Sabato, 26 Ottobre 2024 08:05

Cosmetici dannosi: facciamo il punto sui marchi coinvolti In evidenza

Scritto da Eva Bergamo

Di Eva Bergamo(Quotidianoweb.itRoma, 25 ottobre 2024 - Non c'è pace per il mondo della cosmesi.

Un business il cui giro d'affari a livello mondiale ha superato i 570 miliardi di dollari lo scorso anno, con una previsione di crescita per il 2024 di oltre il 5%, ma che tuttavia vede scricchiolare la fiducia dei consumatori per via di imperdonabili errori nell'ingredientistica, che mettono a rischio la salute.  

Innanzitutto, impossibile non citare lo scandalo Lilial® (Butylphenyl methylpropional - BMHCA), ingrediente sintetico utilizzato come fragranza in molti trattamenti e detergenti per via della sua profumazione che ricorda il mughetto, ma che dopo essere stato classificato come allergenico e genotossico - pericoloso a livello dell'informazione genetica cellulare e per l'embrione - e quindi vietato in Europa, viene spesso ancora trovato all'interno di prodotti cosmetici. Di conseguenza, le autorità ne predispongono immediatamente il sequestro, ma le aziende sono intenzionate a terminare le scorte e continuano a immettere articoli proibiti sul mercato, mettendo a rischio il benessere e la fiducia dei clienti.

Come se non bastasse, è recente la scoperta da parte della rivista francese Vert di molteplici prodotti di bellezza contenenti addirittura i pericolosi PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), soprattutto il PTFE, noto anche come Teflon (sì, quello delle padelle antiaderenti).

La lista che compare nella denuncia del giornale è purtroppo lunga, parliamo di oltre un centinaio di articoli, tra cui compaiono anche marchi blasonati, da cui non ci si aspetterebbe un simile scivolone etico.

Ma perché le ditte utilizzano PFAS in prodotti che andranno a contatto diretto con la nostra epidermide?

Semplicemente perché pratici da formulare, grazie alla resistenza e alla idrorepellenza, che permettono di creare delle texture più gradevoli. Questo nonostante gli studi scientifici abbiano ampiamente dimostrato che tali composti sono interferenti endocrini e potenzialmente cancerogeni; in più possono venire assorbiti anche a livello cutaneo e sono in grado di arrivare nel circolo ematico.

Quali sono i prodotti che li contengono?

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Utile a questo punto fare anche qualche nome di cosmetici con PFAS e qui notiamo che il Gruppo L'Oréal la fa da padrone, con più marchi sotto accusa; oltre al brand omonimo, con la crema antietà Revitalift, troviamo anche le emulsioni idratanti di Biotherm, ma anche rossetto e blush del lussuoso Lancôme, così come la matita occhi di Yves Saint Laurent Beauty, che contiene perfluorononyldimethicone, un silicone che aggiunge scorrevolezza alla mina, ma che rientra nella categoria dei PFAS.

Nella serie dei "cattivi" anche la crema solare Fluide Minéral Teinté SPF 50+ del gruppo farmaceutico e dermocosmetico francese Avène, che produce trattamenti a base di acqua termale, ma che evidentemente non disdegna di impiegare anche sostanze meno salutari.

Non fa purtroppo eccezione il nostro Paese, perché sono stati ritrovati PFAS anche nei trucchi del marchio Kiko, appartenente al gruppo lombardo Percassi; in particolare, sotto accusa una palette per truccare le sopracciglia e una maschera purificante per il viso.

I giornalisti di Vert hanno contattato l'Amministratore Delegato del brand italiano, ma non hanno ancora ricevuto nessuna replica alla loro richiesta di spiegazioni.

Così come non ha risposto il servizio di comunicazione della catena francese di profumerie Sephora, i cui prodotti a marchio non sono coinvolti, ma che rivende alcuni brand contenenti PFAS, quali Natasha Denona con i suoi famosi e performanti ombretti, Charlotte Tilbury con la sua matita, il coreano Laneige con un siero, e il marchio utilizzato dai truccatori professionisti MAC Cosmetics, del gruppo canadese Estée Lauder, con un mascara per le ciglia.

Cosa possiamo fare?

Al momento, dal punto di vista legale, proprio nulla perché, nonostante la consapevolezza crescente dei rischi legati ai PFAS, questi ingredienti sono ancora leciti nei cosmetici; pertanto, i consumatori in tutto il mondo continuano ad essere esposti quotidianamente a questi composti tossici, spesso inconsapevolmente.

L'unica arma per ora è la lettura degli ingredienti in etichetta, il cosiddetto INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) e l'eventuale scelta di prodotti dotati di una certificazione che garantisca la totale assenza di inquinanti, quali Cosmébio, Ecolabel UE o Ecocert.

Singolare il fatto che queste ditte preferiscono continuare a sporcarsi la reputazione quando le sostanze sotto accusa possono essere tranquillamente sostituite con oli vegetali, che vantano le stesse proprietà idrorepellenti e leviganti, ma senza gli spiacevoli effetti collaterali dei nefasti PFAS.

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