Una situazione drammatica che - rileva la Coldiretti - rappresenta la punta di un iceberg.
Roma 26 marzo 2014 -
Sono 4,1 milioni, tra famiglie e separati, gli italiani che nel 2013 sono stati costretti a chiedere aiuto per il cibo da mangiare, con un aumento del 10 per cento sullo scorso anno e del 47 per cento rispetto al 2010, ovvero ben 1.304.871 persone in piu’ negli ultimi 3 anni. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base dei dati Agea, nel commentare l'allarme lanciato dal presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, circa il fatto che il 66 per cento dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto di beni di prima necessità. Una situazione drammatica che - rileva la Coldiretti - rappresenta la punta di un iceberg delle difficoltà che incontrano molte famiglie italiane nel momento di fare la spesa. In termini generali si contano 303.485 persone che hanno beneficiato dei servizi mensa, tipologia di sostegno spesso prediletta proprio dai separati, ovvero da chi è rimasto solo, mentre sono ben 3.764.765 i poveri che nel 2013 hanno avuto assistenza con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative delle famiglie le quali per vergogna prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti in mensa.
Nel rapporto sulla desertificazione, tra il numero delle imprese e quello degli abitanti la città della Ghirlandina risulta ben al di sotto della media nazionale e regionale -
Modena, 28 marzo 2014 -
Da un lato le vendite al dettaglio alimentare letteralmente al palo, dall’altro l’avanzare della desertificazione nei centri urbani per i piccoli esercizi che trattano questi generi: in Italia, ma ancor di più sul territorio modenese. A rilevarlo un’analisi condotta dall’Osservatorio di Confesercenti. Se a livello nazionale la media risulta poco meno di 1,6 negozi alimentari ogni mille abitanti, in città, a Modena, si abbassa drasticamente, assestandosi a 0,89: meno di un negozio alimentare ogni mille persone. Un dato che proietta Modena rispetto agli altri capoluoghi di provincia ai vertici - 7°posto - nel rapporto sulla desertificazione (presenza di PMI alimentari/numero abitanti), tracciato dall’Associazione.
La crisi dei consumi, unita ad un eccesso di liberalizzazioni su orari e giorni di apertura sta cancellando molte PMI della distribuzione commerciale, comprese quelle alimentari, favorendo in questo modo la desertificazione delle vie delle città. Una crisi dei consumi, che perdura ormai dal 2008, che si riflette in modo pesante sulle piccole attività, e che continua senza alcun accenno di inversione di tendenza. Anche i dati ISTAT relativi alle vendite al dettaglio del mese di gennaio certificano che questa tendenza non conosce interruzione. Il commercio nel comparto alimentare, a livello nazionale, risulta fermo su base mensile e in flessione rispetto a gennaio 2013 dello 0,1%. Percentuale che peggiora, se guardiamo alla media del trimestre novembre 2013-gennaio 2014: la flessione registrata è dello 0,4% rispetto a quello precedente. Numeri dunque negativi, aggravati oltretutto anche dal confronto delle vendite per forma distributiva: rispetto al gennaio 2013, mentre la grande distribuzione segna un incremento dell’1,0%, frutto soprattutto dell’impennata del canale Discount (+3,1%), per le imprese operanti su piccole superfici, il calo registrato è del -2,5%. Non si discosta di molto da questo contesto il dato modenese in cui le vendite al dettaglio tra i piccoli esercizi del settore alimentare nel 2013, rispetto all’anno precedente, hanno subito un calo dell’1,1%.
A preoccupare però sono i dati relativi al numero di negozi alimentari presenti. Di fronte ad una situazione che ha visto la chiusura a livello nazionale tra gennaio e febbraio 2014, di circa 30 imprese al giorno, attualmente nel Paese risultano attive, nel settore della vendita di generi alimentari al dettaglio, 95.105 piccole imprese, pari a 1,59 ogni 1000 persone. Una media che si abbassa ulteriormente, se messa a confronto con quella delle città capoluogo dell’Emilia Romagna dove il numero PMI alimentari è di 1,19, ogni 1000 abitanti. Mentre solo Bologna risulta con i suoi 1,72 negozi, superiore alla media nazionale, decisamente negativo è il dato modenese. In città infatti su quasi 180 mila abitanti, gli esercizi commerciali che trattano la vendita al dettaglio di generi alimentari sono 159; che significa una media di 0,89 esercizi: al di sotto di quella regionale - davanti solo a Reggio Emilia - e quasi la metà rispetto a quella Italiana.
