Entra nel vivo la causa civile Covid attraverso la quale oltre 600 familiari delle vittime di tutta Italia chiedono il risarcimento del danno parentale a tre istituzioni: Regione Lombardia, Ministero della Salute e Presidenza del Consiglio.
Nel maxiprocesso per le infiltrazioni mafiose in Emilia, chieste le condanne per tutta la famiglia Bianchini, inclusi i figli minori che hanno fatto da prestanome, e per l'ex patron del Modena Volley.
23 maggio 2018
Centinaia di udienze, 148 persone imputate e più di mille anni di carcere richiesti. Sono questi i numeri del maxiprocesso Aemilia sulle infiltrazioni e relazioni di stampo mafioso tra Modena e Reggio Emilia.
Ieri sera, nell'aula bunker del Tribunale di Reggio Emilia, al termine di tre lunghe udienze, in cui sono stati riassunti anni di indagini, intercettazioni e prove, i PM Marco Mescolini e Beatrice Ronchi della DDA di Bologna hanno formulato le richieste di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, specificando le richieste di condanna a carico di ciascun imputato. Operazione per la quale hanno impiegato più di mezz'ora.
Per quanto riguarda il "filone" modenese del processo Aemilia, sono stati chiesti diciassette anni e 10 mesi, con tanto di pene accessorie, tra cui due anni di casa di lavoro, per Gino Gibertini, imprenditore modenese del ramo petroli ex presidente del Modena Volley. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, Gibertini si sarebbe rivolto alla 'Ndrangheta per "convincere" un debitore a pagare.
I PM Mescolini e Ronchi hanno poi chiesto pene per tutta la famiglia Bianchini, imprenditori di Rivara di San Felice accusati di aver favorito e sostenuto l'infiltrazione e il radicamento delle cosche mafiose nelle zone terremotate, approfittando della ricostruzione, traendone reciproci vantaggi. Con l'aggravante di aver distribuito e sepolto amianto nei cantieri della ricostruzione post sisma. Sono quindi stati chiesti quindici anni e sei mesi con pene accessorie e confische, per entrambi i coniugi Bianchini, Augusto e la moglie Bruna Braga. Dodici anni e dieci mesi per il figlio maggiorenne Alessandro, cinque anni e sei mesi per la figlia Alessandra e sei anni per il figlio Nicola, questi ultimi minorenni, ma accusati di avere fatto da prestanome ai genitori per aggirare i blocchi imposti dalla white list alla Bianchini Costruzioni di San Felice.
Ora tocca alla difesa e alle parti civili, tra cui i Comuni modenese dell'Area Nord, sindacati, associazioni e imprenditori.
La tragedia di Rigopiano è tornata prepotentemente alla ribalta. Come spesso accade con le notizie dal fascino emozionante, la ridondanza esasperata deforma la verità e consolida nella pubblica opinione una "condanna" ancor prima dell'avvio del processo.
di Lamberto Colla Parma 3 dicembre 2017
E' quasi tutta la settimana che la vicenda di Rigopiano è tornata prepotentemente alla ribalta, con esasperata ridondanza, soprattutto riguardo alle intercettazioni telefoniche di quei giorni terribili, che hanno tenuto l'Italia incollata ai televisori e si è commossa per il coraggio dei due sciatori che per primi hanno raggiunto il luogo dove avrebbe dovuto trovarsi l'Hotel dei VIP, totalmente sommerso di neve e ruotato di molti gradi sotto la spinta violenta della massa nevosa, ancor più appesantita dal materiale raccolto lungo la discesa.
Ma come intercettazioni telefoniche? Come è possibile che ancor prima che si consumasse la tragedia gli inquirenti fossero già autorizzati a raccogliere le intercettazioni telefoniche?
Allora è proprio vero che la tragedia era prevedibile! Prevedibile che 4 scosse di magnitudo attorno a 5 si sarebbero abbattute in rapida successione, come prevedibile era che si accumulassero tre metri di neve in poche ore, prevedibile infine era che una valanga di dimensioni enormi (100.000 tonnellate di massa nevosa arricchita di alberi raccolti sul percorso), dopo cinquant'anni, dovesse per forza scendere a valle sullo spazio "impunemente" occupato da decenni dall'hotel.
