L'uomo, un 34 enne, è stato fermato in autostrada dalla Polizia Stradale Modena Nord, che ha notato una strana intercapedine tra i sedili e ha così scoperto 6,7 kg di droga.
MODENA – Trasportava un carico milionario. Di cocaina. Ma è andata male a un cittadino albanese di 34 anni, residente a Treviso, che nella notte tra mercoledì e giovedì stava transitando tra i caselli di Modena Nord e Modena Sud. È stato infatti fermato nei pressi dell'uscita Valsamoggia dalla Polizia Stradale di Modena Nord, forse insospettita dalla lenta andatura della Hyundai, oppure dalla targa.
Da un controllo, infatti, l'auto risultava essere sottoposta a fermo amministrativo per debiti del proprietario nei confronti dell'Agenzia delle Entrate. Una volta fermato, l'uomo ha però dimostrato un certo nervosismo, mentre nell'auto è stata notata un'intercapedine tra il sedile passeggero e la parte posteriore del veicolo.
Qui gli agenti hanno trovato nascosti ben 6,7 kg di cocaina, che avrebbero fruttato sul mercato 1,5 milioni di euro. Immediatamente è scattato l'arresto per il 34 enne albanese, che è stato portato nel carcere della Dozza, da dove dovrà spiegare la provenienza e la destinazione del carico di droga.
All'incrocio tra via Cadiane e via Fornaci la collisione con una Polo guidata da una donna alle 8.30 di giovedì 18 gennaio.
Modena, 18 gennaio 2018
Un uomo di 61 anni, M.R. le sue iniziali, originario di San Felice sul Panaro e residente a Verona, è deceduto all'ospedale di Baggiovara dove era stato trasportato d'urgenza dopo il grave incidente stradale in cui è rimasto coinvolto.
L'incidente è avvenuto intorno alle 8.30 di giovedì 18 gennaio all'incrocio tra strada Cadiane e strada delle Fornaci: l'uomo proveniva in bicicletta da strada delle Fornaci e all'altezza dell'incrocio è entrato in collisione con una Polo guidata da una donna italiana di quarant'anni, F. C. le sue iniziali, che percorreva strada Cadiane in direzione di via Giardini.
La dinamica dell'incidente è in fase di accertamento da parte degli agenti della Polizia Municipale di Modena immediatamente intervenuti sul posto insieme al 118.
Gli uomini dell'Arma hanno compiuto un'altra incursione "a sopresa" al parco Novi Sad con l'ausilio di un'unità cinofila specializzata nelle azioni antidroghe. Segnalato anche un minorenne modenese per detenzione di "fumo" a uso personale.
MODENA - Resta alta l'attenzione attorno al Parco Novi Sad, tristemente noto per essere un "supermarket della droga". È qui, infatti che la domanda e l'offerta di stupefacenti si incontrano. Da una parte gli spacciatori di origine africana, dall'altra i clienti, tra cui molti minorenni che frequentano le vicine scuole superiori.
Ieri, dopo le incursioni della Polizia dello scorso fine settimana, è stata la volta dei Carabinieri, che si sono presentati con una task force di diciotto uomini e un cane antidroga, setacciando il parco palmo a palmo.
"Il mercato dello spaccio" era ripreso a pieno ritmo proprio perché il passaggio della Polizia era avvenuto appena qualche giorno prima e questo secondo blitz non era probabilmente atteso. Grazie all'"effetto sorpresa" sono stati identificate 58 persone, di cui 42 di origine straniera.
Due nigeriani di 23 anni sono invece stati denunciati per il reato di spaccio. Un terzo giovane, loro connazionale, è stato invece "beccato" in zona, nonostante, appena dieci giorni fa, era stato oggetto di un provvedimento emesso dal giudice che ne vietava la dimora a Modena, in seguito a una condanna per spaccio.