“Il Paese è ancora fermo ed i consumi arretrano, segno inequivocabile della mancata ripresa e del persistere delle difficoltà delle famiglie. I dati Istat nazionali ci consegnano un quadro di crisi profonda che sta attraversando il settore del commercio al dettaglio – evidenzia Confesercenti Modena – in cui le micro e piccole imprese stentano sempre più a restare sul mercato. In una situazione in cui la desertificazione commerciale appare inarrestabile, Modena si trova a livello nazionale tra le prime città italiane a subire gli effetti di questo disastroso quanto preoccupante fenomeno. Il servizio di vicinato, garanzia per le fasce di popolazione più deboli e per la sicurezza del territorio, è sempre più a rischio. Anche per questo ci aspettiamo dal Governo un’accelerazione sulle misure a favore delle imprese e per il sostegno ai redditi più deboli, per porre fine alla lunga crisi del mercato interno, alle Amministrazioni locali invece chiediamo fermamente di mettere fine alle politiche che hanno favorito l’espansione delle grandi strutture di vendita. Ci aspettiamo una programmazione del territorio che invece promuova uno sviluppo della rete distributiva in sui si salvaguardi la pluralità dei canali distributivi, da tutti ritenuta un valore sia sociale che economico”.
Tabella desertificazione: consistenza numerica delle imprese del commercio al dettaglio alimentare, rapportata al numero degli abitanti. Elaborazione Confesercenti su dati Istat e Osservatorio Confesercenti
Popolazione N. negozi dettaglio alimentare N. negozi per 1000 abitanti Italia 59685227 95105 1,59 Città capoluogo di provincia Bologna 380635 654 1,72 Rimini 143731 219 1,52 Piacenza 100483 126 1,25 Parma 177714 218 1,23 Ferrara 131482 149 1,13 Ravenna 154288 172 1,11 Forlì - Cesena 116029 118 1,02 Modena 179353 159 0,89 Reggio Emilia 163928 137 0,84
(Fonte: ufficio stampa Confesercenti Modena)
Lunedì 31 marzo scade la cassa integrazione in deroga a zero ore per le sei lavoratrici ancora in servizio. A lanciare l'allarme sono i sindacalisti Carlo De Rosa (Fim-Cisl) e Sauro Tondelli (Fiom-Cgil), che chiedono all'azienda di dare risposte concrete alle dipendenti -
Modena, 28 marzo 2014 -
Si fa sempre più incerto il futuro dei dipendenti della TM srl, azienda di Cognento di Modena che produce apparecchiature per le cure estetiche ed è in liquidazione da inizio 2013. Lunedì 31 marzo scade la cassa integrazione in deroga a zero ore per le sei lavoratrici ancora in servizio. A lanciare l’allarme sono i sindacalisti Carlo De Rosa (Fim-Cisl) e Sauro Tondelli (Fiom-Cgil), che chiedono all’azienda di dare risposte concrete alle dipendenti. «La vertenza è iniziata ad agosto 2012, quando la quasi totalità degli undici dipendenti TM, in maggioranza donne, si è rivolta a noi denunciando ritardi di mesi nel pagamento delle retribuzioni e incertezze sul futuro, come dimostrano i tre amministratori delegati che si sono avvicendati negli ultimi due anni – ricordano De Rosa e Tondelli - Abbiamo avuto diversi incontri anche in Provincia per concordare, oltre all’utilizzo della cassa integrazione in deroga, percorsi di rientro degli arretrati. L’azienda ha rispettato il primo accordo, pur spostando il pagamento in avanti di alcuni mesi, ma non il secondo, firmato il 7 maggio 2013». Ai sindacati l’azienda lamenta una mancanza di liquidità dovuta a un calo del mercato; sostiene di avere in magazzino circa 200 macchine invendute, oltre a crediti per circa 100 mila euro nei confronti di alcuni clienti che si trovano in fase di concordato preventivo e per i quali TM sta chiedendo al tribunale l’insinuazione al passivo. L’azienda ha sempre dichiarato che sta analizzando