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Reggio Emilia, 21 novembre 2013 -
 
Interessante giornata di confronto al Centro Impiego su staffetta generazionale, cassintegrati che si comprano (e rilanciano) l'azienda e disoccupati che si inventano un nuovo lavoro -

Ancora un momento di confronto ad alto livello con le aziende del territorio, questa mattina al Centro per l'Impiego della Provincia di Reggio Emilia, grazie al nuovo appuntamento proposto dalla Provincia di Reggio Emilia per riflettere sulla crisi ed elaborare strategie ed azioni comuni. "Vogliamo che i servizi pubblici per l'Impiego siano anche luogo di incontro e di confronto di esperienze significative del territorio, sia per allargare e migliorare la qualità delle nostre relazioni con cittadini e imprese, sia per favorire e stimolare l'innovazione e la crescita a livello locale - ha detto il vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia, Pierluigi Saccardi, in apertura di lavori - Queste occasioni di confronto, che la Provincia promuove periodicamente, sono di ancora maggiore utilità nei momenti di crisi economica, produttiva e sociale, come il periodo che purtroppo stiamo oggi vivendo".

Ad aprire la giornata è stato Vincenzo Ricciari dell'Osservatorio regionale del mercato del lavoro e della formazione Èupolis Lombardia, che ha proposto una interessante riflessione sui giovani e l'innovazione. Dopo aver tra l'altro ricordato come nei tempi di crisi i parasubordinati e gli atipici abbiano una probabilità di perdere il lavoro rispettivamente superiore di 9 e di 5 volte rispetto agli altri lavoratori, Ricciari ha espresso forti perplessità sia sul funzionamento dell'apprendistato, sia sui risultati delle riforme del lavoro succedutesi dal 1997 ad oggi, invitando i territori a investire sui settori innovativi, "perché una assunzione qui ne crea altre 5 nei servizi, mentre una assunzione nel manifatturiero solo altre 2".

Ancora più drastico è stato Andrea Gandini, docente di Economia aziendale dell'Università di Ferrara, chiamato a parlare di staffetta generazionale e buone pratiche per aumentare l'efficienza nell'impresa. Addirittura impietoso il raffronto con la Germania e in generale in Paesi del Nord Europa dipinto attraverso una serie di dati che davvero parlano da soli. Dalla percezione dei nostri adolescenti sul lavoro che li attende (solo il 5% lo prevede di tipo manuale, anche se il 40% finirà per farlo, contro un 40% di tedeschi che se lo immagina così, e nel 42% dei casi lo farà davvero) al tipo di scuole professionali: 4 anni passati a lavorare per 3 giorni e studiare per 2 in Germania, 5 anni a studiare e basta (e con sempre meno ore di laboratorio) da noi, "ma se tu passi quattro anni a lavorare 3 giorni la settimana come orafo, e a studiare da orafo per due, ci sono molte probabilità che alla fine tu l'orafo lo sappia fare davvero...".

Per non parlare di pensioni (in Germania, dove certamente non si guadagna meno, solo il 7% delle pensioni supera i 3.500 euro netti mensili, in Italia ben il 17%) e di politiche del lavoro, da noi fondamentalmente passive più che attive: "Noi abbiamo questo baraccone della cassa integrazione che ci è costata 80 miliardi dal 2008, in Germania se cala il lavoro, riducono magari l'orario di 6 ore, 2 ore le paga l'azienda, 2 il lavoratore, solo 2 lo Stato che così ha molte più risorse per le politiche attive", ha detto Gandini giudicando molto negativamente "certe contrattazioni sindacali degli anni Ottanta e Novanta che chissà per quanto tempo ancora pagheremo...".
 
Venendo alla staffetta generazionale , "ora possibile anche in Emilia-Romagna dopo che la Regione ha finalmente provveduto", può essere una soluzione: "Prevede che se un lavoratore over 55 passa per gli ultimi due anni al part-time, e l'azienda contestualmente assume un under 30, l'Inps paga ugualmente i due anni di oneri contributivi e questo può in effetti aiutare a portare innovazione nelle imprese e risolvere il problema di esuberi e personale obsoleto meglio che con la cassa integrazione o i prepensionamenti - ha aggiunto - E poi a oltre i 60 anni la gente cambia, sul lavoro dovrebbe avere un ruolo essenzialmente formativo, occuparsi di quello che sa fare bene e non dell'ordinaria amministrazione...".

Simona Caselli, presidente di Legacoop, ha quindi illustrato il fenomeno dell' acquisizione di aziende in crisi da parte dei dipendenti e di quanto sia efficace per creare e mantenere la rete d'impresa locale. Il workers buyout - in pratica il riacquisto da parte di dipendenti in cassa integrazione di aziende per lo più in procedura concorsuale – proprio grazie alla cooperazione, e dunque proprio a Reggio Emilia, sta diventando oggetto di studio un po' in tutta Europa. Già quattro le esperienze positive: dall'azienda di nicchia che lavora il legno in montagna, al cravattificio di Sant'Ilario per griffes famose rilevato dalle donne dipendenti, all'impresa che rischiava di saltare non tanto per la crisi, ma per la morte del titolare, fino al caso più emblematico, l'ex ceramica Magica oggi Greslab di Scandiano. "Era una ceramica in fallimento che da 60 lavoratori era scesa a 33 e ora, grazie all'impegno degli ex dipendenti e alle innovazioni introdotte, nonostante la crisi del settore è arrivata a dare lavoro a 66 persone, ma con una fatica incredibile", ha sottolineato Caselli. "Perché se non ci fosse stato il sistema cooperativo ad affiancarli nella fase iniziale, così come avviene per tutte le start-up, e se non ci fosse stata la Banca etica a credere in loro, questa impresa meravigliosa non sarebbe mai nata – ha detto – Ancora oggi un sistema bancario atavico e privo di una cultura di startup, stenta a dare fiducia a questa azienda che pure ha fatto tutto quello che i testi di economia insegnano si debba fare: ha innovato il prodotto, comprato un nuovo forno, ha cambiato mercati e raddoppiato il fatturato. Ma non ottengono nessun aumento del fido bancario a breve, perché ancora non producono utili...".

