FLAI CGIL e UILA UIL: "Chiamiamo alla loro responsabilità tutti gli attori della filiera". Qualche "Boss in incognito" si farà avanti per offrire una stampella o fare un "affare"?
di Virgilio
Parma, 02 febbraio 2017
Alla vigilia della campagna del pomodoro 2017, a pochi giorni dall'inizio delle semine che daranno vita alle piantine di pomodoro da trapiantare nei campi da metà aprile circa, potrebbe venire a mancare uno dei maggiori attori del Nord Italia, il Co.Pad.Or.
La crisi della cooperativa si trascinava da diversi anni ma, bene o male, alla fine si riusciva a avviare gli impianti e a portare a termine la campagna.
La evidenza di una crisi dell'intero comparto nazionale in sofferenza da un'eccesso di offerta, con conseguente ripercussione sul portafoglio degli agricoltori (il prezzo 2016 è diminuito del 7,5% rispetto la campagna 2015), ha dato il colpo di grazia alla compagnia di Collecchio.
Non consola il fatto che anche altre imprese del settore siano in difficoltà a onorare gli impegni presi con gli agricoltori, come testimonia il recente intervento di Tiberio Rabboni - neo presidente della Organizzazione di Prodotto del nord Italia, arrivato persino a minacciare di rendere noti i nomi degli insolventi, bensì deve essere un ulteriore stimolo affinché chi può intervenga per dare continuità a una fabbrica tra le più moderne del settore e patrimonializzata di esperte e qualificate maestranze.
Un sito produttivo che potrebbe essere appetibile per qualche Compagnia locale in forte espansione all'estero o, perché no, dagli stessi "cugini" del Casalasco (Pomì) che potrebbero così portarsi in casa un altro gioiello dell'imprenditoria parmense. Chissà cosa ne penserà dell'idea, Costantino Vaia (DG Consorzio Casalasco del Pomodoro) reduce dalla trasmissione "BOSS in Incognito" andata in onda martedi scorso su Rai2.
Le speranze sono le ultime a morire!
Il Comunicato FLAI - UILA
FLAI e UILA sono stati informati che oggi (31 gennaio 2017 ndr) Copador ha depositato richiesta di concordato in continuità. La società ha una situazione finanziaria complicata a causa di un pesante indebitamento e per la decisione del ceto bancario di non concedere più la liquidità concordata negli ultimi anni. Anni in cui risulta essere diminuita l'esposizione nei confronti delle banche.
Copador è uno dei maggiori trasformatori di pomodoro fresco del nord Italia, ha 600 dipendenti diretti tra fissi e stagionali, un considerevole indotto e una capacità produttiva di 3 milioni di quintali.
Di fondamentale importanza per i lavoratori, per le aziende agricole e per tutto l'indotto è la continuità e la partenza della campagna 2017. Diversamente le ricadute per tutta la filiera sono difficilmente prevedibili, sia in tema di prezzo del pomodoro, sia sulle quote di mercato di tutto il Paese Italia, che calerebbero a vantaggio dei competitori esteri, Spagna per prima. È utile ricordare anche che gli operai agricoli delle imprese di trasformazione industriale, a seguito delle riforme e all'abolizione dell'indennità di mobilità, non hanno nessun ammortizzatore sociale in caso di licenziamento. Queste scelte, come ampiamente previsto, possono portare solo a veri drammi sociali.
I sindacati di categoria chiedono immediatamente che la Regione Emilia Romagna, in particolare gli Assessorati alle Attività Produttive e all'Agricoltura convochino subito le parti sociali, le associazioni degli agricoltori, le organizzazioni dei produttori, i rappresentanti dell'azienda e le istituzioni del territorio per verificare la situazione e per mettere in campo ogni iniziativa utile a salvaguardare l'occupazione e la produzione. Anche il Ministero dell'Agricoltura deve essere parte attiva per costruire le soluzioni possibili. Copador è industrialmente sana, ha le maestranze professionali per lavorare con qualità e deve essere salvata!
(Clicca qui per vedere Boss in Incognito RAI 2 - trasmissione del 31/1/2017)
Per il quarto anno consecutivo, in provincia di Reggio Emilia, si assiste al calo degli insoluti e dei protesti sia in termini numerici sia in termini di valore.
