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GDF Ravenna. Operazione "BLACK SEA". Individuata maxi frode all'IVA nella commercializzazione di carburanti. Disposto il sequestro di beni e disponibilità per oltre 13 milioni di eruo.

Nei giorni scorsi i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ravenna hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì, su richiesta della Procura della Repubblica forlivese, di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per oltre 13 milioni di euro, importo corrispondente all'evasione fiscale realizzata da quattro soggetti di origine campana denunciati per i reati di omessa dichiarazione fiscale, emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti e truffa ai danni dello Stato.

Il provvedimento cautelare è stato adottato in esito ad una complessa attività di polizia economico- finanziaria condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Cervia, che ha permesso di fare luce su una maxi-frode all'IVA nel settore della commercializzazione di carburante perpetrata dai quattro soggetti denunciati che, sfruttando illecitamente la normativa fiscale vigente, avevano architettato un sofisticato sistema per acquistare prodotto petrolifero senza pagare l'IVA e per rivenderlo "sottocosto" ottenendo illeciti guadagni.

In sintesi, gli indagati avevano costituito a Cervia due società "cartiere", cioè entità intestate a prestanome e prive della benché minima struttura aziendale, la cui sede legale era stata poi trasferita in provincia di Forlì. Tali società fittizie, attraverso mendaci "dichiarazioni di intento" che attestavano falsamente la loro natura di "esportatori abituali", acquistavano considerevoli volumi di carburante in regime di esenzione IVA, beneficio concesso dalla normativa fiscale per coloro che acquistano beni per esportarli all'estero.

Tuttavia il prodotto petrolifero, una volta acquistato senza il pagamento dell'imposta, non veniva esportato, bensì rivenduto in Italia a distributori stradali di benzina, circostanza che consentiva alle società "cartiere" di incassare da questi ultimi l'IVA relativa alle cessioni di carburante, che sistematicamente non veniva versata all'Erario.

Dopo aver realizzato per alcuni mesi tale illecita operatività, le "cartiere" si dileguavano senza adempiere ad alcun obbligo fiscale e senza aver mai versato un centesimo nelle casse dello Stato. Complessivamente le due società fittizie sono risultate aver emesso fatture relative ad operazioni inesistenti per oltre 22 milioni di euro in un biennio.

Lo schema fraudolento, oltre che realizzare un'ingentissima evasione fiscale, ha permesso ai suoi autori di produrre anche una vera e propria alterazione delle regole di mercato. Infatti il carburante, essendo illecitamente acquistato senza applicazione dell'IVA attraverso la false "dichiarazioni di intento", veniva rivenduto alle pompe di benzina a prezzi notevolmente più bassi rispetto a quelli ordinariamente praticati, così concretizzando una significativa concorrenza sleale con grave danno per gli operatori commerciali del settore.

L'operazione sviluppata dalle Fiamme Gialle ravennati si inquadra nelle rinnovate linee strategiche del Corpo, volte a rafforzare l'azione di contrasto ai fenomeni di criminalità economico-finanziaria più insidiosi, nella prospettiva di aggredire i patrimoni dei soggetti dediti ad attività illecite assicurando l'effettivo recupero dei proventi illegali.

In tale contesto, la lotta alle gravi frodi fiscali, come quella individuata, costituisce un peculiare ambito di intervento della Guardia di Finanza, il cui dispositivo operativo è volto a contrastare quei criminali economici che, attraverso condotte spregiudicate e senza scrupoli, sottraggono risorse fondamentali per lo sviluppo e la crescita economica del Paese, a discapito degli imprenditori che svolgono ogni giorno la loro attività onestamente e nel rispetto delle regole.

Pubblicato in Cronaca Emilia

Rete Imprese: "Due provvedimenti che hanno l'obiettivo di contrastare l'evasione dell'Iva, ma che riversano i costi di questa azione sulle imprese che si comportano correttamente. Inaccetabile che la lotta all'evasione sia pagata da chi rispetta le regole" -

Modena, 16 febbraio 2015 -

La Finanziaria ha esteso l'applicazione del "reverse charge" (l'Iva viene applicata da chi riceve la fattura e non da chi la emette), e l'introduzione dello "split payment" (se la fattura è emessa nei confronti di enti pubblici l'Iva è versata allo stato dall'ente pubblico stesso).