La combinazione fortunata (per i giornalisti), a dire il vero, è che quelle intercettazioni erano state disposte per precedenti indagini ma venute buone, per gli avvoltoi della cronaca giudiziaria, per questa nuova. Due al prezzo di uno!
E i titoli d'effetto prendono possesso dell'informazione: "Allarmi ignorati, battute e risate" e "Rigopiano, risate un' ora prima: c' è la spa? Facciamo il bagno".
Così, quei dialoghi telefonici tra operatori un po' in confusione per quella sequenza di eventi assolutamente prevedibili, come lo era anche l'annunciata esondazione del fiume (avvenuta il giorno precedente - 18 gennaio ) che nelle stesse ore della bomba di neve stava allagando Pescara (luogo del coordinamento dello stato di emergenza) e dintorni mettendo oltremodo sotto pressione tutta la macchina dei soccorsi, sono diventati, a distanza di quasi un anno, prove di colpevolezza e responsabilità.
Già perché era, ovviamente, prevedibile che le pochissime turbine e spazzaneve disponibili (una era in riparazione e un'altra è rimasta bloccata senza carburante lungo la strada che conduce a Rigopiano) furono prioritariamente dirottate a liberare le zone a più alta intensità di anziani e/o malati.
Chissà cosa si racconterebbe oggi se il coordinamento dell'emergenza avesse privilegiato la scelta di liberare la strada dell'Hotel dei VIP, quella SPA frequentata spesso dalla Barbara D'Urso e altri volti noti della Tv, lasciando al loro destino i malati, gli anziani o i più deboli.
Probabilmente, quegli stessi operatori, sarebbero già al patibolo.
La "stampa" ha deciso che sono colpevoli e che a loro deve esser assegnata una responsabilità. Altre 23 persone hanno ricevuto l'avviso di garanzia (garanzia di che, se sono già colpevoli!), a partire dall'ex prefetto per arrivare ai miseri sindaci passando dagli operatori telefonici, tutti colpevoli. Il processo è già fatto, senza appello.
Vergogna! Con questo modo di fare informazione si mettono inutilmente alla gogna potenziali innocenti e non si contribuisce a fare chiarezza e giustizia, quella vera, anzi si alimentano speranze inutili ai familiari delle povere vittime.
Tutto questo fango inutile e gratuito per una manciata d'ascoltatori o di copie vendute o di "like" in più.
(Foto: Soccorritori di Modena per liberare strada a Comunanza Rigopiano)
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Oggi sul banco dei testimoni il presidente delle Provincia e i sindaci dei Comuni che si sono costituiti parte civile. Manghi: "Passaggio importante a tutela delle nostre comunità".
Reggio Emilia, 18 aprile 2017
Oggi al processo Aemilia, sarà il giorno delle istituzioni. Ad uno ad uno, a partire dall'assessore regionale alle Politiche per la legalità Massimo Mezzetti e dal presidente della Provincia di Reggio Emilia, sul banco dei testimoni nell'aula-bunker allestita nel cortile del Palazzo di giustizia sfileranno i rappresentanti degli enti locali che si sono costituti parte civile. Oltre alla Regione ed al Comune di Reggio, altri cinque Comuni che si sono uniti nella causa alla Provincia e che sono rappresentati dall'avvocato Salvatore Tesoriero del Foro di Bologna: Bibbiano, Brescello, Gualtieri, Montecchio e Reggiolo, che saranno rappresentati dai rispettivi sindaci (dal commissario prefettizio nel caso di Brescello). E tanti altri primi cittadini saranno tra il pubblico per rappresentare anche fisicamente il fronte comune che vede tutte le istituzioni impegnate nel contrasto ad ogni tentativo di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.
La costituzione di parte civile al maxiprocesso contro la 'ndrangheta vede Provincia e Comuni reggiani in veste di "persone offese e danneggiate rispetto a tutti i capi di imputazione che hanno ad oggetto i delitti commessi nel territorio del rispettivi enti o la cui manifestazione abbia comunque arrecato un danno all'ente stesso".