Tre assegni il cui importo complessivo (1.185.540 euro) rappresenta, da solo, un terzo dell'intero valore degli assegni cabriolet della provincia di Reggio Emilia; un valore medio delle cambiali protestate di pocoinferiore ai 900 euro; un calo, per il quarto anno consecutivo, sia del numero che dell'importo totale degli insoluti provinciali. Sono questi alcuni degli aspetti che emergono dall'analisi effettuata dall'Ufficio Studi della Camera di Commercio sui dati del Registro Informatico dei Protesti.
Trend in flessione, quindi, quello registrato dai protesti nei primi undici mesi del 2016 nella nostra provincia rispetto allo stesso periodo dell'anno passato. E' infatti diminuito del 16,3%, raggiungendo quota 3.217, il numero di titoli esecutivi (cambiali-pagherò e assegni) e contemporaneamente è calato anche il valore complessivo, che in un anno è sceso da quasi 7 milioni a poco più di 5,6 milioni di euro, con una variazione pari al -18,8%.
A determinare questo andamento è stata, in egual misura, la flessione registrata sia dalle cambiali protestate - che rappresentano i tre quarti del totale insoluti – che dagli assegni. Il numero dei pagherò (che comprendono cambiali e tratte accettate) passa da 2.860 del gennaio-novembre 2015 a 2.379 dello stesso periodo dell'anno in corso, con un calo del 16,8%; analoga la flessione registrata per il valore (-16,9%) che è sceso a poco più di 2,1 milioni di euro., a fronte di una diminuzione del 14,9% nella consistenza (da 985 a 838) si registra un decremento del 19,9% nel valore, che passa così da oltre 4,4 milioni di euro dei primi undici mesi dell'anno passato a poco più di 3,5 milioni del 2016. Il maggior calo del valore degli assegni rispetto alla flessione del numero, ne ha fatto scendere il valore medio da 4.492 a 4.229 euro.
(Fonte CCIAA Reggio Emilia 30 dicembre 2016)
Una piccola speranza di Pace potrebbe germogliare dalla decisione del vertice di Bruxelles di eliminare le restrizioni economiche verso la Russia.
di Lamberto Colla Parma 18 dicembre 2016
Il prossimo sarà il fine settimana dedicato al Natale. Un altro anno è volato via, almeno per noi che, nonostante i problemi arrembanti e mai insoluti, abbiamo il privilegio di non condividere il nostro tempo con le bombe e i cecchini. Lo stress di una tregua interrotta ancor prima che inizi e nel frattempo il cecchino ci ammazza il familiare uscito allo scoperto per festeggiare quella che è diventata una drammatica illusione.
Aleppo, come tantissimi altri luoghi di questo infiammato e arido mondo, anche grazie ai suoi coraggiosi e stremati giornalisti, reporter, blogger o improvvisati tali, è diventato il simbolo della disperazione e della assenza di ragione.
Macerie su macerie che sono oggetto di continui bombardamenti, tutti gli ospedali distrutti e i convogli umanitari destinati a portare cibi e bevande piuttosto che a accompagnare i civili fuori dal teatro di guerra colpiti e bombardati e quindi costretti a rientrare all'inferno. Bambini, donne e anziani, nemmeno loro hanno scampo, nemmeno a loro viene concessa una speranza, anzi, loro sono i più preziosi prigionieri, quelli che con la loro disperazione impietosiscono e tengono accese le luci sulla Siria.
Lì, dove USA, Russia, Iran, ribelli, Turchia e chi più ne ha ne metta si esercitano e sfidano per contendersi il primato militare.
Almeno a Natale un pensiero collettivo deve innalzarsi al cielo e fragorosamente bombardare le teste dei potenti con un "Basta".
Basta tragedie umanitarie. I pochi che scampano alle bombe e riescono a fuggire trovano poi le barriere dell'europa, oppure la tragedia in mare e qualcuno, meno sfortunato, l'accoglienza greca o italiana.
Se una nota positiva vogliamo registrare dal vertice dei capi di governo UE - il primo al quale ha partecipato il nuovo premier italiano Paolo Gentiloni - il 13 dicembre scorso, sta nella decisione di eliminare le restrizioni economiche verso la Russia.