A chiudere l'interessante mattina, il caso della cooperativa sociale "Tutte le porte", fondata da un gruppo di persone iscritte al collocamento mirato dopo un'azione di formazione professionale co-finanziata dalla Provincia di Reggio Emilia. "Abbiamo deciso di crearci da soli quel lavoro che all'esterno non riuscivamo a trovare, mettendoci insieme e offrendo qualcosa che sul mercato non c'era - ha spiegato il presidente Daniele Cavalchi - Dopo aver bussato appunto a tutte le porte per rientrare nel mondo del lavoro, abbiamo deciso di unirci in una cooperativa in modo da valorizzare le loro professionalità e oggi offriamo ai privati, alle aziende ed agli enti servizi accurati, professionali ed a prezzi concorrenziali per quanto riguarda tutti i cosiddetti lavori di casa, dal'idraulico al muratore all'elettricista".

(Fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)





Sempre più seguaci di Gordon Ramsay. Avremo due cuochi per ogni operaio.

di Virgilio - Parma, 29 ottobre 2013

Boom di iscrizioni negli istituti di enogastronomia, turismo e agraria. I giovani sembrano quindi favorire gli orientamenti scolastici verso quei settori che meglio interpretano i segnali di distintività nazionale. E' forse presto per comprendere se un orientamento così marcato dei giovanissimi sia da attribuire più alla notorietà di certuni chef e delle trasmissioni televisive dedicate in toto o in parte all'arte culinaria o invece il frutto di una chiara e lucida interpretazione della attualità.

Il segnale comunque è molto forte e soprattutto centra in pieno i "plus" distintivi del nostro Paese: l'Ospitalità e il Turismo nel senso più ampio del termine, le filiere agroalimentari e l'immenso e invidiatissimo patrimonio culturale e paesaggistico.

La logica e il buon senso vorrebbe che si intervenisse per assecondare questa proiezione lavorativa

   - L'Italia Post industriale -

Gordon Ramsay - foto Dave Pullig per wikipedia gde

In Italia ci saranno, quindi, più di due cuochi per ogni operaio con la crisi che ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani ed ha provocato il crollo delle iscrizioni agli istituti professionali con indirizzo industriale, scese al minimo storico rispetto al boom delle scuole di enogastronomia, turismo ed anche agraria. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulle iscrizioni al primo anno della scuola secondaria di secondo grado, statali e paritarie, nell'anno scolastico 2013/2014.

Il recente sondaggio Coldiretti/Ixe' ha rilevato che il 54 per cento dei giovani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (21 per cento) o fare l'impiegato in banca (13 per cento). Ed anche che il 50 per cento degli italiani ritengono che cuoco e agricoltore siano le professioni con la maggiore possibilità di lavoro mentre solo l'11 per cento ritiene che l'operaio possa avere sbocchi occupazionali. D'altra parte il 79 per cento degli Italiani sostiene che in futuro in Italia ci sarà un numero minore di fabbriche secondo l'indagine. Per questo - continua la Coldiretti - l'88 per cento degli italiani afferma che il sistema di formazione nazionale andrebbe riqualificato anche con un corso specializzato all'Università sulla valorizzazione del Made in Italy.
I giovani - conclude la Coldiretti - hanno visto prima e meglio di altri dove ci sono reali prospettive e di fiducia per l'Italia che per crescere deve tornare a fare l'Italia e puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l'arte, il cibo e la cucina.

Assecondare questa tendenza vuol dire cavalcare il primo segnale di fiducia che si riscontra in questi ultimi anni. Un segnale forte che, oltretutto, proviene dai giovanissimi ai quali occorre dare un futuro più sicuro di quello che stanno vivendo quelli in età lavorativa attuale.

Purtroppo, e la conferma viene da vari e autorevoli istituti id ricerca, il tasso di disoccupazione e di inoccupazione è ancora una volta aumentato e con esso è cresciuta anche il tasso di "scoraggiamento" che sfiora il 50% degli inattivi.

- La fiducia dei consumatori in picchiata nonostante i primi timidi segnali di ripresa economica-

L'incertezza e la difficoltà delle famiglie pesano sull'andamento economico e sulla fiducia dei consumatori e per Federconsumatori "urge un concreto intervento di rilancio."

Oltre 6 milioni di persone che non lavorano ma vorrebbero farlo: 3,07 milioni di disoccupati e 2,99 milioni tra 'scoraggiati' o persone che vorrebbero avere un'occupazione ma non la cercano per motivi di famiglia o altri motivi. È quanto emerge dalle tabelle Istat del secondo trimestre 2013. La fiducia dei consumatori ad ottobre torna a diminuire e, purtroppo, non potrebbe essere diversamente.

Il clima di incertezza e difficoltà in cui si trovano le famiglie pesa, infatti, in maniera determinante sui comportamenti e sulle abitudini dei cittadini, costretti ad un numero sempre maggiore di rinunce.

La contrazione dei consumi, secondo i dati aggiornati dell'O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, nel biennio 2012-2014 raggiungerà quota -8,1%. Una percentuale impressionante, che equivale ad una contrazione complessiva della spesa delle famiglie di circa 60 miliardi di Euro.

Queste minori entrate non potranno che creare una vera e propria voragine nel mercato, influendo negativamente sulla produzione e quindi sull'occupazione, contribuendo sempre di più alla contrazione del potere di acquisto delle famiglie. Per l'organizzazione dei consumatori la legge di stabilità rischia di introdurre elementi fortemente negativi per i cittadini. Primo su tutti l'introduzione di una simil-IMU, la Trise, che in assenza di detrazioni sulla prima casa (come prevedeva invece l'IMU) potrebbe rivelarsi addirittura peggiore dell'imposta municipale unica. Per Federconsumatori si rende quindi immediatamente necessario porre dei correttivi davvero in grado di rilanciare il potere di acquisto delle famiglie (specialmente quelle a reddito fisso) e gli investimenti per lo sviluppo e la ricerca necessari per la ripresa occupazionale.

