La giustizia formale costituirebbe, allora, l'unica possibile risposta per non cadere nell'anarchia e trovare un punto di convergenza. Non resta che obbedire alla legge in quanto legge ed ancorare il concetto di giustizia ad una legalità di tipo puramente formale.
Tuttavia, prima Rousseau (1712-1778) e poi Hegel (1770-1831) hanno cercato di "correggere" questa soluzione formalistica, sostenendo come l'obbedienza alla legge come tale sia giustificata dal fatto che essa costituisca l'espressione rispettivamente della volontà dello Stato o del popolo.
Si tratta, però, di un'affermazione del tutto priva di significato. Infatti, i termini "Stato" e "popolo" sono metaforici: né lo Stato, né il popolo sono enti reali capaci di avere una propria volontà e tanto meno una volontà superiore in grado di imporsi maiestaticamente per forza propria. Il pensiero classico, viceversa, ritenendo, secondo la riflessione di sant' Agostino (354 a.C. - 430 a.C.), che "lex esse non videtur quae iusta non fuerit" (così nel "De libero arbitrio", I, 5, 11), accoglie quella concezione per cui la giustizia è l'elemento essenziale del diritto in mancanza della quale esso è ridotto a mero potere e a mera forza.
Giustizia che non indica l'applicazione di disposizioni normative convenzionalmente assunte dalle parti e decise attraverso la procedura democratica per attribuirle ora al popolo, ora allo Stato, bensì le operazioni, desumibili dalla natura, dall'essenza, della persona umana, con cui l'uomo non solo viene ordinato in sé, ovvero secundum esse, ma anche in rapporto all'altro inteso sia individualmente, sia collettivamente come società. La negazione di questo ordine, propria del pensiero neopositivistico moderno, porta a contraddirsi, dovendo affermare che l'uomo non possiede dei fini propri per natura, o che per lui é indifferente essere ciò che è o un altro ente. Cosa smentita dalla stessa realtà.
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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