Anche se, c'è da scommettere, è molto probabile che sia stata una decisione maturata per convenienza economica, che per ragioni umanitarie, auguriamoci comunque possa essere interpretata da Putin come un invito a negoziare la pace in Ucraina - di cui non si parla più ma è tutt'ora un conflitto dalle atroci conseguenze - e a impegnarsi in Siria per una stabile tregua, che abbia come obiettivo finale la pace.
Un abbraccio ai bambini delle tante Aleppo del mondo e la speranza che la mano divina sfiori le teste dei potenti del mondo per umanizzarli.
Buon Natale a tutti Voi e alle vostre famiglie.
Primi nove mesi 2016: ancora una contrazione della spesa familiare per i beni agroalimentari. - Periodo gennaio-settembre 2016.
La spesa delle famiglie per gli acquisti agroalimentari registra una ulteriore lieve flessione nel terzo trimestre 2016 (-0,7%), che porta il dato complessivo dei primi nove mesi del 2016 a -1,0 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2015.
Il carrello della spesa degli italiani ancora una volta riflette lo scenario nazionale attuale e ancora una volta fa emergere sobrietà negli acquisti, attenzione al risparmio e scelte merceologiche guidate per lo più da aspetti salutistici.
I consumi domestici rimangono deboli, a fronte della tendenza positiva del reddito disponibile determinata dal miglioramento del mercato del lavoro e dalla stabilità dei prezzi al consumo.
Aumenta la propensione al risparmio degli italiani, ma anche la distribuzi
one della ricchezza, con un incremento della quota di famiglie in condizioni di povertà.
Secondo l'ultima indagine del Censis, di riflesso a tela situazione, sono sempre più evidenti le disuguaglianze sociali a tavola e le famiglie meno abbienti sono quelle che più accusano la difficoltà ad accedere agli alimenti con miglior valore nutrizionale. Solo nell'ultimo anno, 16,6 milioni di italiani hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce e 3,5 milioni quello di frutta e verdura fresche.
Prodotti sostituiti spesso con surrogati artefatti e meno nutrienti che potrebbero essere rischio per la salute.
Così, mentre una parte della società con reddito alto ricerca nel cibo elementi che garantiscano salubrità e che riflettano concetti e valori di eticità e rispetto per l'ambiente, un'altra parte della società -meno abbiente- si trova a fare tagli alla spesa alimentare, rinunciando spesso ad alimenti base della dieta mediterranea.
Se nel 2015 si era registrato un lieve recupero della spesa per l'agroalimentare, i dati elaborati da Ismea sui risultati dei Panel Nielsen ("vendite presso la distribuzione" ed "acquisti delle famiglie"), evidenziano per questi primi nove mesi del 2016, una nuova contrazione della spesa.
La tendenza degli acquisti in valore rimane negativa per molti comparti di analisi, soprattutto, ancora una volta, per i prodotti proteici che rappresentano ad oggi un terzo della spesa totale per l'agroalimentare.
(Ismea 24 novembre 2016)
Quali esigenze per le PMI? I dati dell'Osservatorio Cofiter. I tre principali motivi di sofferenza delle imprese del comparto. Grande prudenza e ridotta propensione agli investimenti.
di Cofiter - Bologna, 9 dicembre 2016
Il 54 per cento delle PMI definisce buona o ottima la propria competitività sul mercato.
Il 46 per cento individua nella mancanza di risorse finanziare il principale ostacolo da superare.
Sono solo alcuni dei dati che emergono dall'Osservatorio Cofiter (Confidi terziario Emilia Romagna) su un campione di oltre 600 imprese, con focus sulle attività dell'Emilia Romagna - 400 - e regioni limitrofe (Piemonte, Lombardia, Veneto) sul 2016 (ricerca effettuata a terzo trimestre ultimato) con prospettive 2017.
Obiettivo, come spiega Marco Amelio Presidente Cofiter, «è comprenderne le vulnerabilità, le aspettative, la fiducia nel mercato, la voglia di sfidarsi o un'eventuale tendenza a sopravvivere».