"La nostra testimonianza diretta dinnanzi ai giudici – spiega il presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi – servirà per sostenere dinnanzi al Tribunale e dunque alla nostra comunità quali sono le ragioni per cui le amministrazioni locali reggiane hanno intentata una causa che ha ben pochi precedenti in Italia e per ribadire l'impegno delle istituzioni nel rifiutare e contrastare qualsivoglia forma di prevaricazione e di infiltrazione da parte della criminalità organizzata".
La testimonianza di sindaci e presidente della Provincia è legata alla costituzione di parte civile: "Dovremo illustrare alla Corte per quali motivi le nostre comunità si ritengono danneggiate dalle condotte criminose oggetto del processo, ma al tempo stesso ribadire la nostra volontà di ripartire e riaffermare i principi di legalità e di democrazia che hanno sempre contraddistinto questo territorio".
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Presidente di Provincia e sindaci in aula per testimoniare la vicinanza e il senso di gratitudine della comunità reggiana "a una servitrice dello Stato che ha aperto una stagione importante".
Reggio Emilia, 5 aprile 2017
Prima, al momento del suo ingresso in aula, si sono alzati tutti in piedi. Poi, alla prima pausa dell'udienza, hanno voluto abbracciarla e stringerle la mano per farle sentire anche "fisicamente" la vicinanza e il senso di gratitudine della comunità reggiana per il prezioso e coraggioso lavoro svolto. Così il presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi e tanti sindaci o assessori reggiani – tutti rigorosamente con fascia blu o tricolore - hanno voluto testimoniare la propria solidarietà all'ex prefetto Antonella De Miro, chiamata ieri a deporre sul banco dei testimoni al processo Aemilia.
"Abbiamo voluto riaffermare l'apprezzamento e la vicinanza delle istituzioni reggiane a questa servitrice dello Stato che ha aperto una stagione importante per la nostra comunità, come il processo Aemilia sta dimostrando - ha dichiarato il presidente Manghi – Come lei stessa ha dichiarato in aula, nonostante i tanti momenti difficili ed anche drammatici l'ex prefetto di questa terra ha un bel ricordo e questa terra la accoglierà sempre con grande stima ed affetto"
La Provincia di Reggio Emilia, come noto, si è costituita parte civile al processo Aemilia insieme ai Comuni di Bibbiano, Brescello, Gualtieri, Montecchio e Reggiolo come "persone offese e danneggiate rispetto a tutti i capi di imputazione che hanno ad oggetto i delitti commessi nel territorio del rispettivi enti o la cui manifestazione abbia comunque arrecato un danno all'ente stesso".
Anche ieri il presidente Manghi, con i sindaci o loro rappresentanti, era in aula al fianco dell'avvocato Salvatore Tesoriero del Foro di Bologna. Nelle prossime settimane lo stesso presidente Manghi sarà chiamato a deporre "per spiegare dinnanzi al Tribunale e dunque alla comunità quali sono le ragioni per cui le amministrazioni locali reggiane, insieme alla Regione ed allo stesso Comune capoluogo, hanno intentata una causa che non ha precedenti e per ribadire l'impegno delle istituzioni nel rifiutare e contrastare qualsivoglia forma di prevaricazione e di infiltrazione da parte della criminalità organizzata".
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Udienza processo Aemilia, presenti numerosi sindaci dei comuni reggiani. Il presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi: "Siamo parte civile e cerchiamo di stare davvero "dentro" al processo: la prevista deposizione dell'ex prefetto motivo in più per essere presenti e riaffermare il nostro apprezzamento al suo lavoro."
Reggio Emilia, 3 febbraio 2017
Anche il presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi ha presenziato, in pratica per l'intera giornata, all'udienza di ieri del processo Aemilia, apertosi lo scorso marzo nell'aula-bunker appositamente allestita nel cortile del Palazzo di giustizia.
"Come noto la Provincia di Reggio Emilia si è costituita parte civile insieme ai Comuni di Bibbiano, Brescello, Gualtieri, Montecchio e Reggiolo: la nostra non è stata un'iniziativa formale, ma è una vera e propria assunzione di responsabilità in nome e per conto di tutti i comuni del territorio, pertanto questo significa cercare, nei limiti dei nostri impegni istituzionali, di stare davvero "dentro" al processo, partecipando il più possibile alle udienze al fianco dell'avvocato Salvatore Tesoriero del Foro di Bologna che ci rappresenta – dichiara il presidente Manghi – Ovviamente, la prevista deposizione dell'ex prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro rappresentava un motivo in più per essere presenti oggi in aula e riaffermare l'apprezzamento e la vicinanza delle istituzioni reggiane a questa servitrice dello Stato che ha aperto una stagione importante per la nostra comunità, come proprio questo processo dimostra".