"Una manovra, quindi, che dovrebbe prevedere meno regali alle banche e più misure a favore dei cittadini, a partire da un passo indietro sull'incremento IVA, che già in passato si è rivelato estremamente dannoso sia per i bilanci delle famiglie che per quelli dello Stato." – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.

Pubblicato in Lavoro Emilia
Domenica, 06 Ottobre 2013 09:16

Consumi alimentari: meno 1,8% nei primi 8 mesi 2013





Segnali positivi solo dalla pasticceria e biscotteria (+2,3% volumi).

Roma, 02 ottobre 2013 --

In crisi è un po' tutto il carrello della spesa. Flettono pasta, latte, frutta e ortaggi, ma anche pesce, olio e vino. Una raffica di segni meno che ha investito i consumi alimentari della famiglie italiane da inizio anno a tutto il mese di agosto, data dell'ultima rilevazione Ismea/Gfk-Eurisko. Un calo complessivo dell'1,8% in quantità e del 3,7% nella spesa rispetto ai primi otto mesi del 2012.

Variazioni positive - spiega l'Ismea - emergono solo per i prodotti del reparto pasticceria e biscotteria (+2,3% in volume), per le uova (+1,7%) e per i formaggi (+0,9%), mentre i vini crescono solo in termini di spesa (+3,6%) a causa dei rincari registrati in tutte le fasi di scambio.
 
Più in dettaglio, i consumi di pasta si riducono di circa l'1% con una contrazione della spesa che sfiora il 9% per effetto dell'elevata incidenza delle promozioni e dello spostamento degli acquirenti verso format distributivi più convenienti, come i discount.
 
In calo anche le carni fresche sia in termini di volumi (-2,4%) che di spesa (-1,4%). La flessione è principalmente dovuta alla diminuzione dei consumi di bovino (-4% circa in volume e in valore), conseguente a uno spostamento degli acquisti sia verso altre tipologie di carni di prezzo inferiore (suina e avicola in particolare), sia verso le uova.
 
Nel complesso - prosegue l'analisi dell'Istituto - si riducono anche gli acquisti di lattiero-caseari nel loro insieme (-2,2% in volume, -3,8% in valore), sui quali pesa la significativa flessione del latte fresco che cede il 4% dei quantitativi acquistati e il 7,5% degli incassi. Per l'ittico i consumi si riducono del 3,5% in volume e del 12,5% in valore, con performance particolarmente negative per il pesce fresco (-4,8% e -18,4%). Rilevante anche la contrazione degli oli extra vergini di oliva che arretrano di quasi il 10% in quantità e di un 9% circa in termini monetari. 
 
Più leggero il carrello anche per frutta e ortaggi. Le variazioni oscillano dal meno 3% della frutta fresca (sia in volume che in valore), al meno 1,8% degli ortaggi (-2,3% la spesa). Da rilevare l'inversione di tendenza degli ortaggi di IV gamma, comparto che fino al 2012 era sempre cresciuto. Nei primi otto mesi del 2013 gli acquisti hanno subito una contrazione su base annua del 3,5%, nonostante la forte diminuzione dei prezzi medi al consumo (-7,5% la spesa).

(Ismea)

Pubblicato in Agroalimentare Emilia
Domenica, 29 Settembre 2013 09:20

IV Gamma in decrescita.



La crisi colpisce la IV gamma che vede una riduzione del 3,5% nei volumi d'acquisto.

Roma,  settembre 2013 --

I tagli al carrello della spesa non risparmiano gli ortaggi di IV gamma, un segmento - quello delle verdure fresche, lavate, tagliate e confezionate - immune, almeno fino allo scorso anno, dalla crisi dei consumi alimentari e in grado di esprimere tassi di crescita anche a due cifre.
 
La rilevazione Ismea/Gfk-Eurisko indica nel periodo gennaio-agosto 2013 un calo del 3,5% dei volumi acquistati rispetto allo stesso periodo del 2012 e una flessione della spesa del 7,5%, a causa della concomitante riduzione dei prezzi medi al dettaglio (-4,2%).

Tale dinamica è riconducibile alla contrazione delle vendite di insalate monovarietali, di insalate miste e di altri ortaggi (ad es. carote), mentre le vendite di ortaggi pronti da cuocere si sono mosse in netta controtendenza, registrando un +2,8% su base annua, con un aumento della spesa dello 0,9%, solo in parte ridimensionata dalla riduzione dei listini medi (-1,8%).

Fino alla fine del 2012, gli acquisti di ortaggi di IV gamma hanno registrato un costante trend in crescita, complici l'elevato contenuto di servizio e la praticità d'uso che ne hanno fatto impennare i consumi del 380% in dieci anni nonostante prezzi decisamente più elevati rispetto al fresco tradizionale. 

I primi segnali di cedimento del mercato si sono manifestanti a dicembre 2012, quando l'onda lunga della crisi aveva determinato una brusca inversione di tendenza negli acquisti domestici che si è protratta fino a giugno 2013.

Miglioramenti sono emersi solo in estate: nel bimestre luglio-agosto le vendite (sia in volume che in termini monetari) hanno superato i livello dello stesso periodo del 2012, grazie soprattutto ai maggiori acquisti di insalate e ortaggi pronti da cuocere.

IV Gamma in decrescita
(Fonte Ismea)

 

Pubblicato in Agroalimentare Emilia
Martedì, 17 Settembre 2013 08:10

FIREM, qualche passo in avanti



Partenza a ranghi ridotti entro 8-15 mesi e nuovo incontro istituzionale il 1° di ottobre.

di Virgilio -

Formigine, 17 settembre 2013 --

Tutto cominciò un mese fa quando l'azienda di Formigine decise di "traslocare" tutti gli impianti in Polonia durante la chiusura estiva dell'attività.

Solo un rapido passaparola e l'istituzione di un presidio di lavoratori davanti ai cancelli dell'azienda consentì di bloccare la partenza dell'ultimo camion verso la nuova destinazione polacca.

Dopo la decisione di salvaguardare un sito produttivo e 16 unità lavorative su 40 nel comune è stato deciso l'avvio dell'attività nell'arco dei prossimi 8-15 mesi. Il tempo presumibilmente utile per finanziare l'operazione attraverso la cessione di un'immobile, da sostituire con un altro in affitto.