Quindi lo stato dell'arte tra capacità progettuali e opportunità finanziarie. Tornando ai numeri, l'Osservatorio (fonte Sigma Consulting) rivela che il 58% delle aziende ammette di riuscire a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario senza particolari difficoltà, il 36% con fatica e in ritardo. Un 6% non riesce. Le maggiori vulnerabilità si registrano sul fronte entrate.
Tre i motivi di sofferenza: entrate sicure ma tardive (42%); irregolari o imprevedibili (39%); insufficiente livello di fatturato (37%).
La funzione finanziaria è svolta nel 53% dei casi internamente, nel 18% esternamente, nel 29% in forma mista. Il che significa che non vengono implementate funzioni ad hoc, competenze specifiche capaci di intercettare la moltitudine di strumenti esterni. E' l'imprenditore, soprattutto nelle piccole realtà, a occuparsi di 'tutto'. Il 46% nutre fiducia nel sistema bancario, e chiede maggior supporto nelle fasi di crisi, migliori condizioni di accesso al credito, rapidità di erogazione e maggior disponibilità nei progetti di investimento.
Il 29% non esegue alcuna operazione finanziaria, ritenendosi auto sufficiente.
Un dato, questo, che secondo Amelio evidenzia un atteggiamento di prudenza e bassa propensione agli investimenti.
Ne è conferma il fatto l'81% delle realtà interpellate dichiara che per il 2017 non avanzerà richieste di finanziamento. Sul fronte Confidi, il 67 per cento delle imprese li conosce. Ne è tuttavia nota soprattutto la funzione primaria (offrire garanzie) meno quella dei servizi collaterali (dal credito diretto alla consulenza dei business plan), su cui come Cofiter (35 mila imprese e una consolidata collaborazione con le reti Confcommercio e Confesercenti) «stiamo spingendo molto, a conferma di avere intercettato una necessità», rimarca Amelio.
«Abbiamo scelto di interrogarci sul livello di conoscenza, da parte delle stesse PMI, degli strumenti messi in campo in questi anni da tutti i soggetti economici per rilanciare la crescita. Noi - la chiosa - siamo molto soddisfatti di avere realizzato questo Osservatorio, che come Cofiter ci consente di ampliare lo sguardo verso nuovi scenari e quindi verso nuovi servizi da inventare, elaborare, attuare».
Tra certezze e sondaggi. Dal Brexit non più Brexit, alla vittoria non più scontata di Hillary al referendum costituzionale e la presumibile vittoria del NI. O forse non ci sarà proprio.
di Lamberto Colla Parma 6 novembre 2016
Sino a poche ore fa, se una certezza v'era, risiedeva nell'uscita del Regno di Sua Maestà Elisabetta II dall'UE. Il referendum popolare aveva sancito, seppure non in modo chiarissimo, la volontà del popolo britannico a abbandonare l'Unione, decidendo quindi di non completare il processo di integrazione avviato e mai portato a termine nel 1972. Tanto è vero che oltremanica è sempre stata in vigore la moneta locale (Sterlina), le unità di misura erano e sono ancora quelle anglosassoni (ll Chilogrammo, il litro e il metro sono noti agli inglesi come a noi lo sono la libbra, l'oncia e il miglio).
Fatto sta che, mentre era in pieno allestimento la laboriosa macchina che avrebbe dovuto traghettare "rapidamente" ogni cosa di sua Maestà sulla grande isola del Mare del Nord, la Corte Suprema di Londra ha accolto il ricorso presentato dalla nutrita fronda degli europeisti, stabilendo che il governo britannico dovrà richiedere il voto del Parlamento per avviare il processo di uscita dall'Unione Europea. Una questione imbarazzante per la premier Theresa May la quale sembra invece orientata a proseguire il cammino intrapreso e a far votare l'articolo 50 del trattato di Lisbona, contando su una solida maggioranza. Brexit Si o No?
Incertezza per incertezza, oltreoceano invece, il "Typhoon Trump" sta investendo la "Clinton Troop".
Un uomo solo contro tutti, contro persino il proprio partito, sta navigando a gonfie vele e, proprio nelle ultime ore, i sondaggi lo vedono addirittura favorito. Pochi punti percentuali separano i due candidati al governo della più grande potenza economica e militare del mondo e la vittoria dell'uno sull'altra sarà determinante dal numero di coloro che andranno a votare.
