Giovedì, 21 Novembre 2024 05:12

Il Clima è il nuovo Covid? Il dramma della sensazionalizzazione meteorologica In evidenza

Scritto da Andrea Caldart

Nell’ultimo anno, le notizie del mainstream sul “cambiamento climatico” hanno scalato rapidamente la classifica delle preoccupazioni globali, rubando la scena anche a tematiche di primo piano, come quella “pandemica” di Covid-19.

Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari, 19 novembre 2024 - Se durante il triennio pandemico ogni caso, numero e statistica venivano amplificati volutamente a livelli esasperati, ricordiamo Roberto Speranza che diceva a Brusaferro: “Dobbiamo mettere paura per imporre le restrizioni”, oggi sembra che il clima abbia assunto quel ruolo, con una narrativa che trasforma ogni evento meteorologico, anche il più banale, in una catastrofe epica.

Che si tratti di un temporale, una nevicata abbondante o una giornata insolitamente calda, i titoloni dei giornali e le dirette televisive spesso descrivono l’evento con un’enfasi che rasenta l’apocalittico.

"Bombe d’acqua devastano la città", "Caldo record mai registrato prima", "Freddo polare paralizza il Paese": queste espressioni, sempre più ricorrenti, sono create per generare allarmismo alimentando una psicosi di massa per tentare di imporre restrizioni draconiane e provare così a collocare nuovamente gli obiettivi dell’Agenza 2030.

Il parallelismo con la “pandemia” di Covid-19 è inevitabile. Anche allora, la comunicazione aveva abbracciato una narrazione iper-drammatica, enfatizzando il conteggio dei contagi e delle vittime in una sorta di "cronaca del disastro" costante. Oggi il clima sembra aver preso il suo posto, con lo stesso approccio: il clamore mediatico, la ricerca del titolo sensazionale e l’attenzione spasmodica al fenomeno del momento.

Il risultato? Un pubblico sempre più confuso, incapace di distinguere il reale rischio climatico dall’esagerazione comunicativa, risultato concertato di una retorica mediatica che non distingue tra l’evento eccezionale e l’ordinario.

Le previsioni meteorologiche, nonostante l’avanzamento tecnologico, non sono infallibili. Tuttavia, la comunicazione di massa sembra ignorare l’incertezza intrinseca dei modelli previsionali, preferendo il sensazionalismo. Se una nevicata prevista si trasforma in pioggia, non importa: l’allarme è stato lanciato e la percezione del rischio persiste.

Un esempio emblematico è stato quest’anno il trattamento riservato alle "ondate di caldo" estive, che spesso vengono enfatizzate al punto da sembrare straordinarie, quando in realtà possono rientrare nella normale variabilità stagionale. Questa drammatizzazione non solo deforma la realtà, ma contribuisce a un circolo vizioso di allarmismo climatico.

Se il clima si sta tentando di farlo diventare "il nuovo Covid", allora è fondamentale imparare dagli errori del passato. La soluzione non sta nel minimizzare i problemi climatici, ma nel raccontarli con sobrietà e rigore scientifico.

Occorre distinguere tra eventi normali, estremi e straordinari, fornendo al pubblico uno strumento per comprendere e agire, anziché semplicemente allarmarlo.

Un’emergenza climatica richiede una risposta collettiva, ma questa non può essere costruita sull’onda del panico mediatico. Il clima non è uno spettacolo, ma un sistema complesso di cui siamo parte.

Rispettarlo significa anche raccontarlo con serietà e onestà, senza cadere nella trappola dell’effetto speciale permanente.

Nel mondo iperconnesso di oggi le previsioni meteo sono diventate un costante promemoria di un futuro incerto, dipinto a tinte fosche quasi sembrino più una profezia che la percezione di un disastro.

La vera emergenza, dunque, non è climatica, ma narrativa.

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