E' quanto prevede l'accordo sul piano industriale della Firem srl, siglato nel pomeriggio di ieri in Regione.

"Un punto di partenza – ha detto l'assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli – è solo iniziato il confronto sul piano industriale. Il nostro auspicio è che, dopo quanto successo, l'approccio dell'azienda sia serio e concreto e che dia nuove prospettive ai lavoratori e al territorio".
L'azienda, su sollecitazione delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni, ha confermato il proprio impegno per il riconoscimento di tutte le forme di sostegno al reddito consentite dalla legislazione vigente in caso di crisi aziendale, e ha dichiarato la propria disponibilità ad esaminare anche l'utilizzo del contratto di solidarietà dopo aver verificato le condizioni organizzative, e a collaborare con le Istituzioni e i sindacati per costruire prospettive di reimpiego per tutti i lavoratori.
La Firem si è impegnata a versare entro il 30 settembre la cifra complessiva di 11 mila euro, da ripartire per ogni lavoratore, come quota di ulteriore acconto della retribuzione di luglio 2013, e ha inoltre proposto di saldare interamente la mensilità di luglio e di agosto con quattro rate mensili a partire dal 15 ottobre 2013. "Abbiamo già verificato la disponibilità delle banche modenesi ad anticipare la cassa integrazione relativa all'ultima settimana di agosto e al mese di settembre – spiega l'assessore Muzzarelli – Una opportunità che possiamo realizzare grazie al protocollo d'intesa sottoscritto da Regione e Provincia di Modena con le banche del territorio".
Con la firma dell'accordo di oggi, l'azienda potrà ritirare i componenti e le parti meccaniche di proprio interesse dallo stabilimento di Formigine. Le istituzioni, valutando positivamente la prosecuzione del confronto si sono impegnate ad accompagnare l'azienda ed i lavoratori nell'utilizzo del più appropriato degli ammortizzatori sociali e ad accompagnare l'attuazione del piano anche nel confronto con gli istituti di credito.
Le parti hanno accettato di incontrarsi nuovamente alla presenza delle istituzioni il prossimo 1 ottobre.
Pubblicato in Lavoro Emilia
Domenica, 08 Settembre 2013 11:42

Almeno una volta eravamo "Poveri ma Belli".

- La fotografia della Crisi proposta da "Presadiretta" -

di Lamberto Colla ---
Parma, 8 settembre 2013 -
L'estate sta finendo e i palinsesti delle diverse reti stanno scaldando i motori per la ripresa della nuova stagione televisiva. Tra i primi a rimettersi in moto, tra le proposte di programmi giornalistici d'inchiesta, è stato, lunedi scorso, "PresaDiretta" condotto dal bravo e pacato Riccardo Iacona, con una serie di 4 puntate imperniate sulla distribuzione della ricchezza. Dopo aver raccontato l'enorme ricchezza privata del nostro paese nella prima puntata, accende le sue telecamere sulla ricchezza invisibile, quella non accertata, i soldi dell'evasione e quelli prodotti dalla grande criminalità organizzata. Questo il tema della prossima puntata di lunedi 9 settembre. Già con la prima puntata, però, Iacona ha fatto "bingo". Il confronto proposto tra ricchi e poveri del nostro Paese ha catalizzato l'attenzione di quasi 2.200.000 ascoltatori.