Urne tradizionalmente poco frequentate, quelle statunitensi, che nel caso dovessero, anche di poco, superare la quota delle precedenti tornate elettorali, i nuovi voti sarebbero, molto probabilmente, della frangia di protesta e quindi favorevoli a Trump, o per meglio dire, assolutamente contrari alla Clinton e al "mondo" che rappresenta. Martedi 8 novembre il popolo americano sarà protagonista, almeno per un giorno.
E qui, nella piccola Italia, nel regno dei complotti e delle trame oscure di medievali ricordi, la personalizzazione del Referendum voluta da Matteo Renzi non sta dando i frutti sperati. Gli ultimi sondaggi indicano il fronte del "No" avanti (tra il 51,5 e il 52%) sui sostenitori del "Si" e la paura di perdere sta facendo tremare il Governo al punto tale da avanzare l'ipotesi di uno slittamento primaverile della data delle consultazioni referendarie.
Voci di corridoio s'intende, alle quali però fa seguito la proposta ufficiale dello stesso Ministro dell'Interno, leader di NCD, Angelino Alfano lanciata dai microfoni di rete 102.5 lo scorso giovedi, invocando la scusa del terremoto che ha tramortito il centro Italia. Smentita immediata di Renzi ma in seguito fatta propria da alcuni Sindaci dei comuni terremotati.
E se una tale richiesta dovesse venire formalizzata da quella popolazione, chi mai avrebbe il coraggio di opporsi pur di garantire un po' di tranquillità a quei concittadini che, dal 24 agosto a oggi, sono stati "torturati" da oltre 22.000 scosse telluriche? La paura fa 90.
Latte, modalità di programmazione produttiva volontaria per gli allevatori per bando UE da 150 milioni di euro
Roma - Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in attuazione del regolamento UE, rende noto che è stata emanata la Circolare che fissa le modalità di programmazione produttiva volontaria di latte da parte degli allevatori per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2016, regolamento delegato Ue
La misura rientra nel quadro degli interventi individuati nel corso del Consiglio europeo dei Ministri dell'Agricoltura dello scorso 18 luglio, che ha stanziato 150 milioni di euro per l'intera Unione europea, cui corrisponde una riduzione complessiva di 1,071 milioni di tonnellate, con l'obiettivo di contenere la produzione di latte e arrestare il calo dei prezzi alla stalla.
Anticipando i contenuti della circolare, il Ministero vuole consentire alle aziende di arrivare preparate alla scadenza delle domande da presentare, programmando al meglio l'offerta.
(In allegato i documenti da scaricare in PDF)
I DETTAGLI
IL FINANZIAMENTO
Viene concesso su specifica richiesta degli allevatori interessati, è destinato a tutti i produttori attivi di latte bovino dell'Ue ed è limitato al latte bovino consegnato ai primi acquirenti.
AIUTO ECONOMICO
È di 14 euro per 100 kg di latte consegnato in meno, in un periodo di tre mesi, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Qualora le richieste presentate superino il predetto quantitativo finanziabile, la Commissione adotta un coefficiente di riduzione dei quantitativi che sarà applicato a tutte le richieste presentate nell'Unione.
Il regolamento prevede, altresì, l'applicazione di penali progressive sull'importo unitario nel caso in cui i richiedenti non rispettino l'entità della riduzione indicata nella domanda.
LE DOMANDE
Sono presentate agli organismi pagatori competenti, secondo le modalità stabilite da Agea e dagli stessi organismi pagatori e possono essere presentate direttamente dal singolo allevatore o per mezzo di organizzazioni di produttori riconosciute o cooperative.
Le domande di aiuto devono pervenire all'organismo pagatore competente entro i termini di seguito indicati:
a) entro le ore 12:00 del 21 settembre 2016 per il primo periodo di riduzione riferito ad ottobre, novembre e dicembre 2016;
b) entro le ore 12:00 del 12 ottobre 2016 per il secondo periodo di riduzione riferito a novembre e dicembre 2016 e gennaio 2017;
c) entro le ore 12:00 del 9 novembre 2016 per il terzo periodo di riduzione riferito a dicembre 2016 e gennaio e febbraio 2017;
d) entro le ore 12:00 del 7 dicembre 2016 per il quarto periodo di riduzione riferito a gennaio, febbraio e marzo 2017.
