di Matteo Landi 29 novembre 2022 -
Dieci aprile 2022, Charles Leclerc domina il Gp d'Australia. Siamo alla terza gara in calendario, la Ferrari sembra aver completato quel percorso, doloroso ma di crescita, che l'ha vista recitare il ruolo di comparsa nelle due stagioni precedenti. Finalmente è arrivata l'ora del Cavallino. Il Circus fa quindi tappa ad Imola, ma proprio sul circuito intitolato al fondatore Enzo ed a suo figlio Dino la squadra condotta da Mattia Binotto improvvisamente mostra i suoi lati deboli. La Rossa perde l'ottimo slancio. Errori di strategia, dei piloti (pochi), motori in fumo, ed una sola vittoria a testa per Leclerc e Sainz nel resto della stagione. Verstappen e Red Bull diventano un binomio imbattibile, l'olandese segna addirittura il record di vittorie stagionali. La Ferrari è seconda in entrambi i mondiali. Un bel passo in avanti rispetto al recente passato, una delusione se pensiamo alle aspettative iniziali. Eppure Binotto, stando alle sue dichiarazioni, riteneva di aver centrato l'obiettivo: la Rossa doveva tornare fra i primi, ma per ambire al titolo mondiale la squadra doveva ancora crescere. Squadra compatta, unita, a parole. Fino a ieri.
"Ferrari annuncia di aver accettato le dimissioni di Mattia Binotto, che il 31 dicembre lascerà il suo ruolo di Team Principal". Il comunicato, oggi, non giunge inaspettato. Negli ultimi giorni le sempre più frequenti indiscrezioni volevano l'ingegnere nato a Losanna fuori dalla Scuderia. Ed a queste Ferrari ha risposto con un silenzio assordante. Nessuna dichiarazione in merito da quel "voci prive di fondamento" di due settimane fa, mentre sia i media che l'ambiente parlavano di un divorzio imminente.
"Lascio un'azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni". Binotto si fa da parte, il ruolo di Team Principal ereditato da Maurizio Arrivabene lo ha bruciato. Entrato a far parte della più famosa e prestigiosa casa automobilistica al mondo nel lontano 1995, come ingegnere motorista della squadra test, dal 1997 al 2003 passa alla squadra corse di F1, divenendo l'anno dopo responsabile dei motori. Vive quindi un ruolo importante e strategico nell'Era d'Oro di Schumacher, Todt, Brawn e Byrne. Una scalata inarrestabile nell'organigramma. Fino ai vertici, fino al tonfo odierno. La sconfitta del 2022 è solo la ciliegina su una torta nata male nel 2019, anno in cui Vettel e Leclerc artigliano tre vittorie, ed al termine del quale la Ferrari stringe un accordo segreto con la Federazione che le tarperà le ali (a dir poco) nel 2020, annus horribilis della storia recente di Maranello. Da lì si intacca probabilmente il rapporto con la squadra. Marchionne non c'è più, Binotto, appena subentrato al (pare) "rivale" Arrivabene si trova nel bel mezzo di un ciclone, gestito da lui in modo opinabile, che distrugge il processo di crescita della Rossa. Ed il Cavallino riparte da zero. Fiducia accordata comunque a Mattia, perché non ci si poteva fermare ancora. Storia recente ma vecchia. Domenicali, Mattiacci, Arrivabene, ed ora Binotto. La Ferrari cambierà ancora "allenatore", ma la squadra resterà questa? Due anni bui, al lavoro in sordina, un 2022 da vicecampioni (con l'amaro in bocca), ed una squadra finalmente in grado di progettare e realizzare vetture veloci. L'affidabilità potrà arrivare nel 2023, come la capacità di mettere in atto strategie vincenti. Questo in teoria. Perché in pratica, adesso, il processo ripartirà da capo.
Le voci vogliono Frédéric Vasseur pronto a firmare. Classe 1968, Team Principal Alfa Romeo Racing (Sauber ribrandizzata), un passato super vincente nelle formule propedeutiche, ma anche un fallimento con Renault in F1. Sarà l'uomo adatto alla Rossa? Al momento vi è solo la certezza che ancora una volta a Maranello hanno perso una persona valida, schiacciata dalla politica, vittima del suo stesso processo di crescita, bruciato da quei riflettori continuamente puntati su chi comanda la blasonata Scuderia. Ed intanto gli anni passano, e Kimi Raikkonen resta l'ultimo campione del mondo Ferrari: correva l'anno 2007.