Mercoledì, 08 Marzo 2023 05:31

Riflessione sull’uguaglianza tra Donna e Uomo. In evidenza

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Una riflessione obbligata nella ricorrenza dedicata alle Donne.

Di Tamara Viotto Belluno, 8 marzo 2023 - Consultando un vocabolario della lingua italiana alla voce “donna” si leggerà “essere umano di sesso femminile”, mentre alla voce “uomo” “essere umano di sesso maschile”, ma anche “essere cosciente e responsabile dei propri atti”, si tratta, quest’ultima, della cosiddetta forma neutra, un’accezione del termine che ricomprende ambedue i generi, maschile e femminile.

Esiste quindi una parte che accomuna l’uomo e la donna e che li identifica come individui coscienti e responsabili dei propri atti. In matematica si direbbe un minimo comune denominatore, una parte che rende uguali due entità diverse, almeno per alcuni fattori comuni.

Nel mese di marzo, mese in cui ricorre la Festa della Donna, è quasi d’obbligo una riflessione.

Dopo secoli di lotte per i diritti dell’umanità, del cittadino e, appunto dell’uomo, dovrebbe essere di comune accordo che ciò che rende uguali l’uomo e la donna sono prima di tutto i diritti inviolabili, decantati da ogni Carta costituzionale o Atto che si vuol far portavoce di moralità.

Se fosse davvero comunemente accettato e praticato quanto detto, non ci dovremmo più trovare di fronte ad una festa fatta insieme di mimose e spot per sensibilizzare ciò che ormai dovrebbe essere ovvio. Non dovremmo più leggere notizie di abusi, femminicidi, maltrattamenti, discriminazioni, emarginazioni. Il termine “sesso debole” non dovrebbe più esistere perché dovrebbe essere superato, obsoleto.

Ed invece non è ancora così.

Per di più in seguito all’elezione a Presidente del Consiglio di una donna, Giorgia Meloni, si è alimentata, di nuovo, nel corso degli ultimi mesi la discussione sulla parità di genere a livello linguistico; di nuovo perché già nel 1987 era stato redatto un documento dal titolo “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” ed estratto da “Il sessismo nella lingua italiana” a cura di Alma Sabattini per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna.

Nella premessa di tale documento se ne legge l’obiettivo “…dare visibilità linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti al sesso femminile”. Per evitare di cadere nella mera retorica il testo precisa che “…la parola è una materializzazione, un’azione vera e propria” e che “…è necessario un cambiamento più sostanziale dell’atteggiamento nei confronti della donna, un senso che traspaia attraverso la scelta linguistica”.

Gli accorgimenti suggeriti all’interno della relazione sono molti: l’attenzione alle declinazioni, agli usi dei termini, alla posizione delle parole nelle frasi e tutti possono essere un mezzo per sensibilizzare un cambiamento che però deve essere più radicale, che deve forse ricondurre al riconoscimento comune di quell’”uomo neutro” portatore di uguale rispetto, diritti e valori. Più di 35 anni ci separano da quel tentativo di regolamentazione linguistica e si può affermare che alcuni dei vocaboli citati sono oggi comunemente accettati e utilizzati (la preside, la scrittrice, la deputata) mentre altri non hanno superato la barriera culturale (la medica, la cavaliera del lavoro).

Nonostante gli sforzi pare proprio che si sia ancora lontani da quel cambiamento più sostanziale avvertito già negli anni ’80 visto che se parliamo di “medico” la maggior parte penserà ad un uomo e non ad una donna; e se diciamo “cuoco” non intendiamo la stessa cosa di “cuoca” laddove pensiamo al primo in un ristorante stellato e la seconda in una trattoria.

Nonostante si parli quotidianamente di progresso è ancora necessario regolamentare (per esempio con le quote rosa) ciò che ancora non è comunemente sentito, accettato e praticato.

Ben vengano le diverse strategie per sensibilizzare una parità che non sia solo fatta di parole, nella speranza però di non dover aspettare ancora molto affinché l’otto marzo diventi un giorno di memoria, di ricordo di un tempo in cui l’”uomo neutro” non esisteva; un tempo in cui uomini e donne anziché riconoscere i valori comuni si facevano a vicenda la guerra per capire chi dei due fosse il migliore; un tempo in cui, per cercare una parità si preferiva cancellare le diversità con un * nel vano tentativo di rendere così tutti uguali.

Matthew Henry nel lontano 1700 diceva “La donna è stata creata da una costola tratta dal fianco di Adamo, non creata dalla sua testa per dominare su di lui, né dai suoi piedi per essere da lui calpestata, ma dal suo fianco per essere uguale a lui, sotto il suo braccio per essere protetta e vicino al suo cuore per essere amata.”