In particolare, ai richiedenti è chiesto di sottoscrivere una dichiarazione che condanni l’ideologia fascista, ma non il comunismo come invece giustamente invocato e richiesto (con apposito emendamento) dalla minoranza consiliare alla luce della risoluzione del Parlamento europeo 19 settembre 2019 sulla condanna dei regimi totalitari del secolo scorso.
Senza voler entrare nel merito della vicenda, che non riguarda coloro che affrontano la questione sul piano prettamente scientifico, è doveroso ricordare che una revisione regolamentare in questa direzione non è esente da profili di incostituzionalità. Il rischio, infatti, è quello di ledere diritti costituzionalmente garantiti ai quali la modificazione introdotta preclude anche uno spazio di minima operatività (sent. n. 67/1990 Corte cost.).
A parte i dubbi che una parte della dottrina costituzionalistica ha avanzato sul rapporto tra la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione vigente, che vieta la «riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», e la legge ordinaria dello Stato n. 645/1952 (c.d. legge «Scelba») che introduce il reato di apologia di fascismo e pretende di essere «attuativa» della norma costituzionale de qua benché quest’ultima non abbia carattere penale, è evidente, da un lato, come la disposizione «finale» faccia riferimento unicamente al fascismo quale fenomeno storico individuabile e determinabile senza pervenire a vietare la professione di idee fasciste, dal momento che, in questa evenienza, il divieto si porrebbe in contrasto con l’art. 21 del Testo fondamentale del 1948, «pietra angolare dell’ordinamento costituzionale» secondo la felice espressione contenuta nella pronuncia n. 9 del 1965 del giudice delle leggi, dall’altro che, per assumere carattere delittuoso (Ass. Milano 14 novembre 2001 e Corte Cass. pen, sezione III, sentenza 10 luglio 2007), l’apologia di fascismo deve consistere in una esaltazione tale da poter avere come conseguenza la riorganizzazione del partito fascista e non già una semplice difesa elogiativa dello stesso o il ricordo di esponenti legati al regime o all’esperienza della Repubblica Sociale italiana (1943-1945).
Anche la giurisprudenza costituzionale è pacifica in merito (cfr. sentt. n. 1/1957, n. 74/1958, n. 4/1972, n. 15/1973, n. 254/1974): passano il vaglio della legittimità unicamente quelle norme (contenute in fonti primarie di produzione del diritto) idonee a impedire il formarsi di una concreta situazione pericolo.
Qualcuno, allora, dovrebbe spiegare quale sarebbe questa situazione in capo ad un’associazione, quale Pensiero e Tradizione, che si limita da anni allo svolgimento di attività culturali contando esclusivamente sulle quote dei propri soci.
Su una questione analoga si è espresso anche il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Siciliana, con l’ordinanza n. 797/2019, che ha accolto l’appello avente ad oggetto l’ordinanza cautelare del T.A.R. per la Sicilia (sezione prima ord. n. 1015/2019) che respingeva l’istanza per l’annullamento del provvedimento 14 giugno 2019 del Comune di Trapani contenente il diniego di uso temporaneo di spazi pubblici in ragione della mancata sottoscrizione della c.d. «dichiarazione antifascista». Con estrema lucidità il giudice amministrativo precisa come sia illegittima l’imposizione al richiedente, per la concessione di suolo pubblico, l’effettuazione di «affermazioni che appaiono, almeno in parte, lesive del diritto inviolabile (ai sensi dell’art. 2 Cost.) alla libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’art. 21 Cost., nella parte in cui tutela anche il diritto al silenzio, cioè a non manifestare le proprie convinzioni».
Dobbiamo, allora, pervenire alla conclusione che l’antifascismo, oltre ad aver perso oggi la sua natura originaria divenendo un’ideologia generalista, è a sua volta antidemocratico?
Prof. Avv. Augusto Sinagra
Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso
l’Università «La Sapienza» di Roma. Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale.
Avvocato del Foro di Roma)
(*) Prof. Daniele Trabucco
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»).
Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico
ALLEGATO: Sentenza del Tar Sicilia