-Ricchezza e povertà: trend opposti-
Elemento di traino della puntata senza dubbio l'argomento: il lusso sfrenato contrapposto al l'indigenza crescente. La squadra di giornalisti Rai3, capitanata da Riccardo Iacona, è riuscita ad evidenziare dei dati allarmanti: l'Italia è una nazione dove la ricchezza privata emerge ben più che in altre nazioni, come la Francia e la Germania. Altro elemento distonico emerso sta nella tendenze registrate dei dati economici: da una parte i consumi sono in decrescita su tutti i settori, dall'abbigliamento al cibo, mentre dall'altro i beni di lusso sono in continua ascesa.
La cruda realtà dei numeri proposti da Iacona, fotografano la realtà peggiorata da tre anni di governo tecnico:
1 milione di disoccupati (3.144.000 totali)
4.200 aziende corrispondenti a 43 fallimenti al giorno
9.600.000 persone vivono in stato di povertà relativa (16% della popolazione)
5.000.000 di persone vivono in stato di povertà assoluta (+615 poveri al giorno)
+530.000 cassintegrati dall'inizio anno.
A questi dati si contrappongono quelli relativi alla ricchezza e al suo allocamento:
9mila miliardi di euro è il valore della ricchezza privata in in Italia. Quasi 5 volte il valore del debito pubblico fermo, si fa per dire, a 2000 miliardi di euro.
240.000 persone multimilionarie (media 5 milioni di euro) ai quali si aggiungono i 9 milioni di milionari che insieme posseggono il 50% del patrimonio privato nazionale. In sintesi il 10% della popolazione detiene il 50% del patrimonio.
E' appunto da questi dati che l'ex direttore generale di Intesa e ora presidente di SEA, Pietro Modiano, ripropone a Iacona la sua idea già espressa nel 2011: fare una "patrimoniale" da 20 miliardi annui per 4 anni allo scopo di ridare fiato alle trombe (consumi) .
"Abbiamo ancora adesso bisogna di una patrimoniale – spiega Modiano a Iacona – perché siamo in una fase straordinaria, non c'è mai stata una crisi lunga cinque anni. Se noi riusciamo nell'operazione di trasferire risorse da chi ha una bassa propensione al consumo, che sono i ricchi, a chi ha un'alta propensione al consumo, possiamo far ripartire l'economia."
Apparentemente una soluzione condivisibile seppure di difficile realizzazione. Difficile per il basso tasso di fiducia detenuto dagli italiani verso gli organi dell'amministrazione dello stato e del panorama politico connesso alla incertezza del buon uso di questi prelievi cospicui. Prima sarebbe opportuna una adeguata e consolidata politica di riordino dei conti pubblici e la rimozione, almeno in parte, delle cause che alimentano il continuo incremento delle spese d'apparato. Una seria "spending review" non è ancora stata proposta. Pertanto, la conseguenza più probabile alla proposta di Modiano sarebbe una nuova fuga di patrimoni verso lidi sicuri oltre confini.
-Orgoglio, dignità e buongusto-
Se quel 10% di "fortunati" volessero regalare qualcosa al Paese dal quale hanno, con abilità e fortuna, ottenuto così tanto non sarebbe un gesto sgradito. Renderebbe onore a tutta la categoria dei "paperoni" verso la quale si guarda in parte con invidia e ammirazione e in parte con rabbia e disprezzo. E' l'opulenza ostentata e la incapacità di rendersi conto della realtà da parte di alcuni di loro che fanno emergere i sentimenti negativi verso la categoria paperoniana. Alcuni esempi ben rappresentati nella trasmissione di Iacona una fra tutti la "signora dei salotti romani" Marisela Federici. Elegante e bella signora amante del "bello" e della ricercatezza. Nipote di un ex presidente del Venezuela, convolata in seconde nozze con Paolo Federici, rampollo di una famiglia aristocratica italiana Marisela Federici è riuscita a mostrare un lato della sua personalità e del suo stile di vita che forse sarebbe stato apprezzato, dai più, nell'epoca fulgida degli anni ottanta quando i piumini monclair e i paninari rappresentavano uno strato più ampio di popolazione. Buon per lei che può permettersi 6 aiutanti domestici, una stanza per i bicchieri, una per le porcellane, una per le posate e altre attrezzature destinate a arredare, di volta in volta con stili e temi diversi, le cerimonie private che si consumano nella sua lussuosa e sempre aperta dimora romana.
Quello che invece ha fatto irritare sono stati i diversi momenti di caduta di stile della signora. Una serie di occasioni perdute di regalare perle di buongusto. Affermazioni e atteggiamenti in totale contrasto con la raffinatezza dei ricevimenti che stava narrando all'intervistatrice.
Concordo pienamente con lei che sia "meglio una festa al mese che un analista alla settimana" e potrei anche concordare sul fatto che sia necessario non farsi ottenebrare dalla negatività e perseverare nella ricerca di nuovi lavori e occupazioni. Non posso però tollerare le affermazione fatte calare sull'argomento della crisi e dei suicidi. «Sono gesti disperati, - afferma la nobildonna - che non portano a nulla. Molto meglio la speranza». E poco dopo prosegue incalzata sull'argomento della crisi con un'ultima perla di saggezza «Non voglio essere cinica. Secondo me hanno un altro tipo di problemi. Hanno problemi mentali, più che economici o altro. Sono persone che hanno già una tara mentale che li porta a gesti disperati e conclude con l'invocazione all'azione come fanno i grandi manager: «Lavorassero un po' di più questi che si lamentano tanto. Che si mettessero a lavorare». Già a lavorare. Qualche scansafatiche c'è in giro ma molti, tantissimi, invece sono disponibili a qualsiasi lavoro, anche solo quello che servirebbe a pagare le sole bollette e un po' di verdura e frutta per i figli, felici di non avere nulla per sé stessi ma solo la coscienza a posto.
Mortificare l'orgoglio e la dignità sono delitti che andrebbero puniti severamente perchè minano le basi sulle quali si regge la nostra società: la famiglia. Genitori impossibilitati a reagire ai fenomeni che li opprimono che non riescono a garantire un futuro al loro frutto d'amore giovanile la dignità non può essere intaccata. Perduta quella sono precluse tutte le opzioni di speranza tanto invocata dalla signora Marisela. E senza speranza il buio diventa tenebra. Il passo successivo è l'alienazione di sé stessi se un tocco fatato non giunge prima dell'atto estremo. Si, signora, saranno stati malati ma a seguito di una grave malattia: la crisi che li ha, con mano invisibile, soffocati.

-Conclusioni-
Ammirazione invece hanno raccolto le testimonianze più umili offerte dalla trasmissione di Iacone. Donne e uomini privati di quasi tutti beni materiali e colpiti da gravi malattie che riescono ancora a tenersi attaccati alla speranza del cambiamento e lo insegnano quotidianamente ai loro figli. Figli che spesso devono "marinare" la scuola perchè non hanno la possibilità di pagarsi il refettorio. Genitori che, nella indisponibilità di quasi tutto, dedicano il loro tempo libero ad assistere altri nelle loro medesime condizioni economiche ma oppressi da peggiori condizioni d'altra natura. Donne e uomini invisibili che reggono pesi enormi che schiaccerebbero degli elefanti capaci di imprese straordinarie. Donne e uomini di cui nessuno, tranne Dio, si ricorderà del loro nome ai quali la società dovrebbe tributare onori. Donne e uomini verso i quali i fortunati dovrebbero concedere qualcosa, almeno per non fare disperdere al vento la loro dignità.
Complimenti a Iacone per come è riuscito a confezionare una trasmissione che ha toccato le corde più sensibili senza la retorica che spesso accompagna alcune inchieste giornalistiche.
Un grazie a coloro che potranno dare il loro contributo a rimettere in carreggiata la macchina Italia e tutte le sue potenzialità ancora inespresse. A voi politici l'ardua sentenza.

Riccardo Iacone di PRESADIRETTA

Pubblicato in Politica Emilia

 

Centro storico e dintorni: perdita delle identità, contraddizioni.