Due provvedimenti che hanno l'obiettivo di contrastare l'evasione dell'Iva, ma che riversano i costi di questa azione sulle imprese che si comportano correttamente. E si tratta di una moltitudine di imprese: tutte quelle della filiera delle costruzioni (edilizia e installazioni impianti), ma anche le imprese di pulizia, quelle che operano nel biomedicale, oltre alla grande distribuzione alimentare.
I nuovi meccanismi di applicazione dell'iva, infatti, creano un pesante squilibrio finanziario per queste aziende, che si trovano a pagare l'iva sugli acquisti, senza poter incassare quella sulle vendite, accumulando così migliaia di euro di rimborsi che richiedono mesi e mesi per essere liquidati.

Ne è prova questo esempio: supponiamo che un'impresa esegua una prestazione di servizi a favore di una pubblica amministrazione per 100.000 euro. In questo caso, l'impresa avrebbe incassato anche 22.000 euro di iva. Ma supponiamo anche che la stessa impresa abbia acquistato, per soddisfare la commessa precedente, beni e servizi per 50.000 euro, versando iva per 11.000 euro. Dato che l'iva non sarebbe incassata (perché versata direttamente dall'ente pubblico debitore), la nostra impresa maturerebbe un credito d'imposta di 11.000 euro. Se questa stessa impresa non ha dipendenti o altri debiti di carattere tributario, essa non avrebbe altra possibilità se non chiederne il rimborso, una strada lunga oltre sei mesi, con un'evidente difficoltà finanziaria per l'impresa. Lo stesso meccanismo si verifica con il reverse charge, che si applica nelle relazioni tra imprese e imprese.

Di fatto, l'impossibilità di incassare l'IVA sulle prestazioni di servizi e sulle vendite genera uno squilibrio nella gestione finanziaria delle imprese che può essere letale per la sopravvivenza di queste ultime. Ma c'è di più: per evitare di accumulare crediti con l'erario, il cui recupero è lungo e oneroso, diventa vantaggioso effettuare gli acquisti all'estero in regime di esenzione. Così che per recuperare gettito si danneggerebbe anche l'economia nazionale. Senza contare che questi meccanismi aumentano in modo preoccupante l'ammontare dei crediti Iva, paradossalmente proprio quando governo e parlamento sono impegnati a evitare che si accumulino ulteriori crediti nei confronti della PA, i nuovi istituti.

Rete Imprese ha iniziato una forte azione di sensibilizzazione nei confronti degli associati per sollecitare il governo ad intervenire sulla questione, a cominciare da una petizione che può essere sottoscritta sui siti nazionali delle Associazioni.
La richiesta è che da marzo, quando diventerà operativa l'introduzione della fatturazione elettronica con la P.A., sia abrogato lo split payment, così come da marzo, la scelta di adottare la fatturazione elettronica tra imprese deve escludere l'applicazione del reverse charge. Nel contempo Cna, Lapam Confartigianato, Confesercenti e Confcommercio chiedono di accelerare i tempi dei rimborsi per quelle imprese che applicano il reverse charge e lo split payment, eliminando, contemporaneamente, tutti gli ostacoli burocratici che ancora intralciano il pieno utilizzo in compensazione dei crediti Iva.

(Fonte: ufficio stampa Rete Imprese Modena)

Pubblicato in Comunicati Lavoro Modena
Domenica, 06 Ottobre 2013 11:46

Iva al 22% e adesso avanti con l’IMU

di Lamberto Colla ---

Un teatrino divenuto ormai insopportabile. L'iva passa al 22% sotto silenzio e per buona pace dell'europa.

Parma, 6 ottobre 2013 -

Ancora una volta abbiamo avuto il piacere di assistere alla commedia della politica italiana. La sceneggiatura ricalca quasi sempre stessa trama. Una crisi istituzionale e di governo in prossimità di una scadenza scomoda per tutti. Una responsabilità che nessuno vuole gli venga rinfacciata durante la prossima campagna elettorale. L'aumento dell'IVA al 22%.

D'improvviso il dibattito politico tra i partiti si infiamma su questioni di alti principi. Le ideologie vanno salvaguardate anche a scapito di fare decadere il "Governo delle larghe intese", la panacea di tutti mali. Lo spread torna di moda e basta il rialzo di pochi punti per riportare il terrore in tavola agli italiani.

I toni diventano diventano ancora più pesanti e nel gioco delle parti, pur di fare apparire ancora più grave e distante la posizione dei partiti, interviene anche il Capo dello Stato. Non si può proseguire così e allora, guarda caso che combinazione, il giorno in cui doveva essere cancellato il decreto Tremonti del 2011, viene deciso il ritorno in aula parlamentare per la verifica della fiducia. Purtroppo per noi, a Letta è stata rinnovata la fiducia un giorno in ritardo sull'appuntamento programmato tre anni prima da Tremonti.