(Fonte Mipaaf 9 settembre 2016)
(Due allegati in PDF Scaricabili)
L'Italia va bene per il Governo e male per i cittadini e le imprese. Siamo passeggeri coscienti di un'auto lanciata a tutta velocità contro un muro. L'autista, drogato o inebriato dai fumi dell'alcol, ci vuol convincere che non accadrà nulla. La triste storia contemporanea di una splendida nazione che fu.
di Lamberto Colla Parma, 11 settembre 2016.
Economia, lavoro e occupazione sembrano usciti definitivamente dalla agenda di Governo.
Nonostante l'ultimo rapporto Istat abbia fotografato una situazione di crisi preoccupante, Renzi e Padoan si dicono ottimisti e sicuri che il + 0,8% di crescita sarà confermato, come se questo fosse un successo. E, posto che le cose vanno bene, allora ci si concentra sul referendum di ottobre (forse), sulla ridicola questione romana che vede la sindaca Virginia Raggi alle prese con una situazione paradossale, con assessori appena nominati che si scopre essere indagati (l'ultimo è il neo assessore al Bilancio De Dominicis che a sua volta aveva preso il posto del dimissionato Marcello Minenna), da collaboratori che si dimettono o vengono "sacrificati" per ragioni di partito (come i fedelissimi Marra e Romeo).
E i grandi centri di informazione nazionale prontissimi a seguire ogni respiro delle faccende locali (nonostante sia la Capitale resta pur sempre una faccenda locale) a dare risalto alla questione referendaria valorizzando l'acceso dibattito sulla data che non viene svelata piuttosto che la connessione diretta tra risultato della chiamata alle urne e la sopravvivenza del Governo Renzi. Il bollettino meteo/sbarchi e la sfida Clinton - Trump completano gli argomenti della prima pagina dei telegiornali. Qualche flash d'aggiornamento sull'isis e alcune ridicole notizia di costume completano i notiziari.
Una realtà ovattata e fortemente edulcorata è quella che quotidianamente viene offerta alle sempre più alienate menti degli italiani, presi a fare i conti con i centesimi per sbarcare il lunario. Le prospettive di miglioramento non si intravedono e i benefici effetti del Jobs Act sono svaniti appena l'incentivo è stato ridotto. Già nel secondo trimestre del 2016, infatti, stando ai dati del Ministero del Lavoro, le assunzioni sono diminuite del 30% e i licenziamenti sono aumentati del 7,4%.
La conseguenza diretta e immediata è la diminuzione dei consumi (anche alimentari) confermato dal Rapporto Coop 2016, che dimostra come, a parità di rete, le vendite di grocery nella grande distribuzione sono calate del -1,4% e del -2,6% per il discount. Come riportato da "il Sole 24 Ore" "l'erosione dei redditi e del risparmio delle famiglie (dal 2007 a oggi il tasso di risparmio è calato di circa 3 punti percentuali); un tasso di disoccupazione giovanile elevatissimo (al 37,6% e quattro under 35 su cinque ammettono di sentirsi ai margini della società); la ricchezza finanziaria concentrata nel portafoglio degli over 65: 154mila euro contro i 18mila degli under 35."
Insomma è l'ennesima conferma che l'occupazione c'è se c'è lavoro e se c'è lavoro c'è consumo. Un'equazione banale che però non viene presa in considerazione e intanto il sommerso cresce portando l'evasione a 540 miliardi.
Questo è il frutto di una politica economica troppo, se non esclusivamente, sbilanciata verso il salvataggio del sistema bancario e quasi del tutto indifferente a trovare le soluzioni per incentivare lo sviluppo delle piccole e medie imprese,che come effetto immediato avrebbe l'incremento del lavoro e dell'occupazione e una ripresa dei consumi, portando a rinnovamento quel ciclo virtuoso composto da impresa, lavoro, consumi, risparmi e gettito fiscale.
Invece, la misera crescita che potrebbe realizzarsi a fine anno altro non sarebbe che la conseguenza di fattori congiunturali e non il risultato delle politiche interne.
