Anatocismo, usura e commissione di massimo scoperto nel conto corrente: banca condannata a restituire oltre 70mila euro ad azienda salentina che stava per chiudere i battenti
Più di un sospiro di sollievo per un'azienda salentina che stava per chiudere i battenti perché non ce la faceva più a causa del proprio indebitamento e che comunque aveva pensato di rivolgersi allo "Sportello dei Diritti" in quanto riteneva di aver pagato troppi interessi e spese eccessive alla banca con la quale intratteneva da lungo tempo un rapporto di conto corrente e che pretendeva il pagamento di un notevole debito, in realtà poi rivelatosi inesistente. Conto corrente che agli esperti dell'associazione e dopo una consulenza contabile era apparso sin da subito come illegittimo in una serie di pattuizioni. Proprio per questo, e per riprendersi il maltolto, aveva agito in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce contro l'istituto di credito assistito dai legali dell'associazione, tra cui l'avvocato Francesco Toto.
Con una significativa e recentissima sentenza, il Tribunale salentino ha ritenuto aderire agli esiti della consulenza tecnica disposta dal magistrato, ritenendo che nel contratto di conto corrente in questione vi fosse stata capitalizzazione degli interessi che ha comportato il ricomputo della situazione debiti/crediti con un credito in favore della società correntista.
Il consulente, in particolare ha rilevato che la capitalizzazione trimestrale degli interessi, nel caso di specie, non fosse stata pattuita dalle parti, ed aveva effettuato il ricalcolo degli interessi in base ai criteri dell'art. 117 co. 7 lett. D) D. Lgs. n. 385/93 accertando, infine, un saldo a favore dell'utente bancario di oltre 70mila euro. Pertanto, si legge in sentenza: «il pagamento degli interessi ultra legali "comprensivi anche delle commissioni di massimo scoperto, giorni di valuta, spese e commissioni" non appare giustificato e si versa in un'ipotesi di pagamento dell'indebito come previsto dall'art. 2033 c.c. da cui sorge il diritto alla ripetizione nel limite prescrizionale decennale, a decorrere dalla data di chiusura dell'intero rapporto. Ne consegue, pertanto, la piena legittimità della richiesta di restituzione di dette somme.»
La decisione in questione, per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", è l'ulteriore conferma che le banche nonostante le numerose decisioni susseguitesi negli ultimi anni in materia, hanno continuato a violare la legge e a pretendere interessi e costi maggiori di quelli legali, con ciò causando un notevole ed ingiustificato aggravio per imprese e consumatori che troppo spesso si sono trovate rispettivamente a chiudere i battenti o a vedersi sottoposti ad ingiuste procedure esecutive quando addirittura avrebbero potuto vantare un credito nei confronti delle prime. Ciò dovrebbe far riflettere chiunque ha operato con un conto corrente in rosso e a far verificare l'eventuale sussistenza d'illegittimità nella durata del rapporto bancario al fine di una puntuale ricostruzione di quanto effettivamente si deve dare o addirittura avere.
( 21 aprile 2018)