Durante il blitz sono stati anche denunciati a piede libero anche un cittadino albanese di trent'anni e un marocchino di 19 non in regola con il permesso di soggiorno. Nella rete sono caduti anche due italiani: un 48 enne fermato per guida senza patente, poiché revocata, e uno studente minorenne, che è stato segnalato alla Prefettura come consumatore di stupefacenti per il possesso di una piccola quantità di "fumo" nei limiti dell'uso personale.
Grazie al fiuto del cane antidroga sono poi stati sequestrati 25 grammi totali di marijuana, alcuni trovati addosso agli spacciatori, altri nascosti sotto ai cespugli.
La giovane professionista, praticante presso l'Ufficio Legale dell'Università di Modena e Reggio Emilia stava assistendo a un'udienza del Tar di Bologna. "Sono sconvolta, non mi era mai successo prima", ha dichiarato.
MODENA - Si era recata insieme a una collega ad assistere a un'udienza del Tar di Bologna per assistere a un ricorso e a una contestuale istanza di sospensione cautelare in materia di appalti. Ma quando presidente della seconda sezione del Tar, Giancarlo Mozzarelli, ha visto che Asmae Belfakir, 25 anni, marocchina, giovane praticante avvocato presso l'ufficio legale dell'Università di Modena e Reggio Emilia indossava il velo islamico, l'ha messa di fronte a un aut-aut: toglierlo o lasciare l'aula.
La giovane, sconvolta, si è quindi alzata in piedi ed è uscita, rifiutando l'invito del giudice e preferendo la seconda ipotesi.
"Ho assistito a decine di udienze", ha poi dichiarato, "anche qui al Tar, e nessuno mi aveva mai chiesto di togliermi il velo, nemmeno al Consiglio di Stato". E ha aggiunto: "Non si può parlare di problema di sicurezza, perché il velo tiene il volto scoperto e quindi sono perfettamente identificabile".
Da parte sua, il presidente Mozzarelli, mentre la giovane lasciava l'aula, aveva parlato di rispetto della cultura italiana, non di legge, non ha voluto rilasciare ulteriori dichiarazioni.
Intanto, davanti all'aula dove stamattina si è svolta l'udienza tetro della vicenda, qualcuno ha affisso un foglio con alcune indicazioni: "Chi interviene o assiste all'udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio".
Nei guai un 41 enne palermitano e un 40 enne napoletano, entrambi residenti a Carpi, che da mesi sottraevano alle isole ecologiche prodotti elettronici ancora in buono stato e ne traevano profitto.
CARPI (MO)
"L'occasione fa l'uomo ladro", recita un vecchio adagio. E quella grande quantità di prodotti elettronici ancora in buono stato, o con anche solo alcune parti riutilizzabili, a portata di mano devono subito essere sembrati "una manna" a due dipendenti Aimag. I due, un palermitano 41 enne e un napoletano 40 enne, entrambi residenti a Carpi, da mesi sottraevano rifiuti elettronici dalle i Isole Ecologiche gestite da Aimag, in particolare in quella situata in via Lucrezio, a Carpi, e un'altra in Strada Morello, a Soliera.
I due selezionavano i pezzi ancora in buono stato, in tutto o in parte, poi li rivendevano ai mercatini dell'usato di cui erano assidui frequentatori. Probabilmente, la storia andava avanti da parecchi mesi, circa nove, secondo la ricostruzione dei fatti. L'azienda, a un certo punto, si è accorta degli ammanchi e ha segnalato i furti ai Carabinieri.
Gli uomini del Nucleo Operativo di Carpi hanno quindi messo sotto controllo le isole ecologiche del territorio gestite da Aimag, concentrando, tuttavia, le indagini sullo stesso personale dell'azienda, che ha libero accesso e libertà di movimento proprio nelle zone dove si verificavano i furti.
I sospetti si sono poi concentrati sui due uomini, addetti al trasporto dei rifiuti. Un paio di giorni fa uno dei due è stato sorpreso mentre si appropriava di alcuni elettrodomestici, che aveva poi consegnato al complice, che li occultava per poi conferirli, a fine giornata, presso la casa del primo. I Carabinieri sono quindi andati "a colpo sicuro", decidendo di perquisire i garage dei due, che, in effetti, era stato adibito a "magazzino" per custodire i rifiuti elettronici rubati in attesa di rivenderli.