alcune proposte per l’ingresso di nuovi soci o la cessione dell’attività commerciale. Recentemente si è parlato di una collaborazione tra TM e Teregroup, società di biotecnologie con capitali russi, che da alcuni anni ha messo le basi a Modena e che risulta appartenere anche alla madre di Tetyana Teregulova. Quest’ultima ricopre ruoli di responsabilità in TM, tanto che ha partecipato a un incontro in Provincia. «La signora Teregulova ha affermato che da TM Teregroup ha rilevato solo un progetto e il suo autore, negando collaborazioni tra le due società – continuano De Rosa e Tondelli – Nel frattempo la sede legale TM è stata spostata da Cognento a Modena e l’azienda ha acquisito un magazzino a Campogalliano per le 200 macchine ancora invendute. Teregulova ha ribadito che la TM si sta confrontando con un’azienda non di Modena con la quale dovrebbe nascere una collaborazione per commercializzare le macchine invendute. Questo porterebbe alla possibilità di far lavorare due impiegate oggi in cigs. E le altre? Se tutto resta come adesso, è chiaro che l’azienda non è in grado di rispettare l’accordo del 7 maggio 2013. Per questo – concludono i due sindacalisti di Fim-Cisl e Fiom-Cgil – chiediamo a TM di fare chiarezza una volta per tutte e dare risposte concrete alle sei lavoratrici rimaste in organico».
(Fonte: ufficio stampa CGIL- CISL)
La crisi ha colpito pesantemente anche in Emilia Romagna. Nonostante tutto i NEET sono ancora, seppur di poco, al di sotto della media europea.
di LGC - Parma 26 Marzo 2014 --
Sono quasi 90mila i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Sono quelli che l'Unione europea definisce i Neet: Not in Education, Employment or Training.
Un numero elevato in termini assoluti ma ancor più inquietante osservandone di trend disegnato dal 2004 al 2011 quando, in soli sei anni, si è passati dal 9,8% al 15,3% secondo i dati dell’ultimo report dell’ISTAT. Un tasso appena inferiore alla media europea.
Infatti, in Italia (22,7%) la quota dei Neet,( giovani non inseriti in un percorso scolastico/formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa) è molto superiore a quella della media europea (15,4 per cento) con un’incidenza più elevata tra le donne (25,4 per cento) rispetto a quella registrata fra gli uomini (20,1 per cento), soltanto la Bulgaria e la Grecia presentano valori più alti fra i Paesi UE.
In Emilia Emilia-Romagna si osserva una percentuale di Neet inferiore che nella media del Paese pari al 15,3% e leggermente inferiore anche alla media europea.
Nell’analisi di genere, si evince che le donne (18,9) registrano percentuali stabilmente più sfavorevoli rispetto agli uomini (11,9).
Più in generale nel secondo trimestre del 2013 sono 162.000 le persone in cerca di occupazione in Emilia Romagna.
Una quota che si è andata a incrementare a partire dal 2008 con andamenti diversificati tra i generi. I maschi, come riporta la “Fotografia del Sociale” dell’Emilia Romagna, in cerca di impiego risentono della crisi economico-finanziaria già dal quarto trimestre del 2008 mentre le femmine mostrano un aumento a partire dal secondo trimestre del 2009. Ad un primo parziale e leggero riassorbimento del fenomeno per entrambi i generi dal terzo trimestre del 2011 si assiste ad una ripresa della crescita fino a raggiungere il picco più alto nel primo trimestre del 2013 ed attestarsi nel secondo trimestre del 2013 a 82mila unità per le femmine ed 80mila per i maschi. Tuttavia, confrontando i punti più alti e più bassi raggiunti dalla disoccupazione, i maschi passano da 23mila unità a 93mila, quattro volte di più, mentre le femmine, nello stesso periodo, da 32mila a 103mila, oltre tre volte di più.
