La memoria scorre all'indietro di molti anni, al tempo dell'università a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Un treno, il locale delle 6,27, che impiegava quasi 2 ore per raggiungere Bologna. Era un privilegio non da poco aver la precedenza sui passaggi a livello. Il treno del "far west" come lo chiamavamo noi pendolari dello studio. Le panche di legno, una porta di salita e discesa per ogni scompartimento e le "guarnizioni" queste sconosciute. Spifferi o meglio vortici di gelo in inverno e soffocanti vampate d'aria umida d'estate si scaraventavano addosso insieme a quelle "damascate" e maleodoranti tendine parasole. Il "locale" però aveva un pregio: era l'unico treno ,più o meno, in orario. Tra scioperi e guasti alle locomotive o alle linee, tutti gli altri accumulavano ritardi impensabili. Non era infrequente raccogliere il passaggio da treni del "nord" con 10-11 ore di ritardo.
Tutta questa premessa, un po' nostalgica, per arrivare a parlare del "mercatino della montagnola". Il venerdi l'attraversamento di quello scorcio di parco che divideva la zona stazione con la zona a ridosso dell'area universitaria, si trasformava in un vero e proprio mercato. Piccole bancarelle ma anche soltanto tavolini o stuoie su cui appoggiare la merce e offrirla in scambio o per una manciata di lire. Giovani, per lo più, erano quelli che esponevano la merce, molto differente da quanto veniva proposto a poche decine di metri, un po più in là, nel mercato ambulante del venerdi.
Soggetti diversi e ben riconoscibili. Professionisti da un lato e hobbisti dall'altro. Diverse anche le merci esposte e diversi pure i clienti.
Ecco perchè, personalmente, non intravedo una concorrenza diretta tra le due classi di operatori ma, al contrario, un reciproco vantaggio.
Di questo ne erano convinti anche gli estensori del disegno di legge del 1997, i Senatori della XIII legislatura Colla e Avogadro - di cui si riporta il testo completo in allegato - i quali si preoccupavano di mettere al sicuro, in piena correttezza legale, i privati cittadini che erano interessati alla cessione di oggetti.
"Il privato cittadino hobbista - si legge nella proposta - deve essere messo nelle condizioni di operare nella completa liceità e non nell'abusivismo, allineando i mercatini ad altri metodi di scambio delle merci quali: gli annunci, le inserzioni su quotidiani e periodici specializzati, le trattative private, le aste pubbliche, il conto vendita presso operatori commerciali. Tra i mercatini piú noti sono da annoverare Porta Portese a Roma, la Montagnola a Bologna, la Vecchia Pescheria a Rimini, Cordusio e i Navigli a Milano, Principe a Genova, Balún a Torino. Riguardo a questa attività non é che si possa parlare di commercio vero e proprio, a meno che l'operatore non la eserciti in forma giornaliera e continuativa, traendone guadagno e senza utilizzare personalmente le merci acquistate."
Forse, riprendendo in mano quei principi e ragionando sulle "differenze" tra i due soggetti operatori, si potrebbe offrire una occasione di integrazione tra i due mondi con reciproci vantaggi. Regolamentare, a mio avviso, non è solo opporre dei "divieti" o esporre "tariffe" dissuasive, bensì vuol dire anche vigilare sulla correttezza dell'esercizio di ciascun operatore.