I militari hanno trovato quasi un migliaio di oggetti, tra elettrodomestici, televisori, telefoni cellulari, dispositivi elettronici e materiale elettrico di vario tipo che i cittadini solerti portavano in discarica per smaltirli a norma di legge.
I due dipendenti infedeli sono quindi stati denunciati per i reati di furto e ricettazione e dovranno comparire davanti al giudice. Anche l'azienda, che era all'oscuro di tutto, probabilmente prenderà provvedimenti nei loro confronti.
Operazione "Parola d'ordine" della Guardia di Finanza di Parma. Sequestrate ingenti somme di denaro all'estero.
Parma, 12 gennaio 2018
Nei mesi scorsi, la Guardia di Finanza di Parma - coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma - ha realizzato un'importante operazione di servizio protrattasi per oltre due anni, denominata "Parola d'Ordine", in virtù della quale è stata smantellata una pericolosa associazione a delinquere, costituita da 9 individui, finalizzata all'illecito occultamento all'estero di ingenti capitali.
Le indagini rivelarono che, dietro la parvenza apparentemente "pulita" di un'associazione antiracket con sede a Parma, si celava in realtà un articolato consorzio criminale a carattere transnazionale, capeggiato da tale W.B., il quale, trasferendo illecitamente all'estero (prevalentemente in Slovenia, Senegal e Croazia) gli asset patrimoniali dei propri "clienti", era in grado di impedire od ostacolare procedure esecutive azionate nei loro confronti da soggetti privati (ad esempio, intermediari finanziari) o pubblici (Equitalia o altri enti di riscossione).
Nonostante i numerosi arresti operati nello scorso mese di settembre, le indagini non si sono fermate: i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Parma hanno rivolto la loro attenzione oltre confine, in particolare in Slovenia e Croazia. In virtù dei vigenti strumenti di cooperazione internazionale di polizia e di alcune rogatorie inoltrate dalla Procura della Repubblica di Parma, i militari hanno così potuto individuare e porre sotto sequestro circa 85 mila euro depositati su conti correnti aperti nei due Paesi della ex Jugoslavia ed intestati alla menzionata W.B..
Stessa sorte per alcuni rapporti finanziari riconducibili ad altri componenti del sodalizio criminale. In definitiva, i 100 mila euro nel complesso rinvenuti in territorio estero si aggiungono ai cospicui patrimoni mobiliari ed immobiliari, per un valore di circa 7 milioni di euro, precedentemente sequestrati in Italia, tra i quali spiccano gli oltre 95 mila euro giacenti presso istituti di credito nazionali.
La rilevanza dei sequestri operati costituisce un'ulteriore importante riprova del fatto che i servizi forniti dall'associazione antiusura erano tutt'altro che gratuiti. Gli sviluppi dell'operazione "Parola d'Ordine" dimostrano il costante impegno della Guardia di Finanza nel contrasto a fenomeni gravi e lesivi per l'Erario, quali l'illecito trasferimento di capitali all'estero, l'esterovestizione della residenza di persone fisiche e giuridiche, la costituzione in Italia di stabili organizzazioni occulte di imprese estere, nonché l'utilizzo strumentale di trust ed altri schermi societari per finalità evasive.
"Operazione barabba": concussione e induzione indebita. Arrestati due funzionari di HERA S.p.A che pretendevano denaro e utilità di ogni genere dalle imprese sulle quali avrebbero dovuto vigilare nell'esecuzione di opere destinate a fornire servizi pubblici ai cittadini.
12 gennaio 2018
Alle prime luci dell'alba i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ravenna hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Ravenna, nei confronti di due funzionari di HERA S.p.A. indagati per concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità.