Raggiunto un accordo-quadro per la storica azienda di San Martino: ai lavoratori la possibilità di trasferirsi o, al termine della cassa integrazione, la mobilità incentivata -
Reggio Emilia, 24 marzo 2014 -
Dopo alcuni giorni di trattative, iniziate dopo l'incontro di giovedì scorso in Provincia a cui ha partecipato anche il vicepresidente Pierluigi Saccardi, si è conclusa con un accordo-quadro la sorte dello stabilimento di San Martino in Rio della Pozzoni Spa, ex Capriolo Venturini, i cui lavoratori sono in cassa integrazione dal dicembre scorso.
Purtroppo, sono venute a mancare le condizioni minimali per proseguire l'attività produttiva, a seguito delle scelte aziendali del gruppo Pozzoni di razionalizzare la propria rete, accorpando le lavorazioni della sede reggiana a quelle di Bergamo. Il trasferimento delle macchine e delle lavorazioni, oramai inevitabile, avverrà nell'arco dei prossimi mesi, fino a conclusione del periodo di cassa integrazione previsto per il prossimo dicembre.
L'accordo prevede la possibilità, per i lavoratori interessati, di trasferirsi volontariamente nella nuova sede di Bergamo, alle medesime condizioni contrattuali praticate nello stabilimento di San Martino. Per coloro che non sono disponibili a seguire l'attività produttiva a Bergamo, al termine del periodo di cassa integrazione potrà essere attivata la mobilità incentivata.
"Di fronte alle scelte condivise tra azienda e lavoratori non possiamo che fare un passo indietro, anche se nell'incontro di giovedì scorso, insieme al sindaco di San Martino in Rio, abbiamo tentato tutte le strade possibili per scongiurare la chiusura dello stabilimento della ex Capriolo Venturini - afferma il vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia, Pierluigi Saccardi – Si tratta infatti di un’azienda storica del tessuto produttivo reggiano, che perde così un altro pezzo, proprio in un comprensorio già colpito da altre situazioni aziendali difficili. Ci auguriamo che questo vero e proprio stillicidio veda presto la fine per poter rilanciare, a fronte di attività forse non più sostenibili dal punto di vista imprenditoriale, un nuovo assetto produttivo che non solo recuperi i posti di lavoro persi, ma favorisca l'inserimento di nuove leve generazionali, con qualità e competenze rinnovate, indispensabili per il futuro della nostra economia".
(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)
«Ad una prima impressione, le misure di Governo anticipate dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vanno nella giusta direzione, con coraggiosi interventi finalizzati a rilanciare l’Italia». È questo il commento del presidente Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani.
Roma, Marzo 2014 -
«In particolare – prosegue Stoppani – vanno apprezzati gli interventi sul lavoro, come l’abolizione della causale per i contratti a termine fino a 36 mesi e lo snellimento burocratico sull’apprendistato. Si tratta di provvedimenti che portano a una maggiore flessibilità del lavoro, favorendo nuove assunzioni. Inoltre, relativamente agli interventi fiscali sulla revisione delle aliquote Irpef per i redditi più bassi ci conforta la posizione del presidente Renzi che ha collegato nuove entrate per le famiglie al rilancio dei consumi anche nel settore dei pubblici esercizi. Sentire affermazioni del capo di Governo del tipo “Voglio che un padre possa dare 20 euro in più al figlio magari solo per andare a mangiare una pizza” trasferiscono immediatamente l’obiettivo principale della manovra, che è quello di rilanciare i consumi e costituiscono un segnale di grande attenzione e consolazione anche per le imprese del nostro comparto».
(Fonte FIPE)
Prevale l’aspetto edonistico per il pesce rispetto alle caratteristiche nutrizionali. Analizzando dati degli acquisti rilevati dal panel famiglie Ismea GFK-Eurisko, si evince poi un deciso taglio nel segmento del fresco
di Virgilio - Parma, 23 marzo 2014.
Il perdurare della crisi economica incide sempre più profondamente sugli stili e comportamenti d’acquisto delle famiglie italiane anche nel settore alimentare.