Il prezzo del petrolio è crollato tra i 43 e i 46 $/Barile (WTI) contro i 140€ di due/tre anni fa, lo spred, una volta "eliminato" Berlusconi, è tornato a valori ragionevoli (110-120 contro i 500+ dell'epoca) con gran guadagno sul monte interessi del nostro debito pubblico che, guarda caso, continua invece a macinare record e l'aiuto di Draghi/BCE, avvenuto attraverso le operazione di abbattimento dei tassi di interesse (o%) e il Quantitative Easing (programma di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi membri) avrebbero potuto, se combinati con opportune politiche interne, incentivare una ripresa prossima o superiore al 2% come in effetti è accaduto nel resto d'Europa. Senza dover parlare della locomotiva tedesca che segna un tasso di disoccupazione del 6,1% e altre 7.000 disoccupati lo scorso luglio sono passati sul fronte occupazionale, ma la stessa Spagna, nonostante sia senza Governo, ha registrato un forte calo della disoccupazione che ora si attesta al 20%.
Qui invece, il Governo rivendica a sé il merito della ripresina e lascia le cose come stanno.
Poi, sul campo di battaglia, le "morti" si continuano a contare quotidianamente. Negozi e piccole imprese giù a soccombere e le grandi imprese, quando possono, espatriano, come la Fiat che ha traslocato in Olanda anche con le casseforti di famiglia Agnelli (Exor).
Conseguenza di tutto ciò è l'espandersi a macchia d'olio del malaffare che trova sempre più frequentemente accesso anche alle imprese medio piccole insinuandosi con il cancro dell'usura anche nel residuo tessuto manifatturiero del nord, asfissiato dalla stretta creditizia e dalla fiscalità.
E' infatti inquietante che la "Splendida" Parma spicchi per essere la città più cara d'Italia (+0,5% il tasso di inflazione registrato contro la deflazione diffusa nel resto del paese) ma soprattutto per essere prima anche nella speciale classifica stilata da Eurispes, che risulta maggiormente esposta all'infiltrazione dell'usura, seguita da Crotone, Siracusa, Foggia, Trapani, Vibo Valentia e Palermo.
Il primato negativo di Parma, spiega l'Eurispes, può dipendere sia dall'eccezionalità di accadimenti specifici sia, in termini generali, dal perdurare dello stato di sofferenza del tessuto produttivo e sociale locale a partire dall'inizio della crisi nel 2008.
Segnali concreti di un malessere che ormai è impossibile debellare con le cure palliative ma solo attraverso interventi chirurgici.
Dal taglio della spesa pubblica superflua (di Spending Review non si parla più) al taglio delle tasse (vedi Flat Tax), per cui l'Italia figura prima in classifica (64,4%) tra i Paesi UE, sono gli interventi di maggiore priorità che dovrebbero entrare prepotentemente nella agenda degli statisti italiani, sempre che ancora ne siano rimasti.
Lo schianto sul muro è ormai prossimo.
Roma Capitale conferma l'impossibilità di essere governata. Una città che, per quanto bella, continua a mostrare solo la faccia della corruzione, del malaffare e dell'ingovernabilità, può ancora essere la capitale del Paese?
di Lamberto Colla Parma, 4 settembre 2016.
La mia personale "profezia" del 12 giugno scorso sta per completarsi. Alla vigilia dei ballottaggi scrivevo che "A Torino vincerà il "sarcasmo", a Roma la vittoria sarà una sconfitta, mentre a Milano si consumerà la vera sfida politica."
E così è accaduto. Fassino ridicolizzato, Sala l'ha spuntata di misura su Parisi, il quale a sua volta è stato chiamato a riorganizzare Forza Italia, mentre a Roma la fascinosa e esile Virginia Raggi, con tutta la buona volontà, è intrappolata nella morsa letale delle sabbie mobili capitoline.
Meno di 80 giorni dal suo insediamento e, oltre alle difficoltà incontrata a completare la nomina della Giunta, si trova a affrontare una crisi istituzionale pesantissima.
Nel giro di poche ore, importanti pedine dello scacchiere si sono dimesse: la contestata capo di gabinetto Carla Romana Raineri, il super assessore al bilancio Marcello Minenna, l'amministratore Unico di AMA (Municipalizzata per la gestione dei rifiuti) Alessandro Polidoro, infine il vertice di ATAC, l'azienda municipalizzata dei trasporti, il direttore generale Marco Rettighieri e l'amministratore unico Armando Brandolese.
