori luogo e immotivato. Secondo tutti i nostri codici etici, l'azione del professionista in tema di ringiovanimento non può e non deve stravolgere l'aspetto del paziente. Scopo fondamentale è quello di prevenire, educare e solo poi correggere. E la correzione deve esclusivamente aiutare i pazienti a portare bene la propria età, oltre che correggere esclusivamente le imperfezioni: qualsiasi stravolgimento non fa parte della buona pratica clinica delle specialità che agiscono in estetica. I trattamenti estetici sono una realtà importante per la salute psicologica di molte migliaia di persone in Italia e nel mondo, occorre maggiore rispetto nel trattarli, anche mediaticamente. Quando si affrontano argomenti così delicati, che coinvolgono molti pazienti, crediamo sia dovere dei media considerare le posizioni delle società scientifiche di riferimento, che sono sempre a disposizione per poter diffondere notizie corrette in maniera adeguata".
Come essere sicuri di aver scelto il medico giusto e di chi diffidare?
"In teoria tutti i medici sono abilitati a pratiche di medicina estetica ma è consigliabile affidarsi esclusivamente a medici diplomati in una scuola post universitaria quadriennale, perché, ad oggi, non esiste una specializzazione universitaria ufficiale.
Bisogna diffidare di medici che non hanno seguito una formazione specifica, che non abbiano una specializzazione affine al campo della medicina estetica. Dubitare dei prezzi bassi e pretendere l'etichetta di tracciabilità del prodotto che viene usato".
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