L’ultima conferma arriva dalla analisi effettuata da ISMEA GFK-EURISKO nella quale si evince un deciso taglio agli acquisti di pesce fresco. “Tra le mura domestiche - sottolinea l’Istituto d’indagine ISMEA - il consumo di pesce fresco e trasformato è calato nei primi undici mesi del 2013 del 3,5% in quantità su base annua, in un contesto che vede il consumo ittico pro-capite scendere in Italia sotto la soglia dei 20 kg/annui, per la prima volta dall'inizio del nuovo millennio. Ma a far riflettere, oltre alla riduzione quantitativa, è la significativa flessione della spesa corrispettiva (-13,2% nel periodo in esame) che ben incarna il crescente orientamento degli italiani verso modelli di consumo low cost.”
L’indagine inoltre indica come lo scenario dei consumi ittici sul canale extra domestico sia legato prevalentemente a occasioni di festa e al tempo libero privilegiando il consumo in ristoranti specializzati e più frequentemente nella stagione estiva. A dimostrazione di un atteggiamento più orientato alla soddisfazione del palato piuttosto che a un consumo qualitativo più ampio.
Male fatturato e investimenti. Persiste la crisi dei consumi: servizi alla persona mai così giù. Govoni: "Ora attendiamo gli effetti del pacchetto Renzi" -
Bologna, 14 marzo 2014 -
Ancora brutte notizie per l'economia regionale. L'andamento congiunturale del terzo trimestre 2013 è decisamente negativo: ancora giù, per il terzo trimestre consecutivo, fatturato ed investimenti.
E' quanto emerge dall'analisi dei bilanci di 5.040 micro e piccole imprese effettuata da Istat per l'Osservatorio congiunturale TrendER, realizzato da CNA Emilia Romagna e dalla Federazione Banche di Credito Cooperativo dell'Emilia Romagna.
Dati economici più che preoccupanti, che presentano un ulteriore indebolimento rispetto al 2012: il fatturato registra un dato tendenziale pari a – 4,1%, mentre crollano gli investimenti con il -38,1%.
L'unico segnale positivo viene dal fatturato estero che registra un valore tendenziale del +28,5%, non sufficiente, tuttavia, a compensare il crollo della domanda interna.
Tra i settori, le costruzioni evidenziano una lieve inversione di tendenza. Pur rimanendo su un dato tendenziale negativo (-3%) registrano, infatti, un andamento congiunturale con un piccolo recupero, passando da un numero indice di 75,2 a 82,2.
In ripresa il settore del legno che, dopo 5 trimestri negativi, segna un aumento tendenziale del fatturato pari al +4,5%.
Permane il quadro di estrema difficoltà del settore tessile che, da otto trimestri, registra un fatturato negativo e che, riportando un -12,2% nel terzo trimestre 2013, tocca il punto più basso dal 2008.
Cattive notizie anche per il settore alimentare che segna un dato tendenziale negativo per il fatturato pari al -19,2%, reso appena meno preoccupante solo dal dato congiunturale in leggera ripresa.
Ma il settore che sta pagando gli effetti più duri della crisi dei consumi è quello dei servizi alla persona, che da tre trimestri riporta dati negativi, toccando il valore più basso dal 2008. "Vedremo nelle prossime settimane – commenta Paolo Govoni, Presidente di CNA Emilia Romagna – se anche i dati di fine 2013 confermeranno questa tendenza o se si registreranno quei timidi segnali di ripresa di cui si parla".
Al momento, per l'artigianato e la micro-piccola impresa, in questi dati, c'è la conferma di una particolare pesantezza della crisi, che deriva soprattutto dalla scarsa domanda interna. Infatti, lo stesso segnale positivo registrato dall'export, pur molto importante in sé, riguarda un numero limitato di aziende, e non riesce, assolutamente, ad attutire gli effetti del calo del fatturato interno.
"Ecco perché – prosegue Govoni – sono urgenti politiche anticicliche che mettano velocemente in circuito risorse in grado di spingere fatturato ed investimenti. All'intervento sullo sblocco dei debiti della PA debbono essere associati interventi di riduzione della pressione fiscale, per ridare fiducia nel futuro e rimettere in moto un meccanismo di produzione e distribuzione delle risorse a beneficio delle imprese e dei cittadini. Ora attendiamo che il complesso di provvedimenti annunciato dal Presidente del Consiglio, trovi effettiva applicazione, per favorire la ripresa, lo sviluppo ed il lavoro, affrontando, altresì, la giungla burocratica, la riduzione della spesa improduttiva e l'evasione fiscale".
