MODENA – Quattro persone, tutte di origine nigeriana, sono state sottoposte a perquisizione a Modena nell’ambito della maxi operazione mirata a neutralizzare un’organizzazione dedica alle cosiddette “truffe amorose” con conseguente estorsione di denaro alle vittime. Le Forze dell’Ordine hanno sequestrato computer e telefoni per cercare le prove delle truffe ordine e messe a segno.
Quella modenese è solo una parte della maxi operazione in corso su tutto il territorio nazionale in seguito a un’inchiesta svolta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica Umbria, che ha visto coinvolti per le perquisizioni i Centri Operativi di Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Sicilia, Veneto, oltre che delle Province di Modena, Padova, Genova, Pesaro, Latina, Caserta, Campobasso, e Palermo, coordinati dal Servizio Centrale di Polizia Postale e delle Comunicazioni.
Finora, sono 18 le persone indagate per i reati di truffa, ricettazione e riciclaggio, nei confronti delle quali sono stati disposti altrettanti decreti di perquisizione. Il modus operandi prevedeva la creazione di diversi profili falsi sui più popolari social network.
Poi venivano gettate le esche, commenti a post o messaggi adulatori, pieni di complimenti per le foto pubblicate o i commenti espressi.
Una volta che la vittima iniziava a chattare, il truffatore diventava il classico “principe azzurro” o la donna dei sogni, salvo poi passare alla fase successiva del piano: millantando le più svariate vicissitudini, chiedeva del denaro alla vittima.
Nel caso quest’ultima non fosse caduta nel primo tranello, si passava all’estorsione vera e propria, con minacce di divulgare foto e video intimi, oppure di farla finire nei guai per presunti comportamenti illeciti.
L’indagine è partita proprio in seguito alle numerose querele sporte dai truffati, che hanno consentito agli investigatori di individuare un’organizzazione criminale che operava su due livelli. Il primo, radicato nei paesi dell’Africa centro occidentale, si occupava di creare i falsi profili per adescare le vittime.
Il secondo, invece, costituito da decine di persone, aveva il compito di riciclare il denaro ottenuto in maniera fraudolenta, mettendo a disposizione i propri conti, oppure reclutando persone disposte a fornire il proprio conto corrente, talvolta inconsapevolmente, per fare confluire le transazioni illecite, a volte in cambio di una percentuale stabilita.
Il denaro così ottenuto, una volta smistato sui diversi conti correnti, veniva utilizzato per acquistare beni di varia natura, dalle auto al materiale edile ai condizionatori, che venivano poi spediti in Nigeria all’interno di container.
Il volume d’affari si è aggirato sui due milioni di euro in due anni. Gli indagati, sparsi su tutto il territorio nazionale, sono stati in grado di raggiungere le vittime in diversi Paesi europei ed extraeuropei.
A questo proposito gli investigatori, con il supporto della magistratura, hanno attivato i canali di cooperazione internazionale. Importantissimo, infine, il supporto fornito da Poste Italiane Spa e di altri istituti di credito che hanno fornito i riscontri necessari a individuare la catena di trasferimenti di denaro.