di Carlo Ferrari - Civiltà Parmigiana - 
Parma, 07 settembre 2013 -

Giorgio Torelli, noto giornalista scrittore parmigiano, afferma: " Le città non sono immutabili, la nostra ci appartiene per affetto, l'abbiamo in prestito, noi stiamo per essere cartoline del dopo, dobbiamo fare di tutto per riconsegnarla al tempo forte nel sentire, generosa di scelte, insolente contro l'invidia del banale, coraggiosa nel fare storia e abile nel dipanarla" ... come non condividere questo pensiero che, un bravo amministratore pubblico di una città, dovrebbe prendere (visti i tempi) quasi come un "Bignami"; a maggior ragione per Parma vista la sua tradizione e la sua storia.
Il patrimonio del centro storico (monumenti a parte), il fascino, la tradizionale identità, la emozionale vitalità di Parma, stanno lentamente scomparendo; andrebbero invece tutelati come obiettivo prioritario appunto per "riconsegnarla al tempo" come espresso dal pensiero di Torelli.
La realtà e la diffusa percezione di paura e di un altrettanto manifesto mal di vivere tra la popolazione più anziana, che ormai non chiede più prevenzione ma maggiore repressione, costituiscono, forse, la principale causa scatenante di un'emergenza di cui le Istituzioni devono farsi assolutamente carico. Non è ben chiaro a questa maggioranza se si vuole una città più aperta e fiduciosa oppure "armata"; gli scenari quotidiani sono ormai insostenibili (o quasi) se continuerà a crescere il superfluo e a scarseggiare il necessario.
Il DNA di una città andrebbe sempre preservato a prescindere, a maggior ragione per una città come Parma; non si deve permettere che gli "eventi", senza una guida sicura ed un controllo strategico, lentamente la manipolino e la snaturino!
In buona sostanza, visti i programmi dell'attuale amministrazione (quali ?), i progetti in corso, ed patrimonio pubblico, al cittadino non è per niente chiaro se avremo in futuro una "grande" o una "piccola" Parma, una città "provincia" o tante città "paese". Le ultime iniziative messe in piedi dalla giunta, al momento non hanno dato alcun risultato tangibile e danno l'idea di essere misure prese solo per cercare di riacquistare un consenso ed una credibilità popolare ormai davvero scemata ...
Il "debito pubblico" ereditato dalla passata giunta, continuamente utilizzato come scusante / motivazione per l'attuazione della famigerata Decrescita Felice, non può e non deve bloccare la programmazione dello sviluppo futuro della città, soprattutto nell'ottica di altri quattro anni di governo! Viabilità, parcheggi, inquinamento, cultura in senso lato, ecc. sono indubbiamente grossi capitoli di intervento per il futuro assestamento-sviluppo della città; per essi non abbiamo visto alcuna pianificazione ne a medio ne a lungo termine.
Dal "chiuso per ferie" al "chiuso per sempre" ... numerosi negozi del centro storico e dintorni hanno le serrande abbassate. Via Bixio, via D'Azeglio, via Garibaldi, ed in tutte (o quasi) le strade attigue, negozi vuoti, sfitti, sono ormai un panorama costante, un dato che rischia di stabilizzarsi se non, purtroppo, di aumentare.
Tant'è che la presenza di uno o più negozi chiusi o vuoti in un borgo, in una via fino a ieri molto frequentata, porta inevitabilmente al declino di quella strada e con esso alla mal frequentazione (es. via Garibaldi, Via Verdi, e dintorni) poiché difficilmente qualcuno correrà il rischio di aprire una nuova attività (seria!).
Eccessivo forse parlare di desertificazione del commercio tradizionale di una città medio-piccola come la nostra ? Non penso proprio ! Da tempo ormai si vede come il piccolo commercio ed il dettaglio stiano riducendosi a ritmi impressionanti, minacciati sia dalla crisi attuale che dal proliferare di centri commerciali ed hard discount.
Grosso problema questo, soprattutto per quanti (anziani in testa) non avendo mobilità da centro commerciale si sentono un po' fuori dal mondo. D'altra parte molte sono le offerte di beni superficiali di vario genere, spesso vicini e ripetitivi, che continuamente ci bersagliano. E' lecito quindi porsi una domanda: "Nella struttura comunale o nell'assessorato dedicato, esiste una figura specifica che si occupi di marketing territoriale? Che fine ha fatto l' Urban City Manager? ". I cittadini di Parma, unitamente alle Associazioni di Categoria, urgono di vedere un piano organico di rilancio del centro storico, con dettagliati tempi e modi di intervento e non semplicemente manifestazioni-tampone in varie strade del centro o dell'oltretorrente (anche in quelle non adatte per strutture e/o spazi).
Per non parlare dei varchi elettronici ! Impressionante constatare la fantasia degli amministratori per escogitare mezzi utili solo a far cassa! Da sempre Parma è, a ragione, ritenuta una città a vocazione "turistica" con diversi punti forza quali cultura, arte, gastronomia, musica, e quant'altro ed è vero! E noi "respingiamo" i potenziali visitatori (non molti infatti amano i pullman turistici !) con "le mura elettroniche" perché non disponiamo di adeguate strutture di accoglienza raccordanti l'interland con il centro.
Provocatoriamente vorrei ricordare che fino all'800 intorno alla città esistevano le mura, chiuse di notte per proteggere la cittadinanza, ma assolutamente aperte durante i giorno per accogliere i visitatori, favorire ed incentivare il commercio e tutte le attività in genere ... Strano a dirsi, ma oggi avviene proprio il contrario ! Davvero una scelta opinabile !
Altro argomento molto dibattuto è l'inquinamento, in particolare del centro storico, che ha dato poi origine a quella tanto discussa ordinanza di chiusura dello stesso per un giorno alla settimana. Utile rammentare che, ricerche sistematiche degli Enti preposti, l'inquinamento della città, nel suo complesso, risulterebbe così composto: 40% traffico industriale (autostrada), 40% sistema viario urbano (tangenziale e affini), il rimanente impianto di riscaldamento ancora a gasolio ed altro ... Si pensi al contenzioso legale che una delle passate amministrazioni voleva aprire a questo proposito con ANAS (con quale eventuale successo è difficile da stabilire). Si evince comunque che la chiusura al traffico un giorno/settimana del centro storico (le cosiddette barriere), come più sopra detto, ha portato pochi benefici e non è stata risolutiva del problema ecologico in questione,arrecando invece problemi importanti alle attività commerciali già così fortemente penalizzate.
C'è quindi bisogno, a nostro avviso, di una "riarmonizzazione" di questa importantissima parte della nostra città, che sia il più possibile condivisa fra i vari utenti (cittadini, commercianti, istituzioni varie, ecc.). Enfatizzando, abbiamo cercato di individuare i punti deboli ma, al contempo, invitiamo l'amministrazione a conservare con impegno ed intelligenza, le peculiarità, forza indiscutibile ed irrinunciabile di una città che non ha nessuna intenzione di darsi per vinta !
Non possiamo e non dobbiamo accettare il concetto di decrescita felice che la cittadinanza comunque (grazie anche allo "zoccolo duro" della sua parmigianità) quotidianamente dimostra di non volere.
Portate all'attenzione di tutti i vostri programmi ed i vostri progetti in modo chiaro, spiegate dettagliatamente ai cittadini come intendete risolvere i problemi.
Avete ancora quattro anni a disposizione: un tempo breve forse per risolvere tutto ciò che non va, ma sicuramente lunghissimo per non fare nulla ! Lasciateci avere un controllo diretto sull'operato dell'amministrazione.... Non è forse un vostro vanto agire nel massimo della trasparenza ! Fino ad ora non ce ne siamo accorti ....

