La Garante regionale Desi Bruno il 13 dicembre scorso ha visitato la Casa circondariale di Modena -
Bologna, 20 dicembre 2013 -
La situazione si riassume innanzitutto in questi numeri: 568 i detenuti presenti, di cui 330 condannati in via definitiva, 112 in attesa di primo giudizio, 200 tossicodipendenti (15 in terapia metadonica), 22 gli ammessi al lavoro all'esterno, 7 i semiliberi. È sempre molto alta, prossima al 70%, la presenza di stranieri (392).
È attivo il servizio di accoglienza dei nuovi giunti con spazi dedicati (13 celle per due persone ognuna) per le persone condotte in carcere, in attesa di effettuare uno screening sanitario prima dell'assegnazione alle sezioni detentive; parimenti attiva, la sezione per dimittendi (con spazi dedicati alla scuola e ai corsi di formazione), dove vengono assegnate le persone quando resta da scontare un breve periodo detentivo.
La direzione del carcere di Modena aveva da tempo proceduto a "aprire" le celle, o meglio le camere di pernottamento: le sezioni detentive risultano ormai tutte "aperte", a parte una (per motivi di incolumità personale, quella in cui sono allocati i detenuti cosiddetti "protetti promiscui"), e i detenuti passano parte della giornata fuori dalla cella. Nel vecchio edificio non ci sono tendenzialmente più di due detenuti per cella, con gli imputati separati dai condannati.
Permangono le criticità legate al nuovo padiglione, sebbene si siano finalmente risolte le problematiche relative al malfunzionamento dell'impianto idraulico, che non ha fornito per diverso tempo l'acqua calda.
Aperto circa un anno fa per migliorare le condizioni di sovraffollamento, il nuovo padiglione è più idoneo, con camere di pernottamento più ampie (ospitano quattro detenuti) e in regola con i parametri europei. Il controllo è garantito da un sistema di videosorveglianza esterno alla sezione, con l'intervento del personale a chiamata del detenuto, attraverso un citofono, ovvero quando se ne ravvisi l'opportunità.
Nel nuovo padiglione sono presenti circa 200 reclusi "comuni", condannati in via definitiva, lì collocati con la speranza di poter svolgere attività lavorative. Molti di questi, infatti, hanno chiesto espressamente di essere trasferiti a Modena, auspicando che il progetto relativo all'offerta trattamentale del nuovo padiglione, con possibilità di partecipare a corsi di formazione e di espletare attività lavorative, potesse compiutamente dispiegarsi. Ma la Garante registra che la situazione è ben diversa. Nonostante gli sforzi della Direzione, lavorano all'interno dell'Istituto 58 persone: 50 impegnati nei lavori domestici, per brevi periodi non continuativi, e per il disbrigo delle ordinarie occupazioni all'interno della struttura, e 8 nella tenuta agricola.
Desi Bruno rivolge un pressante appello all'imprenditoria locale, sul modello di quanto già avvenuto nel carcere di Bologna. Il lavoro in carcere rappresenta un investimento per tutti, anche per la collettività in termini di sicurezza: solo il lavoro, infatti, può abbattere la recidiva. Chiede agli imprenditori di scommettere su un progetto di lavoro in carcere: ci sono gli spazi, gli sgravi fiscali, una manodopera meno costosa e con voglia di fare... Ricorda che a Bologna si sono messi insieme tre grandi imprese industriali (Ima, Gd e Marchesini) e assieme alla Fondazione Aldini Valeriani hanno dato vita a un'impresa sociale, aprendo un'officina in carcere che sta dando ottimi risultati e impegna una dozzina di detenuti in lavori di carpenteria, assemblaggio e montaggio di componenti meccanici. L'auspicio è che qualche imprenditore modenese voglia fare altrettanto.
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)