Non a caso, insieme al presidente Manghi, nell'aula-bunker allestita nel cortile del Palazzo di giustizia di Reggio Emilia erano presenti non solo i sindaci di Bibbiano e Montecchio, Andrea Carletti e Paolo Colli, parte civile insieme alla Provincia, ma anche i sindaci Enrico Bini (Castelnovo Monti), Nico Giberti (Albinea) ed Alessio Mammi (Scandiano).
La Provincia e Comuni di Bibbiano, Brescello, Gualtieri, Montecchio e Reggiolo si sono costituiti parte civile al processo Aemilia come "persone offese e danneggiate rispetto a tutti i capi di imputazione che hanno ad oggetto i delitti commessi nel territorio del rispettivi enti o la cui manifestazione abbia comunque arrecato un danno all'ente stesso".
Avanzata, e accolta, all'udienza preliminare per tutti i procedimenti relativi ai reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e di concorso esterno, è stata poi estesa anche ai delitti e ai reati di scopo. "Al di là del puntare a ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti dai rispettivi enti, la nostra iniziativa, che si affianca a quella di Comune di Reggio Emilia e Regione Emilia-Romagna, intende ribadire l'impegno delle istituzioni nel rifiutare e contrastare qualsivoglia forma di prevaricazione e di infiltrazione da parte della criminalità organizzata – aggiunge il presidente della Provincia – L'identità delle nostre comunità si fonda su legalità e convivenza e insieme a forze dell'ordine, magistratura e società civile intendiamo continuare con sempre maggiore impegno e tenacia a combattere ed estirpare ogni forma di insediamento mafioso nei nostri territori".
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Il giudice Francesco Maria Caruso respinge l'istanza di alcuni imputati. Il processo continua a porte aperte. Il Presidente della Provincia Manghi alla tappa reggiana del Viaggio legale: "Decisione onora memoria di chi, come Siani, ha dato la vita per libertà d'informazione".
Reggio Emilia, 19 gennaio 2017
Il processo di 'Ndrangheta Aemilia andrà avanti a porte aperte. Questa la decisione presentata oggi dalla Corte che ha deciso di non escludere dall'aula la presenza di giornalisti, associazioni dell'antimafia sociale o altri che vogliano prendervi parte. La richiesta era stata fatta lunedì dagli imputati, tramite una lettera letta in aula da Sergio Bolognino, considerato una figura dell'organizzazione criminale e fratello di Michele Bolognino.
"Come istituzioni abbiamo fortemente voluto che il processo Aemilia si svolgesse a Reggio Emilia pertanto non possiamo che accogliere con grande favore la decisione annunciata poco fa dal presidente del collegio giudicante Francesco Maria Caruso, che ha respinto l'istanza con la quale alcuni imputati chiedevano di chiudere le porte del dibattimento alla comunità e all'informazione: anche questo è un modo, estremamente concreto, per onorare la memoria di chi, come Giancarlo Siani, ha dato vita per la libertà di sapere cosa accade intorno a noi". Lo ha detto questa mattina il presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, durante la tappa reggiana del Viaggio legale, il percorso di cittadinanza e contrasto alle mafie lungo la via Emilia promosso, tra gli altri, da Cgil, Caracò e IoLotto, per sensibilizzare le scuole e l'opinione pubblica sul rischio di infiltrazioni mafiose.
Parlando accanto alla Citroën Mehari verde del giovane giornalista napoletano ucciso dalla camorra e di fronte agli studenti delle superiori al PalaFanticini, Manghi ha ricordato questa "figura straordinaria di cronista giusto e coraggioso", sottolineando come "proprio la sua auto, sulla quale venne ucciso, continui a darci il segno della sua presenza, offrendoci un'occasione di riflessione e chiamandoci tutti a fare la nostra parte".