(Fonte: ufficio stampa CNA Regionale)
Nei primi due mesi del 2014 in regione hanno già chiuso 937 attività al dettaglio e 648 ricettive e di ristorazione -
Bologna, 13 marzo 2014 -
Non si ferma la tendenza negativa per le piccole, medie e imprese in Emilia Romagna. La nostra regione non viene risparmiata dalla crisi, anche se in maniera più contenuta rispetto ad altre zone d’Italia.
Nel primo bimestre del 2014, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, solo nel settore della distribuzione al dettaglio, hanno già chiuso i battenti nella nostra regione ben 937 negozi, mentre continuano ad essere ridotte le nuove aperture di attività (244) con un saldo negativo di -693.
Non differiscono di molto i dati relativi agli intermediari del commercio; nel gennaio e febbraio 2014 hanno chiuso i battenti 669 attività, mentre se ne sono iscritti 313 per un saldo di - 356.
Per quanto riguarda invece le imprese ricettive e di ristorazione, hanno chiuso 648 attività, se ne sono iscritte 171, per un saldo complessivo di -477.
“Ormai ci sentiamo considerati come il pastore della favola di Esopo che gridava al lupo al lupo - spiega il presidente Confesercenti Emilia Romagna Roberto Manzoni – in realtà la situazione è realmente ormai oltre il limite sopportabile e la continua diminuzione di attività significa una vera sconfitta per tutto il mondo politico e un impoverimento per l’intero tessuto sociale che in alcune zone delle nostre città significherebbe desertificazione. E’ anche la sconfitta della creatività e della capacità imprenditoriale dei nostri concittadini, da sempre in prima fila per la capacità di innovare e di creare impresa.”
“L’emergenza la sottolineiamo da diversa tempo – sostiene Stefano Bollettinari, direttore Confesercenti Emilia Romagna – ma fino ad ora siamo stati purtroppo inascoltati. Il trend negativo che l’Osservatorio ha registrato è il segnale che i mesi sono passati e poco o nulla è stato fatto. Speriamo che questo nuovo Governo abbia in calendario come priorità politica il rilancio delle piccole e medie imprese, senza le quali l’intero nostro Paese non potrà vedere una ripresa economica; in ogni caso i provvedimenti annunciati ieri, pur con alcuni limiti, vanno nella direzione giusta nel tentativo di rilanciare consumi e occupazione, riducendo nel contempo la spesa pubblica.”
(Fonte: L’Ufficio stampa Confesercenti Regionale Emilia Romagna)
Dato peggiore degli ultimi 40 anni sia a livello locale, regionale che nazionale. L'Associazione: "Mercato interno ancora in profonda crisi. La ripresa della domanda è indispensabile e fondamentale per far ripartire il territorio e l'Italia" -
Modena, 13 marzo 2014 -
"Un anno di crisi feroce il 2013, l'ennesimo. Con un calo del Pil e, soprattutto, dei consumi peggiore del previsto – sostiene Confesercenti Modena - Un'eredità pesante, che nei primi due mesi del 2014 ha portato ad una vera e propria emorragia di imprese nei settori del Commercio, del Turismo e dell'Intermediazione. Secondo le rilevazioni dell'Osservatorio di Confesercenti, il primo bimestre dell'anno, i settori citati hanno registrato a livello nazionale complessivamente oltre 29.000 cessazioni, con un saldo negativo di oltre 17.000 imprese. Numeri che significano sul totale delle imprese registrate un -2,0% in soli due mesi. Dati che peggiorano in ambito emiliano-romagnolo, dove le chiusure sono state oltre 2.500 per un saldo negativo di 1.700 pari ad un -2.3% (sempre sul totale delle imprese registrate). Ma ancor di più se guardiamo al solo territorio modenese, città e provincia: ammontano infatti a 373 le imprese che hanno cessato l'attività, per un saldo negativo finale di 240 unità che corrisponde al -2,4% sul totale di quelle registrate".