Carlo Ferrari di Civiltà Parmigiana

Domenica, 01 Settembre 2013 08:02

Crolla la spesa degli italiani a tavola


Italiani alla ricerca delle promozioni e del low cost.

 

Crolla la spesa degli italiani a tavola dall'olio di oliva extravergine (-10 per cento) al pesce (-13 per cento), dalla pasta (-10 per cento) al latte (-7 per cento), dall'ortofrutta (-3 per cento) alla carne (-2 per cento). E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti piu' drammatici del calo del potere di acquisto provocato dalla crisi, sulla base dei dati Ismea-Gfk Eurisko relativi al primo semestre dell'anno che fanno registrare complessivamente un taglio del 4 per cento nella spesa alimentare delle famiglie italiane.
 
A calare c'è anche la spesa per l'acqua minerale (-6 per cento) e le bevande analcoliche gassate (-9 per cento) e non (-6 per cento) mentre ad aumentare - sottolinea la Coldiretti - è invece la spesa per le uova (+4 per cento) e per la carne di pollo naturale (+6 per cento) come sostituti delle carni piu' care per garantire comunque un apporto proteico adeguato nell'alimentazione. 
 
Si riscontra in maniera generalizzata, un calo della spesa superiore a quello dei volumi acquistati, che fa pensare - sostiene la Coldiretti - ad un orientamento delle famiglie verso prodotti in promozione o di prezzo inferiore. Una conferma - continua la Coldiretti - viene dal fatto che le vendite dei cibi low cost nei discount alimentari sono le uniche a far segnare un aumento nel commercio al dettaglio in Italia con un +1,3 per cento mentre calano tutte le altre forme distributive a partire dai piccoli negozi che fanno registrare un tonfo del - 4 per cento, gli ipermercati (-2,5 per cento) e i supermercati (-1,8 per cento), nei primi cinque mesi dell'anno.
 
 A cambiare è quindi purtroppo anche il livello qualitativo degli alimenti acquistati con un aumento della presenza di prodotti low cost che - conclude la Coldiretti - non sempre offrono le stesse garanzie di sicurezza alimentare.
(fonte coldiretti)

Domenica, 25 Agosto 2013 12:28

I diversi volti della crisi

di Lamberto Colla ---
Parma, 25 agosto 2013 -
Come volevasi dimostrare la vita del governo è appeso ad un filo.

La discussione più accesa di queste ore, in seno alle forze politiche che  sostengono il governo, è sempre la stessa: Berlusconi. I due schieramenti stanno più pensando a come condurre in porto la prossima campagna elettorale e alla contabilizzazione dei voti piuttosto che alla contabilità dello Stato. Intanto il tempo passa e la decrescita infelice del PIL segna -0,2%. L'esercito dei disoccupati tende ad aumentare e, molto probabilmente, a fine anno toccherà quota 3 milioni, gli onesti si suicidano, i disonesti evadono totalmente. Molti imprenditori sognano di scappare all'estero e qualcuno ci ha pure tentato di traslocare tutta la fabbrica, all'insaputa degli operai, in Polonia durante la pausa estiva.


- 5000 evasori totali-
Sono 4.933 gli evasori totali scoperti dalla Guardia di Finanza da gennaio ad oggi. Hanno nascosto redditi per 17,5 miliardi di euro e 1.771 di loro sono stati denunciati, nei casi più gravi, per omessa dichiarazione dei redditi.
Si tratta di soggetti che, pur svolgendo attività imprenditoriali o professionali, erano completamente sconosciuti al Fisco ed hanno vissuto alle spalle dei contribuenti onesti, usufruendo di servizi pubblici che non hanno mai contribuito a pagare, intestando spesso beni e patrimoni a prestanomi o a società di comodo.
Ce n'è per tutti i gusti e alla fine a rimetterci maggiormente sono i lavoratori. Solo per citare un esempio a Treviso, sono stati scoperti due night club mascherati da associazioni culturali "no profit" che invece di occuparsi, come dichiaravano, di promozione del tempo libero attraverso iniziative di natura culturale e ricreativa a carattere volontario e senza finalità di lucro, hanno impiegato 109 lavoratori in "nero" ed evaso le imposte per milioni di euro.
Alla fine, quello che sorprende, non è la tipologia o la architettura ingegneristico fiscale dell'evasione bensì che "nessuno" se ne fosse accorto prima. Due night club mascherati da "no profit" collocati nella medesima città di provincia (86.000 abitanti meno della metà di Parma). Non si può non pensare a un sistema di collusione e complicità "multistrato". Chissà a Roma quante società "no Profit" ci saranno, se tanto mi dà tanto...


- La dignità mortifica e l'ennesimo suicidio -
Era un odontoiatra, aveva solo 52 anni e viveva in una zona non depressa, in quella iperlaboriosa Reggio Emilia, dove i servizi sociali dedicati all'infanzia sono oggetto di studi da tutto il mondo. Per effetto della crisi era stato costretto a chiudere la attività ed era alla ricerca di un lavoro da dipendente che però non trovava. In quanti sono nella situazione di Eude (nome di battesimo)? Uomini di mezza età, forti e con alle spalle molti anni di onesto impiego, esperienze da vendere e una dignità da difendere ma che via via scema col passare dei giorni e delle ore, i chiaroscuri virano verso lo scuro sino a quando il buio mimetizza le ombre. E al buio i pensieri si fanno sempre più cupi.