Il provvedimento cautelare è stato adottato sulla scorta delle risultanze delle investigazioni svolte dai Finanzieri della Compagnia di Faenza, coordinati dalla Procura della Repubblica di Ravenna. In particolare, le attività di indagine hanno permesso di accertare gravi e ripetuti episodi illeciti commessi da un ingegnere dell'ufficio Direzione Lavori e da un assistente di cantiere di HERA, i quali, abusando dei poteri derivanti dai ruoli ricoperti all'interno dell'azienda multiutilty, si procuravano somme di denaro, beni ed altre utilità per fini strettamente personali dagli imprenditori incaricati dell'esecuzione di opere pubbliche destinate a fornire servizi primari alla collettività.
L'indagine della Guardia di Finanza
L'indagine, avviata oltre due anni fa, è scaturita dalla denuncia presentata alla Guardia di Finanza di Faenza da un imprenditore, stanco di sottostare alle molteplici ed incalzanti richieste provenienti dai due funzionari pubblici oggi arrestati, i quali pretendevano utilità economiche personali prospettando, in caso contrario, di ostacolare il pagamento dei corrispettivi dovuti per i lavori svolti ovvero di poter favorire altre imprese concorrenti nell'assegnazione di future commesse.
Le investigazioni sviluppate dalla Guardia di Finanza di Faenza hanno fatto emergere a carico dei due funzionari di HERA la commissione di molteplici reati contro la Pubblica Amministrazione, caratterizzati da serialità ed ampia diffusione, mettendo in evidenza la spiccata propensione degli arrestati a servirsi delle funzioni pubbliche loro attribuite per scopi di personale arricchimento. Gli stessi, sebbene deputati a controllare la regolare realizzazione di opere destinate a finalità collettive, anche attraverso la rendicontazione e l'asseveramento dei lavori svolti, sono risultati intrattenere continui e stretti rapporti di favore con i soggetti economici esecutori delle opere da vigilare, in evidente conflitto di interesse con i delicati incarichi ricoperti e con le mansioni loro affidate, dirette al conseguimento del pubblico interesse. Infatti, dal tenore dei colloqui telefonici intercettati, corroborati dall'esame della copiosa documentazione acquisita nonché da estese indagini finanziarie e da mirati servizi di osservazione e pedinamento effettuati dalle Fiamme Gialle, è emersa la scorretta e consolidata prassi dei due funzionari di lucrare i più disparati profitti personali dalle ditte incaricate dello svolgimento di opere commissionate da HERA: denaro contante, apparati tecnologici, elettrodomestici, oltre all'esecuzione di molteplici lavori edili presso immobili privati dei due indagati.
Contestualmente all'esecuzione della misura restrittiva nei confronti dei due dipendenti di HERA, la Guardia di Finanza ha proceduto ad effettuare anche 4 perquisizioni, disposte dalla Procura della Repubblica di Ravenna, che hanno interessato le abitazioni nella disponibilità dei due arrestati.
Due denunce per fatti troppo simili hanno portato all'arresto dell'uomo, che tra l'altro doveva ancora scontare un periodo agli arresti domiciliari.
MODENA – "Non si accettano e, soprattutto, non si danno passaggi agli sconosciuti!". Chissà quante volte questo "mantra" è risuonato nelle orecchie dei due giovani modenesi che, alla fine di novembre e all'inizio di dicembre, hanno dato un passaggio a un 38 enne modenese che, anziché ringraziarli per la gentilezza, li ha rapinati.
La prima vittima di quello che rischiava di diventare un rapinatore seriale con la tecnica dell'autostop è stato un 35 enne modenese, che a San Donnino, a fine novembre, si è fermato per dare un passaggio all'uomo, dall'aspetto trasandato. Dopo le consuete due chiacchiere, tuttavia, l'autostoppista annuncia di avere in tasca un coltello e intima al conducente di consegnargli tutto il denaro che ha. Gli va male. Perché il giovane alla guida accosta e gli mostra il portafoglio vuoto. Il rapinatore, allora, scende dalla vettura imprecando.
