Venerdì, 31 Gennaio 2025 09:42

L’escalation della guerra del gas tra Russia ed Europa In evidenza

Scritto da Dario Lucisano

Di Dario Lucisano (Quotidianoweb.it) Roma, 30 gennaio 2025 - Con l’avvento del nuovo anno, la guerra degli idrocarburi tra UE e Russia si è fatta ancora più accesa.

Con un colpo di coda, Bruxelles ha confermato le sanzioni a Mosca, mentre Zelensky ha deciso di non rinnovare gli accordi per il transito del gas russo dall’Ucraina.

La verità è che già a dicembre, gli attriti tra Russia e blocco europeo stavano iniziando a fare più rumore del solito. Dopo tutto sono tanti i Paesi comunitari che dipendono ancora in gran parte dal gas russo.

Non è un caso che all’indomani dell’annuncio di Zelensky, la Moldavia abbia dichiarato lo stato di emergenza nazionale per la questione energetica, e che poco dopo abbia deciso di nazionalizzare Moldovgaz e di strappare il 50% delle quote della società di gas naturale alla russa Gazprom.

La Russia dal canto suo sta consolidando i propri rapporti con l’Oriente e con i cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”. Dopo un anno alla guida del blocco BRICS ha voluto chiudere la propria presidenza in bellezza annunciando l’arrivo di nove nuovi partner, e un membro a pieno titolo.

Nel frattempo, ha anche rilanciato gli accordi di partenariato globale con l’Iran, e ha raggiunto un nuovo record di esportazione del gas in Cina e India.

Di fronte a questo caotico quadro, capire a che punto della partita ci si trovi è particolarmente difficile, specie davanti a tanta disinformazione. Come stanno davvero le cose? La Russia è davvero, come la dipingono in molti, alla canna del gas?

La risposta secca a tale domanda è “no”. Tuttavia, la mossa di Zelensky potrebbe rivelarsi una strategia efficace – o alternativamente completamente distruttiva – per Ucraina e UE.

Si vada per gradi. In questi ultimi tre anni, le sanzioni europee sembrerebbero avere effettivamente avuto un impatto sul commercio russo del gas. Secondo diversi analisti, nel 2024 i ricavi russi dalle esportazioni di gas sono diminuiti, seguendo un trend di decrescita.

Allo stesso tempo, i ricavi provenienti dai gasdotti sono schizzati alle stelle, per via della crisi energetica che ha colpito quella stessa Europa che l’ha inaugurata senza però mai smettere di rifornirsi da Mosca. In questo, la strategia di tagliare i ponti con la Federazione la priverebbe di un guadagno non indifferente e potrebbe effettivamente risultare vincente.

Veniamo agli aspetti controversi, che suggeriscono che le cose non saranno così semplici e lineari come sembra. In primo luogo va sottolineato che le sanzioni sono state rinnovate con il beneplacito dell’Ungheria, che aveva chiesto garanzie sul fronte energetico. In assenza di tutele, Budapest aveva dichiarato che avrebbe esercitato il diritto di veto. All’indomani dell’approvazione delle sanzioni, però, il ministro degli Esteri ungherese ha detto di avere “ricevuto le garanzie che cercava”, senza specificare cosa intendesse.

Se poi da un lato è vero che, secondo i dati, la Russia ha diminuito i guadagni sulle esportazioni di gas, dall’altro non è chiaro quanto questi dati possano considerarsi assoluti. Al di là della veridicità della fonte, c’è infatti un problema di fondo: la Russia è accusata dalla stessa UE di commerciare gas anche per vie traverse, aggirando le sanzioni. A questo punto le questioni sono due: o i dati a disposizione sono mere stime, o non è vero che la cosiddetta “flotta ombra” moscovita commerci aggirando le sanzioni occidentali.

Dopo tutto, negli ultimi anni, dal punto di vista economico, la Russia, se l’è cavata bene. Mosca ha rafforzato i legami con i partner orientali, ha registrato un aumento del PIL, e aumentato a dismisura quelle stesse esportazioni di petrolio grezzo (che continua a registrare aumenti) che secondo i media occidentali dovrebbero venire ridotte.

A giocare un ruolo cruciale è stato sicuramente il “fattore BRICS”. L’alleanza infatti sembra procedere a gonfie vele, non solo con l’entrata di nuovi membri, ma anche con la progressiva stabilizzazione dei rapporti tra due dei suoi più importanti membri (Cina e India) e con le ambiziose decisioni prese durante l’ultimo vertice di Kazan. Durante esso, i BRICS hanno considerato di lanciare una piattaforma alternativa per gestire il commercio globale, sfidando apertamente il mercato che vede al vertice gli USA.

Già oggi i BRICS non commerciano utilizzando il dollaro, bensì le monete locali. Con l’eventuale messa a punto di una nuova piattaforma dotata di un proprio sistema di scambio, il gruppo potrebbe minare la logica del mercato a guida USA. Questo non “aggirerebbe” le sanzioni, ma le ignorerebbe completamente.

Dall’altro lato, non è sicuro che l’UE riesca a reggere il contraccolpo della scelta di Zelensky. Malgrado l’incoraggiante aumento della produzione e del consumo di rinnovabili, negli ultimi anni siamo già stati testimoni dell’effetto di ritorno delle sanzioni, e quest’ultima iniziativa potrebbe avere un rinculo non indifferente.

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