La crisi di governo è passata, L'Iva è aumentata e la responsabilità non ricade su alcuno.

- Iva 22% programmata dal 2011 -

E' stato lo stesso ministro dell'Economia Saccomanni a fugare ogni dubbio sulla possibilità di un ritorno dell'aliquota Iva al 21%; "è già legge; è il decreto del 2011 che portava l'Iva a questo livello. Non c'è niente da fare". Era il provvedimento Berlusconi-Tremonti dell'estate di tre anni fa che programmava un secondo incremento dell'Iva (22%) nel caso in cui non fossero stati messi in atto i tagli al welfare e alle agevolazioni fiscali. Provvedimento che, successivamente, fu confermato dal Governo Monti al quale ovviamente, da buon contabile bocconiano, faceva comodo visto il recupero di liquidità che avrebbe messo in atto.

Mettiamoci il cuore in pace, l'ultima occasione buona per eliminare l'attuale aliquota maggiorata era venerdì scorso (27 settembre), quando c'è stato il consiglio dei ministri che, nemmeno a dirlo, aveva rinviato la questione.

Dal punto di vista dei conti pubblici, posto che la spending review è ancora lontana, viene annientata una "bombetta" dal valore di un miliardo, allontanando almeno per quest'anno, il pericolo di dover ricorrere a coperture peggiori come l'aumento dei carburanti e l'incremento degli acconti fiscali di fine anno.

- Conclusioni-

Letta è ovviamente soddisfatto. Dalla crisi è uscito con una maggioranza rafforzata (25 ex PDL e qualche ex Grillino) ed ha incassato 1 miliardo dall'aumento dell'IVA senza colpo ferire.

Adesso il premier può andare all'attacco della rivisitazione totale delle aliquote fiscali (Delega Fiscale) e della Service Tax. Se non sarà così rivedremo il ritorno del teatrino e anche dell'IMU.

"Il governo ha vinto grazie alla fermezza - recita una nota di Napolitano - e ora non sono più tollerabili giochi al massacro". Staremo a vedere.

 

22 gde

Pubblicato in Politica Emilia
Sabato, 05 Ottobre 2013 10:08

Iva 22% - Quanto ci costa




10 milioni il maggior costo nel primo giorno di applicazione della nuova aliquota IVA.

di Redazione - Roma, 02 ottobre 2013--

Nel primo giorno di applicazione l'aumento dell'aliquota Iva è già costato circa 10 milioni di euro alle famiglie italiane. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sull'entrata in vigore del nuovo regime che fa scattare l'aliquota Iva dal 21 al 22 per cento per numerosi beni. Si tratta di un importo che - sottolinea la Coldiretti - rischia di moltiplicarsi ogni giorno fino a quanto non verranno assunti i provvedimenti annunciati per il contenimento della tassa. Il conto per le famiglie rischia di essere piu' salato per l'aumento dei prezzi dei carburanti che ha un effetto valanga sull'88 per cento della spesa degli italiani che viaggia su strada. Ad essere colpiti sono quindi anche i prodotti non direttamente interessati dall'aumento. A preoccupare è di conseguenza in generale - conclude la Coldiretti - l'effetto negativo dell'imposta sul potere di acquisto degli italiani con una riduzione dei consumi che rischia di alimentare la spirale recessiva in cui si trova attualmente il Paese.

Stando allo studio di Coldiretti effettuato sula base di dati Nielsen, l'effetto piu' evidente dell'aumento dell'aliquota Iva si ha dall'immediato aumento del prezzo della benzina con il 43 per cento degli italiani che usa meno l'auto a dimostrazione del fatto che si compensano i rincari provocati dall'Iva con minori consumi. L'inflazione a settembre è in calo secondo l'Istat anche perché – sottolinea la Coldiretti il carrello della spesa si svuota con gli italiani hanno tagliato del 4 per cento gli acquisti alimentari. L'innalzamento dell'aliquota Iva dal 21 al 22 per cento sui carburanti avrebbe un effetto valanga sull'88 per cento della spesa degli italiani che viene trasportato su strada con il 68 per cento dei consumatori che taglia sull'abbigliamento, mentre il 57 per cento degli italiani per risparmiare sceglie prodotti piu' economici nel largo consumo.

(Fonti Coldiretti)
Pubblicato in Agroalimentare Emilia
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