Ci riprova qualche giorno dopo, il 10 dicembre, quando, con la stessa tecnica del passaggio, viene caricato in viale Buon Pastore, nei pressi del centro di Modena, da un 28 enne. Questa volta, il malfattore estrae un coltello e lo punta alla gola del conducente. Ma il bottino è magro: appena 20 euro.
La sua carriera, tuttavia, è agli sgoccioli, perché entrambi gli automobilisti rapinati sporgono denuncia ai Carabinieri. Proprio le circostanze molto simili e la descrizione dell'uomo, fa sì che, chiamati in caserma per identificarlo dalle foto segnaletiche, il rapinatore venga identificato in un modenese 38 enne con diversi precedenti per reati contro il patrimonio. Non solo, l'uomo doveva anche scontare un residuo di pena ai domiciliari. Ed è proprio a casa sua che gli uomini dell'Arma sono andati a prelevarlo per trarlo in arresto.
La Guardia di Finanza ha sequestrato magliette e felpe contraffatte per un valore di oltre 10.000 euro a Reggio Emilia.
Reggio Emilia, 12 gennaio 2018
La Guardia di Finanza di Reggio Emilia ha predisposto una serie di attività operative di controllo economico del territorio volte ad individuare e sequestrare forniture di merci illegali, con particolare riguardo a quelle recanti marchi contraffatti.
La capillare attività info-investigativa svolta dalle pattuglie del Gruppo della Guardia di Finanza di Reggio Emilia ha condotto ad individuare e sequestrare, a Reggio Emilia, una partita di oltre 400 prodotti contraffatti costituiti da articoli per l'abbigliamento (in particolare "t-shirt" e felpe) recante marchi di note griffe, quali "THRASHER" e "SUPREME".
I prodotti erano stoccati nel magazzino di un esercizio commerciale gestito da un 69enne, reggiano, che è stato segnalato all'Autorità Giudiziaria per i reati di detenzione e vendita di prodotti recanti marchio contraffatto. Si stima che il materiale sequestrato, una volta immesso sul mercato, avrebbe garantito incassi per oltre 10.000 euro. La tutela dei consumatori e dell'economia legale costituisce obiettivo prioritario della Guardia di Finanza, che continuerà ad operare un continuo, costante e capillare controllo economico del territorio.
La Guardia di Finanza di Piacenza ha arrestato uno spacciatore in flagranza di reato. Inutile la tentata fuga tra i campi. Identificato anche l'acquirente, di nazionalità italiana.
Piacenza, 12 gennaio 2018
La Tenenza Guardia di Finanza di Fiorenzuola d'Arda, nell'ambito del quotidiano controllo del territorio, in occasione delle festività natalizie, con la collaborazione di una unità cinofila della Guardia di Finanza di Piacenza, ha tratto in arresto, in flagranza di reato - nei pressi di Caorso - lo spacciatore A.A., cittadino maghrebino irregolare in Italia e già con precedenti specifici.
Gli appostamenti e i pedinamenti precedentemente effettuati, hanno consentito alle fiamme gialle la cattura dell'uomo ed il sequestro di 62 grammi di eroina, 27 grammi di cocaina, 8 grammi di hashish ed un bilancino di precisione.
Lo spaccio, con modalità ormai consolidata, avveniva in aperta campagna dove i consumatori, previo contatto telefonico con il venditore che indicava il luogo preciso d'incontro, si recavano per acquistare lo stupefacente. Alla vista dei militari lo spacciatore ha tentato di darsi alla fuga nei campi circostanti ma è stato immediatamente bloccato e arrestato.
È stato inoltre identificato l'acquirente, di nazionalità italiana. Considerata la consistente quantità di stupefacenti sequestrata, il magistrato di turno ha disposto l'arresto del maghrebino e l'accompagnamento presso il penitenziario delle Novate dov'è tuttora recluso. Frutto del costante controllo del territorio disposto dal Comando Provinciale di Piacenza, l'attività si inquadra nel più vasto ambito dei servizi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, fortemente intensificati nei periodi delle Festività.
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