In totale, dal giorno del suo insediamento, Virginia Raggi ha visto turnare tre capi di gabinetto, un assessore, due vertici di AMA e uno di ATAC.
Non c'è che dire, peggio non poteva accadere alla povera Sindaca di Roma Capitale.
Probabilmente se la sta ridendo il suo predecessore, quell'Ignazio Marino "rinnegato" dal Papa in persona e ridicolizzato dal suo stesso selfie subacqueo mentre si consumavano le esequie trash del capo del "Clan Casamonica" e se la ridono le opposizioni che hanno materiale fresco per dare addosso al M5S, colpevole solo di avere avuto la presunzione di tentare di sanificare la "Città Eterna" che, oltre alla bellezza, non avrebbe più le caratteristiche morali per essere la Capitale d'Italia.
Il marcio si è insinuato in ogni anfratto della vita pubblica della città.
La testimonianza più recente si è registrata con l'indagine "Mafia Capitale" ma è solo il risultato di accumulo di "nefandezze" che già negli anni '70 Pier Paolo Pasolini tentò di raccontare con i suoi film, da "Petrolio" a "Salò o le 120 giornate di Sodoma", uscito postumo al suo assassinio. Film legato a doppio filo all'omicidio: non solo perché si conclude con una strage, ma perché finì direttamente nelle indagini a causa di materiale cinematografico rubato e poi utilizzato per condizionare il regista, forse addirittura per tendergli l'agguato mortale.
Pasolini aveva osato denunciare le abominevoli pratiche perpetrate da insospettabili del "potere" e perciò morì. Almeno questa è la tesi di Stefania Nicoletti che collabora da anni con l'avvocato Paolo Franceschetti, già legale delle "Bestie di Satana" e indagatore dei più controversi casi di cronaca. Una tesi ben argomentata nell'articolo di Giorgio Cattaneo "L'orgia cannibale è realtà, Pasolini non doveva svelarla" di cui consiglio la lettura.
Insomma, Roma è stata brutalizzata come lo è stata l'Italia, unico Paese UE a non dare segnali di ripresa (PIL del secondo trimestre uguale a Zero) con le imprese che devono tentare la sopravvivenza oppressi dalla concorrenza e da una fiscalità pari al 64% (vedi sole 24 ore). Consumi stagnanti e deflazione che ancora vivono e prosperano nel nostro Paese senza che misure serie vengano prese per correggere quest'andamento che sta logorando la società civile ormai orfana di assistenza adeguata e, quel che è peggio, rassegnata.
Bisogna cambiare passo, fare leva sui pochi fondamentali ancora certi, e uscire dalla buca nella quale si è scivolati dall'inizio della crisi e nella quale, sembrerebbe, si sia trovato un sicuro riparo, come nel ventre materno, in attesa di quale strano o divino evento che possa riportarci alla luce.
Lo dobbiamo a noi stessi e alle future generazioni.
Informatore agrario: "Lactalis in Italia peggior pagatore non c'é" ma i loro prodotti made in Italy sono venduti al doppio rispetto agli altri.
Verona, 31 agosto 2016. "Lactalis, la multinazionale francese del latte, è il peggior pagatore per gli allevatori italiani" che ora sperano, sulla scia dell'accordo francese, di ottenere un adeguamento del prezzo alla stalla.
La denuncia arriva da Giorgio Apostoli, caposervizio zootecnia di Coldiretti che, dalle pagine del settimanale L'Informatore Agrario in distribuzione da domani, rimarca l'iniqua politica dei prezzi praticata dal colosso lattiero caseario, anche a danno dei consumatori italiani. Infatti se da una parte agli allevatori del nostro Paese viene riconosciuto il prezzo di 29-30 centesimi di euro al litro, dall'altra latte e formaggi dei marchi Lactalis Made in Italy (Galbani, Invernizzi, Locatelli, Cademartori, Vallelata, Parmalat) "sono venduti sugli scaffali a prezzi doppi o tripli" rispetto agli altri.
www.informatoreagrario.it