A 70 anni Lauda imbocca la corsia box e se ne va. Problemi ai reni e poi l'addio. Protagonista di mille battaglie, nelle corse e nella vita. Ci lascia un Uomo che tanto ha insegnato ed un Pilota che ha scritto pagine indelebili della massima Formula.
di Matteo Landi
Gran Premio del Giappone. Sul circuito del Fuji, quel 24 ottobre del 1976, pioveva a dirotto. Oggi assisteremmo ad una partenza in regime di safety car, con la vettura di sicurezza a menare le danze per chissà quanti giri. Al tempo la Formula 1 era diversa, la percezione del pericolo era diversa. Quel giorno, forse, cambiò per sempre. Lauda, con il volto sfigurato dal rogo del Nurburgring, percorse pochi km di gara, poi prese la via della corsia box. Il campione del mondo in carica ebbe il coraggio di avere paura. Gli uomini Ferrari avevano pronta la scusa più banale: un problema tecnico era l'alibi perfetto. Lauda non si sarebbe confermato iridato ma avrebbe salvato la sua immagine di campione inossidabile ed impavido, sopravvissuto alle fiamme e tornato alle corse un mese e mezzo dopo l'incidente che lo sfigurò per sempre. Capace di indossare il casco nonostante ferite sanguinanti non ancora rimarginate. Invece, quel giorno di ottobre, Niki decise che non avrebbe dovuto vergognarsi della sua scelta. Perse il titolo, ma la rivincita arrivò l'anno successivo. Quando nel 1977 vinse il secondo dei suoi tre titoli iridati. 177 gran premi disputati, 25 vittorie e 24 pole position in un'epoca in cui tanti piloti non poterono raggiungere il fine carriera per anzianità, sono le cifre del Lauda pilota. Ma Niki, al di là dei numeri, è stato qualcos'altro. Un inno al coraggio, una poesia che non finisce mai. Per molti cinico ed irriconoscente, quando dopo l'addio ad Enzo Ferrari ed alla Rossa non esitò a rimarcare tutto quello che non aveva funzionato nella sua permanenza a Maranello, anche più dei successi che l'accoppiata italo-austriaca aveva ottenuto. Nel 2009 ammise di aver sbagliato, se fosse rimasto con Ferrari avrebbe vinto ancora di più. Niki era così, prendere o lasciare. Mai politically correct, le sue interviste, le sue dichiarazioni, non erano mai banali. Lontane dalle solite frasi di circostanza dei giorni d'oggi. I suoi scontri con il Grande Enzo furono duri, ruvidi. Ma fra di loro ci fu sempre rispetto. Ferrari sapeva che senza l'austriaco gli anni 70 della Rossa avrebbero regalato meno gioie, Lauda sapeva che al Vecchio doveva tanto, quasi tutto. Ed oggi Luca Cordero di Montezemolo, durante l'epopea austro-italiana assistente di Enzo e Responsabile della Squadra Corse, lo ricorda con commozione. 20 maggio 2019, Niki Lauda se ne va. Come quel giorno di ottobre del 1976 imbocca la corsia box. Saluta tutti e raggiunge lo sfidante che quell'anno gli soffiò il titolo. Quel James Hunt avversario di tante battaglie salito in cielo nel 1993. Non si arrese, Lauda, neanche il 2 agosto scorso, quando fu ricoverato per un'infezione, subendo un trapianto di polmone. Continuò a combattere, con la stessa tempra che contraddistinse il suo recupero dopo il rogo del Ring. Fino ai recenti problemi ai reni, la dialisi presso una clinica privata di Zurigo e l'addio. Che non è e mai sarà una resa. Fra curve ad alta velocità e rettilinei infiniti è solo tornato a sfidare quell'inglese sulla quale rivalità Ron Howard, nel 2013, costruì persino un film. 70 anni di leggenda, durante i quali ha reso definitivamente popolare la Formula 1, colorando le domeniche pomeriggio dei tifosi ferraristi. Ha insegnato tanto. Ha mostrato cosa significa rialzarsi dopo un terribile schianto. Ha fatto scelte forti, per poi tornare sui suoi passi come quando rientrò alle corse dopo un addio che fu un arrivederci. Battendo, nel 1984, un certo Alain Prost. Perchè solo i poco intelligenti non cambiano mai idea. Ti ricorderemo sorridente Niki, ed anche un pò incazzato. Perchè nella vita è bello essere schietti e sinceri, come lo eri tu. La Leggenda dell'Uomo, ancor più del Pilota, non verrà mai dimenticata. Addio Niki. E grazie di tutto.