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Il virus woke: come il politically correct sta trasformando gli USA e non solo In evidenza

Scritto da Andrea Caldart

Di Andrea Caldart Cagliari, 8 dicembre 2024 - Il fenomeno noto come "wokismo", nato dall'esasperazione dei principi del politically correct e amplificato dalla cancel culture, sta provando a riscrivere le regole sociali e culturali degli Usa e non solo.

Ciò che inizialmente era una spinta verso maggiore inclusività e giustizia sociale si è evoluto in un movimento che, limita la libertà di espressione e soffoca il dibattito. I suoi effetti sono evidenti soprattutto nei settori dell'istruzione, del giornalismo e dell'editoria, portando a cambiamenti profondi che dividono l'opinione pubblica.

Un tempo considerate fari di libero pensiero, molte delle grandi università americane e non solo, sono oggi accusate di essere diventate irriconoscibili.

Gli atenei, centri di dialogo aperto e di confronto tra idee diverse, sembrano ora diventati ambienti dominati da un’ortodossia ideologica che scoraggia opinioni dissenzienti. Il finanziamento di corsi di studio da parte di Paesi stranieri, tra cui alcune nazioni islamiche, viene citato come esempio di ingerenze esterne che potrebbero influenzare il panorama culturale e accademico americano e non solo.

Questa trasformazione non è sfuggita a figure pubbliche come Donald Trump ed Elon Musk, che hanno fatto appello al ripristino della libertà di pensiero e di parola, definendola una priorità per contrastare l'influenza woke.

Una delle proposte in discussione riguarda il trasferimento del controllo sull’istruzione dal governo federale ai singoli Stati, nel tentativo di ridurre il peso di questa ideologia e di riportare le università a un modello di pluralismo e confronto, anziché roccaforti del woke.

Ma come ormai constatiamo l'influenza del pensiero woke si estende ben oltre il mondo accademico, toccando i media e il mondo dell'editoria. Redazioni e case editrici, spesso spinte dalla paura di controversie o boicottaggi, si autocensurano, scegliendo di privilegiare narrazioni che si conformino ai dettami di questa ideologia.

Probabilmente una forma di “controllo culturale” che limita la creatività e soffoca le voci fuori dal coro.

Questo contesto ha alimentato un dibattito sempre più acceso sul significato di progressismo. Il movimento woke, sebbene voglia presentarsi come portatore di ideali progressisti, nasconde invece una forma di regressione travestita da avanzamento sociale. In questa cornice, il liberalismo tradizionale – pilastro della democrazia americana – viene rivendicato da chi chiede un ritorno alla vera libertà di pensiero e parola.

L'ideologia woke è ormai profondamente radicata in molte istituzioni e gode del sostegno di una parte significativa dell'opinione pubblica, specialmente tra i giovani. Il Partito Democratico, tradizionalmente associato alle politiche progressiste, si oppone con forza ai tentativi di limitare l'influenza woke, considerandoli un attacco ai diritti civili e alla giustizia sociale.

Nel frattempo, le voci critiche insistono sulla necessità di una rivoluzione culturale che ripristini i valori fondanti costituzionali, come la libertà individuale e il pluralismo ideologico.

La questione resta aperta: il wokismo rappresenta davvero una minaccia alla libertà o è il necessario passo avanti per una società più giusta?

Mentre il dibattito infiamma le piazze, media, social etc., siamo comunque a un bivio. Da una parte, l’appello al ritorno al tradizionale liberalismo; dall’altra, la spinta verso un cambiamento radicale dei valori sociali. Una cosa è certa: il "virus woke" ha trasformato il volto dell’America e non solo, e la sua cura – o celebrazione – definirà il futuro globale del mondo stesso.

Se da una parte il dibattito sull'identità e la giustizia sociale è essenziale per affrontare le sfide del mondo moderno, dall'altra è importante evitare di ridurlo a una guerra culturale o a teorie cospirative lanciate gli uni contro gli altri.

Le sfide odierne richiedono dialogo e comprensione reciproca, piuttosto che la polarizzazione.

 

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