- Il Caso FIREM -
C'è invece chi reagisce alla crisi, tra l'altro a pochi chilometri dal caso sopra descritto, nell'altra perla emiliana, Modena. 50 anni di attività produttiva, 40 dipendenti, forse non c'erano più le soddisfazioni economiche di un tempo, fatto sta che l'imprenditore, da focoso emiliano, manda tutti in ferie e quatto quatto a ferragosto trasporta la fabbrica in Polonia. Tutta, o quasi, manca un camion che è stato bloccato dai lavoratori, ignari di tutto, rientrati (chissà con quale patema d'animo) dai posti di villeggiatura per presidiare quel che rimane della loro fabbrica.


- Conclusioni -
Alla fine la crisi si traduce in casi umani. Ogni malazione governativa è responsabile dei danni che si riversano su donne e uomini ai quali la crisi porta inesorabilmente il conto.

Pubblicato in Politica Emilia

Modena, 9 agosto 2013 -

Certo non è molto, ma di questi tempi iniziare a vedere qualche segno più nei dati economici di casa nostra è un segno di speranza e di incoraggiamento. Nel secondo trimestre dell'anno, infatti, meccanica, maglieria, biomedicale ed apparecchiature elettroniche tornano in positivo.
Modena, 09 agosto 2013. Sarà pur vero che una rondine non fa primavera, ma che porti speranza è indubbio. Questa può essere la chiave di lettura dei dati marcati dalle imprese manifatturiere modenesi sino a 50 dipendenti nel secondo trimestre 2013. La produzione, infatti, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente cala ancora (-0,9), ma il fatturato, dopo cinque trimestri consecutivi, ritorna a vedere il segno più (+2,3%). Rimane elevata la quota di fatturato estero sul totale (25,1%), anche se in leggera discesa rispetto al primo trimestre. Sostanzialmente in tenuta gli ordinativi, come al solito più quelli esteri (-0,1%) di quelli nazionali (-1,9%), a conferma delle difficoltà del mercato interno. Stabile l'occupazione (zero netto).

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I SETTORI
Inaspettatamente, il momento più difficile lo sta passando l'agroalimentare. E' vero che storicamente il secondo trimestre dell'anno è il più pesante per questo settore, ma il dato 2013 rappresenta un record negativo senza eguali. E le previsioni sugli ordinativi non sono certo entusiasmanti. L'esatto contrario di ciò che sta accadendo per la maglieria, che, seppur a singhiozzo (due trimestre positivi e tre negativi negli ultimi cinque), sta dimostrando una ritrovata stabilità, trascinata manco a dirlo dall'export, a quota 34,8% del fatturato. Non bene, invece, l'abbigliamento, dove si concentra il conto proprio, al pari della ceramica, qui rappresentata dal terzo fuoco, le cui speranze di ripresa si basano sui recenti incentivi definiti dal Governo a favore delle ristrutturazioni, in particolare quelle dei bagni. Ma le note più incoraggianti arrivano senz'altro dalla meccanica, la spina dorsale del manifatturiero modenese, che dopo cinque trimestri negativi consecutivi, ritorna a vedere il segno più, peraltro sostenuto da buone attese rispetto agli ordinativi, soprattutto quelli esteri. Positiva anche la performance del biomedicale, in modo particolare per ciò che riguarda il fatturato, mentre in decisa ripresa è anche il settore dei macchinari elettrici ed elettronici, magari non molto "pesante" per dimensioni, ma che rappresenta un segmento piuttosto dinamico ed interessante. Di seguito, i dati settore per settore (ciascun valore fa riferimento alla variazione rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente).

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LE CONSIDERAZIONI DI CNA:

"Anche se non si tratta di una crescita – la produzione diminuisce ancora di uno 0,9% rispetto ad un anno fa, vogliamo, dobbiamo vedere in questi numeri il bicchiere mezzo pieno, per non lasciarci travolgere dal pessimismo e dalla sfiducia". E' il commento di Umberto Venturi, presidente provinciale di CNA, alla rilevazione congiunturale dell'andamento delle pmi modenesi.
"Una fiducia che le aziende, con il lavoro degli imprenditori e dei dipendenti, alimentano quotidianamente. Ora, però, anche la politica deve fare la sua parte per alimentarla".
Il riferimento va ai provvedimenti del decreto del Fare. "Ci attendiamo segnali concreti ed univoci, che ancora stentano ad arrivare, come testimonia la vicenda del Durt, introdotto, poi cancellato, senza cancellare, però, anche la norma sulla responsabilità solidale negli appalti (edilizia esclusa), un vero e proprio macigno sulla strada delle imprese, del lavoro, dello sviluppo".
"Che dire, poi, - continua Venturi – del dimezzamento delle risorse del Fondo di garanzia per le operazioni di importo inferiore ai 500mila euro, un provvedimento che rappresenta un segnale fortemente negativo nei confronti delle imprese più piccole. Ecco perché diciamo che a volte la mano sinistra non sa ciò che fa la destra".
"Occorre – conclude Venturi – una politica industriale che prenda atto del ruolo delle piccole imprese nel nostro Paese, additate spesso come un freno allo sviluppo. Certo, i piccoli devono imparare a fare rete, a lavorare insieme, che significa poi diventare grandi senza perdere la propria autonomia. Ma serve anche la consapevolezza politica del ruolo delle pmi, che spesso all'estero sono indicate come esempio positivo, mentre in Italia sono di fatto individuate come un sintomo di arretratezza. Io credo che, se in Italia il 97% delle imprese hanno meno di 50 dipendenti ed in Germania le stesse imprese sono il 93%, la colpa dei mali italici non sia di questo 4% di pmi italiane in più. Quelle stesse Pmi che più della grande industria – decine di ricerche stanno lì a dimostrarlo – hanno difeso l'occupazione. Partiamo da qui, allora, ragioniamo su un fisco più equo, su una burocrazia più "umana" per definire i parametri sui quali disegnare un'economia che sia davvero sostenibile sotto tutti i punti di vista, quello sociale in primis".

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