Povera Italia. Rimane solo l’agricoltura ad investire sul Bel Paese. La Fiat “trasloca” e l’Electrolux sciocca con la sua proposta terzomondista.
di Lamberto Colla ---
Parma, 02 febbraio 2014 -
E per fortuna che c’è il “Parmigiano Reggiano” tra i pochi baluardi rimasti a difesa di cicli produttivi autoctoni capaci di conquistare i mercati esteri pur consolidando la presenza sul territorio d’origine.
Nonostante tutto, i piani strategici del Consorzio di tutela vanno nella direzione di ancorare, in modo sempre più solido, il prodotto al territorio e perseguire l’obiettivo di raggiungere il 50% di quota d’esportazione.
Una scelta che il consumatore sta premiando nonostante la crisi e nonostante il terremoto emiliano. Lo confermano i dati esposti lo scorso mercoledi nella annuale conferenza dedicata alla stampa.
+5% la quota d’export e un -1% di consumi interni perduti sul piano distributivo ma ampiamente compensati dalle vendite dirette nei caseifici che, nel complesso, portano a +0,2% l’incremento interno dell’assorbimento di prodotto.
- Il “Parmesan” però Non fa notizia, Electrolux e FIAT molto di più -
Una notizia, come quella annunciata dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, non fa notizia o, almeno, passa in secondo piano prevaricata da altre, a dir poco scioccanti, sulle quali gli organi d’informazione hanno dovuto accendere i fari per l’enormità dei fatti che hanno visto protagoniste FIAT e Electrolux.
Due differenti casi, accomunati dal medesimo interesse all’espatrio, che dovrebbero quantomeno fare riflettere i nostri politici seppure siano concentrati sulle importantissime questioni elettorali. Italicum si, porcellum no e viceversa.
Questi i grandi temi che i nostri 1000 parlamentari stanno svolgendo con impegno e fatica; intanto la baracca affonda. Invece di affrontare i problemi che precludono gli investimenti sul nostro territorio, invece di trovare la soluzione agli eccessivi costi della burocrazia, ai pesanti costi energetici (+30% rispetto ai Paesi a noi vicini), al carico fiscale e contributivo che grava sul costo del lavoro aziendale, invece di ridurre la spesa pubblica e di fare una reale lotta all’evasione, all’interno del Transatlantico si sta combattendo una dura e ben poco elegante battaglia per stabilire le regole della prossima campagna elettorale. Robe da non credere.
- Per l’Electrolux siamo alla pari dei Paesi emergenti dell’EST -
La proprietà svedese dell’impresa di elettrodomestici di Pordenone ci va giù pesante con le richieste. Secondo quanto riportato da il Sole 24 Ore, l’alternativa alla delocalizzazione industriale sarebbe quella di una riduzione di circa il 40% dei salari e di riduzione d’orario. I salari medi perciò passerebbero da 1.400 a 700-800€ e l’impiego lavorativo da 8 a 6 ore. Per contrastare la concorrenza dei marchi stranieri, coreani soprattutto, la casa svedese intenderebbe equiparare il lavoro domestico a quello dei Paesi dell’est europa. In alternativa la proprietà offrirebbe la chiusura degli stabilimenti in quanto non può permettersi una riduzione del 72% dell’UTILE NETTO come accaduto nel corso del 2013. Il Financial Time annuncia, come riportato da “Il Messaggero Veneto” che «la disputa su Electrolux ha riacceso il dibattito sulla mancanza di competitività dell’Italia, dopo che il Paese ha perso circa un quarto della sua produzione industriale negli ultimi sei anni»
Alla fine, la morale è che la proprietà non può guadagnare di meno e a rimetterci è la parte più debole messa a confronto con la scelta di perire subito o poco alla volta. Così come l’usura anche questa proposta di parte svedese - parafrasando le parole di Papa Francesco di alcuni giorni fa - “ferisce la dignità inviolabile” dell’uomo.
- La FIAT vola in nord europa. Speriamo che mantenga l’occupazione in Italia -
Nasce il nuovo gruppo automobilistico FCA (Fiat Chrysler Automobiles) con sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra. La promessa è per una piena occupazione italiana. “Ora possiamo dire di essere riusciti a creare basi solide - è il commento dell’AD Sergio Marchionne - per un costruttore di auto globale con un bagaglio di esperienze e di competenze allo stesso livello della migliore concorrenza.”
Libri e registri volano però verso lidi più sicuri; da Torino verso l’Olanda alcuni e verso Londra altri. In Italia rimane quindi l’attività operativa nella speranza che venga mantenuta la promessa occupazionale e il futuro industriale.
C’è da augurarsi che una “Fiat globale” florida mantenga vivo il ricordo di quell’Italia che tanto ha concesso alla impresa torinese in passato. La riconoscenza non è un sentimento molto diffuso ma la speranza non va mortificata. La scelta di Elkann e Marchionne però deve fare riflettere e molto.
- Conclusioni -
Il tasso di intelligenza del nostro Paese si sta pian piano riducendo per effetto della fuga di “cervelli” attratti da altri paesi tradizionalmente nostri concorrenti sul piano industriale. Le imprese che non possono traslocare sono destinate a una feroce selezione naturale e quelle che invece sono nelle condizioni di farlo, presto lo faranno andando così le cose.
Molti i pensionati che già hanno preso la strada della Bulgaria, o delle Canarie, riscoprendo una nuova giovinezza e soprattutto una rinnovata serenità, seppure lontani dai loro più cari affetti (e non è poco). A questo punto c’é da domandarsi cosa resterà dell’Italia? Forse nemmeno i monumenti sgretolati dall’incuria o venduti ai Paesi emergenti.
Non si può più attendere. La politica deve riprendere in mano le redini del Paese e smetterla di essere soltanto aurorefenziale.