Piacenza, 21 agosto 2013 -
Nel 2009 ho partecipato alla prima edizione del progetto "Kamlalaf", destinazione Brasile, con ProgettoMondo Mlal: un viaggio significativo e importante, tanto che il 21 luglio scorso sono partita di nuovo, sempre con il Mlal, sempre in Sud America, questa volta alla scoperta della Bolivia. Ci ritroviamo in undici, tra ragazzi di Piacenza, Verona e Milano, inclusi il "profe" Romeo e la rappresentante del Mal di Piacenza Danila Pancotti. Vorrei prima di tutto ringraziare per la perfetta organizzazione i volontari Mlal locali e Vanni De Michele, ex casco bianco residente a La Paz, che con grande pazienza ed entusiasmo ci ha accompagnati attraverso il territorio boliviano.
Da un punto di vista prettamente turistico, la Bolivia possiede spettacoli della natura unici. Gli altipiani andini, tra orizzonti sconfinati e paesaggi lunari, sono davvero suggestivi: in un percorso tra i 2000 e i 4000 mt di altezza ci siamo lasciati affascinare da questa natura "prepotente" e selvaggia, fatta di vento gelido, sole che brucia la pelle, immensi cieli stellati e silenzio assoluto. Non a caso il Paese è definito "il Tibet dell'America Latina". Il Salar de Uyuni, la più grande distesa di sale al mondo, si estende per oltre 10mila mq a 3600 mt sul livello del mare, come un deserto immacolato. Il Titicaca, posto al confine tra Perù e Bolivia a oltre 3800 mt, è il lago navigabile più alto al mondo: il blu delle acque si scontra con un cielo reso ancora più blu dall'aria rarefatta, mentre in lontananza si stagliano le innevate vette peruviane. La capitale La Paz è adagiata in una conca a 3650 mt, dominata dalla Cordillera Real e dagli oltre 6000 mt di altezza della cima Illimani. Questi paesaggi mozzafiato rimandano costantemente allo stretto intreccio che esiste tra la Terra, il territorio, e la cultura indigena presente in tutto il Paese: ancora oggi, gran parte degli abitanti di Bolivia appartengono a etnie Quechua o Aymara. Antichissime tradizioni sopravvivono perciò un po' ovunque nel Paese, specialmente nelle aree rurali, creando una commistione suggestiva tra miti, leggende Inca e riti ancestrali riguardanti la Madre terra (o Pachamama).
La peculiarità del nostro viaggio è rappresentata dal soggiorno presso le varie comunità contadine ed indigene che hanno partecipato al progetto "Bienvenidos!", mirato a favorire lo sviluppo del tessuto sociale ed economico del luogo attraverso proposte di turismo solidale comunitario. Abbiamo tutti potuto apprezzare l'ottimo lavoro effettuato da ProgettoMondo Mlal, in collaborazione con il partner nazionale Red Tusoco: la calorosa accoglienza che queste comunità ci hanno riservato, nell'area subtropicale come lungo la cordillera andina, ci ha completamente conquistati.
Il primo incontro è con il "mitico" Don Dalmiro, della comunità di La Chonta nel dipartimento di Santa Cruz, che ci ha guidati con il suo machete tra gli stretti sentieri del Parco Naturale Amboró, area amazzonica che può vantare una straordinaria biodiversità. Don Dalmiro, con il suo sorriso timido e i suoi modi sinceri, prosegue inarrestabile e tenace nel ricercare un dialogo tra le comunità della zona e le istituzioni, senza arrendersi di fronte al disinteresse mostrato dalle autorità locali. Salendo man mano in quota, siamo arrivati a Livichuco (dipartimento di Oruro, municipio di Challapata), dove l'associazione Apsu (Artesania Para Seguir Unidos) gestisce con successo l'attività turistica della comunità, estremamente a suo agio nell'accogliere i visitatori. Sono le persone a fare la differenza durante il nostro breve soggiorno e a farci sentire "a casa": Doña Maria ha cucinato per noi in modo eccellente le specialità locali e persino i bambini, all'inizio timidi e diffidenti, dopo poco tempo si sono mescolati a noi, raccontandoci fieri la loro quotidianità. Don Andrés e Don Tiburcio, autorità indigene del luogo, ci hanno fatto conoscere i "segreti" del loro piccolo mondo: portandoci alla scoperta dell'antico sentiero coloniale che si snodava fino a Sucre, mostrandoci il processo di lavorazione della lana di alpaca, rendendoci partecipi al rituale andino della Challa (una cerimonia di reciprocità con la Pachamama) e alla lettura delle foglie di coca.
Tra i due deserti di sale, quello di Uyuni e quello di Coipasa, siamo stati rapiti dalla magia che circonda la comunità di Alcaya. Doña Inés ci ha accompagnati in una mistica passeggiata nel sito archeologico locale, dove si trovano i corpi mummificati e i resti della cittadella di pietra della civiltà Chullpa, la più antica dell'area andina. L'interesse storico-archeologico passa però in secondo piano, in confronto all'intensa aura di sacralità che pervade la zona: è infatti la comunità stessa che si occupa di prendersi cura dell'area dove "riposano" gli abuelitos (letteralmente "i nonnini"), con l'amore e la devozione che si riserva ai propri avi scomparsi, seppur da centinaia di anni. Doña Betty ci ha congedati da Alcaya ringraziandoci per averle fatto compagnia e animato l'esiguo villaggio durante il nostro soggiorno: sono purtroppo rimasti in pochi a custodire la memoria degli abuelitos; anche qui come nella nostra realtà i giovani hanno lasciato il campo per studiare nelle città. A questo proposito, i ragazzi incontrati al Parco Nazionale di Toro Toro, nel dipartimento di Potosi, rappresentano un piacevole esempio "controcorrente": forti dello stretto legame che possiedono con il loro territorio d'origine e della conoscenza dello stesso, hanno deciso di restare creando un'associazione di guide locali. Sicuramente una scelta coraggiosa ed intelligente, oltre ad uno spunto interessante, magari da trasportare nella realtà italiana, per ridare un ruolo centrale alla cura del nostro territorio e alla conservazione dell'ambiente che lo circonda.
Quelle che ho citato sono solo alcune delle piccole-grandi storie incrociate durante il nostro tragitto: abbiamo infatti incontrato ovunque sogni e speranze, di chi con poco o nulla ha realizzato un progetto diventato, col tempo, importante. Direi che il nostro è stato un viaggio vissuto con gli occhi e con il cuore e ciò che rimane sono prima di tutto le persone che abbiamo conosciuto durante il nostro percorso, il loro entusiasmo e i loro racconti. Grazie ad un confronto reciproco tra culture differenti, abbiamo cercato di essere davvero turisti "responsabili", arricchendoci dell'esperienza del popolo boliviano, abitante un territorio aspro e difficile, ma generoso e coinvolgente come l'allegria dei suoi i colori.
Elena Zagnoni
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)