"Particolarmente preoccupante poi – continua l'Associazione - il dato relativo alle nuove aperture che nelle categorie esaminate sono state appena 11.400 a livello nazionale, 880 a livello regionale e 134 a livello provinciale: dal nazionale, al locale si tratta del dato più basso, per quanto riguarda il primo bimestre, degli ultimi 40 anni. A chiudere, secondo le analisi dell'Osservatorio, sono state soprattutto donne e imprenditori over 50; mentre ad avviare nuove attività con maggior frequenza, i giovani e gli stranieri. Dopo l'ennesimo Natale fiacco, molti imprenditori hanno ritenuto di non affrontare l'anno, con il suo carico di spese ed adempimenti fiscali, optando invece per la chiusura. Anche perché il mercato interno è ancora in una fase acuta di crisi e di conseguenza la riduzione di consumi non accenna ad arrestarsi. Il fortissimo numero di cessazioni di imprese attive nell'intermediazione commerciale – 103 in provincia di Modena, 670 in Regione e 5.800 a livello nazionale - ci segnalano inoltre l'immobilità della domanda in tutti i settori, dalla compravendita di case a quella di auto e beni commerciali".
Dal rapporto negativo rilevato dall'Osservatorio Confesercenti, tra aperture e chiusure registrato nei primi due mesi dell'anno, non si salva nemmeno il commercio su area pubblica. Il settore dei commercianti cosidetti 'ambulanti', che fino ad oggi aveva mostrato un andamento anticiclico, segna questa volta sul territorio modenese un saldo negativo di ben 20 imprese; di 124 in regione e di 529 a livello nazionale. A raggiungere il peggior risultato, fra i comparti esaminati, è però il commercio al dettaglio in sede fissa extra alimentare: a Modena e provincia solo 35 le aperture a fronte di 157 chiusure, con un saldo negativo di ben 122 imprese, che a livello regionale diventano 693 ed a livello nazionale ben 9.385. La nostra provincia, per quanto riguarda il saldo delle imprese di commercio al dettaglio, si colloca con il suo -1,4% al di sotto della media regionale che registra un – 1,2%, ed ancor di più della media nazionale che si attesta ad un -1,0%.
Modena e provincia registrano dati appena migliori seppur negativi per il commercio al minuto alimentare che segna un saldo pari al – 0,5%, quando in regione si registra un – 1,0% e a livello nazionale un -0,6%. Discorso analogo anche nel settore modenese dei pubblici esercizi e turismo che con il suo -0,1% si colloca al di sopra della media regionale (- 0,7%) e nazionale (-0,4%). Leggermente meglio della media regionale anche l'intermediazione: – 1,2% Modena, contro il -1,4% regionale, ma peggio della media nazionale: - 0,8%.
"La recessione della domanda – evidenzia Confesercenti – non va assolutamente sottovalutata. Il mercato interno italiano è il decimo al mondo per dimensioni e costituisce un asset fondamentale della nostra economia contribuendo a formare l'80% del PIL, del quale poi il 60% è costituito dalla componente spesa delle famiglie. Con l'Informativa del Consiglio dei Ministri presentata dal Premier Renzi si annunciano provvedimenti che vanno nella giusta direzione: tagli energici alla spesa pubblica e risorse che vengono dirottate a sostenere i redditi più bassi. Riteniamo che queste misure possano andare nella direzione di sostegno al mercato interno. Restano però penalizzati i redditi più bassi degli imprenditori e dei lavoratori autonomi che vengono ingiustamente esclusi dai provvedimenti di riduzione del cuneo fiscale. Riteniamo poi che la prevista riduzione del 10% dell'IRAP sia un provvedimento ancora insufficiente per ridurre in maniera sensibile il carico fiscale sulle imprese. Sarà comunque necessaria valutare nel merito i provvedimenti, una volta pubblicati, per fornire un giudizio più articolato". tiene a precisare concludendo Confesercenti.
(Fonte: ufficio stampa Confesercenti Modena)
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19-08-2024 Salute e Benessere
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05-07-2024 Energie Rinnovabili
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24-06-2024 Salute e Benessere
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19-03-2024 Salute e Benessere
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03-03-2024 Salute e Benessere
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15-02-2024 Turismo
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10-02-2024 Salute e Benessere
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17-12-2023 Salute e Benessere
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11-11-2023 Salute e Benessere
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19-07-2016 Vendita immobili
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13-07-2016 Vendita immobili
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20-03-2017 Messaggi Personali
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